Vallabha: differenze tra le versioni

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|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita = 1479
|LuogoMorte = Benares
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = 1531
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{{q|Per infondere fede nei pastori (''Gopa-viśrambhaṇaṁ'') Kṛṣṇa assunse un'altra forma (''anyatamaṁ rupam''), dichiarando "sono io la collina", mangiando quindi le abbondanti offerte |''Bhāgavata Purāṇa'' X, 24, 35|kṛṣṇas tv anyatamaṁ rupam <br>
 Gopa Gopa-viśrambhaṇaṁ gatah <br>
śailo 'smīti bruvan Bhuri <br>
 balim balim Adad Brhad-vapuh|lingua=sa}}
 
L'immagine sacra di Kṛṣṇa-Govardhanadhara è quindi la principale immagine devozionale per questo ''sampradāya''
 
Dopo queste esperienze mistiche, Vallabha si sposò ed ebbe due figli, Gopinātha (1512-1543) e Vitthalanātha (1516-1586) i quali gli succedettero, rispettivamente, nella guida della sua scuola. Agli otto figli di Vitthalanātha si devono i differenti rami della scuola la cui guida rimase ereditaria per discendenza maschile (questi appellati come ''mahārāja'').
 
Negli ultimi anni della sua vita abbracciò, come vuole la tradizione religiosa hindũ, lo stato (''[[āśrama]]'') di ''[[saṃnyāsa]]''.
 
==Dottrine==
Vallabha è, tra gli ''[[ācārya]]'' ''[[vedānta|vedāntin]]'', l'ultimo commentatore del ''[[ Brahmasūtra]]''. La dottrina centrale del suo insegnamento è detta ''śuddhādvaita'' (non dualismo puro) in quanto rifiuta la descrizione ''advaita'' di [[Śaṅkara]], considerata "non-pura" laddove quest'ultimo intende ''[[māyā]]'' opporsi al ''[[Brahman]]'': ''māyā'' è, per Vallabha, dipendente dal ''Brahman'', non è da lui separabile in alcun modo. Così anche gli ''[[jīva]]'', il ''[[kāla]]'' e la ''[[prakṛti]]'', tutti coeterni nel ''Brahman'', tutti da lui dipendenti, tutti da lui non separabili.
 
Il ''Brahman'' dispone degli attibuti di ''sat'' (essere), ''cit'' (coscienza) e ''ānanda'' (beatitudine). È ''nirguṇa'', solo in quanto non dispone di attributi ordinari ma solo "straordinari".
 
La personificazione del ''Brahman'' è il Kṛṣṇa che si manifesta nella ''[[Bhagavadgītā]]'' e tema centrale del ''[[Bhāgavatapurāṇa]]''. Kṛṣṇa è quindi il ''Brahman'' che prende coscienza (''jñāna'') e agisce (''kriyā''), manifestando quindi il cosmo semplicemente con la volontà.
 
Kṛṣṇa non possiede alcun corpo fisico, ma lo assume per soccorrere i suoi devoti che altro non sono che quei ''[[jīva]]'', ovvero parti di lui, i quali tuttavia hanno dimenticato di appartenergli e quindi vagano senza né vero scopo né meta nel ciclo del ''[[saṃsāra]]'' finché non si ridestano alla Verità ultima, ovvero a Kṛṣṇa, che quindi li soccorre, manifestandosi a loro.
 
Il mondo materiale, la ''[[prakṛti]]'', è quindi il ''Brahman'' detentore di ''sat'' (essere), ma privo di ''cit'' (coscienza) e di ''ānanda'' (beatitudine), qui vagano gli ''[[jīva]]'' oscurati dalla nescienza (''avidyā'') detti ''saṃsārin'' finché non divengono ''mukta'', liberati, riacquistando la loro vera natura, quindi la conoscenza (''vidyā''). Il mondo materiale, per Vallabha e a differenza di Śaṅkara, non è irreale, è irreale solo la sua presenza da noi esperita (''pratīti'').
 
La liberazione (''mukti'') si consegue con la ''bhakti'', la devozione nei confronti di Kṛṣṇa, la personificazione del ''Brahman'', che risponde con la stessa per opera della sua "grazia" nutrendo l'anima del devoto, da qui il termine ''puṣṭimārga'' ("via dell'arricchimento") con cui volentieri i seguaci di Vallabha appellano le sue dottrine.
 
Lo scopo ultimo della liberazione è tuttavia il ritorno ai giochi eterni tra Kṛṣṇa e i suoi ''jīva'', là nello spirituale Vṛndāvana.