Unione Italiana del Lavoro (1918-1925): differenze tra le versioni

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L'Unione sindacale milanese ed i metalmeccanici che organizzava, la [[Camera del Lavoro]] di [[Parma]] ed i lavoratori agricoli che la componevano ne erano le roccaforti, ma ebbe influenza anche negli ambienti sindacali repubblicani romagnoli, fra gli operai di [[La Spezia]], nonché fra gli impiegati, specialmente di [[Roma]]. Il sindacato si distinse per le sue posizioni patriottiche, [[collettivismo|anti-collettiviste]], [[Partito Socialista Italiano|anti-socialiste]] e per il suo progetto di Parlamento corporativo legiferante (nell'ambito della riforma del Consiglio superiore del Lavoro), ma rimase un sindacato rivendicativo e, dopo l'uscita dei fascisti, ne subì gli attacchi.
 
Alcuni dirigenti passarono infatti al fascismo: caso emblematico fu quello di Rossoni, messo in minoranza, come anche [[Michele Bianchi]] e [[Sergio Panunzio]]. Ma l'ex legionario fiumano [[Alceste De Ambris]], da cui pure [[Benito Mussolini]] attinse alcune idee programmatiche, rimase un accanito oppositore prima del [[Fasci Italiani di Combattimento|movimento]] e poi del [[regime fascista]]. Il sindacato, in piena rotta, confluì nel 1925 nella [[CGdL]] prima che i sindacati venissero raccolti nel [[sindacalismo fascista]], con la strutturazione dello [[Corporativismo|Stato corporativo]].
 
Non vi è legame, come già detto precedentemente, con la nascita, nel secondo dopoguerra, del [[Unione Italiana del Lavoro (1950)|sindacato omonimo]].