Fonti del diritto dell'Unione europea: differenze tra le versioni

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È ben chiaro, viceversa, che tale prospettiva non ha serio fondamento. Si tratta di principi propri del diritto comunitario, a tutti gli effetti e a titolo originario, che non sono affatto presi soltanto a prestito di volta in volta da altri sistemi giuridici; l‘unica differenza possibile è semmai tra principi che trovano espressa espressione nei Trattati e principi che sono invece il risultato di una rilevazione da parte del giudice, come accade in qualsiasi esperienza giurisprudenziale nazionale o internazionale.
 
Rilevante applicazione hanno trovato nella giurisprudenza della Corte di giustizia alcuni principi specifici collegati alle garanzie proprie del sistema comunitario; sistema che sembra essere quello proprio di una Comunità di diritto. Di frequente e di significativa applicazione è il '''principio della certezza del diritto''', nei suoi numerosi e diversi aspetti. Il principale profilo riguarda la trasparenza dell'attività dell'amministrazione, nel senso che la normativa comunitaria deve essere chiara e la sua applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti, in modo possano agire in modo adeguato.
 
Al principio della certezza del diritto si è fatto riferimento, ad esempio, in tema di termine ragionevole (due mesi) dato alla Commissione per pronunciarsi sulla compatibilità di aiuti statali notificati di termine di decadenza ai fini di un ricorso in carenza; per affermare la non retroattività degli atti rispetto alla data di pubblicazione (salvo eccezioni); nonché per stabilire che la sentenza di annullamento di un atto o la sentenza interpretativa pregiudiziale da cui si desume l'illegittimità di una normativa nazionale che possa avere effetti ex tunc.
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Significativo è poi che, di fronte all'ipotesi prefigurata nel progetto di accordo sullo [[Spazio economico europeo]] di un meccanismo di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia da parte dei giudici dei [[Associazione europea di libero scambio|Paesi EFTA]], ma con pronunce non vincolanti per tali giudici, la Corte ha rilevato che sotto questo aspetto risultava compromessa la certezza del diritto, «indispensabile al corretto funzionamento del procedimento pregiudiziale».
 
Un aspetto ulteriore e di rilievo del principio della certezza del diritto è il '''principio del [[legittimo affidamento]]''', espressamente definito parte dell'ordinamento giuridico comunitario. In talune occasioni, i principi sono stati applicati contestualmente.
 
Ciò si è verificato, ad esempio, a proposito della efficacia nel tempo degli atti, che in nome della certezza del diritto non può essere retroattiva, ma può essere oggetto di una deroga «qualora lo scopo da conseguire lo esiga» e, in generale, il principio del legittimo affidamento viene in rilievo nell'ipotesi di modificazione improvvisa di una disciplina, ovvero rileva nel caso che l'amministrazione abbia fatto nascere nell'interessato, con il suo comportamento o addirittura con sue informazioni, una aspettativa ragionevolmente fondata in tema di revoca di atti individuali illegittimi, possibile per un termine ragionevole e tenuto conto del legittimo affidamento maturato dal destinatario «purché sia fatto salvo il legittimo affidamento degli interessati». Per contro, non si può invocare il principio di legittimo affidamento se esso sia fondato su un errore o comunque quando il comportamento invocato sia di per sé e per altro aspetto illegittimo (ad esempio in tema di aiuti di Stato); in particolare, non lo si può invocare rispetto ad una prassi nazionale non conforme al diritto comunitario, benché sia pacifico che anche le Amministrazioni nazionali sono tenute ad osservare il principio di tutela del legittimo affidamento.
 
Il '''principio di proporzionalità''' è anch'esso compreso tra i principi generali del diritto comunitario. Esso consente di verificare la legittimità di un atto che imponga un obbligo ovvero una sanzione in base alla sua idoneità o necessità rispetto ai risultati che si vogliono conseguire. Spetta pertanto al giudice di verificare se i mezzi prefigurati per raggiungere lo scopo dell'atto siano idonei e non eccedano quanto è necessario per raggiungerlo.
 
Viceversa il '''principio del mutuo riconoscimento''' è il principio fondamentale che scaturisce dalla [[Sentenza Cassis de Dijon|giurisprudenza Cassis de Dijon]]: capofila di una serie di sentenze che hanno riaffermato ed ulteriormente esplicitato i principi sanciti dalla Corte di giustizia nella prima sentenza Rewe del 20 febbraio 1979. La pronuncia mirava ad accertare la legittimità della legislazione tedesca, che vietava in Germania l‘importazione dei liquori con gradazione alcoolica inferiore a 32°: nel caso di specie, il liquore Cassis de Dijon. La giustificazione addotta dal governo tedesco era paradossale in quanto si pretendeva di tutelare la salute pubblica contenendo la proliferazione di bevande a bassa gradazione alcoolica, che avrebbe favorito l‘assuefazione, rispetto a bevande di più alto tenore alcoolico, nonché la lealtà nei rapporti commerciali.
 
La Corte, nel 1979, affermò che qualsiasi bene legalmente prodotto e venduto in uno Stato membro deve, in linea di massima, essere ammesso sul mercato di ogni altro Stato membro. Gli unici ostacoli al libero scambio, perciò, sono giustificabili solo sulla base di esigenze imperative tassativamente previste (efficacia dei controlli fiscali, protezione della salute pubblica, lealtà delle transazioni commerciali e difesa dei consumatori) e per motivi di interesse generale. Dall'analisi delle pronunce della Corte di giustizia successive alla Cassis de Dijon, sono enucleabili i seguenti principi: