Utente:Graziana.Pepe/Sandbox

Se è vero che l'inquinamento marino può essere evidente, come mostrato sopra dai rifiuti marini, spesso sono le sostanze inquinanti non visibili a causare i danni più gravi.

Inquinamento marino modifica

L'Inquinamento marino si manifesta dalla conseguenza dell'ingresso di effetti nocivi nell'oceano come particelle di sostanze chimiche, rifiuti industriali, agricoli e urbani, rumore o diffusione di organismi invasivi. L'80% dell'inquinamento marino proviene dalla terra. Anche l'inquinamento atmosferico è un fattore che contribuisce alla presenza di pesticidi o sporcizia nell'oceano. L'inquinamento terrestre e atmosferico si è dimostrato essere dannoso per la vita marina e per i suoi habitat.

Spesso l'inquinamento è derivato da fonti non puntiformi come il deflusso agricolo, i detriti trasportati dal vento e la polvere. L'inquinamento da sostanze nutritive, una forma di inquinamento delle acque, si riferisce alla contaminazione dall’immissione eccessiva di sostanze nutritive. È una causa primaria dell'eutrofizzazione delle acque superficiali, in cui i nutrienti in eccesso, solitamente nitrati o fosfati, stimolano la crescita delle alghe. Molte sostanze chimiche potenzialmente tossiche aderiscono a minuscole particelle che vengono poi prelevate dal plancton e dagli organismi bentonici, la maggior parte dei quali sono detritivori o organismi filtratori. In questo modo, le tossine sono concentrate sulla parte superficiale dell’acqua all'interno delle catene alimentari marine. Molte particelle si combinano chimicamente in un modo altamente depletivo di ossigeno, facendo sì che gli estuari diventino anossici.

Quando i pesticidi vengono incorporati nell'ecosistema marino, vengono rapidamente assorbiti nelle reti alimentari marine. Una volta nelle reti alimentari, questi pesticidi possono causare mutazioni e malattie, che possono essere dannose per l'uomo e per l'intera catena alimentare. I metalli tossici possono anche essere introdotti nelle reti alimentari marine. Questi possono causare un cambiamento della materia tissutale, biochimica, comportamentale, della riproduzione e sopprimere la crescita nella vita marina. Inoltre, molti alimenti per animali hanno un alto contenuto di farina di pesce o di idrolizzato di pesce. In questo modo, le tossine marine possono essere trasferite negli animali terrestri, e saranno quindi presenti in carne e latticini.

Al fine di proteggere l'oceano dall'inquinamento marino, si sono sviluppate delle politiche a livello internazionale. Ci sono diversi modi per inquinare l'oceano, quindi sono stati messi in atto nel corso della storia più leggi, politiche e trattati.

Storia modifica

 
Nazioni aderenti alla Convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi

Sebbene l’inquinamento marino abbia una lunga storia, solo nel ventesimo secolo, c’è stata l’emanazione di norme internazionali rilevanti per contrastare tale fenomeno.  Esso è stato motivo di preoccupazione durante le varie Convenzioni delle Nazioni Unite sul diritto del mare agli inizi degli anni ’50. La maggior parte degli scienziati riteneva che gli oceani fossero così vasti da avere abilità illimitate per diluire l’inquinamento, rendendolo in tal modo meno pericoloso.

Alla fine degli anni ’50 e ’60, ci sono state diverse polemiche sullo smaltimento di scorie radioattive al largo delle coste degli Stati Uniti da società autorizzate dalla Commissione per l’Energia Atomica, nonché nel Mare d’Irlanda da parte dell’impianto di ritrattamento inglese con sede a Windscale e nel Mar Mediterraneo dal Commissariat à l'énergieatomique et auxénergiesalternatives (CEA). In seguito alla controversia sul Mar Mediterraneo, ad esempio, Jacques Cousteau è diventato una figura mondiale nella campagna per fermare l’inquinamento marino. Questo fenomeno è finito ancora sulle prime pagine internazionali nel 1967, dopo il disastro della petroliera Torrey Canyon e nel 1969, a seguito della fuoriuscita di petrolio a Santa Barbara, lungo le coste della California.

L’inquinamento marino ha costituito un importante argomento di discussione durante la Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente umano tenutasi nel 1972 a Stoccolma. Nello stesso anno è stata firmata la Convenzione sulla prevenzione dell'inquinamento marino causato dallo scarico di rifiuti ed altre materie, talvolta denominata Protocollo di Londra. Tale convenzione non ha vietato l’inquinamento marino, ma ha elaborato una lista nera e una grigia per le sostanze da proibire (nera) o per quelle regolate dalle autorità locali (grigia). Il cianuro e le scorie altamente radioattive, ad esempio, sono stati inseriti nella lista nera. Il Protocollo di Londra riguardava solo i rifiuti scaricati dalle imbarcazioni e, pertanto, non ha contribuito per niente a regolamentare la gestione dei rifiuti scaricati come liquidi dai gasdotti.

Le diverse modalità di inquinamento modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Inquinamento idrico.
 
Un fiume inquinato.

Esistono molti modi per categorizzare ed esaminare i fattori che scatenano l’inquinamento nei nostri ecosistemi marini. Patin (nd.) osserva che generalmente esistono tre cause principali riguardanti l’inquinamento nell'oceano: scarico diretto dei rifiuti negli oceani, deflusso nelle acque a causa della pioggia e sostanze inquinanti rilasciate dall'atmosfera.

