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Naturalmente un benvenuto anche da parte mia! Se avessi bisogno di qualcosa non esitare a contattarmi. Burgundo(posta) 10:45, 9 giu 2014 (CEST)Rispondi

Grazie mille! Come faccio a mettere i riquadri a destra dove dico che parlo italiano come lingua? --Govone80 (msg) 11:10, 9 giu 2014 (CEST)Rispondi

Pagina utente modifica

Ciao, ti rispondo io, dal momento che non vedo attivo al momento l'utente Burgundo. Per la tua pagina utente trovi molte indicazioni qui e in particolare, per quelle relative alle lingue, nella pagina di servizio Wikipedia:Babel. Buon lavoro su it.wiki, M/ 11:25, 9 giu 2014 (CEST)Rispondi

Grazie per le informazioni! --Govone80 (msg) 11:28, 9 giu 2014 (CEST)Rispondi

Di nulla. Ricorda che se rispondi nella tua pagina, chi ti ha scritto non viene avvisato. Per ulteriori informazioni sulla pagina di discussione utente, leggi qui.
Ciao, M/ 11:29, 9 giu 2014 (CEST)Rispondi
Ero scollegato e non ti ho potuto rispondere prima. Vedo che M/ ti ha già risposto. In caso dovessi avere altri dubbi non esitare a contattarmi anche se non sempre potrai avere una risposta immediata.;-)--Burgundo(posta) 12:55, 9 giu 2014 (CEST)Rispondi

Salerno modifica

Ciao, a proposito della tua domanda su Salerno, ti dico che le sez. "Curiosità", sono sconsigliate dal progetto, vedi qui, in quanto si finisce sempre per andare sul "Non enciclopedico". Per quanto riguarda invece le modifiche sulla pagina, queste sono fattibili da tutti, naturalmente attenendosi alle regole generali di Wikipedia ed in questo caso alle regole descritte nelle linee guida sulle voci dei Comuni che puoi trovare qui Wikipedia:Modello di voce/Comuni italiani. Un saluto. --Ceppicone 17:51, 21 giu 2014 (CEST)Rispondi

Attenzione modifica

Complimenti per azioni del genere, ma almeno informa bene l'interlocutore: il sottoscritto non ha aggredito né "minacciato" nessuno, ma certo sarebbe interessante sottoporre all'attenzione della comunità tutta una serie di comportamenti e contributi che portate avanti da settimane. Non solo: notando che molto probabilmente l'utente in questione scrive anche (senza fonti) in siti del genere (e commenta sempre con lo stesso poema), mi viene da pensare che il suo testo non vada bene per la pagina su cui stiamo discutendo da mesi. Ben inteso: libero di scrivere e di pensare quello che vuole, a me non dispiace, ma che pensieri del genere si tengano lontani dalle pagine della nostra enciclopedia. --Μαρκος 14:42, 22 giu 2014 (CEST)Rispondi

Io ho letto ciò che ha scritto l'utente in questione e ho letto soprattutto il termine "pan-italianesimo"; poi, quando qualcuno scrive in grassetto "La nazione italiana quindi non solo esiste dall'Antichità, a differenza della quasi totalità delle altre nazioni europee oggigiorno esistenti, ma ha anzi costituisce un modello esemplare, paradigmatico, di nazione", mi pare che ogni commento diventi superfluo. --Μαρκος 16:33, 22 giu 2014 (CEST)Rispondi
Allora finiamola qui, sono imbecille e credevo che con tutto quel discorsone e utilizzando quel termine (vecchio di almeno 100 anni) volesse dire altre cose. Che stupido che sono. Scusami. Buon lavoro. --Μαρκος 16:59, 22 giu 2014 (CEST)Rispondi

Puoi spiegarti meglio? modifica

A questo tuo intervento Rrronny ha risposto "capisco quello che dici": io invece non capisco. Puoi spiegarti meglio per favore? --Μαρκος 14:54, 24 giu 2014 (CEST)Rispondi

Ovvero? Chi sono questi tre utenti? --Μαρκος 15:08, 24 giu 2014 (CEST)Rispondi
Continuo a non capire. Hai detto tre utenti? Sono utenti della nostra enciclopedia? --Μαρκος 15:19, 24 giu 2014 (CEST)Rispondi
"Uno" o "tre utenti"? --Μαρκος 15:34, 24 giu 2014 (CEST)Rispondi
Non voglio farti scrivere nulla, ma voglio farti capire che presto un CU ci dirà chi erano tutti questi IP e chi ha costruito a tavolino tutta la vicenda. --Μαρκος 16:41, 24 giu 2014 (CEST)Rispondi

Alcuni dati modifica

Buona sera Govone. Anzitutto grazie dell'apprezzamento e scusa il ritardo nella risposta.

Per ciò che chiedi, mi permetto d'inserire un pezzo che avevo scritto qualche tempo addietro, analogo a quello che hai già visto, ma più dettagliato. In verità, scrivendolo non ho riportato tutta la bibliografia a cui ho fatto ricorso, anzi solo in piccola parte. Se comunque ti dovessero servire precisazioni ulteriori, fammi pure sapere.



L’Italia intesa come stato moderno nasce nel 1861, ma, oltre ad essere stata unificata politicamente già in passato, essa come nazione esiste certamente da ben più di 2000 anni, con una continuità che si manifesta in quasi tutti gli aspetti socioculturali più rilevanti (lingua, letteratura, architettura, toponomastica, onomastica ecc.) e che ha, per durata e radicamento, ben pochi casi paragonabili al mondo.


1] È stata ampiamente provata l’esistenza d’una forte identità comune fra le varie popolazioni d’Italia, dalle Alpi al mare, ben prima dell’unificazione romana.[sul concetto d’identità in sociologia: Tessarin Nicoletta, voce: Identità, in: Demarchi Franco, Ellena Aldo e Cattarinussi Bernardo (a cura di), Nuovo Dizionario di Sociologia, edizioni paoline, 1987]

 Storici dell'Italia antica hanno elaborato la tesi cosiddetta del "panitalianesimo", secondo cui i vari popoli pre-romani (Etruschi, Liguri, Sardi, Corsi, Reti, Italici, Veneti, Latini, persino in parte i Celti ed Greci, che comunque erano minoranze giunte in Italia soltanto nel I millennio a.C avanzato, quindi millenni dopo l’insediamento degli altri gruppi etnici maggioritari) avrebbero raggiunto un considerevole grado di unità culturale ben prima dell'unificazione romana. Tale teoria ha avuto il suo pioniere anzitutto in Michel Lejeune, sia storico in senso stretto, sia glottologo (in assoluto uno dei maggiori mai esistiti), il quale ha affermato la comunanza culturale e linguistica fra i diversi popoli d’Italia prima dell’unificazione romana, conseguente alla mescolanza etnica fra indo-europei e mediterranei ed alla diffusione culturale. La tesi di questo studioso francese ha poi incontrato grande fortuna nell'ambito dell'antichistica [ Una breve presentazione della sua figura si trova in A. Prosdocimi, Michel Lejeune. L’Italie antique et autre chose encore, in Hommage rendu a Michel Lejeune, Academie des Inscriptions et Belles Lettres (Parigi, 19 gennaio 2001), Parigi 2001, pp.33-41.] 
 Concorda su questa prospettiva, fra gli altri, anche il professor Sabatino Moscati, dell'Accademia dei Lincei, autore di una «Archeologia delle regioni italiane». Questi spiega che nella storia d’Italia esiste una costante tendenza all’unità politica ed alla convergenza culturale, indotta dalla stessa configurazione naturale e geografica d’Italia, poiché le Alpi ed il mare costituiscono delle frontiere permanenti e chiare. L’Italia, serrata quasi da ogni parte dal mare e sull’unico lato di terraferma sbarrata dalle Alpi costituisce quindi una specie di “isola continentale”. Sabatini spiega inoltre che su base archeologica è possibile provare sin dalle epoche più remote una notevole omogeneità culturale fra tutte le parti d’Italia, come l’esistenza nell’evo antico dello stesso tipo di steli funerarie dalla valle d’Aosta sino alla Sicilia o di bronzi votivi dal  Veneto  alla Sardegna.

Il venetico, il latino e le lingue italiche, appartenevano tutti ad un medesimo ceppo o famiglia linguistica. Giacomo Devoto, forse il maggiore linguista italiano mai esistito, e certamente il più autorevole studioso della storia linguistica preistorica italiana, non solo classifica il venetico quale una lingua italica, ma anche come la lingua maggiormente vicina a quella latina fra tutte quelle esistenti nell’Italia pre-romana, individuando oltretutto in ciò una conseguenza d’una comune migrazione di paleo-veneti e latini, nel loro spostamento all’incirca dall’odierna Ungheria in direzione dell’Italia, con movimento verso sud-ovest. Nella sua opera “Il linguaggio d’Italia. Storia e strutture linguistiche dalla Preistoria ai nostri giorni”, [Rizzoli, Firenze 1969], Giacomo Devoto presenta tre fondamentali gruppi linguistici indo-europei in Italia, rispettivamente quello che comprende il venetico ed il proto-latino (cap. V), gli umbro-sanniti (cap. VI), ed infine i Leponzi, i Messapi, i Galli (cap. VII). I primi due gruppi sono accomunati dalla medesima appartenenza ad uno stesso gruppo linguistico, fermo restando che la parentale più stretta del venetico è con il latino, mentre il terzo è dato semplicemente dai ceppi indo-europei in terra italiana i quali non rientrano nella tipologia suddetta. Secondo Devoto, la parentela fra proto-latino e venetico è dovuta naturalmente alla loro vicinanza etnica originaria, conseguente ad un percorso migratorio comune. Ad esempio, in proposito è utile la cartina riportata da Devoto che mostra gli spostamenti delle popolazioni indoeuropee nel II millennio a.C., ed in cui Veneti e Latini sono mostrati all’interno del medesimo “insieme”; Ibidem, p. 51. Questi concetti sono ribaditi in un’altra importante opera del medesimo autore, “Gli antichi italici” [Firenze 1969]. Devoto osserva come il venetico mostri caratteri simili alle lingue italiche e protolatine. (Ibidem, pp. 49 sgg.)

I tre principali studiosi di lingua venetica sono Michel Lejeune, G. B. Pellegrini ed Aldo Prosdocimi. Lejeune, in assoluto uno dei maggiori linguisti mai esistiti, è stato un pioniere sia nell’asserire l’appartenenza del venetico ad un medesimo gruppo linguistico, ovvero la sua stretta parentela con le lingue degli Italici e dei Latini. Si parla infatti di un comune gruppo linguistico, detto “Italico”, che comprendeva gli Italici (con le loro lingue, nella famiglia osco-umbra) ed il veneto-latino o latino-falisco (diviso a sua volta in latino, falisco e venetico).
In quanto alle popolazioni pre-indoeuropee, in pratica i discendenti degli antichi Mediterranei, costoro parlavano una lingua molto simile: gli idiomi degli Etruschi, dei Reti, dei Liguri, dei Sardi ecc. erano, per quanto è dato sapere, fortemente simili. Nell'Italia del primo millennio a. C. convivevano lingue indoeuropee e lingue non indoeuropee; eppure tra tutte esiste, almeno a partire dal VI secolo avanti Cristo, come informa un glottologo quale Giuliano Bonfante, una certa concordanza ed assonanza, anche sul piano lessicale. 

Riscontrare una convergenza linguistica ed una comune facies sul piano dell’idioma, come fanno questi linguisti e storici, vuole dire moltissimo a sostegno dell’idea di una nazione in fieri, poiché il criterio abitualmente più importante per individuare una nazione è proprio la lingua, che è assieme causa promotrice d’una cultura comune ed effetto della stessa, poiché determina ovvero manifesta un bacino socioculturale unificato.


2] Ma le somiglianze linguistiche, che investono tutto il complesso delle lingue parlate in Italia tanto indoeuropee quanto non indoeuropee, non sono le sole a contribuire alla nascita della nazione italiana. Si aveva infatti sin dall’Antichità una vera koinè culturale sul piano dei culti religiosi, dei riti, delle costumanze e delle consuetudini. Ad esempio, il culto di Ercole era pan italiano e diffuso in tutta la Penisola, in modo capillare: questo non è certo l’unico caso di divinità condivisa da tutti i popoli italiani dell’epoca. Esistono inoltre prove ulteriori di questa continuità fra il mondo antico preromano e quello posteriore anche sul piano artistico, tanto che l’archeologo Umberto Broccoli ha individuato un gran numero di forti somiglianze stilistiche fra l'arte italica antica e l'arte medievale di quasi ogni parte d'Italia. Una notevole similitudine esisteva quindi anche sul piano artistico, come dimostra l’archeologia e come si è espresso autorevolmente fra gli altri il dottor Massimo Pallottino, nella sua qualità di presidente dell'Istituto di studi etruschi e italici.

Va ancora aggiunto che a questo comune substrato culturale s’aggiungevano in embrione forme di articolazione politica che trascendevano l’appartenenza alla singola città-stato o popolo. Alleanze e federazioni, per quanto instabili e fragili, su basi inter-etniche sono attestate in Italia sin da epoche remote. Si noti infatti che gli antichi Mediterranei, a cui appartenevano Etruschi, Reti, Liguri, Sardi, erano molto simili fra loro culturalmente e linguisticamente, così come poi gli Indoeuropei giunti in Italia, tutti membri di una medesima “famiglia” del ceppo indoeuropeo. 
 L’Italia risulta geneticamente unita da moltissime migliaia di anni, essendo ciò che si definisce "un'isola genetica", alla pari, in Europa, soltanto con la Finlandia. Questo è quanto sostiene, fra gli altri, il genetista olandese Manfred Kayser con una sua mappa genetica dell'Europa, pubblicata dalla rivista Current Biology. Insomma, essa è geneticamente abbastanza unita, molto più di quanto lo siano quasi tutte le altre nazioni europee. Durante i secoli, le Alpi ed il mare hanno fatto da barriera agli spostamenti massicci di popolazioni ed il mescolamento è stato piuttosto basso. I vari popoli germanici invasori, Longobardi in testa, erano numericamente davvero esigui. (cfr. ad esempio il saggio monografico del medievista Stefano Gasparri, "Prima delle nazioni", che tratta in modo approfondito tale questione). Si deve quindi concludere che gli Italiani abbiano, di massima, antenati comuni, contrariamente a quanto volevano i vecchi e pur pregevoli studi di Cavalli-Sforza. Perciò, sul piano strettamente genetico, l’Italia non solo è unificata da oltre 4000 anni (quattromila anni), ma lo è in misura così forte e radicata da poter essere paragonata in Europa solo ed esclusivamente ad un’altra nazione, la Finlandia. Naturalmente la genetica è cosa distinta dalla cultura e non esistono razze umane o comunque distinzioni culturali (quali quelle nazionali) su base biologica, ma il punto non è questo. Tale grande compattezza genetica è una prova di come tutti i successivi afflussi di popolazione non abbiano alterato in maniera significativa il dato per così dire “originario” dell’Italia, ossia il suo popolamento quale appariva circa 4000 anni orsono, dopo le migrazioni indo-europee: in altri termini, la prova di tale unità genetica è un indizio  d’unità culturale antichissima e d’una sua grande continuità.
 Lo scenario sarebbe quindi analogo a quello dell'unione politica raggiunta nel secolo XIX. Esisteva già una "nazione", differenziata regionalmente, ma con caratteri di fondo comuni. Su di essa, si è poi aggiunta e sovrapposta l'unificazione giuridica e politica. Non si dimentichi che gli Italici, i Veneti ed i Latini avevano origini comuni, e che vivevano assieme ai discendenti degli antichi Mediterranei, pre-indoeuropei (Liguri, Etruschi, Sardi) dal II millennio a.C. Esisteva quindi una grande somiglianza sul piano delle organizzazioni politiche, le forme religiose, le strutture sociali ecc. La cultura greca, che poi si diffuse largamente in Italia, costituì poi un ulteriore base di unità. 


