Chiesa di San Niccolò Oltrarno

chiesa di Firenze
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La chiesa di San Niccolò Oltrarno è un luogo di culto cattolico che si trova al centro del quartiere di San Niccolò in Oltrarno a Firenze.

Chiesa di San Niccolò Oltrarno
Facciata
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneToscana
LocalitàFirenze
Coordinate43°45′52.56″N 11°15′40.21″E / 43.7646°N 11.26117°E43.7646; 11.26117
Religionecattolica di rito romano
Titolaresan Nicola di Bari
Arcidiocesi Firenze
Stile architettonicorinascimentale
Inizio costruzione1184
CompletamentoXVI secolo
Interno

Storia Modifica

La chiesa, menzionata per la prima volta in un documento del 1164, nacque nel XII secolo a servizio degli artigiani del borgo lungo l'Arno ancora fuori dalle mura, alle dipendenze del Monastero di San Miniato al Monte. Di quel periodo mantiene solo la cripta, a cui si accede da un ambiente attiguo: la sua conformazione e posizione fa capire come la prima chiesa avesse un andamento est-ovest, aderente all'andamento della strada. Nel Trecento la chiesa viene inglobata nelle mura cittadine insieme al borgo, ma nel 1374 gli olivetani, insediatisi a San Miniato, rinunciano al patronato sulla chiesa che passa ai monaci di Monticelli dipendenti dal sovrastante Monastero di Monteoliveto. La chiesa si degrada comunque sempre di più tanto che alla fine del secolo risulta in rovina.[1]

Alla disastrosa situazione in cui si è ridotta la chiesa, reagiscono alcune famiglie abbienti della zona, particolarmente i Quaratesi, nella figura di quel Bernardo: dopo il 1401 prendono il via i lavori per una completa ricostruzione della chiesa, forse su progetto di Francesco della Luna, impostata sull'asse nord-sud, e già nel 1418 i Quaratesi ottengono il patronato su una cappella nel transetto. Completata nel 1421, si trattava di una chiesa ancora sostanzialmente tardogotica, con una pianta a tau, con una cappella maggiore e due cappelle laterali per lato. La chiesa ebbe un tramezzo, o divisione mediana della navata, al quale erano addossati almeno due altari, e venne interamente affrescata.[1]

Nel 1421, appena completata la chiesa, Bernardo Quaratesi, riconosciuto come il benefattore, il mecenate e il fondatore della nuova chiesa, ottiene per questi suoi meriti il patronato della cappella maggiore nella quale, secondo un codicillo del 1422, voleva essere sepolto ai piedi di un altare che avrebbe dovuto dotarsi di una nuova pala da realizzarsi entro tre anni dalla sua morte. Nel 1423 Bernardo muore e le sue volontà vengono eseguite dal nipote, Francesco di Andrea di Castello che presumibilmente fu anche il committente del cosiddetto Polittico Quaratesi, completato nel 1425, smembrato all'inizio dell'Ottocento ed oggi diviso tra gli Uffizi e vari altri musei.[2]

nel 1423 muore e viene sepolto in chiesa nella cappella di famiglia posta nel transetto. Nel 1425 Gentile da Fabriano completa il grande polittico per l'altare maggiore della chiesa, il

Tra il 1425 ed il 1430 Masolino da Panicale dipinge una tavola con l'Annunciazione forse per la cappella Guardini, nel braccio sinistro di chiesa, oggi alla National Gallery of Art di Washington. Nello stesso periodo Bicci di Lorenzo realizza un trittico per l'altare dei Pieri presso il tramezzo a destra.

Più tardi, nel 1463, Neri di Bicci dipinge una Trinità per un altare di chiesa, mentre attorno al 1465 viene ristrutturata in forme umanistiche la cappella a destra della chiesa da Francesco di Andrea Quaratesi, nipote ed erede di Bernardo.

