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LA BONIFICA DI TERRALBA – SASSU O DI ARBOREA

Le più estese ed importanti zone umide della Sardegna si collocano nell’area cagliaritana e in quella oristanese, racchiudendo una superficie circa il 70% delle zone umide della Sardegna.

La storia della bonifica della piana di Terralba è la storia di grandi trasformazioni sociali, culturali, economiche, geomorfologiche e vegetazionali che hanno radicalmente trasformato la vita, la cultura e la natura di quel territorio.

Iniziata nel 1921 ha al suo attivo un’imponente mole di opere e realizzazioni. Il prosciugamento dello stagno di Sassu (2100 ettari) e di parecchi altri stagni ed acquitrini; la deviazione del rio Mogoro; l’appoderamento delle aree prosciugate e la loro distribuzione ai coloni veneti e connazionali; l’introduzione di nuove colture (riso e foraggi) la costruzione di una fitta rete di strade e borghi di servizio e alla nascita di Mussolinia, oggi Arborea.

INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO E IDROGEOLOGICO DELL’AREA

Il Golfo di Oristano rappresenta, da un punto di vista geologico- strutturale, la terminazione settentrionale di una fossa tettonica, cioè di una grande depressione originata dai movimenti distensivi della crosta terrestre, avvenuti in tempi relativamente recenti, connessi alle fasi tettoniche dell’orogenesi alpina.

Questa fossa tettonica corrisponde alla fertile pianura del Campidano che si estende partendo dal golfo di Cagliari fino al golfo di Oristano, colmata da potenti coperture alluvionali, accumulate nel corso di due milioni di anni ad opera dei numerosi corsi d’acqua drenanti i rilievi che coronano la piana.

I processi geomorfologici  e idrogeologici che si sono manifestati e che tuttora perdurano in questo territorio, hanno portato alla formazione di un’ampia area di transizione, posta tra mare e continente, caratterizzata dalla presenza di estese aree stagnali e lagunari.

Uno dei principali fattori della genesi delle aree stagnali e lagunari del golfo di Oristano sono dati dal forte apporto idrico e detritico da parte dei corsi d’acqua che sfociano nel golfo e che determinano l’accumulo di grandi quantità di materiale sabbioso lungo la costa.

Nel Golfo di Oristano trovano sbocco alcuni tra i più importanti corsi d’acqua della Sardegna:

1.      TIRSO: è per estensione del suo bacino idrografico il più importante fiume della Sardegna. Nasce dall’altopiano di Buddusò e sfocia a sud ovest di Oristano. All’interno del suo bacino idrografico oggi, sono presenti 5 bacini artificiali: OMODEO, GOVOSSAI, [1], CUCCHINADORZA, BENZONE

2.      FLUMINI MANNU E RIO SITZERRI: estendono il proprio bacino imbrifero nel monte Linas e dell’Arcuentu. Entrambi sfociano nello stagno di Marceddì.

3.      RIO MOGORO: prima della grande bonifica era il principale corso d’acqua che alimentava una vasta zona umida rappresentata dallo stagno di Sassu e da un’ampia area paludosa posta a sud dello stagno. Il corso d’acqua, il cui bacino idrografico si spinge all’interno del massiccio vulcanico del monte Arci, trae origine dalla confluenza del Rio Mannu con il Rio Flumineddu. Sfocia nello [2].

Il golfo di Oristano la piana retrostante raccoglie anche i contributi idrici di numerosi corsi d’acqua minori per la gran parte provenienti dal versante occidentale del Monte Arci. Prima della bonifica questi torrenti sfociavano nello stagno di Sassu e contribuivano all’alimentazione della grande area stagnale. Oggi gli apporti idrici di questi corsi d’acqua secondari, confluiscono nel cosiddetto “Canale Acque Alte”, cioè in una linea di deflusso artificiale che costituisce un affluente del rio Mogoro. In località Santa Vittoria quest’ultimo è sbarrato da una diga ultimata nel 1933vallo scopo di regolarne le piene che, prima della sua costruzione provocavano ingenti danni al territorio di Mogoro, Uras, Terralba e San Nicolò d’Arcidano.

L’ASSETTO IDROGEOLOGICO AI FINI DELLA BONIFICA

Agli effetti della sistemazione e della bonifica idraulica il Campidano di Oristano poteva essere suddiviso in tre zone contrassegnate da tre superfici stagnali:

1.      Lo stagno Cabras, che funge da limite geografico tra Sinis e il Campidano di Oristano;

2.      Lo stagno di Santa Giusta, posto a sud della città di Oristano;

3.      Lo stagno di Sassu, vasta area stagnale che si collocava tra Stagno di Santa giusta a Nord e quello di San Giovanni - Marceddì a Sud.

Le prime due aree stagnali erano legate ai contributi idrici del[3] mentre lo stagno di Sassu era soggetto ai regimi idraulici del Rio Mogoro. Le acque del rio Mogoro, superati gli abitati di Terralba e Marrubiu, dilagavano nella fertile pianura chiamata S’Isca per poi immettersi nello stagno di Sassu. Quest’area comprendeva terreni paludosi e pianeggianti rivolti verso l’abitato di Terralba. Si trattava di una delle aree della Sardegna maggiormente afflitta da alluvioni e fenomeni di dissesto idrogeologico ma con grandi potenzialità dal punto di vista dello sfruttamento agricolo del territorio grazie alla presenza dei suoli fertili e profondi generatisi dai sedimenti depositati dal corso d’acqua nelle numerose esondazioni. Ad eccezione di pochi terreni coltivati nei pressi di Terralba e San Nicolò d’Arcidano, non esistevano strade, coltivazioni, casolari che dessero segni di attività.

Il comprensorio di Sassu misurava 20.000 ettari e si estendeva dal mare fino alle pendici del[4]. La zona di bonifica aveva un’altitudine massima di 31 metri sul livello del mare presso le pendici del monte Arci. La parte maggiormente depressa era quella dello Stagno di Sassu il cui fondale si collocava a circa 40 – 50 cm sotto il livello del mare.

Delle diverse soluzioni proposte per governare le acque del Rio Mogoro fu scelta quella consistente nel deviarle e nel costruire un nuovo alveo con andamento est-ovest, eliminando il dosso che separava il Rio Mogoro dal Rio Mannu in modo da creare un unico corso d’acqua che sfociava nella laguna di San Giovanni. Una volta sistemati i maggiori cosi d’acqua per la restante parte dell’area stagnale si sarebbe provveduto al prosciugamento mediante innalzamento meccanico delle acque con apposita centrale idrovora sita nei pressi della peschiera di Sassu, previa chiusura dello stagno di Sassu con quello di s’Ena Arrubia, che attualmente rappresenta la parte non bonificata dell’originaria area stagnale.

LA SARDEGNA AGLI INIZI DEL NOVECENTO

In Sardegna agli inizi del ‘900 la popolazione contava 31 abitanti per Kmq. I centri urbani erano limitati e per la maggior parte la popolazione abita in villaggi e borghi poveri, dispersi in campagna. Mancano fogne, acqua potabile, scuole.

L’isola aveva il primato della mortalità dovuta alle malattie sociali come [5] e [6]; anche la mortalità infantile era molto alta.

L’agricoltura era arcaica per colture e tecniche; dominava la pastorizia ovina e il pascolo brado. La proprietà agricola era frazionata e mancava qualsiasi forma di associazionismo e di razionalizzazione della produzione.

Il grave dissesto idrogeologico del territorio era dovuto all’incuria dei governanti, alla mancanza d’investimenti, ai disboscamenti selvaggi.

DALLE PALUDI AL CONCEPIMENTO DELLA BONIFICA

Nel 1895 il nuovo sindaco di Terralba, Avv. Felice Porcella propone, per l’ammodernamento e il riscatto civile della sua terra, un progetto per la sistemazione del rio Mogoro e lo stagno di Sassu. Gli ingegneri Giovanni Marcello e Stanislao Palomba ricevettero l’incarico dai comuni di Terralba e Uras per la prima pianificazione e progettazione di una Bonifica Integrale dei loro territori fino all’area di Santa Giusta.

Ma la presentazione del primo progetto di massima al Genio Civile da parte dell’amministrazione terralbese fu bocciato per questioni burocratiche. Ciò non intaccherà, però, la volontà riformatrice di Porcella, avvilito solo dalla povertà della popolazione e dall’arretratezza produttiva delle terre. Affiderà così all’ingegner Pani di Cagliari, la predisposizione di un progetto per la prima opera di bonifica della palude Sa Ussa.

Col tempo, istanze, reclami, petizioni e sollecitazioni ai parlamentari sardi o direttamente al Governo, sui problemi delle popolazioni dell’oristanese e sulle opere particolari di bonifica delle terre di Uras-Terralba-Marrubi dalle inondazioni del rio Mogoro, sfoceranno in positivi provvedimenti legislativi per l’isola.

Il 2 agosto 1897 venne emanata la prima Legge speciale per la Sardegna, che accoglie, almeno come principio, l’esigenza di una bonifica organica, tra pianura e montagna, tesa alla sistemazione montana, al rinsaldamento e al rimboschimento, secondo un “Piano Generale di sistemazione delle acque” di sette bacini idrografici (campidano di Cagliari, Tirso, Oristano, Flumendosa, Coghinas, Cedrino).

Seguiranno altre leggi (342 del 28 luglio 1902 e soprattutto la 562 del 14 luglio 1907, Testo Unico 10 novembre 1907 n. 844) che vedranno avviati progetti per l’energia idroelettrica e per l’irrigazione, secondo  il grandioso “Piano Elettrico Irriguo” della teocrazia socialriformista di Nitti e Omodeo.

Nel 1907 la crisi economica di portata mondiale, impose al governo e alla Banca d’Italia interventi straordinari in sostegno del sistema creditizio e bancario. Ma le leggi Giolitti – Cocco Ortu “Provvedimenti per la Sardegna” a causa di inadeguati finanziamenti restano inapplicati. Furono stanziati solo 33 milioni di lire, in vista della costruzione di strade rurali, servizi sanitari, porti, scuole. In quegli anni l’ingegner Omodeo presenterà alcuni progetti al fine della regolamentazione delle acque del Tirso e la costruzione di una diga; impianto che permetterà l’utilizzazione della corrente elettrica e l’irrigazione del campidano. All’ingegner Edmondo SanJust e all’ingegner Angelo Omodeo va il merito di aver avviato il grande progetto idraulico che avrebbe preso corpo attraverso la stretta alleanza formatasi tra gli uomini della tecnica (Snajust e Omodeo), gli esponenti della politica (Cocco Ortu, Nitti e Turati) e gli operatori della grande finanza (Banca commerciale e Giulio Dolcetta).

LA REALIZZAZIONE DELLA BONIFICA INTEGRALE E LA NASCITA DEL VILLAGGIO MUSSOLINIA DI SARDEGNA

La spinta al cambiamento venne dal capitalismo del nord e dall’interesse per la Sardegna da parte della banca degli industriali: la COMIT (Banca Commerciale Italiana).

La COMIT è alla base della creazione della Società Elettrica Sarda (S.E.S) costituita il 2 novembre 1911 e, nel della Società Imprese Idrauliche ed Elettriche del Tirso (S.I.I.E.T.) costituita il 24 maggio 1913, il cui scopo è quello di costruire in Sardegna bacini montani e grandi laghi artificiali a partire dal Tirso avvalendosi delle competenze tecniche di  Angelo Omodeo.

Felice Porcella, già sindaco di Terralba, deputato al parlamento dal 1913 presenta il Disegno di legge n.152, (Provvedimenti straordinari in favore della Sardegna, Atti XXIV legislatura), ripresenta la progettazione per la bonifica idraulica nella valle inferiore del Tirso e la Bonifica agraria del Campidano d’Oristano, sollecitando i lavori sul Tirso e il rio Mogoro in esecuzione del T. U. n. 844 del 10 novembre 1907. Ma gli interventi effettuati saranno parziali e non risolutori

Il periodo bellico frenerà effetti legislativi e iniziative già avviate. Ma Porcella, esasperato dall’ennesimo disastro provocato dall’inondazione del febbraio 1917, vuole che sia realizzata una bonifica per il solo territorio di Terralba, proponendo insieme all’amico e collega Antonio Pierazzuoli, allora direttore della Cassa Ademprivile, la realizzazione di una bonifica integrale, contattando colui che ne sarà il realizzatore: l’ingegner Giulio Dolcetta.

