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Storia di Mondovì

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Nei pressi di Mondovì esistette tra il IX e XI secolo il comitato di Bredolo, oggi Breolungi, frazione di Mondovì.

La prima fondazione

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L'insediamento risulta esistente nel 1198, venendo attestato per la prima volta in tale documento come Cuneo. Tale insediamento, che prese fino al '500 il nome di Mons Regalis[1], nacque come aggregazione di alcuni abitanti di Carassone (nei pressi di Bastia, oggi indicante un altro luogo, un quartiere di Mondovì), Vasco e soprattutto Vico, numericamente superiori e definiti homines, e dunque non sottoposti ad alcun dominus loci. La fondazione di Mondovì e Cuneo ruppe gli equilibri locali, anche se in generale in un primo momento, non ostante le polarizzazioni, si evitò lo scontro frontale: i signori di Morozzo, ad esempio, videro i propri possedimenti circondati da questi due nuovi Comuni, cosa che li portò ad uscire dal loro tradizionale isolamento avvicinandosi lentamente al vescovo di Asti; altrettanto minacciato si sentirono le chiese di antica origine come il priorato di Sant'Arnolfo, mentre non risultano tensioni con istituzioni religiose nuove come le monache cistercensi di Pogliola (fondate dai signori di Morozzo) o Casotto; anche i signori di Bredolo non risultano ostili dato il deflusso massiccio da questo luogo per Mondovì; altrettanto non ostili appaiono i Carassone, anche se essi, proprio dalla pieve di Santa Maria di Carassone, appaiono assieme al vescovo di Asti, nell'atto del 27 ottobre 1198 citato sopra in cui compaiono per la prima volta Mons regalis e Cuneo, in cui affiderà a Guglielmo I di Ceva l'incarico di combattere il Comune di Mons Regalis in cambio del controllo temporaneo del territorio tra lo Stura e il Tanaro e dell'ottenimento i feudo del villaggio di San Michele. Questi due costituiranno i più forti nemici di Mons Regalis in questa fase.

In una prima fase, date le forti pressioni militari e la propria debolezza intrinseca, si evitò lo scontro frontale tra il vescovo di Asti e i signori locali a lui alleato, tanto che Mondovì ebbe come podestà Anselmo il Molle, nominato dal vescovo di Asti e figlio del marchese Guglielmo I: Mons Regalis quindi accettò una limitazione della sua autonomia l'anno precedente in cambio della pace, concordando al podestà di nomina vescovile ben 200 lire di stipendio, 1/3 dei banni da versare al vescovo etc. In questa fase, Mondovì accetta il compromesso per il suo isolamento geografico e debolezza finanziaria e la concordia sembra raggiunta, tanto che nel 1202 il vescovo risulta in città, anche se non risultano ulteriori atti vescovili negli anni seguenti.

Nel 1204, Mons Regalis entrò in alleanza con il Comune di Asti e di Cuneo contro alcuni signori, ma Asti si disimpegnò due anni dopo, e si risottomise al vescovo di Asti

Mons Regalis, alla ricerca di supporto, si allea con il marchese di Saluzzo Manfredo II nel 1210 per combattere la riaffermazione del potere vescovile; tale alleanza venne concordata dal podestà Giacomo Lanciavecchia, che incontrò il marchese al guado del Tanaro presso Savigliano assieme a sette consiglieri; due giorni dopo l'incontro, il podestà e il marchese si incontrarono di nuovo a Savigliano giurando di difendersi dal marchese di Ceva Guglielmo. I contatti con il marchese risultano in ritardo di un decennio rispetto a Cuneo, in quanto in quest'ultima erano andati molti uomini del marchese; ciò è giustificato anche dalla profonda debolezza finanziaria del neonato Mons Regalis.

Mons Regalis è citata di sfuggita per l'ultima volta nell'aprile 1211. A partire da quella data, il Comune cessò di esistere per due decenni, fino al 1231. Mons Regalis, assieme a Cuneo infatti venne sconfitta assieme ad altri Comuni poco dopo al 1210 da una coalizione di marchesi aeramici e del vescovo di Asti. Ciò portò all'abbandono di Mons Regalis e la sua probabile notevole distruzione, e i suoi abitanti tornarono nei precedenti insediamenti. Risulta che Vico, insediamento di origine e di riversamento degli abitanti di Mons Regalis, da comunità di homines risulta essere un Comune con tre consoli, riprendendo la vitalità che Vico mostrava prima del 1198. In questi due decenni, inoltre, il ricordo di Mons Regalis appare molto vivo. In questo periodo, il vescovo Guidotto tenta di riaffermare i legami precedenti con i signori locali prima della fondazione di Mons Regalis, mirando ad evitare goni tentativo autonomo di collegamento locale e tentando di presentarsi come unica forza in grado di inquadrare le diverse presenze signorili locali.

La seconda rifondazione

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Mons Regalis risulta esistente a partire dal 1231 e dall'aprile 1233 abbiamo attestazioni continuative della comunità, formata quasi certamente da uomini provenienti delle comunità della prima fondazione, ossia Carassone, Vasco e Vico, oltre che gli uomini di Morozzo, meno abituati rispetto alle altre tre comunità alla gestione in comune dei beni, oltre che personaggi di spicco come i marchesi di Ceva, come si vedrà, e soprattutto Bressano, protagonista della comunità in questa fase[2]. In ogni caso, i veri e propri promotori dell'insediamento erano di estrazione contadina.

La rinascita, di qualità migliore rispetto a quella precedente dalla presenza di un mercato (attestato dal 1242), provoca nuovamente uno stravolgimento dell'assetto dei poteri locali, anche se di fatto le fonti non sono sufficienti per delineare chiaramente l'andamento continuativo della vita politica e sociale locale, In ogni caso, la rifondata Mons Regalis risulta capace di erodere i poteri signorili locali e immerso pienante nei giochi di alleanze e di schieramenti con altri nuclei di potere come un qualsiasi Comune dell'Italia centro-settentrionale, riuscendo a ritagliarsi un ambito territoriale, definito districtus non prima del 1250, dai contorni di difficile accertazione. Nell'ottobre 1233, il vescovo di Asti riconosce pienamente l'autonomia comunale e legittimità di Mons Regalis, che, una volta rinato, si era subito posto in ottica anti-vescovile, occupando i castelli di Torre, Vico e Montaldo, allineandosi immediatamente con i Comuni di Cuneo e Savigliano, oltre che con l'abate di San Dalmazzo. Non risulta presente il Comune di Asti in questa fase.

I patti giurati dalla comunità e il vescovo sono fatti per l'interposta persona dei domini Giacomo di Bagnasco e, soprattutto, Bressano. Mons Regalis, in essi, riprende e accetta i vincoli impostagli nel 1210: essi impongono un podestà stipendiato di 300 lire scelto dal vescovo e l'edificazione di una casa di legno per il rappresentante della Chiesa di Asti, incluse le imposte bannali, riservate per ciascun terzo a vescovo, podestà e Comune; inoltre il Comune deve edificare a sue spese tre mulini e tre forni da consegnare al vescovo, senza poterne edificare altri in concorrenza, il tutto come in precedenza. In aggiunta ai vincoli del 1210, i monregalesi dovevano versare 1400 lire, forse risarcimenti ai signori locali per i danni e i mancati introiti delle ville che Mons Regalis aveva conquistato, e dovevano cedere al vescovo i da poco conquistati castelli di Vico, Montaldo e Roburent (quest'ultimo non di recente conquistato come da sopra), che verranno però retti da castellani graditi al Comune, e in questi due luoghi spetterà al vescovo l'albergaria; delle 1400 lire, 500 sono ripartiti a metà dai monregalesi e l'altra metà da Manuele di Ceva e fratelli (che probabilmente furono complici della rinascita di Mons Regalis, assaltando con essa Torre e risultando ambiguamente Leone e Manuele "de Monteregali", nonostante nel 1234 i Ceva, assieme ad altri signori, abbiamo ricevuto dai monregalesi 24 lire e mezzo per il mantenimento dei loro uomini prigionieri a Ceva e Mulassano), da dare ai figli del fu Enrico di Torre. In cambio, Mons Regalis riceve la protezione vescovile, ottengono il documento che gli impediva di abitare "in Monte" e non avrebbe preteso alcun indennizzo e avrebbe garantito per i suoi vassalli per il territorio tra il Tanaro e Stura.

Ad Asti, nel gennaio 1234, si ricompone il conflitto che ave interposto i già citati Comuni del Piemonte meridionale, coalizzati con l'abate di San Dalmazzo, e gli antichi poteri quali il vescovo di Asti, il marchese di Ceva e Saluzzo, i consortili signorili di Morozzo e dei Sarmatorio, oltre che i signori di Caraglio e l'abate dell'abbazia di San Pietro di Savigliano: questi ultimi accettarono quello che ormai era una situazione «irreversibile» (P. 80). Rispetto ai patti di pochi mesi prima, viene aggiunto ben poco. Il vescovo avrà comunque, come prima, ben scarso potere nell'area. Nel 1236 Alessandria strinse un'alleanza con i Comuni di Cuneo e Savigliano, aventi come podestà comune il monregalese Pagano del Pozzo, in cui la prima è chiamata a difendere Mons Regalis, che risulta in ogni caso isolata rispetto agli altri Comuni del Piemonte meridionale.

Nel marzo del 1238, Federico II, in quell'anno in Piemonte, prende sotto al sua ala protettiva Mons Regalis, riservandosi la giurisdizione criminale e civile, trattamento riservato ugualmente a Cuneo; ciò va inserito nella riconferma della clientela vescovile da parte del vescovo di Asti Oberto Catena a partire dal 1236, in cui risultano suoi fedeli nell'area di Mons Regali i signori di Morozzo e Bredulo, oltre che Nicola di Lupazzanio (località scomparsa a nord-est di Mondovì), mentre Tommaso di Carassone, figlio di Oddone, vende al vescovo per 20 lire i possedimenti e quote dei castelli e delle ville di Torre, San Michele, Carassone e Vasco, trasferendo la fedeltà dei suoi uomini al vescovo e disimpegnandosi dall'area; la protezione accordata dal vescovo ai signori del Piemonte meridionale risulta però essere ben poco concreta, tanto che nell'agosto 1237 chiede al Comune di Asti di difendere i suoi possedimenti nell'area e soprattutto Morozzo contro il Comune di Cuneo.

Risulta dunque un «completo scollamento» (p.83) di Mons Regalis dalla politica vescovile, cosa riscontrabile ancora nel 1240: l'8 marzo di quell'anno, il Comune di Alba crea un nuovo patto con i Comuni di Cuneo, Fossano (appena nata), Savigliano, Bene e Mons Regalis; il 22 marzo vi è la scomunica di Bressano e Mons Regalis da parte dei vescovo di Asti a seguito degli attacchi da essi portati a quasi tutti i luoghi vescovili tra Tanaro e Stura, quali Roburent, Montaldo e Torre, i cui castelli e ville vennero conquistate con il benestare e l'aiuto dei loro abitanti, Morozzo, che venne danneggiata, mentre Piozzo e Sant'Albano, con le loro fertili pianure tra i due fiumi, vennero occupati i beni vescovili. A tutto ciò, il vescovo risulta impotente. il consortile di Morozzo, a metà strada tra i Comuni di Cuneo e Mons Regalis, scese a patti a fine agosto di quell'anno con i due Comuni con arbitri Bressano e il figlio Anselmo e i due fratelli cuneesi Paserio e Nicola Arduino, in cui il consortile viene risarcito ma vede il suo potere signorile arretrato, vedendosi, tra le altre cose, obbligati a fornire esercito e cavalcata ai due Comuni e tenervi in essi due case; gli abitanti vennero inoltre sottoposti a pesanti obblighi, come quelli di Santa Margherita e Roccadebaldi. A fine anno, il Comune di Piozzo (i cui rettori sono scelti da Mons Regalis), davanti al vicario del capitano imperiale Enrico de Carretto, si definiscono abitanti di Mons Regalis e si impegnano ad obblighi militari e a versare ad essi una taglia annuale di 20 lire, oltre ad ulteriori 30 per i due anni precedenti.

Questa ripresa risulta dunque essere caratterizzata dall'affrancamento dal controllo vescovile e dalla ricerca di rapporti con i centri di potere circostanti a scapito delle presenze signorili locali, divenendo un centro di un nuovo reticolo di relazioni di corto e ampio raggio.

In una ingiunzione di papa Innocenzo IV del 1247 a Mons Regalis, è riscontrabile la presenza in città di diversi ordini militari e religiosi recenti, quali cavalieri templari ed ospitalieri, oltre a francescani e domenicani, ai quali il papa vieta di celebrar messa a Natale e Pasqua e di non seppellire monregalesi nei loro cimiteri, ribadendo la scomunica di sette anni prima da parte del vescovo di Asti (NOTA 149 P. 89)

La criptosignoria di Bressano

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Bressano.

Bressano, capostipite dei Bressani, stirpe protagonista di Mons Regalis, riuscì ad instaurare sulla città quella che è stata definita una criptosignoria, cioè un controllo fattuale ma non ufficiale del Comune. Dopo la sua caduta i Bressani

  1. ^ Paola Guglielmotti, I. La preparazione e gli esordi del comune, in Rinaldo Comba, Giuseppe Griseri e Giorgio M. Lombardi (a cura di), Storia di Mondovì e del Monregalese, I - Le origini e il Duecento, Cuneo, Società per gli studi storici, archeologici e artistici della provincia di Cuneo; Città di Mondovì, 1998, p. 59.
  2. ^ Paola Guglielmotti, II. La ripresa e i suoi protagonisti negli anni Trenta del Duecento, in Rinaldo Comba, Giuseppe Griseri e Giorgio M. Lombardi (a cura di), Storia di Mondovì e del Monregalese, I - Le origini e il Duecento, Cuneo, Società per gli studi storici, archeologici e artistici della provincia di Cuneo; Città di Mondovì, 1998, pp. 75 e ss..