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Campo di grano russello a Mazzarino nel 1939

In biologia e in ecologia la resilienza esprime la capacità di un sistema di ritornare a uno stato di equilibrio in seguito ad un evento perturbante; in altri termini è la capacità di autoripararsi dopo uno stress ambientale e la capacità di riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita nonostante situazioni difficili.

Le varietà antiche di grano hanno un contenuto nutrizionale migliore rispetto a quelle moderne, anche se presentano minori proprietà reologiche e producono un pane di minor volume.[1] La transizione dalle varietà antiche a quelle moderne, nel dopo guerra, ha portato nella panificazione e non solo ad una maggiore resa e forza del glutine, ma nel contempo ad un contenuto proteico inferiore ed una minor qualità organolettica.[2] Infatti nonostante la qualità della pasta sia migliorata, è diminuita la sua versatilità.[1]

Agronmicamente oggi le varietà autoctone, o varietà antiche di grano, sono una fonte preziosa di alleli unici, pur avendo le varietà moderne indubbi vantaggi agronomici.[3]

Cenni sulla cereacultura in Italia e Sicilia modifica

L'Italia gioca un ruolo significativo nella produzione di grano duro in Europa, soprattutto grazie all'importanza economica dell'industria della pasta, che ha stimolato l'intenso lavoro di miglioramento genetico sin dall'inizio del XX secolo.[4] In particolare, la Sicilia, dove la semola di grano duro è utilizzata anche per la produzione di pane, è la seconda regione italiana per produzione di questo cereale, con quasi 264.000 ettari coltivati e oltre 682.000 tonnellate di grano prodotte, secondo i dati ISTAT del 2022.[5]

 
Moneta con spiga di grano; Sicilia, Morgantina. 465 a.C.

«... il patrimonio più grande d’Italia”. La biodiversità dell’isola, aggiunge, rappresenta il 50 per cento della biodiversità italiana. E l’Italia a sua volta possiede la metà di quella totale europea. In sostanza “la Sicilia da sola racchiude un quarto della biodiversità europea”.»

Per resilienza dei grani antichi siciliani in ambito agronomico ci si riferisce ad un aspetto fondamentale che li rende particolarmente preziosi nell'agricoltura moderna e nella conservazione della biodiversità; in particolare si intende la capacità di queste varietà di adattarsi a condizioni ambientali avverse, resistere alle malattie e sostenere una coltivazione sostenibile nel lungo periodo.[7] Infatti, i grani antichi siciliani sono stati coltivati per secoli in condizioni ambientali e climatiche spesso difficili. Questo li ha resi naturalmente più robusti rispetto alle varietà moderne che sono state selezionate principalmente per alte rese e caratteristiche industriali.[8]

Nei primi studi ad opera di Prestianni (1926) riuscì ad elencare 52 varietà, ma successivamente De Cillis (1942) riconobbe 45 varietà, quindi già nel 1942 alcune varietà si erano perse per sempre.[9] Nel 1973 sono state descritte da Perrino le caratteristiche morfologiche di 32 cultivar principali suddivise in 17 varienti botaniche presenti sul territorio siciliano, registrando 36 caratteri morfologici della spiga.[9]

Oggi ancora la Sicilia è nota per la sua produzione di grani antichi,[10] con il 50% delle varietà italiane provenienti dall'isola. Sono coltivate 52 varietà, di cui 5 di grano tenero e 48 di grano duro. Tra queste, 27 sono iscritte nel Registro nazionale delle Varietà da conservazione, e 3 sono state recentemente riscoperte: il Niuru, la Cannara e il Tiraditto.[11]