Il Pierazzuoli concepirà il processo di bonifica come un fatto complesso, esteso a una vasta area da preparare in tutti i vari aspetti da una Società di bonifica non contrastante con la concezione cosiddetta sociologica della bonifica, con l’impianto cioè di una serie di poderi in zone ancora da bonificare. Tale fatto deve infatti seguire e non precedere il processo di bonifica da lui chiamato di colonizzazione agricola, fondato sulla formazione di grandi e vaste aziende do 5 o 600 ettari, non gestibili né dal contadino né dallo stato.

Nel 1918 le imprese create dalla COMIT collaborarono sotto la direzione dell’ingegner Dolcetta. Nel 1920 gli verrà affidata la direzione della S. I.I.E.T e della S.E.S in Sardegna per la realizzazione del previsto sviluppo industriale e agricolo dell’isola. Gode del sostegno della Banca Commerciale di cui è direttore il fratello Bruno e vuole in accordo con Porcella realizzare una bonifica integrale nella piana di Terralba.

La Società Anonima Bonifiche Sarde si costituì, con capitali privati, a Milano il 23 Dicembre 1918. Lo scopo della società era la bonifica idraulica e agraria dei terreni, l’impianto di reti di irrigazione l’esercizio della pesca in Sardegna.

La prima azione della Società fu l’acquisto dei terreni dai privati e dai comuni di Terralba, Santa Giusta, Marrubiu, San Nicolò d’Arcidano che avvenne tra il 1919 e 1920.

Era necessaria poi la sistemazione idraulica del rio Mogoro, rio Manno e rio Bellu, fiumi a carattere torrentizio che erano causa di inondazioni e alimentavano il sistema delle paludi.

Il rio Mogoro nei periodi di piena inondava e danneggiava le campagne di Uras-Terralba-Marrubiu, distruggendo i raccolti. L’acqua stagnante, dopo le piene, diventava un focolaio di malaria. Lo stesso discorso valeva per il Flumini Mannu.

Dolcetta il 18 giugno 1920 presenta un progetto di bonifica alla SBS (costruzione di una rete stradale, canali di irrigazione, case coloniche, lavoro agricolo razionalizzato, con il passaggio dalla coltura estensiva a quella intensiva per favorire l’esportazione). A settembre dello stesso anno venne presentato il progetto di massima per il prosciugamento del Sassu che comprendeva:

-         La deviazione del rio Mogoro

-         L’arginatura del Flumini Mannu

-         Prosciugamento dello stagno di Sassu e delle paludi minori

-         Canali secondari

-         Opere complementari (strade e Acquedotto).

Con la deviazione del rio Mogoro, la bonifica dei terreni, la sperimentazione di colture specializzate (carciofo, patate, barbabietole, lattuga e altri ortaggi), un territorio destinato al pascolo brado o alla pesca (paludi), venne trasformato in terreni altamente produttivi. L’agricoltura tradizionale doveva la sciare il posto ad un’agricoltura di tipo industriale.

Da un’economia di sussistenza si sarebbe passati ad un’economia ricca, capace di vendere i suoi prodotti.

Per questa ragione si prevedeva la produzione e l’uso di intensivo di concimi chimici.

La Società Bonifiche Sarde prevedeva, inoltre, che le terre bonificate fossero ripopolate con famiglie che lavorassero la terra. Colonizzazione e suddivisione in poderi che sarebbero rimasti di proprietà della società attraverso il sistema della mezzadria, allora sconosciuto in Sardegna. La società imponeva ai coloni metodi di produzione e colture scelte dai propri tecnici. Chi non accettava veniva licenziato; chi invece accettava dopo un certo periodo sarebbe diventato proprietario del podere.

