Wikipedia:Vaglio/L'arte della fuga

È da alcuni giorni che lavoro sulla voce, la quale mi sembra giunta a un buon livello di completezza. Prima di proporla per qualche riconoscimento, magari per la vetrina, preferisco sottoporla a un vaglio. Commenti, critiche o suggerimenti sono i benvenuti! --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 04:32, 21 dic 2013 (CET)[rispondi]

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  Commento: Spiace vedere che una voce così ben curata non riceva la meritata attenzione, specialmente da chi è competente. Premetto che non sono un intenditore di musica classica e perciò non entro nel merito delle informazioni contenute, ma a una lettura non attentissima trovo che il lavoro sia scrupoloso ed equilibrato nelle sue sezioni, che le note (cosa che non accade sempre) siano per la gran parte riferite al materiale in bibliografia, e che questo sia di natura cartacea, segno a mio avviso di una serietà della ricerca. Se posso fare un minuscolo rilievo di natura puramente estetica (perciò prendilo per quello che può valere), forse la tabella riferita alla sezione “Ridistribuzione dell'ordine dei brani” sarebbe di aspetto più gradevole se le cifre fossero centrate anziché allineate a sinistra. Un’ultima cosa: sei sicuro della lingua inglese – così come indicato in bibliografia – a proposito del testo di Reinhard Goebel (che, a orecchio, a me pare tedesco nel titolo e nella casa editrice)? Ancora complimenti per l’eccellente lavoro, che mi riprometto di leggere con maggiore attenzione perché davvero merita. Saluti da Lineadombra 11:02, 30 dic 2013 (CET)[rispondi]

Grazie per il tuo tempo! :) Il testo di Goebel era effettivamente scritto in inglese. Per la tabella hai ragione, ho provveduto a spostare i numeri al centro. Grazie! --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 17:05, 30 dic 2013 (CET)[rispondi]
Dunque, credo che ci sia qualche lieve problema di punteggiatura, anche se mi rendo conto che questo aspetto è talvolta soggettivo e dipendente dalle scelte stilistiche di chi scrive. Noto che più volte, per confermare l’attendibilità di un’affermazione, si ricorre a DUE note. Dando per scontato che meglio due che nessuna, mi domandavo se le due fonti dicono cose diverse (e perciò hanno una piena giustificazione) oppure si confermano a vicenda per rafforzare la bontà dell’informazione. Incidentalmente notavo che in questa sezione il periodo «Il manoscritto, dopo la morte di Johann Sebastian Bach, venne ereditato da suo figlio Carl Philipp Emanuel, dal quale passò poi al musicista Christian Friedrich Gottlieb Schwencke. Successivamente appartenne al collezionista Georg Poelchau e, dopo la morte di quest'ultimo, nel 1841 venne acquisito dalla Biblioteca di Stato di Berlino.» si ripete qualche riga dopo e, tranne la modifica da singolare a plurale, è riportato con le stesse identiche parole. Si potrebbe esprimere il secondo periodo variandolo con «Alla morte di JSB, il figlio CPE ricevette in eredità i tre manoscritti che in seguito passarono al musicista CFGS, poi al collezionista svizzero GP e infine alla Biblioteca di Stato di Berlino che li acquistò nel 1841, dopo la morte del suo ultimo proprietario.» (Ma quella che sottopongo è solo una traccia)
Soffermandomi solo sul primo elemento, e lasciando a te eventuali modifiche sul resto che segnalavo, provo a fare le correzioni a cui accennavo, più la rimozione di una ripetizione cacofonica (nella comparazione delle versioni, per non perdere la vista, ti conviene guardare la colonna di sinistra che indica le virgole rimosse). Ovviamente sentiti libero, se non ti convince la mia variante, di cancellarla e ritornare alla tua. Saluti. Lineadombra 16:03, 1 gen 2014 (CET)[rispondi]
La punteggiatura ho dovuto correggertela. È giusta così, un enunciato non può terminare con una congiunzione. La pluralità delle note è presente perché i diversi studiosi dicono e argomentano gli stessi concetti in maniera diversa, a volte portando anche prove diverse. Per la frase «Il manoscritto, dopo la morte di Johann Sebastian Bach...», invece, provvedo a unificare le due parti. --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 16:41, 1 gen 2014 (CET)[rispondi]

  Commento: Ho letto la voce e mi pare un lavoro eccellente; noto però che ci sono ancora frasi riportate quasi uguali in più punti. Ora non ho tempo sufficiente per editare direttamente la voce, ma ci sarebbe da fare un riaggiustamento per evitare quelle ripetizioni.

  1. Sarebbe bello poter riportare lo schema contrappuntistico completo di almeno una delle composizioni, ad esempio del Contrap. VII, per far vedere come Bach usi i diversi procedimenti (aumentazione, diminuzione, inversione) in una stessa fuga.
  2. Ho una perplessità relativa all'accostamento fra alcune caratteristiche dell'opera e le composizioni di Frescobaldi, accostamento sostenuto da Sergio Vartolo nel libretto della sua incisione discografica. Non ho letto il saggio di Vartolo, ma se le argomentazioni sono quelle sono piuttosto deboli. La musica per tastiera di Frescobaldi era stampata, all'epoca, in partitura (su quattro pentagrammi con quattro chiavi diverse; tuttavia non è sempre vero che la divisione in righe rispetti sempre la struttura contrappuntistica, ogni tanto ci sono voci che passano da una riga all'altra), oppure in intavolatura italiana (con un rigo di sei righe per la mano destra e uno di otto per la mano sinistra); è vero che Frescobaldi usa la partitura per i Capricci (che sono l'opera più marcatamente contrappuntistica), oltre che per i Fiori Musicali, ma questo non è un elemento probante. I due tipi di stampa differivano radicalmente come modalità tecnica: la stampa della partitura si faceva nel XVII secolo a caratteri mobili, mentre l'intavolatura richiedeva la più costosa incisione su lastra di rame, e questa potrebbe benissimo essere la ragione della scelta nella maggior parte dei casi (ai tempi di Frescobaldi, non all'epoca di Bach). Lo stesso si potrebbe dire per gli altri elementi del confronto: in sostanza, il paragone fra Bach e Frescobaldi è del tutto sensato - non sto dicendo che Vartolo sbaglia - ma il modo in cui è riportato nella voce può far pensare che Bach si sia più o meno direttamente ispirato a Frescobaldi: non so se è quello che sostiene Vartolo, ma questa tesi richiederebbe ben altre evidenze (non mi pare che gli studiosi di Bach abbiano mai sostenuto questo).
  3. In un altro punto sono riportate le tesi di Dentler. Sulle interpretazioni pitagorico-numerologiche c'è poco da dire: non c'è alcun modo né di dimostrarle né di confutarle, quindi dato che sono state pubblicate va benissimo riportarle. Ma eviterei almeno di citare l'affermazione che la parola "fuga", di uso comunissimo in musica dal XVI secolo in avanti, fosse intesa da Bach nel senso di "volo verso Dio", perché una cosa è quello che si può scrivere in un libro (qualunque cosa venga in mente all'autore, indipendentemente dalla sua verosimiglianza) e una cosa è quello che possiamo riportare in una voce di enciclopedia. Al limite, se proprio vogliamo citare anche questa tesi che mi sembra totalmente isolata nel panorama degli studi sull'Arte della Fuga, facciamolo in nota (tra l'altro, la parola "Fuga" in realtà è usata solo nel titolo e in tre composizioni, e non sappiamo nemmeno se l'ha usata Bach - il titolo dell'opera non l'ha scritto lui, per quanto se ne sa. Visto il gran numero di fughe che Bach ha scritto, ci sarebbe casomai da chiedersi perché proprio in quest'opera preferisca usare i titoli "Canon" o "Contrapunctus": altro che "volo verso Dio"...).
  4. Infine (per dire proprio tutto quello che sarei entusiasta di vedere nella voce: ma mi rendo conto che già quello che c'è è un lavoro considerevole, che io non sarei mai stato in grado di fare) sarebbe interessante leggere qualcosa di più sugli aspetti pratico-esecutivi. Quello che viene riportato nella sezione "strumentazione" è più che altro il dibattito se si possa suonare tutta l'opera su uno strumento a tastiera, e se questo debba essere il clavicembalo o l'organo. Tuttavia, ci sono incisioni per gruppi strumentali anche da parte di interpreti "storicamente informati" (Goebel e Savall, ad esempio), e sarebbe interessante sapere che tipo di considerazioni hanno fatto nelle scelte di organico. Qualcuno ha i libretti delle incisioni di Goebel e di Savall? --Guido (msg) 12:20, 8 gen 2014 (CET)[rispondi]

Ciao Guido! Nello specifico dove hai trovato delle ripetizioni? Ti rispondo punto per punto:

  1. Eh sì. Io ho inserito tutto il materiale che ho a disposizione, purtroppo non ho altro.
  2. Il testo di Vartolo si trova a questa pagina (pp. 1 e 2). Lui sostiene che siano numerosi i punti di contatto tra Frescobaldi e la genesi de L'arte della fuga.
  3. Ok, rimuovo il riferimento al volo.
  4. I libretti li ho, ma non dicono praticamente niente (idem quello di Rinaldo Alessandrini, che riporta solo qualche nozione elementare). Tempo fa, però, lessi un testo di Goebel nel quale argomentava la destinazione cameristica dell'opera. Ero convinto provenisse da un suo cd e lo riportai nella voce, ma dovetti rimuoverlo perché, ricontrollando il cd per sicurezza, mi ero accorto che non proveniva da lì. Ho anche sentito Willem Kroesbergen via mail, ma ha detto che non ne sa nulla della questione Goebel-strumentazione. Tutto il materiale che ho a disposizione, l'ho messo nella voce. --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 16:34, 8 gen 2014 (CET)[rispondi]
Ok, ho dato una sistemata e rimosso alcune ripetizioni, ora dovrebbe essere a posto. --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 20:16, 8 gen 2014 (CET)[rispondi]
Ritorno sulla questione Vartolo, dopo aver letto il testo che hai linkato, che è senza dubbio di grande interesse. Vartolo, a differenza della maggior parte degli esecutori bachiani (a parte Leonhardt) è un profondo conoscitore di Frescobaldi, quindi non sorprende che faccia un accurato confronto; d'altra parte, il fatto attestato che Bach fosse in possesso di una copia dei Fiori Musicali è un elemento decisamente a favore di una possibile influenza frescobaldiana su Bach. Anche così, tuttavia, io trovo le argomentazioni di Vartolo non decisive. Quello che penso io, ovviamente, non ha alcuna importanza, ma comunque resto dell'idea che sarebbe più corretto presentare il punto di vista di Vartolo come una sua tesi, ben argomentata, ma non come un "fatto" dimostrato (in musicologia di "fatti dimostrati" ce ne sono ben pochi, direi, ma il lettore di WP magari non lo sa e prende ogni cosa per oro colato); tra l'altro, l'argomentazione di Vartolo è lunga e prende in considerazione molti elementi, non tutti riferiti nella nostra voce (non si può riportare pari pari tutto il discorso, ovviamente, ma fare una selezione è un po' rischioso). Tuttavia, la questione più importante è che Vartolo inserisce il confronto con Frescobaldi nel contesto di un'argomentazione più ampia, che ha delle conseguenze anche sul piano esecutivo (come giustamente ci si aspetta da un musicista). Vartolo vuole sottolineare l'importanza degli affetti e delle passioni (in senso frescobaldiano) nella concezione musicale di Bach, e respingere del tutto l'immagine - proposta da diversi autori, vecchi e recenti - di un "Bach matematico" del tutto arido e cerebrale. Vartolo si scaglia letteralmente contro le speculazioni numerologiche (a cui è dato ampio spazio nella nostra voce). Sostiene anche altre tesi, come quella che Bach e Frescobaldi prediligessero entrambi il temperamento equabile; alcune di queste questioni, come quest'ultima sul temperamento, non riguardano specificamente l'Arte della Fuga, quindi giustamente le lascerei fuori dal nostro discorso. Ma per quanto riguarda le considerazioni sull'AdF, io direi che c'è un dato di fatto: esistono diverse "letture" dell'opera. Ognuna di queste si basa su ipotesi interpretative (nel senso dell'interpretazione delle intenzioni dell'autore, non dell'interpretazione musicale), nessuna delle quali può essere definitivamente dimostrata. Queste ipotesi tendono ad accreditare immagini del Bach compositore che sono (in qualche misura) conflittuali fra loro, e non si possono considerare tutte simultaneamente valide. Il Bach frescobaldiano di Vartolo non è compatibile con il Bach numerologo di Dentler. In ossequio al NPOV, noi dobbiamo riportare tutte le tesi autorevoli: ma dobbiamo avere massima cura di presentarle, appunto, come ipotesi e congetture, non come "scoperte". Ora dovrei rileggere la voce per vedere se ci sono modifiche opportune in questa direzione; andando a memoria sulla prima impressione che ho avuto, mi pare che su alcuni punti (la strumentazione, l'ordine delle composizioni, l'esistenza o meno di una quindicesima fuga andata perduta) siano molto chiari i termini del confronto fra punti di vista discordanti. Mi è rimasta l'impressione, invece, che sulle due questioni che ho indicato (la tesi dell'influenza frescobaldiana da un lato, e le speculazioni numerologiche dall'altro), manchi una sorta di "disclaimer" che avverta il lettore: "attenzione, le affermazioni seguenti sono sostenute dall'autore citato, ma non sono prese in considerazione (o talvolta sono fortemente contestate) da altri: tutte le diverse tesi si basano su elementi che è possibile rintracciare nell'opera di Bach, ma che acquistano il significato proposto solo all'interno di un'ipotesi esegetica generale che l'autore presuppone, e che non è universalmente condivisa". Adesso non ho tempo di mettere mano direttamente alla voce (e poi non avrei tutte le fonti a disposizione), ma vorrei sapere se altri condividono le preoccupazioni che ho espresso. --Guido (msg) 10:18, 9 gen 2014 (CET)[rispondi]
Mi sembra, quindi, che le tesi a cui attribuire una paternità chiara (in modo che il lettore non pensi che siano la spiegazione unica e ufficiale) siano quelle del paragrafo "Piano dell'opera". Similmente ad altri passaggi della voce, all'inizio delle affermazioni aggiungerei "Secondo Dentler, secondo Vartolo", in modo che i lettori capiscano che si tratta dell'opinione di quel determinato studioso. Provo a dare una sistemata al paragrafo, guarda se poi va meglio. --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 18:16, 9 gen 2014 (CET)[rispondi]
Fatto. In effetti avevi ragione, così sembra più chiaro. --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 19:11, 9 gen 2014 (CET)[rispondi]
Ho trovato e aggiunto alcune nozioni sulle interpretazioni di Savall, Alessandrini e Koopman. --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 23:51, 14 gen 2014 (CET)[rispondi]
Ho modificato ancora il testo in qualche punto, in base alle considerazioni sopra esposte. Tuttavia c'è una frase che non mi è chiara: «Hans-Eberhard Dentler, ad esempio, individua una fitta rete di relazioni numerico/simboliche all'interno della raccolta, la quale si articolerebbe secondo i rapporti numerici e filosofici di unità (conferita dall'adozione di una tonalità uniforme e dalle sintesi tematiche), principii speculari, contrappunti (lemma che, mutuato dalla terminologia aristotelica, sarebbe riferito al bilanciamento degli opposti) e musica delle sfere "La quale" si riferisce alla "rete di relazioni" o alla "raccolta"? Non c'è modo di capirlo. Vorrei modificare anche questa frase, perché "rapporti numerici e filosofici di unità" non significa nulla (io parlerei di "significati", non di "rapporti").
Più in generale, trovo in altri punti della voce (a cominciare dall'ultima frase dell'incipit) un uso discutibile dell'aggettivo "matematico". Considerando che siamo nel XVIII secolo, non c'è alcuna motivazione storica indiscutibile per definire l'AdF un'opera matematica. Ai tempi di Bach la scienza musicale (di cui Bach si considerava sicuramente - e ben a ragione - un profondo cultore) e la matematica erano due discipline ormai ben distinte, diversamente dal Medioevo e dal Rinascimento. Anche all'epoca di Bach, beninteso, vi erano matematici che si occupavano di teoria musicale, ma si occupavano di scale, intervalli e di fondamenti dell'armonia, non di contrappunto. A mio parere (ma non solo mio: si legga a tal proposito quanto scrive Vartolo), nel prospettare una riduzione della "scienza contrappuntistica" a un mero capitolo della matematica, nella convinzione di fare quasi un "complimento" a Bach, gli facciamo invece torto e commettiamo un arbitrio storico. Una cosa sono le considerazioni numerologiche, che si possono ritenere più o meno convincenti, altro è definire l'AdF uno "studio matematico-musicale". Ci sono autori che lo considerano tale (e bisogna anche vedere se sono critici, musicisti o musicologi), ma non è una definizione "oggettiva" né ascrivibile con certezza a Bach. --Guido (msg) 13:11, 15 gen 2014 (CET)[rispondi]
"La quale" è riferito a "raccolta". Come modificheresti l'ultima riga dell'incipit e le parti che usano l'aggettivo "matematico"? Sèntiti libero di fare le modifiche che ritieni opportune, grazie per il tuo contributo! --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 14:35, 15 gen 2014 (CET)[rispondi]
Ho fatto qualche altra modifica; segnalo in particolare il cambiamento del titolo della sottosezione "il piano dell'opera". --Guido (msg) 22:49, 15 gen 2014 (CET)[rispondi]
Hai fatto benissimo, grazie --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 10:05, 16 gen 2014 (CET)[rispondi]

  Commento: Avevo letto la voce appena avvertito del vaglio, e l'avevo già trovata complessivamente ottima, ma non avevo il tempo di esplicitare le mie osservazioni. Avevo le stesse perplessità di Guido e le vedo risolte.
Ad essere puntiglioso, un dubbio simile ce l'ho anche sull'affermazione contenuta nella sezione "Storia": "Il titolo non era di Bach, ma venne scelto dallo stesso Carl Philipp Emanuel[15] o dal critico Friedrich Wilhelm Marpurg[16] sulla falsariga dei nomi di alcuni famosi testi musicali del periodo, come L'Art de Toucher le Clavecin di François Couperin, L'Arte del Violino di Pietro Antonio Locatelli o Die Kunst das Clavier zu Spielen dello stesso Marpurg". Anche qui diamo come informazioni delle semplici ipotesi. Non ho il testo di Vartolo, ma dubito che lui abbia fonti che attribuiscano la paternità del titolo a Marpurg. Il seguito, a mio avviso, anche se lo scrive un monumento come Basso, è quasi risibile, dal momento che mette insieme cavoli e capre: solo quella di Locatelli è una raccolta musicale, mentre gli altri due sono saggi; perché allora non citare non solo "The art of playing on the violin" di Geminiani, ma anche L'Arte del contraponto dell'Artusi, o per rimanere al XVIII secolo, l'Arte della pittura di Dufresnoy o quella di Lomazzo o L'Arte del Cavallo di Santapaulina.... o magari addirittura L'Arte d'amare di Ovidio? Io sarei favorevole a eliminare l'informazione, ma se si lascia sarebbe bene esplicitarne la paternità.
Lo stesso vale per l'affermazione "Era opinione abbastanza diffusa, nel XVII e XVIII secolo, che le architetture musicali dovessero fondarsi su principii logico-matematici, applicati secondo regole rigidamente razionalizzate, e che il lavoro degli artisti dovesse essere più vicino a una speculazione scientifica che non a una libera manifestazione creativa": tutto si basa su quale significato diamo a quel termine ambiguo "architetture musicali". Insomma, è un'informazione che mi è comprensibile se già so cosa vuol dire, cioè se per me è già chiaro che l'Arte della Fuga è un'architettura e invece la già citata Arte del Violino è al massimo un campeggio libero. Per me va assolutamente chiarita.
Ringrazio comunque chi ha partecipato alla stesura di una voce così ricca! --Anoixe(dimmi pure...) 23:08, 16 gen 2014 (CET)[rispondi]

Concordo con Anoixe, soprattutto sui rilievi relativi alla frase sulle "architetture musicali". Se si parla della mentalità dell'epoca, e non solo dell'AdF, si dovrebbe osservare che la scienza della composizione musicale, assai più che con la matematica, aveva delle riconosciute affinità con la retorica. --Guido (msg) 00:05, 17 gen 2014 (CET)[rispondi]
Ciao Anoixe, benvenuto! Vartolo, per quanto riguarda il titolo, a pagina 3 dice: «Le edizioni a stampa probabilmente sono state caldeggiate e seguite soprattutto da Fr. Wilh. Marpurg cui potrebbe ascriversi sia il titolo didattico del ciclo, die Kunst der Fuge». Con l'uso del verbo al condizionale ("potrebbe"), Vartolo intende che la sua è un'ipotesi. In effetti, la frase qui su Wiki («Il titolo non era di Bach, ma venne scelto dallo stesso Carl Philipp Emanuel[15] o dal critico Friedrich Wilhelm Marpurg[16] sulla falsariga dei nomi di alcuni famosi testi musicali del periodo, come L'Art de Toucher le Clavecin di François Couperin, L'Arte del Violino di Pietro Antonio Locatelli o Die Kunst das Clavier zu Spielen dello stesso Marpurg.[3]») sembra troppo certa. Provvedo a far capire che si tratta di un'ipotesi.
Circa i diversi testi, Basso a pagina 720 ne elenca molti di più (L'Art de Toucher le Clavecin di Couperin, L'Arte del Violino di Locatelli, Die Kunst des Clavier zu Spielen di Marpurg, The Art of the Playing on the Violin e The Art of Accompaniament di Geminiani, L'arte di nuova modulazione di Tessarini, Die Kunst des reinen Satzes in der Musik di Kirnberger). In realtà non dice che il titolo dell'opera bachiana derivi in maniera diretta dai titoli di quelle opere, ma intende che la letteratura musicale adottò quel modello (L'arte de...) con una certa insistenza. Anche in questo caso, provvedo a sistemare la frase.
Per la frase sulle architettura musicali, invece, voi come la sistemereste? --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 13:00, 17 gen 2014 (CET)[rispondi]
Ok, ho modificato la frase, da «Il titolo non era di Bach, ma venne scelto dallo stesso Carl Philipp Emanuel o dal critico Friedrich Wilhelm Marpurg sulla falsariga dei nomi di alcuni famosi testi musicali del periodo, come L'Art de Toucher le Clavecin di François Couperin, L'Arte del Violino di Pietro Antonio Locatelli o Die Kunst das Clavier zu Spielen dello stesso Marpurg», a «Il titolo non era di Bach, ma venne probabilmente scelto dallo stesso Carl Philipp Emanuel o dal critico Friedrich Wilhelm Marpurg. La letteratura musicale, in effetti, era solita utilizzare il termine Arte con una certa frequenza: ne sono una dimostrazione, ad esempio, titoli come L'Arte del Contrappunto di Giovanni Artusi, L'Art de Toucher le Clavecin di François Couperin, L'Arte del Violino di Pietro Antonio Locatelli, Die Kunst des reinen Satzes in der Musik di Johann Philipp Kirnberger o Die Kunst das Clavier zu Spielen dello stesso Marpurg». Che ne dite, va meglio? --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 13:36, 17 gen 2014 (CET)[rispondi]
Ho sistemato l'inizio del paragrafo "Piano dell'opera: ipotesi interpretative", riformulando il concetto, e ho inserito un passaggio sulla relazione fra retorica musicale e retorica classica. --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 13:22, 20 gen 2014 (CET)[rispondi]
Perdonami, ma a me ancora non soddisfa l'incipit della sezione Piano dell'opera. Non sono assolutamente d'accordo che "le composizioni musicali dovessero fondarsi su principii logico-matematici": troppo generalizzante! Pensa, solo per fare un esempio, alle tonnellate di musica operistica (da Monteverdi e Cavalli fino a Händel, Vivaldi, Porpora, i napoletani.....) che con i principii logico-matematici non hanno davvero nulla a che fare. Esisteva solo un genere musicale molto specifico che aveva queste caratteristiche. Il contrappunto era usato ampiamente anche al di fuori delle forme "fuga", "canone", ecc., ma aveva una sua collocazione in relazione alla destinazione d'uso ed anche al gusto di moda nel luogo per cui il compositore scriveva. Dunque, se l'affermazione di Basso è davvero così categorica, premetterei alla frase un "Secondo Alberto Basso, era opinione diffusa....ecc ecc.". Altrimenti, credo che il nocciolo del concetto stia nel delineare bene quale sia l'oggetto di cui si parla (al posto di "composizione musicale"). --Anoixe(dimmi pure...) 09:02, 22 gen 2014 (CET)[rispondi]
Sono fuori città fino a venerdì, nel fine settimana rimetto mano all'incipit di quel paragrafo. Grazie per il tuo tempo! --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 14:55, 22 gen 2014 (CET)[rispondi]
Ho modificato la frase, da «Era opinione abbastanza diffusa, nel XVII e XVIII secolo, che le composizioni musicali dovessero fondarsi su principii logico-matematici, applicati secondo regole rigidamente razionalizzate, e che il lavoro degli artisti dovesse essere più vicino a una speculazione scientifica che non a una libera manifestazione creativa», a «Secondo il musicologo Alberto Basso era opinione abbastanza diffusa, nel XVII e XVIII secolo, che le strutture contrappuntistiche dovessero fondarsi su principii logico-matematici, applicati secondo regole rigidamente razionalizzate, e che il lavoro degli artisti impegnati in questo genere musicale dovesse essere più vicino a una speculazione scientifica che non a una libera manifestazione creativa». Se ancora non va bene, provate a modificarla come ritenete opportuno. --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 13:08, 25 gen 2014 (CET)[rispondi]
In questa forma, mi pare perfetta. Grazie! --Anoixe(dimmi pure...) 13:21, 25 gen 2014 (CET)[rispondi]
Grazie a te!   --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 13:25, 25 gen 2014 (CET)[rispondi]
  • Ho aggiunto un'immagine che ho appena realizzato, non senza un po' di lavoro (probabilmente in rete se ne trovano di simili ma su questa non ci sono problemi di licenza, avendola creata io apposta). Vedete voi se tenerla lì, spostarla, ridimensionarla, cambiare la didascalia... --Guido (msg) 17:36, 25 gen 2014 (CET)[rispondi]
Bella, grazie! Io, se sei d'accordo, la metterei in "Fughe semplici", nel paragrafetto "Controfughe in forma di stretto", a "Contrapunctus 7. a 4 per Augment. et Diminut:", così si capisce meglio che è riferito a quello. Provo a spostarla e vedo come viene. --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 17:44, 25 gen 2014 (CET)[rispondi]
Ci avevo pensato anch'io, ma non mi pare una buona idea. In questo modo si dà un rilievo eccessivo al Contrapunctus VII, mentre nella posizione originale (nel punto in cui si parla in generale dei procedimenti di inversione, aumentazione ecc.) era un esempio utile a far capire di cosa si parli. Nel frattempo, ho aggiunto un paragrafo che secondo me fornisce un raccordo utile all'inizio della sezione (tra l'altro, vedo che della controversia fra Birnbaum e Scheibe non c'è traccia, nella nostra voce su Bach: Wolff la cita proprio all'inizio della sua biografia). --Guido (msg) 18:26, 25 gen 2014 (CET)[rispondi]
Mmhhh, forse hai ragione, rimetto la foto dove l'avevi posizionata tu. Ottimo l'inserimento del testo, l'ho un po' sistemato uniformando citazioni e virgolette, grazie! --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 19:55, 25 gen 2014 (CET)[rispondi]
Però io la farei un po' più grande. Vabbé che invecchio, ma con queste dimensioni occorre aprire la foto ingrandita in un'altra pagina per poterla decifrare bene. Non vi pare? --Anoixe(dimmi pure...) 20:05, 25 gen 2014 (CET)[rispondi]
Nel pezzo che ho aggiunto ho messo le citazioni dal libro di Wolff, però i numeri delle pagine si riferiscono all'edizione italiana, mentre in bibliografia è indicata quella inglese. Che si fa? --Guido (msg) 20:39, 25 gen 2014 (CET)[rispondi]
Su Google Books c'è l'edizione in inglese, più tardi cerco i passaggi che hai citato e inserisco i numeri di pagina corretti. Per quanto riguarda le dimensioni dell'immagine, si possono aumentare. Poi, sempre più tardi (adesso devo uscire), agganciandomi al discorso di Guido inserisco un passaggio nel quale si specifica che Bach, nonostante coltivasse forme erudite come il contrappunto, era assolutamente contrario a considerare la musica solo come un qualcosa di arido e di prettamente scientifico. --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 20:44, 25 gen 2014 (CET)[rispondi]
Ho ingrandito la foto, messo i numeri giusti delle pagine e riformulato la prima metà del paragrafo "Piano dell'opera". Mi sembra che adesso, il discorso, nel suo insieme sia più chiaro e scorrevole. --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 02:51, 26 gen 2014 (CET)[rispondi]

Qualcuno ha altre osservazioni? --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 14:46, 30 gen 2014 (CET)[rispondi]

Io non sono ancora interamente convinto dell'incipit della voce: secondo me si può mettere in forma più semplice. Solo che per un paio di giorni ancora sono a corto di tempo. Appena posso faccio una prova, se non piace la si reverta. --Guido (msg) 17:16, 30 gen 2014 (CET)[rispondi]
Oppure prova a scrivere una bozza di incipit qui, nella pagina del vaglio, così proviamo a sistemarla tutti insieme. --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 18:16, 30 gen 2014 (CET)[rispondi]
Non ho avuto tempo di mettermi con calma a riflettere sulla formulazione dell'incipit. In realtà nell'incipit attuale non vedo nulla che non possa restare anche così. Le mie riserve riguardano due aspetti: uno, la piega un po' involuta di certe frasi (a cominciare dalla prima). Secondo, come principio generale l'incipit dovrebbe essere "ridotto all'osso" e in particolare non menzionare aspetti che non sono essenziali per individuare chiaramente il soggetto della voce. Questi aspetti, infatti, anche se importanti, per il solo fatto di essere menzionati nell'incipit assumono un rilievo superiore a tutti gli altri, e questo può nuocere all'equilibrio complessivo della voce. Mi sono chiesto, nella fattispecie, se sia opportuno sottolineare nell'incipit il fatto che il corale finale è "stilisticamente estraneo al resto dell'opera" (è vero, ovviamente, ma l'osservazione presuppone già una comprensione del "piano dell'opera" che tuttora è oggetto di discussione, come si ricava dalla voce), oppure che l'opera non ebbe grande successo commerciale all'epoca, ecc. Me lo sono chiesto, ma a dire il vero non sono sicuro della risposta. Ai miei occhi, è come se l'incipit suggerisse che l'AdF era un monumentale progetto di Bach, rimasto incompiuto a causa della sua morte, che il figlio ha voluto comuque pubblicare "completandolo" alla bell'e meglio, ma senza ottenere il ritorno economico che sperava. Una storia vagamente simile a quella del Requiem di Mozart. Non è quello che c'è scritto, intendiamoci: ma io mi immagino che a qualcuno possa dare quell'idea (che non è necessariamente del tutto falsa, ma sicuramente non è quella fondamentale). Per evitarlo, basterebbe solo togliere dall'incipit due brevi frasi. Voi che ne dite? --Guido (msg) 19:16, 7 feb 2014 (CET)[rispondi]
Però non si può sfrondare troppo, perché il manuale di stile dice che «la sezione iniziale dovrebbe riassumere brevemente tutti i punti più importanti che vengono trattati nella voce. Idealmente, dovrebbe costituire una versione concisa ma completa della voce stessa». L'inizio si può rendere meno ampolloso con facilità. Direi di modificarlo da «Con L'arte della fuga (nell'originale tedesco, Die Kunst der Fuge) BWV 1080 ci si riferisce a un'opera di Johann Sebastian Bach» a «L'arte della fuga (nell'originale tedesco, Die Kunst der Fuge) BWV 1080 è un'opera di Johann Sebastian Bach». Il resto dell'incipit, secondo me, sarebbe meglio lasciarlo così, anche perché allo stato attuale mi pare esauriente (se compari con le voci in vetrina, inoltre, hanno tutte incipit più o meno della lunghezza del nostro). Al limite, penso si possa rimuovere la frase che dice «Quest'ultimo brano, però, è stilisticamente del tutto estraneo alla raccolta», ma il passaggio su CFE Bach io lo lascerei. Che ne dici? --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 20:58, 7 feb 2014 (CET)[rispondi]
Ho riformulato l'incipit iniziale. --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 16:13, 10 feb 2014 (CET)[rispondi]

Io penso che il vaglio si potrebbe anche chiudere, a questo punto. --Guido (msg) 16:39, 10 feb 2014 (CET)[rispondi]

Se è tutto a posto e non ci sono altre questioni da sistemare, penso anch'io si possa chiudere. Aspettiamo ancora qualche giorno per vedere se qualcuno ha qualche altra obiezione. --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 17:14, 10 feb 2014 (CET)[rispondi]
Bene, allora ringrazio di cuore tutti quanti hanno partecipato al vaglio e dichiaro chiusi i lavori! --RiccardoP1983 (dimmi di tutto) 00:21, 14 feb 2014 (CET)[rispondi]