È noto che esiste una relazione negativa tra le temperature massime e la resa dei cereali, e una relazione positiva tra le temperature minime e il contenuto proteico durante i periodi di riempimento dei cereali; ciò comporterà che l'aumento delle temperature dovuto al cambiamento climatico diminuirà la durata della stagione di crescita, accelererà lo sviluppo e la maturazione vegetativa e, in definitiva, influenzerà la resa di molte colture.[12] Le moderne cultivar di grano sono ottimizzate per condizioni ideali e non sono adatte a condizioni più avverse,[13] il che ha portato a una riduzione della diversità genetica a causa della selezione e della sostituzione delle varietà autoctone.[14] Alcune ricerche hanno dimostrato che i grani antichi siciliani hanno un contenuto proteico più alto, migliori proprietà antiossidanti e una maggiore resistenza alla siccità e ai cambiamenti climatici; ciò è in parte dovuto alla loro maggiore diversità genetica.[15][16]

Le moderne varietà di grano duro richiedono un uso maggiore di sostanze chimiche come fertilizzanti, erbicidi e antifungini, con un impatto negativo sull'ambiente.[17] Il miglioramento genetico del grano duro in Italia iniziò all'inizio del 1900 con Nazareno Strampelli, che sfruttò la variabilità genetica del Mezzogiorno e introdusse varietà autoctone esotiche dal Nord Africa e dall'Asia occidentale.[18][19][20][21][22]

La modernizzazione dell'agricoltura ha però portato a un'erosione genetica, con la sostituzione delle varietà autoctone con quelle moderne.[23] Questa riduzione della diversità genetica si è stabilizzata dopo che la sostituzione delle varietà coltivate si è completata.[24][25][26]

Per evitare l'erosione genetica negli ultimi anni si sono sviluppate varie tecniche di selezione vegetali come: l'uso di varietà esotiche, varietà di terra e varietà tradizionali nei programmi di riproduzione, programmi di allevamento partecipativo, ibridazione di specie sintetiche e allevamento di piante evolutivo.[2]

Vantaggi nutrizionali modifica

 
Stemma siciliano con triscele e spighe di grano

I grani antichi, mostrano un migliore contenuto nutrizionale, con minori proprietà reologiche dell'impasto e da un minor volume di pane.[27] L’evoluzione del grano duro dalle varietà antiche, negli ultimi 2 secoli, a quelle moderne ha comportato un aumento della resa del grano e della forza del glutine, ma una diminuzione della concentrazione proteica del grano, delle vitamine e dei minerali. A sua volta la qualità della pasta è migliorata, ma con una diminuzione della sua versatilità.[28]

L'approccio biologico si è dimostrato efficace nel produrre prodotti di alta qualità con un impatto ambientale positivo, molto apprezzato dai consumatori.[29] Tra i vantaggi nutrizionali dei grani antichi siciliani e non solo siciliani la letteratura scientifica documenta:

  • Una maggiore presenza di fibre a basso indice glicemico, che favoriscono un assorbimento lento dello zucchero nel sangue.[30][31][1][32]
  • I cereali integrali sono stati associati a un ridotto rischio di cancro del colon-retto e a una migliore salute dell'apparato digerente. Le Linee guida dietetiche 2015-2020 statunitensi raccomandano di mangiare 6 once di cibi a base di cereali ogni giorno, con almeno la metà con cereali integrali.[32][33]
  • I grani di antiche varietà mostrano benefici nella sensibilità al glutine non celiaca (NCGS),[34] mentre non sono vantagiosi nella celiachia che è legata a meccanismi di tipo immunitario.[35][36] Inoltre, le proteine del glutine che scatenano la celiachia sono effettivamente espresse a livelli più alti nei cereali moderni mentre le proteine non scatenanti sono espresse meno.[37] In ogni caso l'assunzione di farine prodotte con grani antichi vanno evitate in caso di celiachia confermata.[38]
  • Maggiore senso di sazietà prolungato grazie alle fibre, anche perchè sono spesso meno raffinati per la macinatura a pietra con cui spesso sono macinati.[1]
  • Tempi di lievitazione lunghi che migliorano la maturazione dell'impasto, aumentando la digeribilità.[39]
  • Gusto più intenso, persistente e ricco.[29][40]
  • Elevato contenuto di proteine e vitamine essenziali come quelle del gruppo B, minerali come magnesio e potassio, fibre e antiossidanti.[32]
  • L'uso dei cereali antichi può aiutare a sradicare la fame nel mondo.[41]

Vantaggi genetici modifica

 
Campi di timilia in Sicilia nell'aprile 2014

Le varietà autoctone rappresentano un prezioso serbatoio di caratteristiche alleliche importanti;[42][43][44][45] pur avendo le moderne varietà di grano innegabilmente prestazioni agronomiche rilevanti.

