Utente:Lara Dell'Unto/Sandbox

Palazzo senza Tempo (già Dufour Berte) è un edificio storico inserito nel tessuto urbano del Castello di Peccioli, luogo in cui si coordinava e amministrava l’azienda agricola, detta “Fattoria di Peccioli”. Ha visto susseguirsi diverse famiglie di rango aristocratico come i Salviati, gli Almeni e Dufour-Berte.

Prime attestazioni

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L’inizio della formazione dei possedimenti della Fattoria di Peccioli viene attribuita al ritrovamento di alcune pergamene: la prima, datata 13 novembre 1450, cita il primo nucleo del Palazzo di via Carraia, pertinente al Terziere di San Jacopo. La seconda del 22 ottobre 1470, viene introdotto Giovanni Falcucci, che ben presto divenne procuratore della famiglia Salviati; infine, il 17 febbraio 1492 Giovanni Falcucci cede in eredità ai discendenti della famiglia Salviati in enfiteusi il palazzo di via Carraia, insieme ad altri suoi possedimenti.

Storia del Palazzo

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Famiglia Salviati

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La Fattoria di Peccioli fu di proprietà di Piero di Alamanno Salviati a partire dal 1547.

Costui era fratello della madre di Cosimo I de’ Medici, Maria Salviati. I Salviati erano una famiglia di banchieri e commercianti, specializzati nel settore della lana e seta anche fuori la Toscana, fino a Bruges, Londra e Costantinopoli.

Quando la proprietà della Fattoria di Peccioli è in mano alla famiglia Salviati, il Palazzo viene descritto come: “una casa e un casamento con tre botteghe sotto, una uso magazzino, una uso pizzicagnolo, una uso sarto nel Terziere di San Jacopo logo ditto Carraia”.

Poco dopo Piero d’Alamanno morì, e nel 1565 il Palazzo rientrava tra i possedimenti di un’altra famiglia: gli Almeni.

Sappiamo che inizialmente la proprietà sarebbe stata del granduca Cosimo I de’ Medici e che fu egli stesso a donarla, assieme ad altri beni, a Sforza Almeni, in riconoscenza dei servigi svolti.

Famiglia Almeni

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La famiglia Almeni era una famiglia di Perugia, località strategica che li portò ad avere relazioni commerciali e politiche con Roma e Firenze finanche con territorio di Peccioli. Sforza Almeni, fu cameriere segreto di Cosimo I de’ Medici e della sua prima moglie, Eleonora da Toledo.

Cosimo I gli donò il 24 ottobre 1546 una casa in via de’ Servi (FI) e nel 1565 una fertile fattoria di Peccioli comprensiva di nove poderi.

Alla morte di Sforza, tutti i suoi beni passarono il 12 giugno 1566 a suo fratello, Evangelista Almeni, il quale entrò nello stesso anno nell’Ordine dei cavalieri di Santo Stefano.

Sulla facciata del Palazzo è presente un’iscrizione, poco visibile ormai, che circonda lo stemma della famiglia Almeni e riporta il nome “Ercules Almenius”, uno dei sei figli, che probabilmente ebbe a che fare con le vicende del castello di Peccioli.

Un’altra testimonianza rivela la frequentazione a Peccioli da parte della famiglia Almeni anche successivamente.

Un libro scritto da un frate cappuccino, cita Giovanni Maria Almeni, lontano successore di Evangelista, e venne sepolto all’interno della Chiesa di San Michele di Monterotto (presso il convento dei Frati Cappuccini di Peccioli) sulla cui lapide era presente l’iscrizione: “Ioseph Maria Almenius Nobilissimus Florentinus, qui obiit die decima mensis Octobris Anno D.ni 1696 hunc sibi elegit locum, donec novissima tuba locatus, surgat ad vitam”.

Le ultime eredi furono Isabella Nerli e Eleonora Bonaccorsi che, per evitare l’onere di gestione di un’eredità così vasta, decisero rispettivamente prima nel 1765 e poi nel 1768 di lasciare tutto nelle mani di Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana e quindi al Regio Fisco, e in cambio avrebbero ricevuto un vitalizio che poteva garantire ad entrambe un alto status nobiliare.

La Fattoria fu nelle mani del Regio Fisco dal 1768 fino al 1775, quando si decise di affidarla al ricco commerciante Giovan Filippo Berte di Livorno.

Famiglia Dufour Berte

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Giovan Filippo Berte, sposato con Casimira Gamerra, lasciò in eredità il Palazzo al loro nipote Edoardo, figlio della sorella di Casimira, Teresa, e di Massimiliano Dufour a patto che unificasse sotto un unico casato i Berte con i Dufour: è dal 1830 che si parla di marchesi Dufour-Berte.

Venne scelta come residenza familiare proprio il Palazzo di via Carraia anche dopo l’unificazione dei due casati: ne troviamo conferma all’interno dell’arco a tutto sesto in pietra serena del portone principale: un rostro in ferro battuto che riporta le iniziali della famiglia “D B”.

Edoardo dal suo secondo matrimonio nel 1837, con Ottavia Maria Neri Guadagni ebbe sei figli, tra cui Filippo Dufour Berte.

Quest’ultimo si sposò a sua volta con Rita Malenchini di Livorno, nel 1871. Troviamo una testimonianza in un orcio, rinvenuto nel palazzo, con lo stemma con le iniziale delle due famiglie.

Inoltre, documenti comunali datati al 1872 riferiscono della volontà di Filippo di acquistare il vicolo Bastioni (poiché “è in cattivo stato, tale da far sentire alla circostante di lui abitazione fetide e nocive esalazioni e danneggia, per cattiva filtrazione, le sue cantine”) acquistandolo, “l’avrebbe chiuso alle due estremità da un muro e rimosso l’inconveniente”, seppur fosse una via pubblica: ma il comune dette parere contrario all’acquisto per lo scontento che si sarebbe generato nella popolazione. Qualche tempo dopo, il marchese propose la costruzione di un camminamento rialzato per collegare direttamente gli ambienti di servizio del suo palazzo al contiguo orto posto sul retro dell’edificio senza dover passare più dalla sottostante via dei Bastioni. Questa volta il consiglio Comunale gli concesse questa edificazione a patto che rispettasse la condizione pavimentare il vicolo e far incanalare “gli acquai ove più credono opportuno”.

Filippo, nelle cui mani si riunì la proprietà di Peccioli, condivisa precedentemente col fratello Massimiliano (1847-1912), vedendo la fine di questo ramo, preferì, anziché cederla al figlio Edoardo o ai due nipoti, vendere la proprietà alla società Fondi Rustici di Roma. Ciò accadeva il 23 dicembre 1919.

Con i suoi due nipoti, avuti dal figlio Edoardo e da Giulia Traxler di Livorno, si estinse questo ramo dei Dufour Berte: Filippo, celibe, morirà nel 1941; mentre Anna, sposata con il comandante di Marina Cesare Boccella d’Ucrotz, morirà nel 1998.

Dalla seconda guerra mondiale a oggi

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Quando nel 1950 venne costituita la Fondazione Gerolamo Gaslini, sorta poco dopo la creazione a Genova dell’Istituto Pediatrico dedicato alla figlioletta di Gerolamo, Giannina, la Fondi Rustici fu fra le società costitutive del suo patrimonio. A seguito di alcune riforme agrarie della metà degli anni ’50, la Fondi Rustici vide notevolmente ridotti i terreni in suo possesso. Nel 1955 la società fu messa in liquidazione e dal 1956 la proprietà delle tenute di Montefoscoli e Peccioli venne trasferita alla Fondazione Gaslini. Durante l’ultima riunione del Collegio dei Liquidatori (29 novembre 1969) venne presentato il bilancio finale di liquidazione.

Dopo la seconda guerra mondiale il Palazzo venne utilizzato come dimora per i lavoratori della Fattoria e alcuni suoi locali ospitarono le Scuole Medie di Peccioli. L’ultima abitante ha lasciato il palazzo, ormai in condizioni di degrado, nel 2013.

Nel 2004 la parte pecciolese della tenuta è stata acquistata dal Comune di Peccioli e dalla Belvedere S.p.A., che hanno costituito la Fondi Rustici S.r.l.

Lo stabile, proprietà di Belvedere S.p.A., dal 2019 è oggetto di una riqualificazione completa secondo un progetto curato dallo studio MCA di Mario Cucinella.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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  • Sergio Guiggi, Peccioli e il suo territorio in Genti e luoghi della memoria, Pontedera, CDL Libri, 2016 ISBN 978-88-7399308-7
  • Cristina Cagianelli, Chiara Mori, 9.000 ettari di storia, Pisa, Felici Editore, 2008, ISBN 978 88 6019 230 1
  • Marianella Marianelli, Nobili e borghesi a Peccioli fra Otto e Novecento in Pisa, Pacini Editore, 1999

Collegamenti esterni

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