Banda Mustafaj

La Banda Mustafaj fu un gruppo di quattro albanesi in esilio che ambivano all'uccisione del dittatore della Repubblica Popolare Socialista d'Albania Enver Hoxha nel 1982. Il loro piano fallì e due dei suoi membri furono uccisi mentre uno venne arrestato.[1][2]

Banda Mustafaj
Area di origineAlbania
Periodo1982 – 1982
BossSabaudin Haznedari
Banda Mustafaj
Attiva1982
NazioneAlbania Albania
Contestoattentato
Ideologiaanticomunismo
AlleanzeCIA
Componenti
Attività
Azioni principaliattentati e guerriglia

MembriModifica

  • Sabaudin Haznedari (Dino) † – Capo del gruppo. Nato nel 1925, era un comunista emarginato amico di Halit Bajrami, con cui volò in Grecia nel 1950. Dopo aver lasciato la Grecia, venne bandito dagli Stati Uniti per molti anni e divenne proprietario di una lavanderia a Roma.
  • Xhevdet Mustafa (Billy) † – Nato nel 1940, fuggì dall'Albania nel 1964 e si trasferì a Staten Island, New York, dove lavorò come meccanico. Mustafa era associato con il boss della mafia albanese Xhevdet Lika e ottenne finanziamenti da Leka Zogu, erede al trono d'Albania. Tutti erano coinvolti nel traffico di droga e Mustafa era già stato accusato nel 1981, e dovette fuggire dal paese.[3] A 42 anni, guidò la missione assieme a Sabaudin.
  • Halit Bajrami (Alex) † – Nato nel 1925, fuggì con Sabaudin in Grecia nel 1950. Halit abitò in Nuova Zelanda dove divenne un agente della Sigurimi, la polizia segreta albanese. Al momento della missione, aveva 57 anni.
  • Fadil Kaceli (Fred) – fratello del pittore Sadik Kaceli, abitò in Nuova Zelanda, dove fece ritorno dopo la missione fallita.

OperazioneModifica

Sebbene i motivi personali per l'infiltrazione non sono ancora chiari, gli ex membri e i prosecutori albanesi concorro che l'obiettivo fosse stato l'assassinio di Hoxha e che l'idea fosse stata pianificata nel 1975 al matrimonio del pretendente al trono albanese Leka.[4] L'operazione fu concepita per essere sostenuta dalla Jugoslavia come rappresaglia contro le proteste in Kosovo del 1981.

Tutti e quattro si riunirono in Italia nel 1982, dove ottennero le forniture. Halit era un informatore che ottenne l'approvazione della Sigurimi di partecipare alla missione, e pianificò di assicurare la cattura del gruppo inviando i dettagli dell'operazione alla sede dell'agenzia tramite contatti a Roma e Parigi.

Sebbene Fadil avesse pianificato di partecipare all'infiltrazione, venne ferito poco prima della partenza del barcone. Fadil recuperò le forze in Italia e dopo ritornò a casa in Nuova Zelanda. I rimanenti partigiani attraversarono il Canale d'Otranto e arrivarono sulle coste albanese nella notte tra il 24 e il 25 dicembre 1982 vicino a Divjakë. Le forze albanesi furono informate da Halit e cercarono il gruppo sui due punti d'approdo, ma Xhevdet decise di cambiare i piani a causa della rinuncia di Fadil. Xhevdet, Sabaudin e Halit scesero a riva innoservati e sparirono nella foresta di Karavasta, a circa 90 km da Tirana. Il gruppo era dotato di fucili, pistole, binocoli, un trasmettitore radio e del denaro.[5]

All'alba, Xhevdet e Sabaudin andarono in esplorazione e uccisero due poliziotti che li avevano scoperti. Ritornarono da Halit, e un'ora e mezza dopo una nave da pattuglia si avvicinò ordinando loro di arrendersi. Xhevdet aprì il fuoco, uccidendo due ufficiali, e prese in ostaggio un pescatore. Loro uscirono dalla foresta e si diressero lungo la strada per Tirana travestiti da poliziotti, fermandosi nella notte a riposarsi sotto un ponte a nord est di Divjakë.

Il mattino seguente, il civile guidò i tre della banda verso Rrogozhinë, dove trovarono una stazione ferroviaria. Halit comprò i biglietti per il treno del pomeriggio per Tirana e dopo una lunga attesa, il gruppo fu avvicinato dagli ufficiali della polizia, chiedendo a Sabaudin di identificarsi. Halit rispose che non avevano documenti e che erano tutti dei sabotatori.[6]

Halit fu preso in custodia dagli ufficiali, Xhevdet riuscì a scappare rubando un FSC Żuk, anche Sabaudin fuggì entrando in un bunker nascosto. Sabaudin tentò di convincere le forze armate per marciare con lui a Tirana, ma venne sparato dai fucilieri in uno scontro a fuoco e si suicidò.[7] Intanto, Xhevdet guidò verso sudovest, fermandosi per costringere un civile in auto a portarlo verso Lushnjë. Xhevdet si nascose in una casa, tendendo in ostaggio una famiglia per due ore. Xhevdet si sparò non appena un veicolo corazzato buttò giù uno dei muri.[4]

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Halit, l'unico sopravvissuto dei tre, fu posto in custodia cautelare per interrogatori e testimoniò nel 1983 contro l'ex ministro della difesa Kadri Hazbiu, rimosso dal suo incarico il 10 ottobre 1982 e sospettato di lavorare per la Jugoslavia e la CIA, nonché di aver fornito i nascondigli per il gruppo.[8] Hazbiu fu condannato per abuso d'ufficio e fucilato nel 1983. Halit Bajrami venne rilasciato e fece ritorno in Nuova Zelanda.

L'esiliato Leka negò di aver autorizzato l'operazione, sostenendo che era suicida e che era stata fatta a sua insaputa.

NoteModifica

  1. ^ (SQ) Zbulohen dokumentet e CIA-s dhe FBI-se per Xhevdet Mustafen, su Shqiperia.
  2. ^ (SQ) Zëri i Kosovës - Themeluar më 1981 | Portali informativ Zeri i Kosoves, su Zëri i Kosovës (archiviato dall'url originale il 21 maggio 2013).
  3. ^ (EN) Balkan Death: The Albanian Narco-Mafia, su Serbianna, 15 febbraio 2010 (archiviato dall'url originale il 24 dicembre 2011).
  4. ^ a b (SQ) Nëna e Xhevdetit, misioni i pamundur në negociatat me të birin në rrethim, su Infoarkiva, 8 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2014).
  5. ^ Owen Pearson, Albania in the Twentieth Century, A History: Volume III: Albania as Dictatorship and Democracy, 1945-99, I.B.Tauris, 2006, p. 642, ISBN 9781845111052.
  6. ^ (SQ) Halit Bajrami Dëshmon Në Procesin Gjyqësor Kundër Kadri Hazbiut Në Vitin 1983, su 264517.forumromanum.com.
  7. ^ (SQ) Xhevdet Mustafa, sot 29 vite nga zbarkimi nė Divjakė, zbulohet biseda me kunatin e Hazbiut, su Infoarkiva, 25 settembre 2011 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2014).
  8. ^ (SQ) Rrėfimi i Halit Bajramit: Unė, njeriu i Hazbiut nė bandėn e Xhevdet Mustafės, su Infoarkiva, 12 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2014).
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