Utente:Filos96/Mathbox
I Saturnali erano un'antica festività pubblica della religione romana dedicata all'insediamento nel tempio del dio Saturno e alla mitica età dell'oro; si svolgevano inizialmente il 17 dicembre, ma in seguito, grazie al gradimento popolare, la durata dei festeggiamenti si estese per più giorni fino alla durata di una settimana che stabilì Domiziano fissando il termine al 23 dicembre.
I Saturnali divennero una delle più popolari festività romane. Avevano inizio con grandi banchetti, sacrifici, manifestazioni orgiastiche come cantare nudi in giro; era costume scambiarsi per l'occasione il saluto augurale "io, Saturnalia!", in cui «io» era un'interiezione latina collegata a "ho" (qualcosa come "Ho, sia lode a Saturno!"). I festeggiamenti erano accompagnati dallo scambio di doni simbolici, come delle candele (cerei), probabili simboli del ritorno della luce dopo il solstizio.
La caratteristica principale era l'inversione dei ruoli sociali: gli schiavi potevano considerarsi temporaneamente degli uomini liberi, e comportarsi e vestirsi come tali. In un certo Veniva eletto, estraendo a sorte, un Saturnalicius princeps - una sorta di caricatura della classe patrizia - a cui veniva assegnato ogni potere.
Significato religioso
modificaIn realtà la connotazione religiosa della festa prevaleva su quella sociale e di "classe".
Il princeps era in genere vestito con una buffa maschera e colori sgargianti tra i quali prevaleva il rosso (colore degli dei) e poteva ricordare il nostro Babbo Natale. Era la personificazione di una divinità infera preposta alla custodia delle anime dei defunti, ma anche protettrice delle campagne e dei raccolti, identificata di volta in volta con Saturno, dio legato alla semina (l'equivalente romano del Kronos della mitologia greca) o Plutone, divinità corrispettiva di Ade.
In epoca romana si credeva che tali divinità, uscite dalle profondità del suolo, vagassero in corteo per tutto il periodo invernale, quando cioè la terra riposava ed era incolta a causa delle condizioni atmosferiche. Dovevano quindi essere placate con l'offerta di doni e con la celebrazione feste in loro onore e indotte a ritornare nell'aldilà, dove avrebbero favorito i raccolti della stagione estiva.
Varianti
modificaEsisteva una variante al mito che vedeva in Saturno il dio di una mitica Età dell'Oro. Scacciato da Giove si diceva avesse spostato il suo regno in un luogo che, Greci prima e Romani poi, chiamarono "Isole dei beati".
Durata
modificaI Saturnali nell'antica Roma erano originariamente celebrati in un giorno solo, ma la crescente popolarità fece sì che la loro durata si allungasse fino a una settimana, nonostante i tentativi di limitarli o addirittura abolirli. Al tempo di Cicerone, ad esempio, duravano sette giorni ma già poco dopo Augusto proverà a ridurli a tre, allo scopo di limitare la chiusura delle corti civili. Caligola invece li riporterà a cinque mentre all'imperatore Claudio toccherà ristabilirne la celebrazione dopo che erano stati aboliti. Ciononostante, come ci informa Macrobio, si continuò sempre a celebrarli per sette giorni.
Celebrazioni e costumi
modificaIl periodo di festa era dedicato al mangiare, al bere e all'essere felici.
Il Saturnalicius princeps, estratto a sorte, sovrintendeva alle cerimonie. Nei festeggiamenti era prevista la celebrazione di un sacrificio convenzionale, un banchetto divino (lectisternium) allestito di fronte al tempio di Saturno e la liberazione della statua del dio dalle corde che la avvolgevano durante il resto dell'anno.
Al rito pubblico si aggiungevano una serie di feste e usanze celebrate in privato. La celebrazione comprendeva la chiusura delle scuole, lo scambio di piccoli doni (saturnalia et sigillaricia) e un particolare mercato (sigillaria).
Il gioco d'azzardo era permesso a tutti, anche agli schiavi; tuttavia, sebbene fosse ufficialmente permesso solo durante questo periodo, non bisogna credere che il gioco d'azzardo fosse raro o malvisto nel resto dell'anno.
Indumenti
modificaSi abbandonava la toga in favore di altri abbigliamenti, come ad esempio informali abiti dai colori vivaci; chiunque poteva indossare il pileo, il copricapo di feltro senza tesa: si trattava di un simbolo di libertà in quanto era collegato a una forma di cerimonia privata, in cui lo schiavo veniva liberato dal padrone diventando un liberto (una forma di emancipazione simile alla manumissio).
Rovesciamento dei ruoli
modificaNel periodo di festa gli schiavi erano immuni da punizioni e potevano fingere di trattare i loro padroni in maniera irriguardosa. Gli schiavi celebravano un banchetto: il rovesciamento dei ruoli prevedeva che esso venisse servito dai padroni ai quali toccava mangiare insieme o dopo il banchetto servile. Tuttavia il capovolgimento dell'ordine sociale era essenzialmente superficiale; il banchetto, ad esempio, era spesso preparato dagli schiavi stessi, a cui spettava di preparare anche quello dei loro padroni. La licenza non oltrepassava certi prudenti limiti; l'ordine sociale era rovesciato ma non sovvertito.
I Saturnali nella letteratura
modificaSeneca scrisse su Roma durante i Saturnali intorno al 50 d.C.:
«È giunto il mese di dicembre e gran parte della città è in fermento. Si dà briglia sciolta alla dissipazione generale; ovunque puoi sentire di grandi preparativi, come se vi fosse una differenza tra i giorni dedicati a Saturno e quelli lavorativi [...] Fossi tu qui, parlare volentieri con te su come comportarsi; se dover agire come nulla fosse, o, per non trasgredire le pubbliche usanze, banchettare in allegria liberandoci della toga.» (Seneca. epistulae, 18, 1-2)
Orazio nelle sue Satire (ii.7), scritte intorno al 30 a.C., sfrutta l'ambientazione dei Saturnali per un inscenare un franco scambio di battute durante il quale uno schiavo critica il padrone per essere egli stesso schiavo, ma delle proprie passioni.
I libri XIII eXIV degli Epigrammi di Marziale (84 o 85 d.C.) sono una serie di componimenti ciascuno dei quali è basato su doni saturnali, alcuni costosi, altri molto economici. Per esempio: tabulae per scrivere, dadi, ossicini delle nocche, salvadanai, pettini, stuzzicadenti, un cappello, un coltello da cacciatore, una scure, lucerne varie, palle, profumi, pifferi, un maialino, un salume, un pappagallino, coppe, spugne, articoli di vestiario, statue, maschere, libri, animali domestici.
Plinio il Giovane, all'inizio del II secolo d.C., descrive nel suo epistolario (2.17.24) un'isolata suite di stanze che egli usava come ritiro nella sua villa al Laurentino:
«[...] specialmente durante i Saturnali quando il resto della casa è invasa dal rumore e dalle urla dei festeggiamenti. In questo modo non ostacolo i divertimenti della mia gente e loro non intralciano i miei studi.»
Macrobio nei suoi Saturnalia I.22-23, mettendo in scena un simposio tra pagani, così ne parla:
Intanto il capo dei servi domestici, responsabile delle offerte sacrificali ai Penati, della gestione delle provviste e della direzione delle attività della servitù, venne ad annunciare al suo padrone che la famiglia avrebbe festeggiato secondo le usanze. Perché in questa festa, nelle case in cui si conservano i giusti costumi religiosi, si onorano prima di tutto gli schiavi con un banchetto preparato come se fosse per i padroni; a solo dopo si preparano le tavole per la famiglia. Quindi il capo degli schiavi era venuto ad annunciare che era giunta l'ora del pasto per i padroni.
Il poeta Catullo lamentandosi di un pessimo regalo ricevuto, descrive i Saturnali come i giorni più belli (Cat. 14.15):
Se non ti amassi piú degli occhi miei / mio dolcissimo Calvo, per questo tuo dono / ti odierei come ti odia Vatinio: / che ho fatto, cosa ho detto perché tu / mi debba avvelenare con questi poeti? / Sia maledetto dagli dei il cliente / che t'ha mandato un tale branco di canaglie. [...] / Dio buono, che libercolo orribile! / E tu proprio ai Saturnali, il giorno migliore, / mandi questa diavoleria al tuo Catullo / perché giusto il dì che segue debba morire. / No, non la passerai liscia, buffone: / appena sorge il sole mi precipito / ai chioschi dei librai e compro tutto, Cesio, Suffeno, Aquino, tutti i più letali / e ti ripagherò così con questa croce. / Ed ora via, flagello delle genti, via, / poeti da quattro soldi, tornate là / da dove maledetti siete usciti.
Esiste una teoria secondo cui i cristiani del quarto secolo avrebbero associato il 25 dicembre (il solstizio d'inverno nel calendario giuliano) alla nascita di Gesù e quindi al Natale andand a sostituire la preesistente festività pagana
La teoria è molto controversa, anche perché le date dei Saturnali non coincidono esattamente con il Natale. Un argomentazione più raffinata è quella che sostiene la voluta coincidenza Natale con la festa del Sol Invictus, che era il 25 dicembre, e che aveva soppiantato i Saturnali. Tuttavia, siccome molte usanze dei Saturnali confluirono nel Sol Invictus, è possibile che alcune di queste tradizione siano a loro volta confluite nella tradizione dei festeggiamenti natalizi.