Chiesa di San Jacopo Soprarno

chiesa a Firenze

La chiesa di Sant'Jacopo Sopr'Arno (o San Jacopo de' Barbetti) è un luogo di culto cattolico di Firenze che si trova in Borgo San Jacopo, nel quartiere di Oltrarno.

Chiesa di San Jacopo Soprarno
Vista della chiesa dall'Arno[1]
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneToscana
LocalitàFirenze
Coordinate43°46′05.16″N 11°15′03.21″E
ReligioneCristiana ortodossa di rito greco-bizantino
TitolareGiacomo il Maggiore
DiocesiArcidiocesi ortodossa d'Italia
Stile architettonicobarocco
Inizio costruzioneX-XI
Completamento1660

Dal 14 maggio 2006 è stata concessa dalla Diocesi di Firenze all'Arcidiocesi ortodossa d'Italia e Malta.

Storia e Descrizione

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L'interno
 
Il portico

La chiesa risale probabilmente ai secoli X-XI e fu edificata in stile romanico dando il nome al borgo che le si formò intorno. Giovanni Villani e Ricordano Malispini (secolo XIII) la citano come già esistente nel 1078, quando si costruì la seconda cerchia delle mura. Nel 1293 si riunirono in questa chiesa i nobili fiorentini che stabilirono di opporsi agli "ordinamenti di Giustizia" di Giano Della Bella, che toglievano loro ogni ingerenza nel governo dello Stato.

La chiesa era nota anche perché il suo priore, nella ricorrenza del 25 luglio festività di san Jacopo (così com'era detto a Firenze l'apostolo san Giacomo Maggiore), organizzava a sue spese il Palio dei Navicelli in Arno. Infatti alla sera, fino dal lontano 1250, i barcaioli disputavano a furia di vigorosi colpi di stanga la tipica "regata", sullo specchio d'acqua fra Ponte Vecchio e la pescaia di Santa Rosa. La partenza dei navicelli avveniva proprio dal greto su cui ancora aggetta, sui caratteristici sporti, l'abside della chiesa che i fiorentini indicano affettuosamente come la "chiesa col culo in Arno" perché nei momenti di piena quando il livello del fiume aumenta, le acque vanno con impeto a bagnare la sua parte absidale che può essere osservata dal ponte Santa Trinita.

Vasari riporta la tradizione che il Brunelleschi, intorno al 1418, avesse eseguito nella cappella Ridolfi, distrutta nel rifacimento del primo Settecento, una copertura a cupola in cui avrebbe messo in pratica, in scala ridotta, le tecniche poi usate per la Cupola del Brunelleschi.

Dal 1542 ressero la chiesa i frati Francescani Minori Osservanti, nel 1575 essa fu ceduta ai Canonici regolari di San Salvatore a Scopeto, detti gli Scopetini, che avevano avuto chiesa e convento distrutti nel 1529. Nel 1580 fu rimontato davanti alla facciata il portico romanico antistante alla antica chiesa di San Donato in Scopeto al momento del trasferimento della sede dei Canonici Scopetini. Una lapide sulla porta della chiesa rammenta che il portico venne riedificato a spese di Cosimo I de' Medici nel 1580, su progetto di Bernardino Radi.

Nel 1703, Cosimo III ordinò agli Scopetini di cedere ai Padri della Missione, detti Barbetti per il loro pizzetto e venuti da Roma e stanziati nel vicino Palazzo della Missione, la chiesa e il convento, che essi restaurarono nel 1709.

 
Le colonne antiche incassate nei pilastri

La chiesa è attualmente officiata dalla comunità ortodossa, con fedeli di rito orientale greco e di diverse altre nazionalità balcaniche e orientali.

La facciata consta soprattutto del portico romanico databile al XII - XIII secolo, qui montato nel 1580, formato da tre archi caratterizzati dalle tipiche tarsie geometriche bianche e verdi recanti in alto teste antropomorfe e di leoni.

L'interno conserva l'impianto originario romanico a tre navate, ma si presenta nell'aspetto settecentesco frutto del rifacimento voluto dai Padri delle Missioni, che lo rende un interessante e unitario ambiente chiesastico settecentesco. Lavori effettuati dopo l'Alluvione di Firenze hanno rimesso in luce le antiche colonne romaniche incassate nell'interno barocco, che sono oggi visibili nei pilastri. La navata ha perduto durante la seconda guerra mondiale la sua decorazione ad affresco ma le navate conservano ancora le tele e gli affreschi originari.

