Scuola pitagorica: differenze tra le versioni

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{{quote|Se dopo aver masticato una fava e dopo averla schiacciata con i denti, la si espone per un poco al calore dei raggi del sole e poi ci si allontana e si ritorna dopo non molto, si troverà che emette l'odore del seme umano. Se poi, quando quando la fava fiorisce nel suo sviluppo, preso un poco del fiore che annerisce appassendo, lo si mettesse in un vaso di terracotta e, messovi sopra un coperchio, lo si sotterrasse nel suolo e lo si custodisse lì per novanta giorni, dopo averlo seppellito, e dopo ciò, dissotterratolo, lo si prendesse e si togliesse il coperchio, invece della fava si troverebbe o una testa di un bambino ben
formata oppure un sesso femminile. <ref>Porfirio, ''Vita di Pitagora'', 44, trad.G.Girgenti</ref>}}
Per i Pitagorici dunque esisterebbe una specie di parentela tra le fave e gli esseri umani per cui, come riferisce anche Plinio, essi pensavano che le fave fossero dotate di anima ("soffio vitale" - ''psyché''). Questo sarebbe dimostrato dall'alimentazione delle fave che procura [[flatulenza|flatulenze]], cioè "soffi", impuri tanto che gli addetti alle funzioni sacre, in Grecia, come in India, dovevano astenersi per un certo periodo, dal mangiare fave <ref>C. Riedweg, ''Op.cit.'', p.131</ref> ed anche in Roma sussistevano prescrizioni di non mangiare fave: «''Vuole dunque Platone''» scrive [[Cicerone]] «''che ci sia addormenti con il corpo in condizione di non recare all’anima errore e turbamento. Anche per questo motivo si ritiene che sia stato proibito ai pitagorici di nutrirsi di fave
perché questo cibo procura un forte gonfiore, nocivo alla tranquillità spirituale di chi cerca la verità''.» <ref>Cicerone, ''De divinatione'' 1,62 </ref> E [[Plinio il Vecchio]]: «''la fava si mangia per lo più bollita, ma si ritiene che intorpidisca i sensi e provochi visioni''.» <ref>Plinio il Vecchio, ''Naturalis historia'', XVIII, 118</ref>