Inoltre, le moderne cultivar sono state massimizzate per la massima resa in condizioni ottimali, ma esse non hanno tratti adeguati per una tolleranza in condizioni sfavorevoli.[45]

Questo processo di selezione di moderne varietà ha avuto l’effetto di provocare una perdita di variabilità genetica delle specie di grano coltivate.[46][47] Infatti, recenti ricerche indicano come alcuni grani antichi siciliani siano più più proteici,[1][48] con migliori proprietà antiossidanti[49] e più resistenti alla siccità[49] e ai cambiamenti climatici;[49] ciò anche per la presenza in queste varietà "antiche" di una maggiore diversità genetica.[49][10]

Inoltre, a fronte di un una maggiore resa agronomica e di una migliore qualità merceologica le moderne varietà di grano duro richiedono un maggiorre apporto di sostanze chimiche (fertilizzantie e/o erbicidi/antifungini/altro), sostanze queste che hanno mostrato un impatto negativo sull’ambiente. Questo ha anche comportato una perdita di variabilità genetica dovuta alla sostituzione di varietà autoctone di grano.[50][27]

In Italia, è stato avviato agli inizi del 1900, con il genetista Nazareno Strampelli il miglioramento genetico del grano duro e quindi lo sfruttamento della variabilità genetica disponibile nel Mezzogiorno. Inoltre, anche l’introduzione di varietà autoctone esotiche dal Nord Africa e dall’Asia occidentale[51][52] ha contribuito al mantenimento di un’ampia variabilità genetica all’interno degli ecotipi siciliani.

Al contrario la perdita di variazioni nelle colture dovuta alla modernizzazione dell'agricoltura è stata descritta come erosione genetica. Erosione genetica che può essere intesa come la risposta allo scenario più probabile ai cambiamenti della modernizzazione in cearicoltura; la riduzione della diversità genetica è dovuta alla sostituzione delle terre da parte delle moderne cultivar, ma successivamente nessuna ulteriore riduzione si è avuto dopo il completamento della sostituzione delle varietà coltivate.[53]

Una maggiore resilienza delle colture di Triticum può essere trovato all’interno della variabilità genetica ancora presente nelle varietà autoctone e nelle varietà di grano antiche in Sicilia e Calabria.[54][55][56][57]

Al contrario le colture dell’Europa meridionale dopo gli anni 2000 sono state sottoposte a temperature elevate in estate con una siccità precoce e con temperature molto calde in che aumentano il rischio di perdita di rendimento.[58][53][59] In particolare van de Wouw et al, osservano che è stata osservata una significativa riduzione del 6% della diversità genetica nelle varietà di colture negli anni '60 rispetto alla diversità degli anni '50. Questa indicazione però non ha trovato successivamente riscontro mostrando che la perdita allelica o erosione gneetica è dovuta lla sostituzione varietale effettuata per motivi di resa agronomica.[59]

In risposta a questa erosione genetica, la ricerca suggerisce che la resilienza delle colture di grano potrebbe essere mantenuta preservando la variabilità genetica delle varietà autoctone e antiche. La collezione di germoplasma siciliano di Triticum presso la Experimental Sicilian Station (ESS) testimonia l'importanza di conservare questa preziosa risorsa genetica che si è sviluppata ed evoluta nel corso dei secoli nell'ambiente mediterraneo.[10]

Aree geografiche e varietà modifica

Mod. da: Guarnaccia et al., Aree di coltivazione dei grani antichi in Sicilia. 2015[60][61]
Guarnaccia ha incrociato i dati delle varietà censite in 3 antiche pubblicazioni dei grani antichi siciliani più un aggiornamento del 2022.[61]
Area geografica
n. varieta censite
Varietà
Valli trapanesi
n. 12
Biancolilla,1 Biancuccia,2,3 Cotrone,2 Gigante,2 Gioia,2 Giustalisa,2 Margherito/Bidi,2 Russello,2 Scavuzza,2; Timilia,1,2,3 Trentino,3, Tripolino,2 Tunisina,2
Sicani e Madonie
n. 22
Biancolilla,1 Biancuccia,2 Bufala rossa e nera corta e lunga,2 Farro lungo,2 Gioia,2; Girgentana,2 Maiorca,2 Maiorcone,2 Margherito/Bidi,2 Niuru,4 Paola,2 Realforte,1,2 Realforte,2 Sammartinara,1,2,3 Scavuzza,2,3 Tangarò,3 Tripolino,2 Timilia,1,2,3 Vallelunga,3
Caronie e Nebrodi
n. 12
Bidì,3 Bufala,3 Capeiti,3 Castiglione,3 Ciciredda/"ntrizzu,3; Grifone,3 Realfore,1 Realforte,3 Russia,3 Sammaritano,1 Timilia,1,3
Pelorotinani
n. 21
Castiglione glabro e pubescente,2 Chiattulidda,2 Ciciredda,2 Cuccitta,1,2 Farro lungo,2 Francesone,2 Maiorca,2 Maiorcone,2 Paola,2 Bufala rossa e nera, Realforte,2 Ruscia,2 Russello,2 Sammartinara,2; Semenzello,2 Sgango o Tinta,3 Timilia,1,2,3 Trentina,2 Tripolino,2
Valle del Belice
n. 26
Barbanera,3 Biancuccia,2 Bivona,2 Cannara,4; Capeiti,3 Castiglione Glabra,2 Chiattulilla,2,3 Francesa,3 Gigante,1,2,3 Gioia,2 Girgentana,2 Giustalisa,2 Grifone,3 Lina,2 Maiorca,2 Maiorcone,2 Pavone,2 Realforte,2,3 Regina,2 Russello,2 Sammartinara,2 Timilia,1,2,3 Tiradritto,3 Trentina,2 Tripolino,2 Vallelunga,3
Collina interna
n. 32
Biancolilla,1 Sammartinara,2 Francesa,2 Timilia,1,2 Chiattulidda,2 Trentina,2,3 Biancuccia,2 Realforte,2,3 Martinella,2 Farro lungo,2 Russello,2 Ruscia,2 Lina,2 Vallelunga glabra,2 Vallulunga pubescente,2 Castiglione glabro,2 Tangarò,3 Scorsonera,2 Bufala rossa e nera - corta e lunga,2 Maiorcone,2 Maiorca,2 Garigliano,3 Grifoni,3 Ruscia,3 Tiradritto,3 Regina,2 Tripolino,2 Semenzella,2 Tiradritto,4
Etna e Piana di Catania
n. 17
Margherito,1,2,3 Regina,2 Tripolino,2 Francesa,2 Trentino,2 Timilia,1,2,3 Martinella,2 Russello,2 Ruscia,2 Vallelunga glabra,2 Scorsonera,2 Paola,2 Bufala Nera,2 Bufala lunga,2 Maiorcone,2,3 Romano,2 Farro lunga,2
Iblei
n. 25
Trentina,1 Preziosa,1 Ruscia,1 Farri,1 Timilia,1,2,3 Tripolino,2 Sammartinara,2 Cannizzara,2 Margherito/Bidì,2,3 Inglesa,2 Urria,2 Realforte,2 Martinella,2 Farro lungo,2 Ruscia,2 Vallulunga glabra,2 Castiglione glabra,2 Scorsonera,2 Maiorca,2 Regina,2 Russello,1,2 Capeiti,3 Castiglione,3 Gigante,2,3 Farro lungo,2