I fiumi sono un accesso diretto al mare per gli agenti inquinanti. L'evaporazione dell'acqua dagli oceani supera le precipitazioni. L'equilibrio viene ristabilito dalla pioggia che cada sulla terra, finisce nei fiumi e poi viene ricondotta nel mare. Il fiume Hudson nello Stato di New York e il fiume Raritan nel New Jersey, che sfociare nell'estremità settentrionale e meridionale dello Staten Island, sono una fonte di contaminazione da mercurio dello zooplancton (copepodi) in mare aperto. La maggiore concentrazione dei copepodi filtranti non è alla bocca di questi fiumi ma a 70 miglia (circa 110 km) a sud, più vicina ad Atlantic City, perché l'acqua scorre vicino alla costa. Sono necessari alcuni giorni prima che le tossine vengano assorbite dal plancton.

L'inquinamento è spesso classificato come inquinamento da fonte puntiforme o non puntiforme. L'inquinamento da fonte puntiforme si verifica quando esiste una singola fonte identificabile di inquinamento localizzata in un’area specifica. Un esempio è lo scarico diretto di acque reflue e rifiuti industriali nell'oceano. Un inquinamento come questo si manifesta in particolare negli stati in via di sviluppo. L'inquinamento da fonti non puntiformi avviene quando questo proviene da fonti indefinite, ma diffuse, difficili da regolare. Alcuni esempi sono il deflusso agricolo e i detriti trasportati dal vento.

Scarico diretto modifica

 
Drenaggio acido di miniera nel fiume Rio Tinto.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Fognatura, Industrial waste ed Environmental impact of mining.

Le sostanze inquinanti penetrano nei fiumi e nel mare direttamente dalla rete fognaria urbana e dagli scarichi di rifiuti industriali, talvolta sotto forma di rifiuti pericolosi e tossici.

L'estrazione del rame, dell'oro, e così via è un'altra fonte di inquinamento marino. La maggior parte dell'inquinamento proviene dal suolo e successivamente finisce nei fiumi che giungono al mare. Tuttavia, alcuni minerali scaricati nel corso dell'attività mineraria possono causare problemi, come il rame, un inquinante industriale comune, che può interferire con la storia della vita e lo sviluppo dei polipi corallini. L'estrazione mineraria non ha effetti positivi sull’ambiente, ad esempio, secondo l'Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti, l'estrazione mineraria ha contaminato parti delle sorgenti di oltre il 40% dei bacini idrografici negli Stati Uniti occidentali. Gran parte di questo inquinamento finisce nel mare.

Deflusso di acqua sul terreno modifica

Template:Articolo principale

  Lo stesso argomento in dettaglio: Urban runoff, Stormwater e Nutrient pollution.

Il deflusso superficiale dall'agricoltura, così come il deflusso urbano e il deflusso derivante dalla costruzione di strade, edifici, porti, canali, può trasportare terreno e particelle cariche di carbonio, azoto, fosforo e minerali. L’acqua ricca di sostanze nutritive può provocare le alghe carnose e il fitoplancton nelle zone costiere; noti come fioriture algali, che hanno la capacità di creare condizioni di ipossia utilizzando tutto l'ossigeno disponibile. Nella costa del sud-ovest della Florida, da oltre 100 anni esistono le fioriture algali nocive, le quali hanno causato la morte di specie di pesci, tartarughe, delfini e gamberetti e provocano effetti nocivi sugli uomini che nuotano in quelle acque.

Un’importante causa di inquinamento idrico nelle aree costiere può essere il deflusso inquinato derivante da strade e autostrade. Circa il 75% delle sostanze chimiche tossiche che confluiscono nello stretto del Puget sono trasportate dall'acqua piovana che scorre su strade asfaltate e vialetti, tetti, cortili e altri terreni valorizzati. In California, si verificano da ottobre a marzo molti temporali sull’oceano, ricchi di petrolio, metalli pesanti, sostanze inquinanti da emissioni, e via dicendo.

In Cina, è presente una grande popolazione costiera che inquina l'oceano con il deflusso di acqua sul terreno. Ciò include lo scarico di liquami e l'inquinamento derivante dall'urbanizzazione e dall’utilizzo del suolo. Nel 2001, più di 66.795 m² delle acque oceaniche costiere cinesi sono state valutate meno della Classe I dello standard di qualità dell'acqua marina della Cina. Gran parte di questo inquinamento proviene da Ag, Cu, Cd, Pb, As, DDT, PCB, ecc., che si sono verificati dalla contaminazione attraverso il deflusso di acqua sul terreno.

Inquinamento delle navi modifica

Template:Articolo principale

  Lo stesso argomento in dettaglio: Ballast water discharge and the environment.
 
Una nave mercantile pompa le acque di scarico.

Le navi possono inquinare i corsi d'acqua e gli oceani in molti modi. Le fuoriuscite di petrolio possono avere effetti devastanti. Pur essendo tossici per la vita marina, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), presenti nel petrolio grezzo, sono molto difficili da smaltire e durano per anni nei sedimenti e nell'ambiente marino.

Le fuoriuscite di petrolio sono probabilmente gli episodi più discussi di inquinamento marino. Tuttavia, mentre ad un disastro petroliero è garantita la testata giornalistica, gran parte del petrolio nei mari del mondo proviene da altre fonti minori, come le cisterne che scaricano l'acqua di zavorra dai serbatoi usati sulle navi di ritorno, le tubazioni che perdono e l'olio del motore.

Lo scarico di residui di carico dalle navi portarinfuse può inquinare porti, corsi d'acqua e oceani. In molti casi, le navi scaricano intenzionalmente rifiuti illegali nonostante la regolamentazione straniera e nazionale vieti tali azioni. Un'assenza di standard nazionali fornisce un incentivo per alcune navi da crociera a scaricare rifiuti in luoghi in cui le sanzioni sono inadeguate. È stato stimato che le navi portacontainer perdono oltre 10.000 container in mare ogni anno (di solito durante le tempeste). Le navi creano anche inquinamento acustico che disturba la fauna selvatica naturale, e l'acqua delle cisterne di zavorra può diffondere alghe nocive e altre specie invasive.

L'acqua di zavorra ripresa in mare e rilasciata in porto è una delle principali fonti di vita marina esotica indesiderata. Le invasive cozze zebra d'acqua dolce, originarie dei mari Nero, Caspio e Azov, furono probabilmente trasportate nei Grandi Laghi attraverso l'acqua di zavorra proveniente da una nave transoceanica. Meinesz crede che uno dei peggiori casi di una singola specie invasiva che causi danni a un ecosistema possa essere attribuito a una medusa apparentemente innocua. Mnemiopsis leidyi, una specie di medusa a pettine che si è diffusa in questa maniera, attualmente vive negli estuari in molte parti del mondo. Fu introdotta per la prima volta nel 1982 e si pensò che fosse stata trasportata nel Mar Nero nelle acque di zavorra di una nave. La medusa si è sviluppata in modo esponenziale e, nel 1988, stava causando il caos nel settore della pesca locale. "Il pescato di acciughe è sceso da 204.000 tonnellate nel 1984 a 200 tonnellate nel 1993, spratto da 24.600 tonnellate nel 1984 a 12.000 tonnellate nel 1993, sugarello da 4.000 tonnellate nel 1984 a zero nel 1993."Ora che la medusa ha esaurito lo zooplancton, comprese le larve di pesce, il numero è diminuito drasticamente, nonostante mantengano un posto sicuro nell'ecosistema.

Le specie invasive possono subentrare nelle aree occupate, facilitare la diffusione di nuove malattie, introdurre nuovo materiale genetico, alterare i paesaggi sottomarini e mettere a repentaglio la capacità delle specie autoctone di ottenere cibo. Le specie invasive sono responsabili di circa 138 miliardi di dollari all'anno in perdita di entrate e costi di gestione solo negli Stati Uniti.

Inquinamento atmosferico modifica

 
Un grafico che mette in relazione la sabbia e le varie morti delle barriere coralline in tutto il Mare Caraibico e in Florida.[1]

Un’altra modalità di inquinamento è l'atmosfera. La polvere e i detriti trasportati dal vento, compresi i sacchetti di plastica, vengono scaricati in mare da discariche e altri siti. La sabbia del Sahara che si muove dalla periferia meridionale della cresta subtropicale, si sposta nei Caraibi e in Florida durante la stagione calda mentre la cresta si accumula e si sposta verso nord attraverso l'Atlantico subtropicale. La sabbia può anche essere attribuita a un trasporto globale dai deserti del Gobi e del Taklamakan attraverso la Corea, il Giappone e il Pacifico settentrionale fino alle isole Hawaii.

Dal 1970, le ondate di sabbia sono peggiorate a causa dei periodi di siccità in Africa. È presente una grande variabilità nel trasporto di sabbia verso i Caraibi e la Florida di anno in anno, tuttavia il flusso è maggiore durante le fasi positive dell'Oscillazione del Nord Atlantico. L'USGS collega gli episodi di ondate di sabbia a un declino della salute delle barriere coralline nei Caraibi e in Florida, principalmente dagli anni '70.

Il cambiamento climatico sta innalzando le temperature degli oceani e soprattutto i livelli di anidride carbonica nell'atmosfera. Questi livelli crescenti di anidride carbonica stanno rendendo le acque degli oceani più acide. Questo, a sua volta, sta alterando gli ecosistemi acquatici e modificando le distribuzioni di pesce, con impatti sulla sostenibilità delle attività di pesca e sui mezzi di sostentamento delle comunità che dipendono da questi ultimi. Gli ecosistemi oceanici sani sono anche importanti per la mitigazione dei cambiamenti climatici.

Estrazione in acque profonde modifica

Template:Articolo principale

L'estrazione in acque profonde è un processo di recupero dei minerali relativamente nuovo che si svolge sul fondo dell'oceano. I siti minerari oceanici si trovano solitamente intorno a vaste aree di noduli polimetallici o sorgente idrotermali attive ed estinte a circa 1.400 - 3.700 metri sotto la superficie dell'oceano. Le prese d'aria creano depositi di solfuro, che contengono metalli preziosi come argento, oro, rame, manganese, cobalto e zinco. I depositi vengono estratti utilizzando pompe idrauliche o sistemi di difesa che trasportano minerali sulla superficie da trattare. Come in tutte le operazioni minerarie, l'estrazione in acque profonde solleva domande sui danni ambientali alle aree circostanti.