Il 3 febbraio 1922 la SBS stipulò una convenzione con i fratelli Scano che attribuiva loro la direzione dei lavori per l’arginazione e la deviazione del Rio Terralba. Nello stesso periodo l’ingegner Omodeo costruiva un serbatoio sul fiume Tirso da utilizzarsi per forza motrice ed irrigazione. Questo progetto prevedeva lo sbarramento del Tirso con la costruzione di una diga per poter produrre energia elettrica e l’acqua per l’irrigazione che serviva per gli obiettivi di un’agricoltura industriale. Bonifica idraulica e agraria erano, quindi, strettamente connesse.

Il 7 ottobre 1922 si costituisce la Società sarda costruzioni con lo scopo di portare ad esecuzione i lavori di bonificamento agrario e irrigazione. La Sarda costruzioni assumerà anche la realizzazione dei fabbricati rurali e delle strade della Bonifica Idraulica di Terralba – Marrubiu – Uras e lo Stagno di Sassu. La Società Bonifiche Sarde e la Società Sarda Costruzioni, insieme avrebbero concretizzato secondo Pierazzuoli, la bonifica integrale, da lui ideata fin dal 1918.

Si registrano intanto notevoli progressi nella trasformazione fondiaria: si aprono nuove strade e si costruiscono case e fabbricati rurali all’interno delle grande aziende, esteticamente piacevoli e rispondenti ai principi d’igiene e decoro.

E’ ormai compiuta la Diga del Tirso che viene inaugurata il 28 aprile 1924 e si prevede che, per il 1926, l’acqua inizi ad irrigare larghe zone, dando l’avvio ad un’intensa utilizzazione dei terreni.

Già dal 1924 è sorto in zona Alabirdis, grande azienda e centro agricolo, il primo nucleo del caseificio per la lavorazione del latte ovino. Si imporrà poi l’allevamento bovino con produzioni sempre crescenti. L’azienda della bonifica del terralbese è in piena attività:

·         Il settore viticolo è ai primi posti in Sardegna;

·         Il pollaio provinciale ha un migliaio di capi in piena attività;

·         Il caseificio è attrezzato con il macchinario più moderno

·         Un mutuo del Ministero favorisce l’ultimazi one dei primi 4 centri agricoli (Linnas, Pompongias, Alabirdis e S’Ungroni) e favorisce la prosecuzione di altri due previsti (Tanca del Marchese e Torrevecchia);

·         Proseguono i lavori di bonifica idraulica e viene effettuato il primo collaudo della Diga del Tirso.

Le sei aziende si mostreranno però troppo vaste e povere di fabbricati in relazione alle esigenze di una ulteriore sistemazione e coltivazione razionale dei terreni. Tali centri sono dimora stabile solo per 500 persone mentre è necessario far stabilire sulla tenuta almeno 2.000 persone dopo il prosciugamento dello stagno di Sassu.

Nel 1926 una grave crisi colpì l’agricoltura della Valle Padana dovuta al calo dei prezzi di grano e mais, al prelievo fiscale e alla concorrenza del bestiame importato dalla Iugoslavia. Per far fronte all’emergenza e per non creare disoccupati permanenti, il governo prende alcuni provvedimenti in materia di migrazione e di colonizzazione (R.D. 14 marzo 1926), istituendo il Comitato Permanente per la Migrazione Interna, che ha lo scopo di studiare e proporre provvedimenti per agevolare il flusso migratorio delle Province del Regno con popolazione sovrabbondante verso quelle meno abitate del Mezzogiorno e delle isole suscettibili di una più alta produzione industriale e terriera. Nel 1927, da diverse parti d’Italia famiglie coloniche si dichiararono pronte a lasciare i propri luoghi d’origine per andare a lavorare in altre zone.

Il Commissario per la Migrazione interna e la Colonizzazione istituirà una banca dati per le famiglie coloniche con tutti i dati identificativi e le informazioni per le aziende agrarie, sia riguardo la disponibilità di manodopera che sui benefici creditizi e fiscali per la loro assunzione.

La SBS si servirà dei primi 150 polesani della banca dati e comincerà così un intenso flusso migratorio che, nel 1930, porterà Terralba a raddoppiare la sua popolazione con famiglie immigrate dal Polesine, dal Veneto, dalla Sicilia. E’ appunto nel nuovo clima creato dalle organizzazioni sindacali, dalla realtà corporativa scaturita dalla rivoluzione fascista, è possibile realizzare un nuovo tipo di riforma agraria fascista che abbia come motivo dominante la bonifica del territorio malarico, incolto e mal coltivato e, come obiettivo, la formazione di nuovi centri rurali. Per luigi Razza, commissario per le migrazioni la colonizzazione, dovrà favorire l’occupazione e l’incremento demografico trasferendo nuclei forti e proliferi dalle regioni intensamente abitate a quelle spopolate, e riconvertendo i braccianti disoccupati in coloni e mezzadri.

La cosa più semplice sarebbe stata insediare famiglie sarde, come pretendevano i sindacati fascisti isolani; ma Dolcetta ritenne poco adatti i rurali sardi per i suoi progetti da realizzare; ciò a causa della loro estraneità a esperienze produttive incentrate su rapporti contrattuali di colonia o mezzadria e, soprattutto, del loro radicato individualismo. La secolare reticenza della gente sarda a vivere isolata in case sparse sarà   il motivo che farà “disertare” i poderi ai mezzadri sardi, che perderanno l’occasione di acquisire un patrimonio di conoscenze e di nuove tecniche, da trasmettere anche ai paesi circostanti, per accelerare la tanto agognata trasformazione agraria.

Si dovrà pertanto ricorrere al più costoso trasferimento di famiglie “continentali” che, a differenza di quelle sarde, sono costituite anche da 20 elementi, quindi numerose per abitudini e tradizioni secolari.

Nell’ottobre del 1927 i lavori sul rio Mogoro terminano e vengono collaudati.

Il 18 dicembre 1927 il prefetto di Rovigo visitò l’azienda di Terralba e cercò di persuadere la Cassa di Risparmio delle Province Lombarde a finanziare la costruzione di un Villaggio. La scelta era stata individuata in una striscia di circa mille ettari, il centro agricolo di Alabirdis in mezzo, che si estende dal litorale del Golfo di Oristano verso lo stagno di Sassu ed era iniziata subito la stesura dei progetti da parte dei tecnici della SBS-SSC.

Il 29 ottobre 1928 venne inaugurato il “Villaggio Mussolinia”: un’area malarica e paludosa aveva ormai una popolazione stabile formata da famiglie siciliane, polesane e altro.

Fu la prima bonifica integrale modello, inaugurata alla presenza del re Vittorio Emanuele III e del Ministro Ciano per il governo.

Il villaggio è costituito di un complesso di edifici abbastanza eterogeneo per funzione e carattere architettonico. L’impianto urbanistico è tracciato secondo una linea ortogonale di strade, l’incrocio delle quali genera al centro una piazza rettangolare su cui si affacciano, con i giardini in mezzo, la chiesa e tutti quegli edifici che rivelano le forme di una tradizione tardo ottocentesca.

Era dotato di chiesa, scuole, un albergo, un ospedale, una lavanderia, un dopolavoro, case per il medico, per il parroco, un edificio per la direzione e una casa per gli impiegati. Il centro industriale aveva un caseificio, l’enopolio, il panificio, il molino.

Tale villaggio, frazione del comune di Terralba viene elevato a comune autonomo il 13 gennaio 1931 con il nome di Mussolinia di Sardegna.

Tale villaggio, frazione del comune di Terralba, viene elevato a comune autonomo il 13 gennaio 1931 con il nome di Mussolinia di Sardegna.

Nel 1931 nel comune di Mussolinia di Sardegna risultavano residenti 167 famiglie di mezzadri e 2260 persone erano residenti nel comune.

Dal 1934 si iniziò a prosciugare lo stagno Sassu, importante per la lotta antimalarica.

LA NUOVA VITA

La bonifica dei terreni paludosi, la costruzione degli invasi, la modificazione del corso dei fiumi, avevano contribuito alla realizzazione di attività produttive industriali (allevamento bovino) e all’agricoltura intensiva, utile per l’esportazione dei prodotti.

Gli argini e gli invasi proteggevano dalla siccità e dagli alluvioni. L’energia elettrica prodotta dalle centrali del Tirso apriva nuovi orizzonti (miglioramento e trasformazione dell’agricoltura, lavorazione dei minerali, produzione di fertilizzanti, costruzione di un’industria casearia che esportava in America).

Vennero introdotte nuove specie animali, nuovi incroci; gli animali venivano alimentati con i pascoli coltivati ed irrigati e con il fieno prodotto nelle terre bonificate.

Cambiano anche i rapporti sociali. Prima la pesca e il pascolo avvenivano su terreni appartenenti a pochi proprietari abituati a vivere delle rendite e degli affitti pagati da pescatori e pastori.

Questi proprietari non avevano interesse a cambiare i loro privilegi e non capivano l’importanza degli investimenti per migliorare le condizioni di vita di chi lavorava negli stagni e nelle campagne. I proprietari si opponevano alla bonifica con l’appoggio delle locali organizzazioni fasciste. Anche l’introduzione di una nuova forma contrattuale, la mezzadria, rompeva le relazioni feudali che dominavano nelle campagne sarde.

Importante l’immigrazione di famiglie del Polinesine perché le famiglie sarde erano legate a forme arcaiche di lavoro mentre le popolazioni venete avevano uno spirito imprenditoriale.

La piana di Terralba era diventata una piana fertile e abitata.

GLI UOMINI DELLA BONIFICA E LE OPERE REALIZZATE DALLA SOCIETA’ BOBIFICHE SARDE

INGEGNER ANGELO OMODEO SALE’: (Mortara 1876 – 1941) uno dei più prestigiosi ingegneri elettronici italiani, fu uno dei fautori della rivoluzione industriale agraria sarda.

Figura di ingegnere, rappresentativa di quei settori dell’intellettualità tecnica ispiratrice di una politica funzionale ai disegni imprenditoriali del primo quindicennio del secolo in epoca giolittiana. Laureatosi al Politecnico di Milano nel 1899 aveva continuato i suoi studi di meteorologia e idrologia applicata riguardo all’utilizzazione agricola e industriale delle acque, segnalandosi fin da giovane per ricerche e bacini idroelettrici. Egli contribuì con i suoi studi sui serbatoi  e sulla utilizzazione sistematica dei bacini idrografici montani, al primato della tecnica italiana. Dal suo studio milanese di via Cervia uscirono i progetti degli impianti idroelettrici delle prime più importanti dighe italiane, quella del Brasimone e quella di Corfino: e negli anni successivi i progetti di invaso dei laghi silani e sardi. Di fede socialista legato da amicizia a Filippo Turati. Rifiutò più volte l’invito di Giolitti ad assumere il ministero dei lavori pubblici e fu uno dei più autorevoli consiglieri di Turati.

Nella seconda metà degli anni Venti costruì impianti in Scozia, Belgio, Portogallo, Francia; progettò lo sfruttamento del Nilo e l’invasamento del fiume Giallo in Cina. Negli anni Trenta, chiamato al governo dell’URSS, aprì un ufficio tecnico a Mosca, da cui usciranno i famosi progetti per i fiumi Dnieper e Volga e anche lo studio dell’impresa elettro – agricola, per la mitigazione artificiale del clima siberiano.

Era convinto che la modernizzazione dell’isola, il suo riscatto sociale e culturale potesse avvenire solo attraverso il miglioramento delle condizioni ambientali. In tale prospettiva diede vita al grande progetto di ristrutturazione idraulica della Sardegna: fece degli studi sul Tirso e ottenne la regolarizzazione delle sue acque attraverso la costruzione di laghi artificiali. I suoi studi e i suoi progetti influenzarono profondamente gli ambienti politici nazionali e sardi e anche le alte sfere del capitalismo italiano che adottarono i suoi progetti.