Nel 1557, al tempo del rettore Leonardo Tanci da Montelupo, letterato e membro dell'Accademia Fiorentina fondata nel 1540, che aveva fatto pressioni per un restauro dell'edificio, i Quaratesi e l'Arte di Calimala finanziano un riordinamento interno della chiesa: nel 1561 viene ristrutturata la cappella maggiore e vi è inserito il nuovo tabernacolo disegnato da Giorgio Vasari. Le opere, grazie alla vicinanza del Tanci al Granduca Cosimo, si estendono negli anni seguenti alle cappelle laterali e quindi alla navata, dove viene demolito il tramezzo, sono eretti nuovi altari di patronato di varie famiglie, progettati dal Vasari o da Giovan Antonio Dosio. Le finestre quattrocentesche sono tamponate e ne sono aperte di nuove, architravate, in posizione differente da quelle precedenti. I lavori perdurano fino al 1579-1580: si definisce un nuovo arredo pittorico, con le pale di Alessandro Allori, del Poppi, di Jacopo Coppi, di Alessandro Del Barbiere e del Naldini; si realizza un nuovo pulpito e un nuovo organo, quest'ultimo opera di Dionigi di Agostino Romani del 1581, posto con la sua cantoria lungo la parete longitudinale sinistra (ancora è presente in loco la balaustra in pietra tripartita dela cantoria). Dal 1572 è documentata l'oramai avvenuta creazione della nuova sagrestia nella precedente cappella dei Quaratesi posta ad oriente. La chiesa è riconsacrata nel 1585.[1]

L'alluvione del 1966, che fa arrivare l'acqua dell'Arno all’altezza di oltre 4 metri, reca gravi danni alla chiesa, che viene restaurata negli anni seguenti. I lavori di restauro resi necessari in seguito all'alluvione del 1966 hanno permesso di rinvenire alcuni frammenti dell'originaria decorazione quattrocentesca. Nei primi anni duemila viene completamente restaurata la sacrestia, che viene aperta al pubblico nel 2008.

Descrizione Modifica

L'esterno si presenta semplicemente intonacato, come la facciata a capanna, con portone centrale frontonato cinquecentesco in arenaria ed uno laterale sulla sinistra, architravato, ed in alto un grande oculo.

 
Michelozzo, Crocifisso

L'interno è a navata unica coperta da capriate lignee a vista e reca alle pareti tre altari cinquecenteschi per lato. Gli altari laterali in pietra recavano tutti la pala tardocinquecentesca, ma alcune di queste sono state rimosse nel corso dei restauri del 1966, al fine di mantenere visibili gli affreschi quattrocenteschi.

Al primo altare destro, un affresco con Sant'Antonio abate, attribuito al Maestro di Signa. Al secondo altare destro è il Crocifisso ligneo policromato universalmente attribuito a Michelozzo e datato al 1435 circa, scolpito in un unico pezzo di legno di pero. Alla base di esso c'è un reliquiario contenente le ossa del Beato Manno, monaco irlandese, dell'Ordine di Santa Brigida di Svezia. Con molta probabilità il reliquiario è un dono lasciato dalla famiglia Nasi che l'aveva ricevuto dai religiosi del Convento di Brigida al Paradiso nel 1529, quando furono ospitati nel loro palazzo in cerca di rifugio durante l'assedio di Firenze. Al terzo altare si trova un altro affresco del Maestro di Signa con un Sant'Urbano.

La sacrestia è un pregevole ambiente quattrocentesco che corrisponde alla cappella della famiglia Quaratesi: vi si trova una monumentale edicola in pietra attribuita a Michelozzo nella quale è l'affresco con la Madonna della Cintola, di controversa attribuzione ed assegnato anche ad Alesso Baldovinetti. Vi è conservato oggi anche il Polittico dell'Intercessione di Gentile da Fabriano, non documentato in essa in tempi anteriori all'Ottocento. Potrebbe essere stato eseguito per la cappella dei Banchi, ma recenti ipotesi propongono che in realtà fosse stato realizzato per altro luogo, San Salvatore al Monte, e qui giunto solo nell'Ottocento.[3] Insieme ad esso sono due tavole del Poppi ed un paliotto ricamato in seta della metà del Seicento.

Nella cappella a destra della maggiore è lo Sposalizio della Vergine di Francesco Morandini, detto il Poppi, commissionato da Andrea Banchi e collocato nel 1579, restaurato nel 1981 dopo i danni dell'alluvione. Il dipinto, di monumentale semplicità, visibile anche nelle proporzioni classicamente ampie delle figure, presenta un grande rigore simmetrico della composizione, impostata sulla verticale centrale incarnata dal sommo sacerdote.[4]

Sulla cantoria a ridosso della parete di fondo dell'abside si trova l'organo a canne, costruito nel 1581 da Dionigi Romani, restaurato nel 1683 da Francesco Cappelletti e modificato ed ampliato nel 1769 da Antonio Tronci che rifece la cassa e il somiere.[5] A trasmissione integralmente meccanica, dispone di 17 registri. La cassa, riccamente decorata con intagli dorati, presenta sulla parete anteriore la mostra articolata in più campi, originale, composta da canne di principale; nella parte inferiore del prospetto si apre la consolle a finestra (con unica tastiera e pedaliera), alla cui destra si trova la registriera, con le manette disposte in due file orizzontali.[1]

Nella cappella a sinistra della maggiore si vede la tavola con la Predica del Battista di Jacopo Chimenti, detto l'Empoli, del 1608 e nella cappella del Sacramento il Miracolo di San Niccolò di Francesco Curradi.

