Referendum costituzionale in Italia del 2006: differenze tra le versioni

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{{F|elezioni|marzo 2013}}
[[File:Referndum2006.png|thumb|In rosso le Regioni in cui ha vinto il "NO" e in azzurro quelle in cui ha vinto il "SÌ". Da notare due elementi: la compattezza del fronte del NO in 18 regioni su 20, e la vittoria del SÌ nelle sole regioni [[Lombardia]] e [[Veneto]], oltre che tra gli italiani all'estero.]]
Il secondo '''referendum costituzionale''' della storia della [[Italia|Repubblica Italiana]] si è svolto il 25 e 26 giugno [[2006]].<ref name="SpecialeRepubblica">{{Cita news |url=http://www.repubblica.it/speciale/2006/referendum/index.html |titolo=Referendum confermativo sulla riforma costituzionale 25-26 giugno 2006 |pubblicazione=[[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]] |urlarchivio=http://web.archive.org/web/20131116033146/http://www.repubblica.it/speciale/2006/referendum/index.html |dataarchivio=16 novembre 2013}}</ref> La maggioranza dei votanti ha respinto il progetto di riforma costituzionale del 2005/2006: esso era stato varato nella [[XIV Legislaturalegislatura della Repubblica Italiana|XIV legislatura]] su iniziativa del centro-destra ed era inerente ai seguenti cambiamenti nell'assetto istituzionale nazionale della seconda parte della [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione italiana]]:
* [[Parlamento della Repubblica Italiana|Parlamento]] (Camere e formazione delle leggi);
* [[Presidente della Repubblica]];
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* Alcuni ambiti (come la sicurezza del lavoro, le norme generali sulla tutela della salute, le grandi reti strategiche di trasporto, l'ordinamento della comunicazione, l'ordinamento delle professioni intellettuali, l'ordinamento sportivo nazionale e la produzione strategica dell'energia) che, a seguito della riforma del 2001 erano regolati con leggi di principio statali e leggi di dettaglio regionali, sarebbero tornati di esclusiva competenza della legislazione statale. Secondo i sostenitori del SÌ, ciò avrebbe corretto talune storture della riforma del titolo V approvata dal [[centrosinistra]] nel 2001 che per alcune materie aveva già prodotto molti ricorsi alla corte costituzionale e per molte altre ne avrebbe causato a venire: a titolo di esempio, se l'ordinamento sportivo fosse rimasto competenza regionale, si sarebbe rischiata, per il futuro, l'illegittimità costituzionale dei campionati nazionali di calcio; secondo i sostenitori del NO, la Corte costituzionale aveva già interpretato il testo del titolo V in modo conforme alle esigenze prospettate da questa parte della revisione, rendendola non necessaria;
* Fine del [[bicameralismo perfetto]], con suddivisione del potere legislativo tra Camera dei deputati e Senato Federale. La Camera avrebbe discusso, in linea di principio, leggi di ambito nazionale (bilancio, energia, opere pubbliche, valori fondamentali, trattati internazionali, ecc.) e il Senato leggi che interessano materie a competenza regionale esclusiva o concorrente con lo Stato; secondo i sostenitori del SI, ciò avrebbe comportato maggiore velocità e incisività nell'approvazione delle leggi, perché in assenza della riforma l'approvazione delle leggi avrebbe continuato a richiedere il consenso sul medesimo testo sia alla Camera che Senato; secondo i sostenitori del NO, la ripartizione di competenze non sarebbe stata chiara e avrebbe provocato numerosi conflitti di competenza dinanzi alla Corte costituzionale tra Camera e Senato. Taluni sostenitori del SÌ hanno ribattuto che la parte della riforma relativa all'iter legislativo si sarebbe applicata solo a partire dalla prima legislatura successiva all'entrata in vigore della legge costituzionale (quindi, salvo elezioni anticipate, nel [[2011]]) e nel frattempo eventuali lacune avrebbero potuto essere risolte dal Parlamento. Per i critici, inoltre, l'approvazione delle leggi da parte di una sola Camera avrebbe portato ad una minore ponderazione nell'elaborazione dei testi legislativi;
* Riduzione del numero di [[deputati]] (da 630 a 518) e [[senatori]] (da 315 a 252), con decorrenza tra due legislature. I senatori sarebbero stati eletti contestualmente all'elezione dei consigli regionali; i senatori a vita sarebbero diventati "deputati a vita"; sarebbe diminuita l'età minima per essere eletti alla Camera (da 25 a 21 anni) e al Senato (da 40 a 25 anni). La riduzione sarebbe stata in vigore dalla [[XVI Legislaturalegislatura della Repubblica Italiana|XVI Legislatura]] e quindi non necessariamente nel 2016 come spesso riportato, ma certamente non sarebbe stata immediata;
* Aumento dei poteri del [[Primo Ministro]], con il cosiddetto "[[Premierato]]"; questi avrebbe potuto revocare i ministri, dirigere la politica degli stessi non più coordinando l'attività dei ministri ma determinandola; avrebbe potuto sciogliere direttamente la Camera (potere solitamente affidato al [[Presidente della Repubblica Italiana|Presidente della Repubblica]], non esercitabile però incondizionatamente, poiché egli può indire elezioni anticipate - secondo la migliore prassi - solamente ove riscontri l'impossibilità di una qualsiasi maggioranza); secondo i sostenitori del NO, ciò avrebbe aumentato eccessivamente i poteri del Primo Ministro, consentendogli di controllare la Camera, mentre storicamente è stato accettato il concetto secondo il quale dovrebbe essere lui a rendere conto al Parlamento. Inoltre la facoltà di revoca dei ministri, sempre secondo i sostenitori del NO, sarebbe stata puramente teorica in un sistema bipolare multipartitico, in cui l'estromissione di un ministro avrebbe come effetto la fine del sostegno del suo partito alla maggioranza; secondo i sostenitori del SÌ, la riforma avrebbe reso più incisiva l'azione di governo, dotando di effettivi poteri il premier;
* Clausola contro i cambi parlamentari di maggioranza e obbligo di nuove consultazioni popolari in caso di caduta del governo, salvo la [[sfiducia costruttiva]] con indicazione di un nuovo Premier e senza cambi di maggioranza; la Camera avrebbe potuto quindi sfiduciare il Primo Ministro, ma, a meno che la stessa maggioranza espressa dalle elezioni ne indichi un altro nel termine di venti giorni, la Camera sarebbe stata automaticamente sciolta con la necessità di andare a nuove elezioni. La Camera sarebbe stata sciolta anche se la mozione di sfiducia fosse stata respinta con il voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni (norma cosiddetta ''Anti[[ribaltone]]''). Secondo i sostenitori del SI, ciò avrebbe reso più stabile il governo ed impedito che il Primo Ministro salvi una maggioranza instabile includendovi nuovi partiti e modificando le preferenze espresse dagli elettori; secondo i sostenitori del NO, ciò avrebbe reso molto più difficile, se non impossibile, la sfiducia al Primo Ministro;