Abu Mansur Ali ibn Ahmad Āsādi Tusi (in persiano ابومنصور علی بن احمد اسدی طوسی‎; Tus, XI secoloTabriz, XI secolo) è stato un poeta e linguista persiano, considerato un importante poeta della letteratura persiana, il cui lavoro più noto è Garshāsp-nāma, scritto nello stile dello Shāh-Nāmeh[1].

Biografia modifica

Non si posseggono molte informazioni riguardanti la vita di Āsādi. Trascorse i suoi primi vent'anni in Tus; negli anni 1120 e 1130 lo troviamo come poeta presso la corte del Daylamita Abū Naṣr Jastān, dove nel 1055-1056 copiò il Ketāb al-abnīa'an ḥaqā'eq al-adwīa di Abū Manṣūr Mowaffaq Heravī.[2]

Successivamente andò alla Repubblica Autonoma di Naxçıvan dove nel 1065-1066 finì l'epico Garshāsp-nāma, che dedicò ad Abū Dolaf, il governatore di Naxçıvan.[2]

Veene chiamato infine alla corte del re Manūčehr dello Shaddadid di Ani.[2]

Un'antica leggenda narra che Sultan Maḥmūd di Ḡazna incaricò Āsādi di scrivere lo Shāh-Nāmeh, che costituisce l'epica nazionale dei Paesi di lingua persiana, ma a causa dell'età avanzata, ha incoraggiato "il suo allievo" Firdusi a intraprendere il compito; poi alla fine della vita di Ferdusi, quando ancora rimanevano da completare quattromila battute dello Shāh-Nāmeh, l'insegnante si affrettò ad aiutare il suo allievo e, in un solo periodo di ventiquattr'ore, completò il lavoro.[2]

Questa leggenda portò H. Ethé e E. Browne a credere che vi fossero stati due Āsādi: uno che fu l'autore del Munāẓirāt, e un altro, suo figlio, che fu l'autore del Loḡat-e fors, del Garshāsp-nāma e la copia di Ketāb al-abnīa.[1][2]

Le opere di Āsādi sono i Munāẓirāt (Dibattiti), il Garshāsp-nāma (L'epica di Garshāsp) e il Loḡat-e fors (Dizionario).[1]

Munāẓirāt modifica

Cinque Munāẓirāt sono esistenti; rappresentano una forma di qaṣīda, senza precedenti in arabo o in persiano. Il primo munāẓira, 'Arab o'aǰam, tratta della superiorità degli iraniani sugli arabi; il secondo, Moḡ o mosalmān, parla della superiorità dei musulmani sugli zoroastriani; gli altri tre dibattiti riguardano la tenzone fra il cielo e la terra, tra la lancia e l'arco, tra la notte e il giorno.[1] I temi contraddittori dei primi due munāẓira indussero alcuni studiosi a dubitare dell'assegnazione del primo ad Āsādi. Può essere che Āsādi, come gli altri, abbia pensato che un musulmano iraniano fosse superiore a un musulmano arabo, ma un musulmano, qualunque sia la sua nazionalità, era superiore a un zoroastriano iraniano.[2]

Garshāsp-nāma modifica

Āsādi iniziò la sua epopea, il Garshāsp-nāma (L'epica di Garshāsp) intorno al 1063 a Naxçıvan su richiesta del visir di Abū Dolaf Šaybānī. Lo finì nel 1065-1066 e la dedicò all'emiro. È composto da circa novemila distici. Il lavoro racconta le avventure di Garshāsp, identificato nello Shāh-Nāmeh con l'antico eroe iraniano Kərəsāspa, dedicato quindi alla mitica figura di un sovrano iranico delle origini,[2][3] il soggetto del poema epico è tratto da antichi racconti iraniani.[3]

Il poema inizia con Jamshid, il padre di Garshāsp, che fu rovesciato da Zahhak e fugge da Ghurang, re dello Zabulistan (vicino alla moderna Quetta). In Zabulistan, Jamshid si innamora della figlia del re e dà alla luce Garshāsp. Jamshid è costretto a fuggire. Quando la madre di Garshāsp si avvelena, Garshāsp trascorre gran parte della sua vita con suo nonno e cresce fino a diventare un guerriero come Jamshid. Dopo la morte di Ghurang, Zahhak diventa re.[1]

Zahhak, come re, visita Zābulistān e sfida il giovane Garshāsp a uccidere un drago. Dotato di un antidoto contro il veleno del drago e armato di armi speciali, Garshāsp uccide il mostro. Dopo di che Garshāsp viaggia, dapprima in India, dove oltre ad affrontare qualche avventura Garshāsp osserva le meraviglie del paese e si impegna in un discorso filosofico. Poi va a Sarandib (Sri Lanka), dove vede l'impronta del Buddha (in fonti musulmane, identificata con l'impronta di Adamo). Garshāsp incontra poi un Brahman, al quale pone domande dettagliate su filosofia e religione e riceve risposte intrise di neoplatonismo islamico.[1]

L'eroe torna a casa e rende omaggio a Zahak, e quando torna in Iran, suo padre muore e Garshāsp diventa re di Zābolestān. In questo momento Ferēdūn sconfigge Zahak e diventa re dell'Iran, e Garshāsp giura fedeltà a lui. Garshāsp poi uccide un altro drago prima di ritornare a Zābolestān e morire.[1]

La preoccupazione principale di Āsādi è la versificazione, quindi le linee individuali hanno la precedenza sulla storia. Impiega termini persiani arcaici e frasi arabe; Āsādi, il poeta, il linguista, il filosofo e l'arabista appaiono tutti, ma mancano la maturità, la saggezza, il patriottismo e il visione del mondo dello Shāh-Nāmeh.[2]

Loḡat-e fors modifica

Loḡat-e fors (Dizionario persiano) è stato scritto per familiarizzare la gente di Arran e dell'Azerbaigian iraniano con frasi non familiari nella poesia persiana orientale. È il più antico dizionario persiano esistente basato su esempi tratti dalla poesia e contiene frammenti di opere letterarie perdute come Kalila e Dimna di Rudaki e Wamik e Adhra di Unsuri.[3]

Opere modifica

  • Munāẓirāt (Dibattiti);
  • Garshāsp-nāma (L'epica di Garshāsp);
  • Loḡat-e fors (Dizionario persiano).

Note modifica

  1. ^ a b c d e f g Asadi, in le muse, I, Novara, De Agostini, 1964, p. 405.
  2. ^ a b c d e f g h (EN) ASADĪ ṬŪSĪ, su iranicaonline.org. URL consultato il 2 marzo 2019.
  3. ^ a b c (EN) Asadi Tusi, Abu Mansur Ali ibn Ahmed, su encyclopedia2.thefreedictionary.com. URL consultato il 2 marzo 2019.

Bibliografia modifica

  • (EN) Edward G. Browne, A Literary History of Persia, Londra, T. Fisher Unwin, 1924.
  • Piero Grosso, Firdusi e i poeti persiani, Roma, Tip. Laboremus, 1935.
  • A. Pagliaro e A. Bausani, La letteratura persiana, Firenze-Milano, Sansoni-Accademia, 1968.
  • Angelo Michele Piemontese, Storia della letteratura persiana, Milano, Fabbri, 1970.
  • Carlo Saccone, Storia tematica della letteratura persiana classica, Roma, Aracne, 2014.

Voci correlate modifica

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