La prima cappella destra, dei Bartolomei, reca una tela con la Immacolata Concezione e Santi di Sebastiano Galeotti e, nella volta, un Dio Padre tra Angeli di Niccolò Lapi, del 1721. La seconda, dei Verdi, reca un altro affresco di Niccolò Lapi nella volta con Mosè e il serpente di bronzo (1709) e all'altare un Crocifisso quattrocentesco che sostituisce oggi una Crocifissione di Francesco Conti. La terza cappella è ornata all'altare da una tela di Antonio Puglieschi raffigurante San Vincenzo de' Paoli da Maria a Gesù, sormontata dall'affresco con la Gloria di San Giuseppe di Ottaviano Dandini. La quarta cappella ha invece all'altare la Santissima Trinità sempre del Conti.

All'altare maggiore è la tela con la Vocazione di San Jacopo di Pier Dandini, mentre nella cupola sono affreschi di Matteo Bonechi con la Madonna in gloria ed Angeli.

All'altare della quinta cappella sinistra, degli Orsini e Vinci, già dei Di Grazia, è la tela con le Tentazioni di Sant'Antonio Abate di Giovan Maria Ciocchi, mentre l'altare della quarta cappella sinistra presenta una tela di Agostino Veracini che dipinse nel 1709 La morte di San Francesco d'Assisi, la sua prima opera pubblica a Firenze.[2] All'altare della terza cappella sinistra, dei Torrigiani, venne posto non un nuovo dipinto, ma una tela già dipinta da Jacopo Vignali per Raffaello Torrigiani prima della ristrutturazione della chiesa, raffigurante La Vergine appare a San Liborio, alla quale fu aggiunto nella volta l'affresco di Giuseppe Moriani con San Liborio, del 1709 circa.[3] La seconda cappella sinistra, dei Ridolfi, mostra un affresco di Ranieri del Pace e all'altare una tela di Ignazio Hugford con l'Annunciazione. La prima cappella di sinistra, dei Montauti, fu affrescata nella volta con Angeli musicanti da Matteo Bonechi mentre all'altare è Il Martirio di Santa Lucia di Giovanni Casini.

Al Lapi sono dovute anche le due Allegorie della Religione e della Fede, poste in controfacciata, di lato al portale principale.

Nella chiesa è sepolto il pittore Gherardo Starnina, morto ai primi del XV secolo e primo maestro di Lorenzo Ghiberti. Il campanile è opera di Gherardo Silvani del 1660.

La Compagnia di San Jacopo del Nicchio

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Le quattro compagnie di San Jacopo in Oltrarno (o del Nicchio), di San Girolamo, di San Paolo e di Sant'Antonio Abate costituivano le confraternite fiorentine dette buche, caratterizzate dalla pratica della flagellazione, dalla disciplina e dall'uso di riunirsi in preghiera la notte. I confratelli di tali compagnie erano detti "battuti" e, a seconda del loro saio, bianchi o neri.

Di origine trecentesca, la Compagnia di San Jacopo era detta anche del nicchio (conchiglia), attributo del patrono san Jacopo (la conchiglia di capasanta veniva data ai pellegrini che visitavano Santiago di Compostela che, come il loro santo protettore, potevano usarla per abbeverarsi); postasi sotto la protezione spirituale dei Vallombrosani, possedeva una cappella attigua alla chiesa con accesso dal Borgo. La Compagnia, che nel 1460 fu unita a quella di San Sebastiano, detta dei Fanciulli (poi soppressa nel 1792), sopravvisse a lungo col nome di Buca di San Jacopo e Santa Felicita: essa fu infatti tra le nove salvate da Pietro Leopoldo nel 1785 e tutt'oggi si occupa di carità.

Opere già in San Jacopo

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  1. ^ per via degli archi rampanti sopra il fiume viene anche popolarescamente chiamata la chiesa col culo in Arno
  2. ^ Francesca Baldassari, L’attività pittorica di Niccolò Agostino Veracini, in Paradigma, X (1992), pag. 142.
  3. ^ Stefania Castellana, Un’incursione nella bottega del Sagrestani: Giuseppe Moriani e il ‘Martirio di Sant’Andrea’ nella chiesa delle Mantellate a Firenze, in Prospettiva, N. 165/166, Gennaio-Aprile 2017, pag. 122.

Bibliografia

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  • Luciano Artusi e Antonio Patruno, Deo Gratias, storia, tradizioni, culti e personaggi delle antiche confraternite fiorentine, Newton Compton Editori, Roma 1994.
  • A.A. V.V., Firenze e Provincia, Milano, Touring Club Italiano, 2005.
  • Marco Mochi, Cosimo III e le sinistre informazioni, Pietre Medicee da San Donato a Scopeto a San Iacopo Sopr'Arno, Firenze 2017.

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Collegamenti esterni

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