Calandrino

pittore italiano

Francesco Calandrino, soprannome del fiorentino Giovannozzo di Pierino (Firenze, ... – Firenze, 1318), è stato un pittore italiano del XIV secolo.

Biografia modifica

Personaggio realmente esistito, Calandrino è più noto come protagonista di alcune novelle nel Decameron in cui viene inquadrato come personaggio sciocco e credulone, che presume di essere molto furbo e per questo viene deriso dagli amici Bruno e Buffalmacco, ma anche molto cattivo e determinato nel raggiungimento dei suoi scopi.

Da qui si può notare la bravura di Boccaccio nella scelta del nome che poi rispecchierà il carattere del personaggio, infatti: calandrino è il diminutivo di calandro, uccello dello stesso ordine delle allodole, che, secondo la credenza popolare, è considerato balordo.

"Calandrino" o "Gualandrino" - come talvolta è ricordato in alcuni inventari - è altresì uno strumento usato comunemente in varie arti o mestieri: simile nella forma a un compasso, serviva, e serve tuttora col nome di "seste", per rapportare le distanze. A Firenze si dice ancor oggi di una persona con le gambe magre che cammina a grandi falcate, senza quindi piegare le ginocchia, "ha du' gambe che paion du' seste"; forse il soprannome di Calandrino era dovuto al suo aspetto e al suo modo di incedere.

Calandrino fu lo pseudonimo usato da Indro Montanelli negli anni 1942-1944 per gli articoli che scrisse per Il Tempo di Roma.

Calandrino, Bruno e Buffalmacco nelle novelle del Decameron modifica

«Calandrino, Bruno e Buffalmacco giù per il Mugnone vanno cercando di trovar l'elitropia, e Calandrino se la crede aver trovata; tornasi a casa carico di pietre; la moglie il proverbia, ed egli turbato la batte, e a' suoi compagni racconta ciò che essi sanno meglio di lui.»

Calandrino, Bruno e Buffalmacco vanno alla ricerca dell'elitropia (pietra che rende le persone invisibili) nel fiume Mugnone. Calandrino crede di averla trovata e, tornati a casa pieni di pietre, la moglie lo rimprovera; così, adirato, la picchia e racconta ai suoi compagni ciò che essi sanno meglio di quanto sappia lui (cioè che la pietra non aveva nessun potere).

«Bruno e Buffalmacco imbolano un porco a Calandrino; fannogli fare la sperienzia da ritrovarlo con galle di gengiovo e con vernaccia, e a lui ne danno due, l'una dopo l'altra, di quella del cane confettate in aloè, e pare che l'abbia avuto egli stesso; fannolo ricomperare, se egli non vuole che alla moglie il dicano»

Bruno e Buffalmacco rubano un maiale a Calandrino e, dopo, gli fanno credere di poter trovare il colpevole tra i suoi vicini col rito delle galle di zenzero e vernaccia. Così, gliene danno una di quelle di escrementi di cane e aloè: vedendo però che Calandrino la sputava gli diedero un'altra galla truccata, così vedendo che le sputava fecero credere che il maiale l'aveva rubato lui stesso; così si fanno comprare dei capponi, minacciando di dire tutto alla moglie.

«Maestro Simone, ad instanzia di Bruno e di Buffalmacco e di Nello, fa credere a Calandrino che egli è pregno; il quale per medicine dà a' predetti capponi e denari, e guarisce della pregnezza senza partorire.»

Maestro Simone, istigato da Bruno, Buffalmacco e Nello, fa credere a Calandrino di essere incinto; il quale dà ai tre il denaro per le medicine, con cui comprano dei capponi, e guarisce senza partorire.

«Calandrino s'innamora d'una giovane, al quale Bruno fa un brieve, col quale come egli la tocca, ella va con lui, e dalla moglie trovato, ha gravissima e noiosa quistione.»

Calandrino si innamora di una giovane ragazza; Bruno gli fa un incantesimo per cui, appena Calandrino la tocca, lei va con lui. Poi è trovato dalla moglie, con cui ha una gravissima e noiosa questione.

Caratteristiche del personaggio modifica

Calandrino non è il semplice stupido di paese, ma assume una figura che lo rende il vero antieroe del Decameron; infatti emergono in lui quei valori come la cattiveria e la voglia di realizzarsi pur a discapito del prossimo: per esempio con la forza con cui picchia la moglie pensando di essere lei causa della perdita dei poteri magici della pietra;

«salito in una sua saletta e quivi scaricate le molte pietre che recate avea, niquitoso corse verso la moglie, e presala per le trecce la si gittò a'piedi, e quivi, quanto egli poté menar le braccia e'piedi, tanto le diè per tutta la persona pugna e calci, senza lasciarle in capo capello o osso addosso che macero non fosse, niuna cosa valendole il chieder mercé con le mani in croce.»

nella malignità con la quale vuole truffare i truffatori con la pietra magica;

«- Compagni, quando voi vogliate credermi, noi possiamo divenire i più ricchi uomini di Firenze, per ciò che io ho inteso da uomo degno di fede che in Mugnone si truova una pietra, la qual chi la porta sopra non è veduto da niun'altra persona; per che a me parrebbe che noi senza alcuno indugio, prima che altra persona v'andasse, v'andassimo a cercare. Noi la troveremo per certo, per ciò che io la conosco; e trovata che noi l'avremo, che avrem noi a fare altro se non mettercela nella scarsella e andare alle tavole de'cambiatori, le quali sapete che stanno sempre cariche di grossi e di fiorini, e torcene quanti noi ne vorremo? Niuno ci vedrà; e così potremo arricchire subitamente, senza avere tutto dì a schiccherare le mura a modo che fa la lumaca.»

o, ancora, nella determinazione di avere tutto per sé pure a costo di raggirare gli amici.

«Calandrino, queste parole udendo, imaginò che quella pietra alle mani gli fosse venuta e che per la virtù d'essa coloro, ancor che lor fosse presente, nol vedessero. Lieto adunque oltre modo di tal ventura, senza dir loro alcuna cosa, pensò di tornarsi a casa; e volti i passi indietro, se ne cominciò a venire.»

Bibliografia modifica

  • Land, Norman, "Calandrino as Viewer,” Source: Notes in the History of Art, 23, 4 (2004), 1-6.

Collegamenti esterni modifica

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