Area marina protetta

zona di mare circoscritta in cui è in vigore una normativa limitativa e protettiva dell'habitat, delle specie e dei luoghi
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L'area naturale marina protetta, definita per comodità, anche a livello internazionale, generalmente e più brevemente solo come area marina protetta o AMP, è una zona di mare circoscritta, in genere di particolare pregio ambientale e paesaggistico, all'interno della quale è in vigore una normativa limitativa e protettiva dell'habitat, delle specie e dei luoghi, e relativa alla regolamentazione e gestione delle attività consentite. Rientrano nell'ambito delle aree naturali protette e spesso sono anche definite riserve; in alcune di esse viene consentita anche la pesca commerciale tradizionale, presumibilmente non distruttiva.

Boa di delimitazione di una zona "A" di protezione assoluta.

A livello mondiale, per il calo repentino degli stock ittici attuale, è stata riconosciuta l'importanza della protezione di 'riserve marine', per favorire la ricostituzione gli stock ittici anche nelle acque esterne[1].

Iter istitutivo modifica

 
Area naturale marina protetta Capo Caccia - Isola Piana, nel comune di Alghero.

In Italia dopo un lunghissimo iter di studio e fattibilità, contrastato soprattutto da pescatori, persone e politici con interessi particolari soprattutto speculativi all'interno delle aree dove ne era prevista l'istituzione, un estenuante e acceso dibattito politico nonché un profondo ritardo nei confronti di tutti gli stati occidentali, è stata finalmente attuata una legge quadro ed infine nel giro di diversi anni sono state infine istituite nel tempo tutte le aree marine ora in esercizio.

Motivazioni modifica

Le motivazioni di base erano e sono la necessità di preservare l'ambiente ed in particolare la flora, la fauna e la geologia delle aree prese in esame, di rendere impossibile o limitare, se non per motivi di effettiva necessità istituzionali, la costruzione di nuovi edifici e di non effettuare attività turistiche, commerciali ed industriali che potessero in qualche modo snaturare e danneggiare e fasce costiere di tali località, anche se in effetti le tardive istituzioni hanno consentito negli anni passati di costruire alberghi e insediamenti abitativi completamente inadeguati e fuori dalle logiche ambientalistiche all'interno delle aree costiere di pregio. Le AMP sono in pratica delle zone dove è praticamente molto difficile se non impossibile costruire lungo i litorali nuovi edifici, nel caso possono e devono essere restaurati e resi fruibili per le normali attività degli enti e associazioni preposti alla tutela, valorizzazione e promozione di tali aree.

Caratteristiche modifica

Una delle peculiarità delle regole dell'AMP è quella di limitare le attività di pesca e prelievo con delle regolamentazioni specifiche, ma anche quella di promuovere ed effettuare dei programmi di studio, ricerca e ripopolamento abbinati a dei programmi didattici ed educativi che permettano la maggiore conoscenza e sensibilità nei confronti della natura.

In Italia le aree sono suddivise in 3 zone denominate zona "A", zona "B" e zona "C" Le zone "A" sono delle aree delimitate dove non è possibile svolgere alcuna attività, quindi neanche il transito e la balneazione, che non sia di carattere scientifico e di controllo, mentre le zone "B" e "C" sono fruibili ma con relativi limiti alla pesca e agli attrezzi utilizzabili ed alla velocità di transito, in genere sotto i 6 nodi vicino alle coste. La pesca sportiva con canne e lenze è generalmente consentita con autorizzazioni contingentate mentre la pesca subacquea sportiva è completamente vietata, ed è consentita solo la pesca subacquea professionale limitatamente alla raccolta del riccio di mare Paracentrotus lividus che hanno raggiunto la taglia commerciale e solo in apnea, con ulteriore limitazione delle quantità prelevabili.

Note modifica

  1. ^ Dan Saladino, Mangiare fino all'estinzione, pag. 238 Riserva protetta, 2023, trad.Giovanni Garbellini, Einaudi, ISBN 978 8806 25678 4

Bibliografia modifica

  • F. Spadi, Le aree marine protette nell'ordinamento internazionale, Rivista giuridica dell`ambiente, 1998, nr. 1, pp. 123–145.

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Collegamenti esterni modifica

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