Il Carmen lustrale è un carme preletterario latino consistente in una preghiera rituale del culto privato rivolta al dio Marte; il pater familias rivolgeva alla divinità questa preghiera per ottenerne, in cambio, la protezione e la purificazione (lustratio) degli arva, i campi coltivati, dalle forze e dagli spiriti maligni. Sovente la recitazione del carmen era accompagnata dal sacrificio dei suovetaurilia, un rito a carattere apotropaico tipico delle popolazioni indoeuropee.

Non ci è giunta la versione originaria del carmen, che aveva origini particolarmente antiche e doveva dunque essere stato composto in una lingua arcaica ben diversa da quella classica; il testo di cui disponiamo è quello tramandato da Catone il Censore nella sua opera De agri cultura:[1]

(LA)

«Mars pater te precor quaesoque
uti sies volens propitius
mihi domo familiaeque nostrae.
Quoius rei ergo
agrum terram fundumque meum
suovitaurilia circumagi iussi,
uti tu morbos visos invisosque
viduertatem vastitudinemque,
calamitates intemperiasque
prohibessis defendas averruncesque,
utiques tu fruges frumenta,
vineta virgultaque,
grandire beneque evenire siris,
pastores pecuaque
salva servassis,
duisque bonam salutem valetudinemque
mihi domo familiaeque nostrae:
harunce rerum ergo,
fundi terrae agrique mei lustrandi
lustrique faciendi ergo,
sicuti dixi,
macte hisce suovitaurilibus
lactentibus inmolandis esto.»

(IT)

«O padre Marte
ti prego e scongiuro,
perché tu sia favorevole e propizio
a me alla casa e alla nostra famiglia.
E per questa grazia
intorno al mio campo, alla mia terra e al mio fondo
un porco, un montone e un toro ho fatto condurre
perché tu i mali visibili e invisibili
la sciagura e la devastazione
la calamità e le intemperie
impedisca, scacci e allontani,
e perché le messi, il grano,
i vigneti e i virgulti,
tu li lasci crescere bene e svilupparsi,
e i pastori e le greggi
li conservi sani e salvi,
e buona salute e prosperità tu dia
a me, alla mia casa e alla mia famiglia:
dunque, per queste cose,
per purificare il fondo, la terra e il mio campo,
per ottenere la purificazione,
come ho detto,
sii onorato con il sacrificio
di questo porco, di questo montone e di questo toro ancora lattonzoli.»

Il testo conserva tuttavia le caratteristiche proprie della lingua orale, quale il forte ricorso alle figure retoriche dell'ordine o del suono, come l'anafora, l'accumulazione sinonimica, gli omoteleuti e le allitterazioni. Le frequenti ripetizioni sottolineano la speranza, da parte di chi recita la preghiera, che le suppliche siano ascoltate e messe scrupolosamente in atto dalla divinità. Si nota inoltre l'uso della figura etimologica.

Nel testo del Carmen, in assoluto il più lungo brano di epoca preletteraria pervenutoci, si distingue una struttura ritmica e sintattica basata sul parallelismo, strutturato nello schema del dicolon o del tricolon, accentuato dalla frequente presenza di pleonasmi. Il ritmo del brano è complessivamente particolarmente solenne; alla struttura compositiva è comunque sottesa la ricerca di un piacere estetico.[2]

Note modifica

  1. ^ 141, 2-3.
  2. ^ Williams, pp. 89-90.

Bibliografia modifica

  • G. Williams, Le origini della poesia a Roma in AAVV, La letteratura latina della Cambridge University, Milano, Mondadori, 1991.
  • G. Pontiggia, M.C. Grandi, Letteratura latina. Storia e testi, Milano, Principato, 1996.