Pietro da Rimini

pittore italiano

Pietro da Rimini (Rimini, ... – 1345 circa) è stato un pittore italiano.

Deposizione dalla croce, Louvre, Parigi
Crocifisso di Urbania

Biografia modifica

Pietro da Rimini fu un pittore giottesco che ha lavorato nella prima metà del XIV secolo principalmente in Romagna e nelle Marche.

Anche se il nome "Petrus de Arimino" compare solo nel Crocifisso di Urbania, a Pietro da Rimini sono state legate il maggior numero di attribuzioni rispetto a tutti gli altri pittori della Scuola giottesca riminese.

Pietro da Rimini potrebbe essere stato uno dei primi discepoli di Giotto a Rimini intorno al 1310. Quasi sicuramente venne in contatto con il grande cantiere della Basilica di San Francesco, pur non lavorandoci, viste le forti influenze che si notano nelle sue tavole con lo stile giottesco senese molto vicine, in particolare, a Pietro Lorenzetti, che non si potrebbero spiegare altrimenti.

Pietro e altri anonimi maestri riminesi modifica

Le opere attribuite a Pietro da Rimini sono così distanti, sia geograficamente che per lo stile, che è difficile mettere a confronto la Deposizione del Louvre (ancora con fondo oro e con una tridimensionalità approssimativa forse più vicina allo stile di Duccio di Boninsegna e Cimabue che non a quello di Giotto) con gli affreschi della Basilica di San Nicola da Tolentino (spesso attribuiti a lui, a Giuliano da Rimini, a Giovanni Baronzio o a un anonimo Maestro di Tolentino) o con quelli del Refettorio dell'Abbazia di Pomposa (attribuiti a lui o a un altro maestro anonimo), questi ultimi con un linguaggio stilistico più "moderno". Allo stesso milieu appartengono il Maestro di San Pietro in Sylvis e il Maestro di Santa Maria in Porto Fuori, autori di cicli di affreschi che alcuni studiosi hanno ascritto sotto il nome di Pietro da Rimini o alla sua bottega; la stessa cosa si deve dire del ciclo di affreschi di Santa Chiara oggi nel Museo nazionale di Ravenna.

 
Resurrezione, Museo di Rimini

A Pietro si ascrivono anche la tavola Madonna con il Bambino in trono fra angeli e santi nella Collezione Longhi; il Crocifisso nella Galleria di Urbino, forse la sua opera migliore; il Crocifisso della Chiesa Collegiata di Santarcangelo di Romagna (anche se ora si fa risalire al Maestro del Refettorio di Pomposa i cui affreschi tanto ricordano comunque il Maestro di Tolentino).

Un'altra opera interessante (datata 1333) è l'affresco rappresentante San Francesco nella chiesa omonima di Montottone nelle Marche, proveniente da Jesi.

Una delle ultime testimonianze della sua opera sono alcune parti del ciclo di affreschi con le Storie di Cristo del convento della Chiesa degli Eremitani ora conservate nei Musei Civici di Padova.

Opere modifica

Note modifica

  1. ^ Chiesa di San Giovanni Battista, su comune.jesi.an.it, Comune di Jesi. URL consultato il 7 settembre 2015 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2016).

Bibliografia modifica

  • Carlo Volpe, La pittura riminese del Trecento, (Maestri del colore; 228) Fabbri, Milano 1965
  • Andrea Emiliani, Giovanni Montanari, Pier Giorgio Pasini (a cura di), Gli affreschi trecenteschi da Santa Chiara in Ravenna: il grande ciclo di Pietro da Rimini restaurato, Editore Museo Nazionale, 1995, ISBN 88-8063-053-9
  • Daniele Benati (a cura di), Il Trecento riminese. Maestri e botteghe tra Romagna e Marche, catalogo mostra (Rimini, Museo della Città, 20 agosto 1995 - 7 gennaio 1996), Electa, 1995, ISBN 88-435-5311-9
  • Agnese Piccardoni, Pietro da Rimini a Urbania, Centro Studi "G. Mazzini", 2006
  • Daniele Ferrara (a cura di), Giovanni Baronzio e la pittura a Rimini nel Trecento , catalogo della mostra (Roma, Galleria Nazionale d'Arte Antica in Palazzo Barberini, 14 marzo-15 giugno 2008), Silvana editoriale, Milano, 2008, ISBN 978-88-366-1077-8
  • Alessandra Rullo, Pietro da Rimini, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 83, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2015. URL consultato il 9 luglio 2021.
  • Mauro Minardi, La stella di Pomposa e alcune proposte per Pietro da Rimini, in Paragone, n. 134, Firenze, Mandragora, luglio 2017, pp. 3-26. URL consultato il 9 luglio 2021.

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