Discussione:Storia di Pescara

Ultimo commento: 2 anni fa, lasciato da Sayatek in merito all'argomento Da eventualmente spostare in voce Gabriele Manthoné
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Abruzzo
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Nella storia di Pescara è bene dire qualcosa sulla realtà religiosa: nel 1949 Pescara è diventata Diocesi, la Diocesi Pescara-Penne. Il Tempio Nazionale della Conciliazione, costruito nel 1933, è diventato Cattedrale, intitolata a San Cetteo Patrono della città.Questo commento senza la firma utente è stato inserito da 62.10.144.73 (discussioni · contributi) 12:35, 20 apr 2008 (CEST).Rispondi

Giovan Girolamo II Acquaviva d'Aragona, duca di Atri modifica

Nella storia della città relativa al periodo 1501-1700 si fa riferimento a Giovan Girolamo II Acquaviva d'Aragona, duca di Atri il quale respinse nel 1556 gli assalti di Pialy Pascià. Il link attivo su Giovan Girolamo II però rimanda ad un omonimo (?) nato nel 1663 che credo sia quello di cui si parla più tardi (colui cioè che cercò di resistere all'attacco austriaco del 1707).

Credo sia opportuno togliere il link del primo caso e verificare che siano esistiti effettivamente due Giovanni Girolamo II Acquaviva d'Aragona.Questo commento senza la firma utente è stato inserito da 217.59.46.178 (discussioni · contributi) 11:50, 27 giu 2008‎‎ (CEST).

Che c'entra la rivolta contro Murat con la repressione borbonica? modifica

Nel passo dedicato all'800 si legge: "Nel 1814 Pescara fu tra le città protagoniste dei moti carbonari contro Gioacchino Murat, re di Napoli. La scelta di dare luogo all'insurrezione proprio a Pescara era dovuta all'intenzione dei rivoltosi sia di conquistare la fortezza, che aveva una grande importanza strategica, sia di conquistare il bagno penale per poter liberare i tanti patrioti ivi rinchiusi."

C'è un'evidente contraddizione. I Borboni erano i principali avversari del Murat, come e perché avrebbero scatenato una repressione contro moti che - andando contro Murat - li favorivano? Delle due l'una, o i moti erano a favore di Murat e contro i Borboni (cosa più probabile trattandosi di moti carbonari) o, se erano contro Murat, non hanno nessuna relazione con la repressione borbonica.Questo commento senza la firma utente è stato inserito da 93.45.218.207 (discussioni · contributi) 23:34, 23 set 2010‎ (CEST).Rispondi

A me non pare che ci sia nessuna contraddizione. I moti carbonari non erano rivolti contro i borboni e sono nati proprio contro Murat: vedi qui, dove si legge che "Nata inizialmente come forma di opposizione alla politica filo-napoleonica di Gioacchino Murat,".Verve (msg) 02:46, 24 set 2010 (CEST)Rispondi
Ok, forse bisogna apportare una piccola modifica nel paragrafo, che non lascia intendere bene la sequenza dello svolgersi degli eventi.Verve (msg) 12:09, 24 set 2010 (CEST)Rispondi

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Tra il 1559 ed il 1560 fu eretto il bastione di san Giacomo, che era posto tra via Italica e via Vittoria Colonna, nel 1560 fu realizzato il terrapieno del bastione sant'Antonio a monte del fiume, presso la vecchia torre normanna di via Orazio, completato successivamente, e nel 1562 si aggiunse il bastione di san Nicola, detto "Torrione"; era il bastione sud, presso l'odierno incrocio tra via Vittoria Colonna, viale Marconi e via Vespucci. Nel 1563 fu l'anno di svolta per la fortezza, quando vennero realizzate le casermette per l'alloggiamento dei militari, mentre si lavorava al bastione san Rocco (presso la stazione ferroviaria Porta Nuova), e al bastione san Cristoforo o della Bandiera, che era posto lungo il lato est del fiume, coevo del sant'Antonio al lato ovest.

Sposto qui questo blocco di testo per alleggerire la pagina; il testo è interamente da fontare ma può essere benissimo spostato in Fortezza di Pescara.--Sayatek (msg) 10:36, 17 set 2019 (CEST)Rispondi

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Da sopostare in Giuseppe Pronio modifica

Passaggio cassettato su Pronio

Giuseppe Pronio, nato a [[Introdacqua]] nel 1760, si guadagnò il soprannome di ''Gran Diavolo'', quando le truppe di [[Championnet]] invasero l'Abruzzo e si arruolò nell'esercito di [[Ferdinando I delle Due Sicilie]] per combattere i francesi. L'8 settembre 1798 Ferdinando IV lanciò in battaglia l'esercito abruzzese, e Pronio partecipò alle operazioni con un suo contingente, combattendo il 5 gennaio 1799 sul ponte san Panfilo a Sulmona, per poi tentare di arrestare il più possibile l'avanzata nemica verso Venafro con scaramucce e imboscate nell'[[Altopiano delle Cinquemiglia]]. Successivamente fu incaricato di combattere i francesi a Chieti, Ortona, Vasto e Pescara, sollevando le popolazioni contro gli invasori. Occupò [[Ripa Teatina]] il 3 febbraio, e poi si diresse tra il 12 e il 15 a Lanciano, per poi proseguire tra il 18 e il 21 fino a Vasto, dove regnava l'anarchia dopo la proclamazione della [[Repubblica Vastese]]. Il re Ferdinando I lo nominò generale comandante dei Tre Abruzzi il 2 giugno 1799, per poi accoglierlo favorevolmente a corte. Combatté un'ultima volta per i [[Borbone delle Due Sicilie|Borbone]] il 30 marzo 1801 presso Civitella del Tronto, fino alla morte a Napoli nel 1804<ref name="zuccari">{{cita|Coppa Zuccari|pp. 524-545.}}</ref><ref>{{cita|Petromasi|pp. 91-104.}}</ref>

Incassetto l'intervento in nowiki così non si perde traccia delle fonti.--Saya χαῖρε 09:21, 26 mag 2021 (CEST)Rispondi

Da eventualmente spostare in voce Gabriele Manthoné modifica

Bio Manthoné

Gabriele Manthoné, nato in città nel 1764, era figlio del savoiardo Cesare de Manthoné, aiutante maggiore nel presidio della fortezza di Pescara, e di Maria Teresa Fernandez d'Espinosa, figlia di Don Gioacchino Fernandez d'Espinosa, governatore della fortezza, e di donna Bernarda Carascon.

Nel 1776 fu ammesso come cadetto nel reggimento Borgogna e successivamente si specializzò in genio militare nell'Accademia militare della Nunziatella di Napoli, da dove uscì a vent'anni con il grado di alfiere. Era ufficiale delle artiglierie nel 1787, capitano tenente nel 1789, e capitano comandante nel 1798, dopo aver presieduto alla Real Fabbrica d'Armi di Torre Annunziata. Nella Repubblica partenopea fu membro del governo provvisorio, con il difficile incarico di occuparsi della riorganizzazione di un esercito efficiente. A tal fine, riorganizzò la guardia nazionale nominando anche dei nuovi comandanti.

Manthoné, membro del governo repubblicano di Napoli e incaricato dell'organizzazione dell'esercito inizialmente trascurò il cardinale calabrese Fabrizio Ruffo, che stava costituendo il forte esercito reazionario detto Esercito della Santa Fede, e non provvide a contrastarlo; quando il Cardinale iniziò la sua avanzata alla volta di Napoli quasi del tutto incontrastato, Manthoné tentò di ricorrere al popolo per una massiccia campagna di reclutamento: in particolare, propose con decreto che alle madri "private dei figli per la libertà" si dessero consistenti stipendi e onorificenze, ma l'iniziativa non ebbe grande riscontro. Nel libro "I martiri della libertà italiana dal 1794 al 1848" di Atto Vannucci, lo storico fa questa descrizione del patriota pescarese:

 

«Magnanimo e valorosissimo, misurava dal proprio il valore degli altri, e credeva che dieci repubblicani vincerebbero mille contrari. Con queste speranze partì alla testa di seimila uomini contro il nemico, lasciando la guardia della città ai calabresi. Dapprima vinse tutte le piccole bande d'insorti sparse per le campagne: ma quando ebbe raggiunto il grosso dell'esercito del Cardinale, si trovò circondato e soverchiato da un numero molto più grande di combattenti e, quindi, fu costretto a ritirarsi.»

Nel tentativo di evitare l'imminente sconfitta, Manthoné propose una sortita notturna per liberare quanti più repubblicani tenuti in prigione fosse possibile e quindi marciare con essi su Capua e Gaeta. Così, secondo i piani, cinquemila francesi e circa quindicimila repubblicani, riunendosi ai patrioti di Roma e alle guarnigioni delle altre province italiane, avrebbero provveduto a sé stessi e alla Repubblica. Il progetto non ebbe l'approvazione degli altri comandanti, che rifiutarono lasciare Napoli in balia delle feroci orde del Ruffo, e dall'altro canto speravano dal nemico patti onorati. Anche a causa del tradimento delle promesse dell'ammiraglio Horatio Nelson, e dello stesso cardinale Ruffo, i paventati accordi non furono rispettati e si arrivò alla fine della Repubblica.

--Saya χαῖρε 18:49, 8 feb 2022 (CET)Rispondi

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