Negatoria servitutis: differenze tra le versioni

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'''L' actio negatoria servitutis''' nel [[diritto civile]] italiano è regolata dall'art. 949 cod. civ., ''"il proprietario può agire per far dichiarare l'inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa" e può "chiedere che se ne ordini la cessazione, oltre alla condanna per il risarcimento del danno".''
 
La [[Corte Suprema di Cassazione|Cassazione]] individua due presupposti:
*che "venga posta in essere dal terzo un'attività implicante in concreto l'esercizio, che si assume abusivo, di una servitù a carico del fondo di proprietà di colui che agisce" <ref>(Cass. Civ. Sez. III, 29 maggio 2001, n. 7277)</ref>
*che il "pericolo" sia attuale e concreto" <ref>(Cass. Civ. Sez. II, 21 gennaio 2000, n. 649)</ref>.
 
Sempre la cassazione ritiene l<nowiki>'</nowiki>''actio confessoria servitutis'' imprescrittibile: "l'actio negatoria servitutis è azione imprescrittibile, con la conseguenza che il proprietario del preteso fondo servente può in qualsiasi momento, e fatti salvi gli effetti dell'intervenuta [[usucapione]], chiedere che venga accertata, per mancanza del titolo o del decorso del [[termine (diritto)|termine]] dell'usucapione, l'inesistenza della servitù" <ref>(Cass. Civ. Sez. II, 26 gennaio 2000, n. 864)</ref>
 
==Note==
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==Bibliografia==
* {{cita libro|autore=Domenico Barbero|titolo=La legittimazione ad agire in confessoria e negatoria servitutis|edizione=2°ª edizione riveduta|città=Milano|editore=A. Giuffré|anno=1950|pagina=124|isbn=no}}
 
==Voci correlate==