INGEGNER GIULIO DOLCETTA: nasce a Castelfranco Veneto in provincia di Treviso nel 1880, si laurea a Torino in ingegneria. Modello di proprietario moderno, attrezzato tecnicamente , preparato in materia agricola, era l’amministratore delegato del gruppo COMIT; creò le condizioni politiche e finanziarie per la realizzazione dei progetto dell’ingegner Omodeo. L’idea centrale era quella di sfruttare l’energia elettrica per creare grandi aziende agricole. Ci furono costi altissimi e profitti non immediati. Ciò creò malcontento negli azionisti della Comit e l’opposizione di uomini vicini al regime. Si ebbero così le dimissioni di Dolcetta perché il suo modello di sviluppo non concordava con quello sostenuto dal fascismo. Tra i suoi oppositori ci fu Beneduce (1831). Nel 1934 l’IRI assorbe i progetti agrari nati prima del fascismo e prima della guerra in Sardegna. Morirà a Vicenza nel 1943 mentre era commissario prefettizio di questa città. Aveva lasciato Mussolinia nel 1933 per non essere riuscito a conciliare le sue vedute con gli interlocutori istituzionali dell’IRI.

Lo storico Giampaolo Pisu sostiene che il modello di sviluppo agrario sostenuto da Dolcetta non concordava affatto con quello sostenuto dal fascismo.

·        Modello Dolcetta: prevedeva un proprietario moderno, tecnicamente attrezzato e preparato in materia agricola;

·        Fascismo: modello di società rurale fondato sui valori tradizionali.

·        Per questo motivo Dolcetta fu sostituito con Beneduce.

ALBERTO BENEDUCE (Gricignano di Aversa, 26 ottobre 1877 – Roma, 26 luglio 1944) è stato un economista e politico italiano, amministratore di importanti aziende statali nell'Italia liberale e fascista, amministratore delegato dell'INA, tra gli artefici della creazione dell'IRI e suo primo presidente, oltre che ministro e deputato. [[Categoria:Bonifica]] [[Categoria:Zone umide]] [[Categoria:Ingegneri idraulici]]

  1. ^ GUSANA : Il lago di Gusana venne realizzato tra il 1959 e il 1961 nel territorio di Gavoi, nella Barbagia di Ollolai, sbarrando il rio Gusana tra monte Littederone e Nodu Nos Arcos. Il lago si stende alla base dell'altopiano granitico di Fonni e risulta perfettamente inserito nel paesaggio, circondato da rilievi ricoperti di roverelle che gli forniscono un aspetto caratteristico.
  2. ^ stagno di Marceddì : La vasta area stagnale costituita dallo stagno di Marceddì e da quello di San Giovanni occupa la parte più meridionale del Golfo di Oristano. Essa confina ad ovest con la penisola di Capo Frasca, a sud con le propaggini meridionali del complesso montuoso dell'Arcuentu, mentre nel settore nord-occidentale si estende l'area di bonifica di Arborea.
  3. ^ Fiume Tirso: Il fiume Tirso, con i suoi 159 km, è il fiume più lungo della Sardegna. Le sue sorgenti si trovano a 800 m s.l.m. presso Buddusò, in provincia di Olbia-Tempio. Pochi chilometri più a valle il primo sbarramento artificiale, detto "Sos Canales". Da qui prosegue con il nome di "Frummini de su Campu" fino a congiungersi con i vari affluenti che scendono dal Marghine e dal Gennargentu. Nel complesso il suo bacino, con i suoi 3376 kmq, è il più grande del'isola.
  4. ^ Monte Arci: si trova al limite nord-orientale della fossa tettonica del Campidano. L’estensione del Parco è compresa tra i centri abitati di Villaurbana a nord, Ales ad est, Marrubiu a sud e la strada statale 131 ad ovest.
  5. ^ malaria: è una malattia infettiva causata da un parassita chiamato Plasmodio. La malaria si trasmette esclusivamente attraverso le punture di zanzare infette.
  6. ^ tubercolosi: è causata da un batterio, il Mycobacterium tuberculosis, che viene trasmesso per via aerea dagli individui malati attraverso la loro saliva, i loro starnuti o i loro colpi di tosse. La malattia è estremamente contagiosa: bastano pochi batteri perché venga trasmessa da un individuo a un altro.