Il terzo altare sinistro è quello fatto costruire dalla famiglia Nasi, il cui stemma si trova alla base delle colonne. Su di esso, il dipinto del Poppi del 1584 circa, rappresenta Gesù che resuscita il figlio della vedova di Naim, una scena gremita di figure gesticolanti in cui riecheggiano elementi bronzineschi, vasariani e naldiniani. La tavola, danneggiata gravemente durante l'alluvione del 1966, fu ricollocata a metà degli anni ottanta.[6]

Al secondo altare sinistro si trova la sinopia dell'affresco conservato presso il primo altare, raffigurante un Sant'Ansano ed attribuito a Francesco D'Antonio, databile al 1425-1430 circa. L'affresco, occultato per secoli sotto la tavola con Dio Padre e santi di Jacopo da Empoli (solo il viso del santo era visibile da un'apertura ovale e fungeva da volto per la Madonna), fu liberato da essa alla fine dell'Ottocento e staccato nel 1965, cosa che lo salvò dall'alluvione, ma ne impoverì comunque la superficie pittorica.[7]

Nel periodo dell'assedio del 1529 Michelangelo si tenne nascosto per alcuni giorni in un angusto locale alla base della torre campanaria grazie alla complicità di un aiuto campanaro del quale non si conosce il nome, in seguito della presa di Firenze da parte dei Medici, contro i quali si era apertamente schierato contro, difendendo la Repubblica Fiorentina. Michelangelo si era infatti notevolmente compromesso contro quelli che erano stati suoi importanti committenti, diventando responsabile dell'edificazione delle mura difensive per conto dei repubblicani, ma grazie alla sua fama di artista poté in seguito tornare sotto l'ala protettiva dei regnanti senza rappresaglie. Un'altra notizia interessante riguarda la cappella Gianni nella quale è conservato il cenotafio di Astorre Gianni, la cui famiglia fu la prima proprietaria del vicino palazzo Gianni-Lucchesini-Vegni.

Confraternite Modifica

Nella chiesa e nei suoi annessi (specialmente nell'adiacente oratorio, oggi sconsacrato e usato come fondo commerciale), si riunirono varie Compagnie, tra le quali:

Opere già in San Niccolò Modifica

Galleria d'immagini Modifica

Note Modifica

  1. ^ a b c d Antichi suoni: organi storici di là d'Arno, su operadifirenze.it. URL consultato il 24 ottobre 2016 (archiviato dall'url originale il 24 ottobre 2016).
  2. ^ Alessandro Cecchi, Gentile da Fabriano, Polittico Quaratesi, in Gentile da Fabriano e l'altro Rinascimento, catalogo di mostra, Milano, 2006, pp. 256-261.
  3. ^ Cecilia Frosinini, Gentile da Fabriano, Polittico dell'Intercessione, in Gentile da Fabriano e l'altro Rinascimento, catalogo di mostra, Milano, 2006, pp. 264-265.
  4. ^ Alessandra Giovannetti, Francesco Morandini detto il Poppi, Firenze, 1995, pp. 45-46, 93-94.
  5. ^ B. Frescucci (a cura di), p. 102.
  6. ^ Alessandra Giovannetti, Francesco Morandini detto il Poppi, Firenze, 1995, pp. 46, 99.
  7. ^ Grazia Badino, Francesco d'Antonio, attribuito a, Sant'Ansano, in Bagliori dorati. Il gotico internazionale a Firenze, 1375-1440, catalogo di mostra, Firenze, 2012, pp. 244-245.

Bibliografia Modifica

  • Italo Moretti, La Chiesa di San Niccolò oltrarno, Firenze, 1973.
  • Bruno frescucci (a cura di), Arte organaria nei secoli XV-XVI-XVII: la scuola cortonese, Cortona, 1976
  • AA.VV., Firenze e Provincia, Touring Club Italiano, Milano, 2005.
  • Mirella Branca (a cura di), La sagrestia di San Niccolò Oltrarno restaurata: il ritorno di Gentile, Livorno, 2008.

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