Centri di nascita nazisti per lavoratori stranieri

I centri di nascita nazisti per lavoratori stranieri (in tedesco: Ausländerkinder-Pflegestätte) anche noti come Ausländerkinder-Pflegestätte ("asili nido per bambini stranieri"), Ostarbeiterkinderpflegestätten ("asili nido per bambini [figli di] lavoratori orientali") o Säuglingsheim ("casa dei bambini") furono le strutture tedesche utilizzate per accogliere i neonati abbandonati, ovvero le strutture del partito nazista istituite in Germania per i bambini considerati "scomodi" secondo le norme emanate dal decreto Himmler,[1] in particolare rivolte verso la prole nata da donne e ragazze straniere al servizio dell'economia di guerra tedesca e del lavoro forzato femminile, polacco e più in generale nell'Europa orientale. I neonati e i bambini, la maggior parte dei quali nati dagli stupri avvenuti nei luoghi di schiavitù,[2] furono rapiti in massa tra il 1943 e il 1945. In alcuni luoghi si arrivò a una mortalità infantile del 90%, a causa della straziante negligenza calcolata.[2][3]

Targa commemorativa all'ingresso dell'ex sede dell'NSDAP a Velpke: 76 bambini polacchi e 15 sovietici morirono per fame nel 1944.

Politica nazista modifica

Le gravidanze indesiderate furono comuni specialmente tra le donne polacche e sovietiche (in tedesco: Zivil - und Ostarbeiter) a causa degli abusi sessuali dilaganti da parte dei loro sorveglianti,[4] le nascite indesiderate si verificarono con una frequenza pari allo 80% degli stupri avvenuti, specie nelle fattorie in cui lavoravano le ragazze polacche.

Le SS sospettarono che le vittime "avessero sfruttato il concepimento per sfuggire al lavoro forzato", per questo motivo, i bambini nati all'interno dei campi di concentramento non furono riportati nelle comunità:[2] ad esempio, dei 3.000 bambini nati ad Auschwitz, circa 2.500 neonati furono volontariamente annegati nel reparto maternità dalle sorveglianti tedesche.[5][6] Nel frattempo, nella primavera del 1942, l'arrivo dei treni con le ragazze provenienti dalla Polonia si trasformò in una compravendita di schiave sia nelle città che nei villaggi tedeschi, come a Braunschweig, dove le giovani donne furono picchiate, affamate e a cui fu proibito di avere relazioni interpersonali.[7]

 
Controllo medico prima della partenza; le donne straniere già incinte non potevano entrare in Germania.[7]
 
Lavoratrici orientali in Germania con i loro piccoli dopo il lavoro.[2]

L'aborto in Germania fu illegale per le donne tedesche, e di conseguenza la legge fu modificata. L'11 marzo 1943, il Reichsführer-SS firmò un decreto che autorizzava gli aborti "richiesti" dalle giovani Zivil- und Ostarbeiter.[2] Le lavoratrici schiave incinte, che furono costrette ad abortire dai tedeschi, dovettero firmare delle richieste prestampate prima dell'intervento chirurgico, e furono minacciate con la prigione e la morte per fame.[2]

Gli aborti furono applicati dopo aver determinato se il padre fosse stato potenzialmente tedesco o di origine germanica.[8] I bambini furono portati in uno dei 400 centri noti come "Case Ausländerkind-Pflegestätte" e considerati come "senza genitori", e tra questi quelli considerati "di valore razziale" furono separati per il programma di germanizzazione.[9] Nel caso in cui una lavoratrice straniera fosse considerata di sangue germanico, come i norvegesi, suo figlio sarebbe stato tenuto in vita, evento verificatosi raramente.[2][8]

La mortalità dei bambini Zivil- und Ostarbeiter fu mediamente molto alta, superando il 50% dei nati indipendentemente dalle circostanze. Si stima che tra il 1943 e il 1945 siano stati uccisi circa 100.000 neonati, di lavoratori schiavi provenienti da Polonia e Unione Sovietica, per aborto forzato o per volontà dopo la nascita avvenuta in Germania.[10] Secondo altre stime, potrebbero essere morti fino a 200.000 bambini.[11] Il generale tedesco e funzionario del governo NSDAP, Erich Hilgenfeldt, mentre ispezionò alcuni di quei luoghi fu turbato da ciò che vide: riferì che i bambini stavano morendo in un processo inutilmente lento e doloroso che durava da mesi, a causa delle razioni alimentari inadeguate.[12]

«Ritengo inconcepibile il modo in cui la questione venga attualmente trattata. Esiste una sola via di scelta. O non abbiamo alcun desiderio di mantenere in vita questi bambini, e quindi non dovremmo permettere che muoiano lentamente di fame e [allo stesso tempo] sottraggano così tanti litri di prezioso latte dall'approvvigionamento alimentare generale, oppure [presumibilmente] intendiamo allevare questi bambini per utilizzarli in futuro come lavoratori. In questo secondo caso vanno alimentati in modo tale da essere utilizzabili in quanto lavoratori. — Erich Hilgenfeldt[12][13]»

Nel centro di Waltrop-Holthausen, 1.273 neonati furono volutamente lasciati morire nel cosiddetto rifugio dei bambini e poi semplicemente contrassegnati come nati morti.[1] Gli storici ritengono che sia stato lo stesso Himmler a dare intenzionalmente a questi "centri di raccolta" il nome pomposo di centri di nascita, mentre nel frattempo pianificarono il loro omicidio di massa noto eufemisticamente con il nome di "trattamento speciale" (in tedesco: Sonderbehandlung).[13]

La ragione immediata per cui la Gestapo locale insistette per creare così tante strutture fu che le donne tedesche incinte si rifiutarono di entrare nelle strutture dove venivano portate le donne Ostarbeiter.[7] Secondo l'ultimo decreto del Reichsführer-SS in materia firmato il 27 luglio 1943, le madri straniere che non poterono tornare al lavoro dopo il parto dovevano essere sterminate insieme ai loro bambini.[2]

I reparti per lo sterminio dei bambini Zivil- und Ostarbeiter, comprendenti le madri di solito intenzionalmente diagnosticate in maniera errata come "malate di mente", furono istituiti presso l'ospedale statale bavarese di Kaufbeuren e presso la sua filiale di Irsee. Continuarono a funzionare come centri di eutanasia per altri 33 giorni dopo la fine della guerra fino alla loro scoperta avvenuta da parte delle truppe americane il 29 maggio 1945.[14]

Luoghi noti come Ausländerkinder-Pflegestätte e cimiteri modifica

  • Braunschweig, Entbindungsheim fuer Ostarbeiterinnen, con oltre 360 bambini sepolti.[15]
  • Dresda, Auslandskinderpflegestätte, con il 40% dei bambini uccisi.[16]
  • Nel processo Velpke, ci furono due condanne a morte per l'uccisione di bambini polacchi.[17]

Note modifica

  1. ^ a b Oliver Rathkolb, Revisiting the National Socialist Legacy: Coming to Terms With Forced Labor, Expropriation, Compensation, and Restitution, Transaction Publishers, p. 89, ISBN 141283323X.
  2. ^ a b c d e f g h Magdalena Sierocińska, Eksterminacja "niewartościowych rasowo" dzieci polskich robotnic przymusowych na terenie III Rzeszy w świetle postępowań prowadzonych przez Oddziałową Komisję Ścigania Zbrodni przeciwko Narodowi Polskiemu w Poznaniu, in Bibliography: R. Hrabar, N. Szuman; Cz. Łuczak; W. Rusiński, Warsaw, Institute of National Remembrance, 2016.
  3. ^ Lynn H. Nicholas, Cruel World: The Children of Europe in the Nazi Web, 9 maggio 2006, p. 400, ISBN 0-679-77663-X.
  4. ^ (PL) Cezary Gmyz, Seksualne Niewolnice III Rzeszy, su wprost.pl, Wprost, 22 aprile 2007, pp. 1–3. URL consultato il 14 febbraio 2016 (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2008).
  5. ^ Michael Berkowitz, The Crime of My Very Existence: Nazism and the Myth of Jewish Criminality, University of California Press, 2007, ISBN 978-0-520-94068-0. URL consultato il 21 giugno 2015.
  6. ^ Matthew M. Anger, Midwife at Auschwitz: The Story of Stanislawa Leszczynska, su seattlecatholic.com, Seattle Catholic, 4 gennaio 2005. URL consultato il 21 giugno 2015.
  7. ^ a b c Bernhild Vögel, Entbindungsheim für Ostarbeiterinnen. Braunschweig, Broitzemer Straße 200 (PDF), in Band 3 der Kleinen historischen Bibliothek, Hamburg, Hamburger Stiftung für Sozialgeschichte des 20. Jahrhunderts, 1989, ISBN 392710602X.
  8. ^ a b Lynn H. Nicholas, Cruel World: The Children of Europe in the Nazi Web, 9 maggio 2006, p. 399-400, ISBN 0-679-77663-X.
  9. ^ Ausstellung in der Gedenkstätte Zellentrakt, Zwangsarbeit im Raum Herford: "Ausländerkinder-pflegestätten" (PDF), in Ausstellung Zwangsarbeit Dokumention der Ausstellungsbanner, Zellentrakt Gedenkstätte, 18 settembre 2009.
  10. ^ (DE) Projekt "Krieg Gegen Kinder", War Against Children - Database with information on over 400 confinement institutions in Nazi Germany for the children of Zwangsarbeiters, su krieggegenkinder.org, 2004 (archiviato dall'url originale il 13 settembre 2008). Ospitato su Internet Archive..
  11. ^ Firmengruppe Tischler (PDF), su info-tischler.de. URL consultato il 10 agosto 2007.
  12. ^ a b Lynn H. Nicholas, Arbeit Macht Frei: Forced Labour, in Cruel World: The Children of Europe in the Nazi Web, Knopf Doubleday Publishing, 2009, p. 401, ISBN 978-0-679-77663-5.
  13. ^ a b David Crew, Nazism and German Society, 1933-1945, Routledge, 2013, pp. 247–251, ISBN 978-1134891078.
  14. ^ Henry Friedlander, The Origins of Nazi Genocide: From Euthanasia to the Final Solution, University of North Carolina Press, 2000, pp. 161–162, ISBN 080786160X. Ospitato su Google Books.
  15. ^ birdstage.net, marzo 2022, http://www.birdstage.net/images/entbindungsheim.pdf.
  16. ^ Auslandskinderpflegestätte, Dresden 1945, su dresden-1945.de, 21 novembre 2012 (archiviato dall'url originale il 21 novembre 2012).
  17. ^ Case no. 42: Trial of Heinrich Gerike and seven others. (20 March – 3 April 1946) The Velpke Children's Home case, British Military Court, Brunswick, su ess.uwe.ac.uk (archiviato dall'url originale il 12 gennaio 2008).

Bibliografia modifica

  • Cordula Wächtler, Irmtraud Heike, Janet Anschütz e Stephanus Fischer, Gräber ohne Namen, Die toten Kinder Hannoverscher Zwangsarbeiterinnen, Vsa Verlag, 2006, ISBN 3-89965-207-X.
  • Bernhild Vögel, Entbindungsheim für Ostarbeiterinnen (PDF), Hamburger Stiftung für Sozialgeschichte des 20. Jahrhunderts, 2005.

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica