Lettere (1914-1973): differenze tra le versioni

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Nel febbraio [[1938]], questo capitolo viene battuto a macchina e spedito all'attenzione del giovane figlio di Stanley Unwin: Rayner; Tolkien chiede a un bambino di fargli da critico; come per ''Lo Hobbit'', che aveva scritto per i propri figli, così anche il "seguito allo Hobbit" non poteva, infatti, che riprenderne i caratteri di letteratura per l'infanzia.
 
Il 17 febbraio, in una missiva (lettera n°º33) in cui accenna al proposito di pubblicare ''[[Mr. Bliss]]'', e il giorno seguente, rispondendo ai complimenti di Rayner (lettera n°º24), Tolkien esprime il timore di essersi arenato, di non riuscire ad andare oltre al suo spunto iniziale avendo esaurito i temi narrativi migliori nella pubblicazione precedente. Ma di lì a un mese la situazione inizia a sbloccarsi: Tolkien comunica al suo editore di essere giunto al terzo capitolo, «ma [ancora] i racconti tendono a sfuggire di mano e anche questo ha preso una svolta inaspettata»<ref>lettera n°26, 4 marzo 1938.</ref>; una "svolta" non gradita da Unwin che critica i due nuovi capitoli affermando che contengono troppo "linguaggio Hobbit", una valutazione condivisa, nella lettera di risposta, dallo stesso autore che si propone di limitarsi ammettendo di divertirsi di più a scrivere in quel modo che a portare avanti effettivamente la trama (lettera n°º28).
 
Come traspare dal carteggio con l'editore, Tolkien non aveva inizialmente le idee chiare sul seguito, ma ciò dipendeva anche dal suo stile narrativo<ref>Vedi lo stralcio dell'intervista a Tolkien in ''Lo Hobbit annotato'', opera citata, p. 13.</ref>; si era messo in qualche modo ad osservare ciò che facevano i suoi personaggi alla festa di [[Bilbo Baggins|Bilbo]] (cfr. lettera n°º31) per vedere se fosse accaduto qualcosa di curioso, aspettando che gli [[Hobbit]] e [[Gandalf]] combinassero qualcosa che facesse scaturire tutta l'avventura: proprio come nelle pagine iniziali del precedente romanzo quando un improvvido invito ad uno stregone a prendere un tè avrebbe sconvolto per sempre la tranquilla routine esistenziale di Bilbo.<ref>''Lo Hobbit annotato'', opera citata, capitolo I.</ref>
 
Non a caso la critica di Unwin avrà, quindi, poco successo e gli Hobbit di Tolkien continueranno a parlare in modo buffo e a comportarsi fanciullescamente perché tale è la loro natura. Un giudizio personale di Tolkien, quasi una [[poetica]], sul proprio modo di scrivere verrà sviluppato tuttavia solo più tardi quando l'autore parlerà del concetto di "subcreazione" e con insistenza correggerà gli equivoci interpretativi rispondendo alle critiche di chi vedeva nel ''Signore degli Anelli'' un racconto [[allegoria|allegorico]].
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Prosegue [[John Ronald Reuel Tolkien|Tolkien]] {{Citazione|A modo loro gli uomini di [[Gondor]] erano uguali: un popolo in estinzione per la quale l'unica cosa sacra erano le tombe.|lettera 154}}
 
È notevole il fatto che [[John Ronald Reuel Tolkien|Tolkien]] non rappresenti la debolezza degli [[Elfo|Elfi]] nel giuramento di FeanorFëanor, episodio raccontato nel ''[[Il Silmarillion|Silmarillion]]'' che rappresenta un punto di rottura nella storia degli Elfi con la beatitudine delle terre oltre il mare, ma piuttosto nella tristezza che adombra la figura di [[Galadriel]] nel ''[[Signore degli Anelli]]''; l'episodio del giuramento di FeanorFëanor, tutto legato alla volontà di possesso, sembra essere riconosciuto come secondario e probabilmente conseguenza di questa mancanza intrinseca. L'orgoglio di un singolo che infiamma i cuori di molti non ricade come giudizio sull'intero popolo, né fra coloro che non presero parte al giuramento, naturalmente, né tra quelli come [[Galadriel]] che vi parteciparono.{{citazione necessaria}}
 
Evidentemente gli Uomini sono molti vicini alla nostra natura, anzi la nostra stessa umanità è rappresentata.