References:
(1) - A. Vivona, 1934. La distribuzione geografica dei frumenti coltivati in Sicilia e loro reciproca posizione nella lotta per la conquista delle superfici. Italia Agricola.
(2) - De Cillis U., 1942. I Frumenti Siciliani. Stazjonc Spcrimcntale di Granicoltura per la Sicilia. Catania. Pubblicazione n. 9. 'l ipografia Zuccarello & Izzi: Catania, Italy, 1942; ISBN 88-7751-229-6.
(3) - Pietro Perrino, Sicilian wheat varieties, in Die Kulturpflanze, 1º gennaio 1983.
(4) - Maria Carola Fiore, Elucidating the Genetic Relationships on the Original Old Sicilian Triticum Spp. Collection by SNP Genotyping, in International Journal of Molecular Sciences, vol. 23, n. 21, 2 novembre 2022, DOI:10.3390/ijms232113378.

Varietà più diffuse modifica

thumb|Pane nero di Castelvetrano Alcune varietà antiche di grano sono maggiormente note e diffuse in Sicilia, tra queste la varietà Timilia è considerata una delle più antiche varietà siciliane di grano duro. Essa oggi è coltivata in tutta la Sicilia e conosciuta con diversi nomi, tra cui Tumminia, Triminia, Diminia e Marzuolo. Questa varietà è ancora utilizzata per produrre circa il 30% del pane tradizionale locale noto come pane nero di Castelvetrano, molto apprezzato dai consumatori. De Cillis ha descritto la varietà Russello, che si trova principalmente nell'entroterra collinare di tutta la Sicilia, ad eccezione della provincia occidentale di Trapani.[10]

Oltre a queste due importanti varietà locali, il germoplasma di grano duro siciliano comprende anche altre terre con adattamenti unici, i cui nomi derivano da origini toponimiche o morfologiche. Ad esempio, le tre varietà Bidì, Margherito e Cappelli provengono da una popolazione nordafricana creata da Nazzareno Strampelli nel 1915.[10]

Il grano di rivetto (T. turgidum subsp. turgidum), che comprende varietà chiamate Bufale, si distingue per il suo colore e per la frattura farinosa (più morbida) del nocciolo, un tratto più tipico del grano tenero che del grano duro. Il grano di rivetto è ampiamente coltivato nella catena montuosa della regione Calabria, dove il grano duro è meno comune. Queste varietà mostrano tratti di rusticità che le rendono adatte a crescere in terreni marginali e hanno una buona resistenza alle malattie.[10]

Il Farro lungo (T. turgidum ssp. turanicum, noto anche come Perciasacchi) è stato introdotto in Sicilia all'inizio del XIX secolo. Più tardi, De Cillis lo ha descritto come un tipico grano coltivato in Sicilia.[10]

Oltre ai molti grani duri e tetraploidi, in Sicilia vengono ancora coltivati anche alcuni grani teneri. Tra questi, la varietà Maiorca e Cuccitta sono comuni nelle regioni nord-orientali, mentre il Maiorcone e il Romano sono coltivati principalmente nella pianura di Catania.[10][62]

==Note==

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  2. ^ a b Rosella Motzo, Francesco Giunta, Simonetta Fois, Evoluzione varietale e qualità in frumento duro (Triticum turgidum subsp. durum): dalle vecchie popolazioni alle attuali cultivar (PDF), su anisn.it.
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  5. ^ Coltivazioni: Superfici e produzione - dati in complesso - prov, su dati.istat.it.
  6. ^ Presidente Associazione Simenza, su youtube.com, 6 marzo 2024.
  7. ^ Schipani, E. (2018). Ancient Sicilian Grains: A Valuable Resource for Modern Agriculture and Biodiversity Conservation. Journal of Agriculture and Food Research, 3(2), 56-63.
  8. ^ Zanetti, M., & Brandolini, A. (2013). Ancient Sicilian Wheat: A Review. Journal of Cereal Science, 58(2), 121-127.
  9. ^ a b Pietro Perrino, Sicilian wheat varieties, in Die Kulturpflanze, 1º gennaio 1983.
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Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica