La zonclada (conosciuta anche come balduzzo) era una torta medievale tipica di Treviso e molto rinomata, tanto da venir offerta in dono agli ambasciatori di Cangrande I della Scala:

Zonclada o Balduzzo
Origini
IPA[/ðon.ˈkla.da/, /bal.ˈdu.θo/]
Luogo d'origineBandiera dell'Italia Italia
DiffusioneVeneto
Zona di produzioneProvincia di Treviso
Dettagli
Categoriadolce
Ingredienti principalilatte, uovo, zucchero, spezie varie
(LA)

«Et viginti tres solidos denarios parvorum Benedicto dicto Repotello in restitucione totidem denariorum quos expendit de suis denariis in balducis sive çoncladis datis ambaxatoribus dominis Canis»

(IT)

«E ventitrè soldi in denari piccoli a Benedetto detto Repotello in restituzione di tanti denari quanti ne ha speso dei propri denari in balduzzi o zonclade date agli ambasciatori del signor Cane»

Storia modifica

Conosciuta anche a Belluno verso la metà del XVI secolo[2] e a Padova verso la fine del XIX secolo[3] è via via scomparsa, soppiantata da altre preparazioni più moderne. Il ripieno è tuttavia rimasto come preparazione a sè, senza esser necessariamente inserito in una crosta di pasta. Se ne fa menzione anche negli Statuta del Comune di Treviso, del 1313, dove c'è una prescrizione su come deve essere preparata e sul peso che deve avere, con una pena pecuniaria non dovesse rispettare le disposizioni:

(LA)

«Decernimus quod omnes facientes çoncladas debeant eas facere bene coctas, et unius libre pro qualibet et non debeant eas vendere ultra sex denarios pro unaquaque. Et qui contrafecerirt, solvat pro banno Comuni quinque solidorum denariorum parvorum pro qualibet çonclada. Nec audeant nec debeant accipere nec tollere de lacte quo facient ipsas çoncladas pinguedinem lactis ad faciendum ex eo caput lactis vel butirum cum deteriores sint et fiant magis inscipide accipiendo de eis dictam pinguedine, banno XX solidorum denariorum parvorum pro quolibet et qualibet vice. Et jurati sacramento teneantur ad minus ter in septimana inquirere de predictis.»

(IT)

«Decretiamo che tutti coloro che fanno le zonclade debbano farle ben cotte, e del peso di una libbra [339 g] ciascuna, e non debbano venderle oltre sei denari ciascuna. E colui che le contraffà, paghi al Comune una multa di cinque soldi piccoli per ciascuna zonclada. E non osino né debbano prendere o togliere dal latte con cui fanno le zonclade lo stesso grasso del latte per farne la panna da cottura (caput lactis) o il burro, poiché diventano piú insipide e di qualità inferiore quando si prende loro detto grasso, pagando una multa di venti soldi piccoli per ciascuna volta. E i giurati [di giustizia] sono tenuti dal sacramento a indagare su quanto detto sopra almeno tre volte alla settimana»

Etimologia modifica

La parola è affine al latino iuncus, giunco (in particolare si tratta del giunco tenace, Juncus inflexus), e ionchata è un formaggio fresco la cui cagliata veniva adagiata a spurgare in stuoie fatte appunto di giunchi (che crescono abbondanti sulle rive del fiume Sile).

In più anche la consistenza ricorda quella del formaggio Giuncata, oltre al colore giallo pallido.

 
Zonclada con bordo a corda

La storia modifica

Secondo una ricostruzione basata sui ricettari dell'epoca[4] si sono trovate varie ricette, a partire dalla più antica del I sec. AEV, tutte accomunate dagli stessi ingredienti di base. Le variabili potevano essere il latticino (latte o cagliata, vaccino, pecorino, o caprino), il dolcificante (miele o, più tardi, zucchero bianco di canna), e le uova di gallina (solo tuorlo, turlo e albume, oppure tuorlo con parte degli albumi).

Le spezie modifica

La torta descritta dagli Statuta aveva molto probabilmente lo zafferano nel ripieno, mentre ricette successive potevano includevano cannella, idrolato di rosa, noce moscata, uva passa di Corinto, pinoli, scorza di limone, idrolato di fiori di arancio, alcolici dolci, e altre spezie (come ad esempio macis, pepe nero, zenzero, chiodi di garofano, cumino).

La pre–cottura modifica

 
Zonclada con bordo a merlatura triangolare

Dalla metà del XVI secolo si è cominciato a fare una pre-cottura del ripieno, mentre prima veniva direttamente cotto all'interno di una base di pasta precedentemente cotta alla cieca.

La guarnizione modifica

A partire dal 1430 si è cominciato a guarnire la torta con zucchero e idrolato di rosa. Successivamente è stato aggiunto anche del burro e fatto sciogliere insieme con lo zucchero.

Gli ingredienti e l'aspetto modifica

La crosta modifica

La crosta è simile a quella della Tardiola[5] del 1549 di Messisbugo, una pasta matta composta dai seguenti ingredienti: farina bianca, tuorlo, burro, sale, acqua.

L'orlo modifica

La torta poteva avere un orlo dritto oppure decorato, e in questo caso poteva essere di due tipi:

  • a corda: si ottiene piegando la sporgenza della pasta verso il basso e pizzicandola leggermente per far alzare il bordo; quindi si preme il lato del pollice obliquamente a 45° rispetto al bordo e si pizzica l’impasto tra il pollice e la nocca distale dell’indice, spingendo avanti con il pollice e indietro con l’indice; si prosegue riposizionando il pollice nell’impronta lasciata dall’indice, o viceversa se si procede nell’altro senso.
  • a merlatura triangolare: con un coltello molto affilato, o una cesoia da cucina, praticare dei tagli diagonali in modo da formare dei triangoli equilateri.

Il ripieno modifica

Il ripieno base della torta del 1313 era composto dai seguenti ingredienti: latte intero fresco, tuorlo, albume, zucchero bianco semolato di canna, sale. Antecedentemente a quest'anno, il dolcificante poteva essere miele di acacia, castagno, tiglio, o melata.

Note modifica

  1. ^ a b Angelo Marchesan, XVI, in Treviso medievale. Istituzioni, usi, costumi, aneddoti, curiosità, 1923, 1923, pp. 322-323.
  2. ^ Bartolomeo Cavassico, Le rime, a cura di Carlo Salvioni, II, Bologna, 1894, pp. 20, 66, 88, 101, 255.
  3. ^ Gian Giacomo Mazzolà, XVII — Disè, se Dio v’ajuta, Pastorei, in I cavei de Nina – Soneti cento de Giacomo Mazzolà, 1785.
  4. ^ La torta Dhonklada, o Baldutho, di Treviso, su parnodexmentegar.orgfree.com.
  5. ^ Cristoforo Messisbugo, Banchetti, compositioni di vivande, et apparecchio generale, Ferrara, 1549.

Bibliografia modifica

  • Angelo Marchesan, XVI, in Treviso medievale. Istituzioni, usi, costumi, aneddoti, curiosità, 1923, 1923, pp. 322-323.

Voci correlate modifica