Poiché l'estrazione in acque profonde è un campo relativamente nuovo, sono sconosciute le conseguenze complete delle operazioni minerarie su vasta scala. Tuttavia, gli esperti sono certi che la rimozione di parti del fondo marino causerà disturbi allo strato bentonico, l’aumento della tossicità della colonna d'acqua e depositi dai residui sterili. La rimozione di parti del fondo marino disturba l'habitat degli organismi bentonici, eventualmente, a seconda del tipo di estrazione e posizione, causando disturbi permanenti. A parte l'impatto diretto del settore minerario, le perdite, gli sversamenti e la corrosione potrebbero alterare la composizione chimica dell'area mineraria.

Tra gli impatti dell'estrazione in acque profonde, i pennacchi di sedimenti in mare potrebbero avere il maggiore impatto. I pennacchi sono causati dall’estrazione di cumoli (di solito particelle fini) che vengono scaricati nell'oceano, creando una nube di particelle galleggianti nell'acqua. Si verificano due tipi di pennacchi: pennacchio e pennacchi di superficie. I pennacchi in prossimità del fondo si verificano quando gli sterili vengono pompati indietro verso il sito minerario. Le particelle galleggianti aumentano la torbidità o l'opacità dell'acqua, intasando gli apparati di filtrazione utilizzati dagli organismi bentonici. I pennacchi di superficie causano un problema più serio. A seconda delle dimensioni delle particelle e delle correnti d'acqua, i pennacchi potrebbero diffondersi su vaste aree. Questi potrebbero avere un impatto sullo zooplancton e sulla penetrazione della luce, influenzando a loro volta la rete alimentare dell'area.  

Tipi di inquinamento modifica

Acidificazione modifica

Template:Articolo principale

 
Un'isola con una Barriera di tipo marginale alle Maldive. La Barriera corallina sta scomparendo a livello mondiale.[2]

Generalmente gli oceani sono un deposito naturale di carbonio, in quanto assorbono l’anidride carbonica dall’atmosfera. A causa dell’aumento dei livelli di diossido di carbonio nell’aria, gli oceani stanno diventando più acidi. Le possibili conseguenze dell’acidificazione oceanica non sono del tutto note, ma si teme che le strutture costituite da carbonato di calcio possano diventare vulnerabili alla dissociazione, colpendo così i coralli e la capacità dei crostacei di formare il guscio.

Gli oceani e gli ecosistemi costieri hanno un ruolo importante nel ciclo biogeochimico del carbonio e hanno eliminato circa il 25% dell’anidride carbonica emessa dalle attività umane tra il 2000 e il 2007 e circa la metà di CO2 antropogenica rilasciata a partire dall’avvento della rivoluzione industriale. L’aumento delle temperature oceaniche e l’acidificazione indicano che la capacità degli oceani di agire come pozzi di assorbimento del carbonio verranno indebolite gradualmente e ciò causerà i problemi di portata mondiale espressi nelle Dichiarazioni di Monaco e di Manado.

Da un resoconto degli scienziati della NOAA, pubblicato sulla rivista “Science” nel maggio 2008, è emerso che grandi quantità di acqua abbastanza acidificata nell’Oceano Pacifico stanno causando l’emersione di quattro miglia della piattaforma continentale del Nord America. Quest’area rappresenta una zona critica dove vive o è nata la maggior parte della fauna marina locale. Il documento faceva riferimento solo alla regione compresa tra Vancouver e la California settentrionale, ma vi sono altre piattaforme che starebbero subendo effetti simili.

Una questione correlata riguarda i clatrati di metano ritrovati sui fondali oceanici sottoforma di sedimenti. I clatrati intrappolano grandi quantità di metano, un gas serra che il riscaldamento degli oceani è in grado di rilasciare. Nel 2004, secondo l’inventario globale degli idrati di metano negli oceani, è stato stimato che questi composti occupassero tra uno e cinque milioni di metri cubi. Se tutti questi clatrati fossero diffusi uniformemente sul fondale oceanico, ciò si tradurrebbe in un ispessimento compreso tra tre e quattordici metri. Tale stima corrisponde a 500-2500 (gigatonnellate di Carbonio GtC), paragonabili alle 5000 GtC previste per tutti gli altri giacimenti di energia fossile.

Eutrofizzazione

L’eutrofizzazione consiste in un incremento dei fertilizzanti chimici, di solito dei composti contenenti azoto o fosforo, in un ecosistema. Può provocare un aumento della produttività primaria dell’ecosistema stesso (crescita e deterioramento eccessivi delle piante) e altri effetti tra cui la mancanza di ossigeno e riduzioni drastiche della qualità dell’acqua, dei pesci e di altre popolazioni animali. I principali responsabili sono i fiumi che sfociano nell’oceano, portando con sé molte delle sostanze chimiche usate come fertilizzanti in agricoltura, nonché rifiuti provenienti dall’ambiente zootecnico e da quello umano. Un eccesso di sostanze anossidanti nell’acqua può portare all’ipossia e alla creazione di una zona morta. Gli estuari tendono ad essere ovviamente eutrofici in quanto i nutrienti provenienti dal terreno sono concentrati laddove il deflusso delle acque nell’ambiente marino si verifica mediante un canale circoscritto.L’Istituto Mondiale delle risorse ha identificato 375 zone costiere in tutto il mondo in stato di ipossia, concentrate nell’Europa occidentale, nella parte orientale e meridionale degli Stati Uniti e in Asia orientale, soprattutto in Giappone. Negli oceani, sono molto frequenti le cosiddette “maree rosse” che uccidono pesci, mammiferi marini e causano problemi respiratori nell’uomo e in alcuni animali domestici laddove le fioriture algali giungono troppo vicino alla riva. Oltre al deflusso di acqua sul terreno, un’altra forma di eutrofizzazione degli oceani è la fissazione dell’azoto atmosferico derivante dalle attività umane. Da uno studio condotto nel 2008 è emerso che questo potrebbe rappresentare circa un terzo dell’approvvigionamento esterno (non riciclato) di azoto nell’oceano e fino al 3% della nuova produzione biologica marina ogni anno. Inoltre, si evince che l’accumulo di azoto reattivo nell’ambiente potrebbe risultare tanto grave quanto l’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera. Una possibile soluzione all’eutrofizzazione degli estuari è di risanare le popolazioni di molluschi, come ad esempio le ostriche, le cui barriere rimuovono l’azoto dalla colonna d’acqua ed eliminano il materiale solido in sospensione, riducendo pertanto la probabilità o la portata di fioriture algali nocive o di condizioni anossiche. Si ritiene che l’attività di filtrazione abbia effetti vantaggiosi sulla qualità dell’acqua mediante il controllo della densità del fitoplancton e la separazione dei nutrienti, i quali possono essere rimossi dal sistema attraverso la raccolta dei molluschi, o depositati in sedimenti o persi durante la denitrificazione. In Svezia, la OddLindahl et al. ha condotto una serie di lavori fondamentali basati sull’idea di migliorare la qualità dell’acqua marina mediante la molluschicoltura, servendosi dei mitili.

Rifiuti di plastica

I detriti marini consistono principalmente in prodotti di scarto provenienti dall’uomo che galleggiano sugli oceani. L’80% dei rifiuti marini è costituito da plastica – un componente che si sta accumulando rapidamente dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. L’ammasso di plastica negli oceani potrebbe aver raggiunto un numero pari a cento milioni di tonnellate (100 miliardi di kg). Le buste di plastica abbandonate, le confezioni da sei di anelli in plastica, i mozziconi di sigaretta e altri tipi di rifiuti plastici che finiscono nell’oceano presentano un pericolo per la fauna e la pesca. Gli organismi acquatici potrebbero essere minacciati a causa della possibilità di restare intrappolati, di soffocare o di ingerire i materiali. Le reti da pesca, di solito in plastica, possono essere abbandonate o perse nell’oceano dai pescatori. Queste, conosciute come reti fantasma, intrappolano i pesci, i delfini, le tartarughe marine, gli squali, i dugonghi, i coccodrilli, gli uccelli marini , i granchi e altre creature, limitando il loro movimento, causando carestie, lacerazioni, infezioni e, in quelle che necessitano di tornare in superficie per respirare, soffocamento. Molti animali che vivono sul e nel mare mangiano i detriti per sbaglio, in quanto spesso questi somigliano alle loro normali prede. I rifiuti di plastica, quando sono voluminosi e aggrovigliati, sono difficili da espellere e possono restare incastrati nel tubo digerente di questi animali. Ciò accade in particolare quando gli adattamenti evolutivi rendono impossibile per specie come le tartarughe eleminare le buste di plastica, le quali assomigliano a delle meduse quando sono immerse in acqua. Questo si verifica poiché le tartarughe hanno un meccanismo del tratto faringeo che impedisce agli alimenti scivolosi di fuoriuscire, causando, così, il blocco del cibo e la morte per fame o infezione. Le materie plastiche si accumulano perché non si biodegradano allo stesso modo di altre sostanze. Con l’esposizione al sole, verranno fotodegradati, ma ciò avverrà in maniera adeguata solo in condizioni di tempo asciutto dato che l’acqua inibisce tale processo. Negli ambienti marini, la materia plastica fotodegradata si disintegra in pezzi sempre più piccoli che restano però polimeri raggiungendo persino il livello molecolare. Quando i frammenti di plastica galleggianti si fotodegradano riducendosi alle dimensioni dello zooplancton, le meduse tentano di mangiarli e, in questo modo, la plastica entra a far parte della catena alimentare marina. Molti di questi frammenti che rimangono a lungo in acqua finiscono nello stomaco di uccelli marini e altri animali, tra cui le tartarughe marine e l’albatro piedineri. In un viaggio nei pressi del Vortice del Nord Pacifico condotto nel 2008, i ricercatori della Algalita Marine Research Foundation hanno scoperto che i pesci stanno ingerendo frammenti e rifiuti di plastica. Questi ultimi tendono ad accumularsi al centro dei vortici oceanici. Il vortice subtropicale del Nord Pacifico, ad esempio, ha dato origine alla cosiddetta “Isola di plastica” che attualmente, secondo le stime, è da uno a venti volte più grande del Texas (approssimativamente da 700 mila a 15 mila chilometri quadrati). Nel mare, la quantità di plastica presente potrebbe eguagliare quella dei pesci. Il livello di frammenti di plastica sospesi nella parte superiore della colonna d’acqua è molto alto. In alcuni campioni prelevati nel 1999, la massa della materia plastica superava di sei volte quella dello zooplancton (la fauna dominante nella zona). Le Isole Midway, così come le Isole Hawaii, hanno ricevuto quantità considerevoli di rifiuti plastici dalla grande chiazza di immondizia. Costituiti per il 90% da plastica, questi rifiuti si accumulano sulle spiagge delle isole diventando un pericolo per l’avifauna dell’isola. L’atollo di Midway ospita due terzi (1.5 milioni) della popolazione globale dell’albatro di Laysan. Quasi tutti questi volatili hanno della plastica nei loro apparati digerenti e un terzo dei pulcini muore. Gli additivi tossici usati nella fabbricazione di materiali plastici possono infiltrarsi nell’ambiente circostante quando vengono a contatto con l’acqua. Qui, le sostanze inquinanti idrofobe si accumulano e si concentrano sulla superficie dei rifiuti plastici, rendendo la plastica nell’oceano più pericolosa rispetto a quella presente sulla terra. Inoltre, è risaputo che tali sostanze bioaccumulano in tessuti adiposi e biomagnificano la catena alimentare, oltre a mettere a dura prova i predatori alpha. Alcuni additivi plastici sono noti per essere causa dell’alterazione del sistema endocrino quando ingeriti, altri sopprimono il sistema immunitario o riducono i tassi di riproduzione. In aggiunta, i detriti possono assorbire gli inquinanti organici persistenti dall’acqua marina, tra cui i PCB, i DDT e gli IPA. Oltre agli effetti tossici, alcuni di essi, quando ingeriti, colpiscono le cellule cerebrali degli animali analogamente all’estradiolo, provocando disturbi ormonali nella fauna interessata. Il chimico Saido, in collaborazione con la Facoltà di Farmacia, ha condotto uno studio presso la NihonUniversity con sede a Chiba, in Giappone, da cui è emerso che, quando la materia plastica si decompone, sostanze potenzialmente tossiche come il bisfenolo A (BPA) e l’oligomero PS vengono trasmesse nell’acqua. Si ritiene che tali tossine possano mettere in pericolo la fauna marina locale. Una preoccupazione crescente relativa all’inquinamento da plastica nell’ecosistema marino è l’uso delle microplastiche. Si tratta di piccole particelle di materiale plastico più piccole di 5 millimetri diffuse comunemente nei saponi per le mani, i detergenti per il viso e altri esfolianti. Quando tali prodotti vengono utilizzati, le microplastiche passano attraverso il sistema di filtrazione dell’acqua e finiscono nell’oceano; tuttavia, a causa delle loro dimensioni ridotte, è probabile che non vengano individuate durante il trattamento preliminare delle acque reflue. Queste particelle sono dannose per gli organismi marini, soprattutto per gli animali filtratori, in quanto possono ingerire facilmente la materia plastica e ammalarsi. Le microplastiche rappresentano una preoccupazione così importante perché è difficile rimuoverle a causa delle loro dimensioni, dunque l’uomo può tentare di evitare l’uso di queste materie plastiche nocive scegliendo prodotti che usano esfolianti ecocompatibili.

Sostanze tossiche

Oltre ai materiali plastici, vi sono altre sostanze tossiche che non vengono disintegrate subito nell'ambiente marino, come ad esempio i PCB, i DDT, il TBT, i pesticidi, i furani, le diossine, i fenoli e le scorie radioattive. I metalli pesanti sono elementi chimici metallici aventi una densità relativamente alta, sono tossici o velenosi a basse concentrazioni. Esempi di questo tipo sono il mercurio, il piombo, il nichel, l'arsenico e il cadmio. Tali sostanze possono accumularsi nei tessuti di molte specie di fauna marina in un processo chiamato Bioccumulo. Esse, inoltre, sono note per il loro ammasso in ambienti bentonici, come gli estuari e la fanghiglia delle baie: si tratta di uno dei record geologici delle attività antropiche dell’ultimo secolo.

Esempi specifici

• L’inquinamento provocato dalle industrie cinesi e russe e i metalli pesanti nel fiume Amur hanno distrutto le riserve ittiche e danneggiato il suolo dell’estuario.

• Il Lago di Wabamun situato ad Alberta, in Canada, un tempo considerato il migliore lago di pesci bianchi della zona, attualmente è caratterizzato da livelli inaccettabili di metalli pesanti presenti nei sedimenti e nei pesci.

• E’ stato dimostrato che episodi di inquinamento acuto e cronico hanno avuto un impatto sulle foreste di alghe della California meridionale, sebbene l’intensità di questo effetto sembri dipendere sia dalla natura dei contaminanti che dalla durata dell’esposizione.

• A causa della loro posizione elevata nella catena alimentare e del conseguente accumulo di metalli pesanti derivanti dalla loro dieta, i livelli di mercurio possono essere alti in specie più numerose come il tonno rosso e quello bianco. Di conseguenza, nel marzo 2004, la FDA statunitense ha pubblicato delle linee guida in cui raccomandava che le donne in gravidanza, le madri allattanti e i bambini limitassero il consumo di tonno e altri tipi di pesci predatori.

• Alcuni molluschi e granchi possono sopravvivere in ambienti inquinati, accumulando metalli pesanti o tossine nei loro tessuti. Ad esempio, i granchi guantati hanno una notevole capacità di sopravvivere in habitat acquatici altamente modificati, come le acque inquinate. L’allevamento e la raccolta di tali specie necessita di una gestione attenta se si intende utilizzarli come alimenti.

• Il deflusso sul terreno di pesticidi può alterare geneticamente il sesso delle specie di pesci, trasformando i maschi in femmine.

• I metalli pesanti possono penetrare nell’ambiente attraverso le maree nere – come quella provocata dal naufragio della Prestige a largo delle coste della Galizia e del Golfo del Messico con cui sono stati liberati circa 3.19 milioni di barili di petrolio – o mediante altre fonti di origine naturale o antropica.

• Nel 2005, la ‘Ndrangheta, un’associazione mafiosa italiana, è stata accusata di aver fatto affondare almeno 30 navi piene di rifiuti tossici, molti di questi radioattivi. Ciò ha dato avvio a delle ricerche approfondite sulle attività criminali legate allo smaltimento dei residui radioattivi.

• A partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, diverse nazioni, tra cui l’Unione sovietica, il Regno Unito, gli Stati Uniti e la Germania, hanno smaltito le armi chimiche nel Mar Baltico, destando preoccupazioni circa la contaminazione ambientale.

• Il disastro della centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi nel 2011 ha causato la fuoriuscita di tossine radioattive nell’aria e nell’oceano. Esistono ancora molti isotopi nell’oceano che colpiscono direttamente la rete trofica bentonica e l’intera catena alimentare. La concentrazione di cesio-137 nei sedimenti presenti sul fondo marino che era stato contaminato dall’acqua con alte concentrazioni nell’aprile-maggio 2011 continua ad essere abbastanza alta e sta diminuendo sempre di più con il passare del tempo.

Rumore sottomarino

Vedi anche: Inquinamento acustico, Ecologia acustica, Gli effetti del rumore sugli organismi acquatici e Marini mammiferi e sonar La fauna marina può essere suscettibile al rumore o all’inquinamento acustico proveniente da fonti come le navi di passaggio, i rilevamenti sismici per le esplorazioni del petrolio e i sonar navali attivi di bassa frequenza. Rispetto a quanto avviene nell’atmosfera, nel mare il suono viaggia a una velocità e distanza maggiori. Gli animali marini, come i cetacei, hanno spesso una scarsa capacità visiva e vivono in un mondo definito principalmente da informazioni acustiche. Questo vale anche per molti pesci abissali che vivono nell’oscurità delle zone più profonde del mare. Tra il 1950 e il 1975, il rumore ambientale in una determinata zona dell’Oceano Pacifico aumentò di circa dieci decibel (un aumento di intensità di dieci volte superiore a quello iniziale). Il rumore, inoltre, fa sì che le specie comunichino con un volume più alto dando vita a un fenomeno chiamato Effetto Lombard. I canti delle balene sono più lunghi quando le installazioni di sonar per individuare i sottomarini sono accese. Se le creature non “parlano” con un tono abbastanza alto, la loro voce potrebbe essere coperta dai suoni antropici. Queste voci indistinguibili potrebbero esprimere avvertimenti, l’individuazione di una preda o i preparativi di una caccia coordinata. Quando una specie inizia a comunicare con un tono più alto, coprirà le voci delle altre specie, facendo sì che l’intero ecosistema “parli” più forte. Secondo l’oceanografa SylviaEarle, “L’inquinamento acustico sottomarino equivale a una morte per dissanguamento. Ogni suono preso singolarmente non costituisce un motivo di serie preoccupazioni, ma nel complesso, il rumore derivante dal traffico marittimo, dai rilevamenti sismici e dalle attività militari sta creando un ambiente totalmente diverso da quello esistente 50 anni fa. Si ritiene che l’alto livello di rumore avrà un impatto forte e radicale sulla vita marina ” Il rumore proveniente dalle imbarcazioni e dalle attività umane può danneggiare gli Cnidari e gli Ctenofori, degli organismi molto importanti per l’ecosistema marino. Essi promuovono un’elevata biodiversità e, per le loro strutture semplici, vengono utilizzati come modelli dall’ecologia e dalla biologia. In caso di rumore sottomarino, le vibrazioni nell’acqua danneggiano i peli delle ciglia dei Celenterati. In uno studio è stato dimostrato che negli organismi esposti più volte alle onde sonore, le cellule ciliate danneggiate erano estruse, mancanti o si presentavano ricurve, flaccide o carenti di kinocilia e stereocilia.


Adattamento e mitigazione

La gran parte dell’inquinamento antropogenico finisce nell’oceano. L’edizione del 2011 dell’annuario del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) identifica come i principali problemi ambientali emergenti la perdita nell’oceano di enormi quantità di fosforo, “un prezioso ferilizzante necessario per sfamare la popolazione globale in aumento”, e l’impatto che miliardi di frammenti di rifiuti plastici stanno avendo a livello mondiale sulla salute dell’ambiente marino. Bjorn Jennssen (2003), nel suo articolo, sottolinea che “L’inquinamento antropogenico potrebbe ridurre la biodiversità e la produttività degli ecosistemi marini, causando la diminuzione e l’esaurimento delle risorse alimentari marine umane”. Esistono due vie per mitigare il livello generale di tale inquinamento: o riducendo la popolazione umana o cercando di ridimensionare l’impronta ecologica lasciata dall’uomo medio. Se non si dovesse adottare la seconda via, dunque dovrà essere imposta la prima man mano che gli ecosistemi mondiali iniziano a vacillare. La seconda alternativa implica che gli esseri umani, individualmente, inquinino meno. Questo richiede volontà sociale e politica, oltre a un cambiamento nella consapevolezza in modo tale che ci siano più persone rispettose dell’ambiente e meno disposte ad abusarne. Sul piano operativo, sono necessarie delle normative e la partecipazione dei governi internazionale. Spesso è molto difficile regolamentare l’inquinamento marino, in quanto esso si diffonde al di là dei confini mondiali, rendendo complessa la creazione di leggi e la loro applicazione. Senza una conoscenza adeguata sull’inquinamento marino, la volontà complessiva necessaria per far fronte alle questioni potrebbe rivelarsi inadeguata. Un’informazione esaustiva in merito alle fonti e agli effetti nocivi di tale inquinamento deve diventare parte integrante della sensibilizzazione generale del pubblico e, al fine di delimitare e mantenere aggiornato il campo di applicazione dei problemi, sono necessarie delle ricerche costanti. Come espresso nello studio condotto da Daoji e Dag, uno dei motivi per cui la preoccupazione ambientale è carente nella popolazione cinese è la scarsa consapevolezza del pubblico la quale dovrebbe essere oggetto di maggiore interesse. La quantità di consapevolezza sull’inquinamento marino è essenziale per evitare che la spazzatura raggiunga le idrovie e finisca nei nostri oceani. Secondo un resoconto dell’EPA, nel 2014 gli americani hanno generato circa 258 milioni di tonnellate di rifiuti e solo un terzo era riciclato o compostabile. Nel 2015, più di 8 milioni di tonnellate di materia plastica sono finiti nell’oceano. Utilizzando imballaggi più sostenibili si potrebbero eliminare i componenti tossici, usare meno materiali e rendere più facilmente disponibile la plastica riciclabile. Tuttavia, solo la consapevolezza può portare a termine queste iniziative. La materia plastica presente più in abbondanza è il PET (Polietilene tereftalato), il più resistente alla biodegradabilità. Gli studiosi stanno facendo grandi progressi nella lotta contro questo problema. Un modo sarebbe aggiungere un polimero speciale chiamato quaterpolimero, che funge da laminato tra il polietilene (PE) e il polipropilene (PP) che rende il PET restistente ma facilmente degradabile. Grazie a una maggiore sensibilizzazione, gli individui diventeranno più consapevoli del loro impatto ambientale. Tuttavia, grazie alla ricerca e alla tecnologia, sarà possibile fare ulteriori passi avanti per ridurre il problema dell’inquinamento da plastica. Nel 2018, la Global Oceanic Environmental Survey (GOES) Foundation ha riscontrato che l’ecosistema dei mari e degli oceani potrebbe collassare nei prossimi 25 anni, evento che causerebbe il crollo dell’ecosistema terrestre e la fine della vita sulla Terra. Le principali cause sono: l’inquinamento da plastica, l’acidificazione oceanica e l’inquinamento dell’oceano. Per evitare che tale scenario si verifichi, è necessario vietare totalmente le plastiche monouso, la combustione del legno; bisognerebbe piantare il maggior numero possibile di alberi, riciclare il materiale elettronico ed entro il 2030, tutte le industrie dovrebbero ridurre a zero le sostanze tossiche; tutelare, inoltre, particolarmente le torbiere, le zone umide, le paludi e le mangrovie per garantire che l’anidride carbonica venga assorbita dall’atmosfera.


Leggi e politiche

• Nel 1948, Harry Truman firmò una legge precedentemente nota come Legge federale sul controllo dell'inquinamento idrico che consentiva al governo federale di controllare l'inquinamento marino negli Stati Uniti d'America. • Nel 1972, è stata approvata la legge Marine Protection, Research, and Sanctuaries Act of 1972 che controlla il dumping in mare. • Nel 1973 e 1978, il MARPOL 73/78 era un trattato scritto per controllare l'inquinamento delle navi, specialmente per quanto riguardava il petrolio. Nel 1983, la Convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi ha applicato il trattato MARPOL 73/78 a livello internazionale. • È stata istituita nel 1982 la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) per proteggere l'ambiente marino dando delle regole agli stati per il controllo del loro inquinamento nell'oceano. Sono state inserite delle restrizioni sulla quantità di tossine e inquinanti che provengono da tutte le navi a livello internazionale.

  1. ^ Coral Mortality and African Dust: Barbados Dust Record: 1965–1996 Archiviato il 6 August 2009 Data nell'URL non combaciante: 6 agosto 2009 in Internet Archive. US Geological Survey. Retrieved 10 December 2009
  2. ^ Coral reefs around the world The Guardian, 2 September 2009