3] A questa base culturale tendenzialmente unitaria si aggiunse poi la comune organizzazione politica, militare e giuridica di Roma, e la latinizzazione di tutti gli abitanti d'Italia, completa ormai sotto Augusto. La romanizzazione poi avvenne proprio grazie al fatto che gli abitanti dell’Italia presentavano, già prima dell’unificazione romana, una notevole somiglianza culturale, il che rese agevole adottare lingua e costumi romani. Anzi, molte istituzioni e “mores” dei Romani erano in realtà originari di altre popolazioni, a cominciare dagli Etruschi e dai Greci: il processo di fusione che doveva portare alla nazione italiana non fu a senso unico, ma biunivoco, in una miscela culturale fra i diversi popoli antichi (per fare un solo esempio, il famosissimo fascio littorio con le verghe e la scure, simbolo stesso di Roma, è di origine etrusca). i contesti religiosi (ex‐voto, altari votivi, santuari) mostrano in generale un conservatorismo che la dominazione romana non ha cancellato, poiché si è avuta piuttosto una fusione sincretistica fra i vari culti. I Romani non erano e mai furono un popolo esclusivista e chiuso in sé, ma, sin dalle origini, una civiltà molteplice e plurale, capace d’assimilare gli altri popoli, ma, assieme, d’ispirarsi da loro. Roma era una città indoeuropea, ma proprio al confine col mondo etrusco e le tre tribù costitutive d Roma erano rappresentate da Romani in senso stretto, Sabini ed appunto Etruschi. Si ritrova quindi una notevole continuità culturale fra l’Italia anteriore e posteriore all’avvento di Roma. [cfr. ad esempio "Le popolazioni dell'Italia antica e la loro continuità culturale e istituzionale sotto il dominio di Roma", Biassono 2004]

 In termini generali tutta l’Italia è erede e continuatrice della grande civiltà romana, senza eccezioni regionali. 

Giusto per portare un esempio, l’Italia settentrionale aveva piena cittadinanza romana già sotto Augusto e già nei secoli precedenti esistevano al suo interno, come in tutto il resto della penisola, città e popolamenti romani: di fatto, essa era completamente romanizzata, già nel I secolo a. C. Dall’Italia a nord del Rubicone provennero, fra gli altri, Virgilio (da Mantova), il più grande poeta latino, Livio (da Padova) e Tacito (dal Piemonte meridionale), ossia i due più grandi storici (Tacito fu anche un importantissimo uomo politico), oltre ad altri autori come Catullo (il fondatore della poesia erotica latina), Plinio il Vecchio (il maggior enciclopedista latino e comandante della flotta imperiale), Plinio il Giovane (squisito letterato dell’epoca traianea), Ambrogio (teologo, letterato, politico d’assoluto rilievo). Dalla ex Gallia Cisalpina provennero imperatori, senatori, legioni intere. La legione “Alaudae”, la più combattiva e fedele di tutte le legioni di Cesare, era stata arruolata in Italia settentrionale, nella cosiddetta “Cisalpina”. Milano divenne capitale imperiale e tale rimase per molti secoli. Quando la Dacia fu romanizzata dopo la conquista di Traiano, con un’eredità plurisecolare che condusse secoli più tardi alla Romania (la terra dei Romani, appunto), la maggior parte dei coloni provenne proprio dalla pianura padana. Ancora oggigiorno l’eredità romana della Romania, fondante l’identità nazionale romena, s’esprime anche in un ricchissimo patrimonio folklorico in buona misura proveniente dall’Italia settentrionale romanizzata: è il caso dell’usanza famosa detta del “martisor”. Il patriarca di Milano, Ambrogio, fu non soltanto un importantissimo teologo e uomo politico, ma un convinto assertore della romanità ed uno degli autori per i quali il “mito di Roma” è passato dall’Antichità al Medioevo. Venezia è figlia di due romanità, quella occidentale prima, quella orientale ossia costantinopolitana poi: ad esempio, il doge altro non è che la vecchia carica imperiale romana espressa in latino col termine “dux”. Un’enunciazione completa dei dati concernenti la totale romanizzazione dell’Italia settentrionale sarebbe troppo lunga e d’altronde inutile, poiché riguarderebbe fatti notissimi.

 Stante il fatto che i Romani erano soliti concedere la cittadinanza solo a coloro che avessero assorbito la cultura latina, il mos maiorum e si sentissero membri di Roma, l’editto d’Augusto che dichiarava cives Romani tutti gli abitanti della Penisola attesta la sua romanizzazione compiuta nel I secolo a.C. Trattare anche solo per sommi capi un simile argomento è qui davvero impossibile, e d’altronde del tutto superfluo, poiché sfonderebbe, come si suole dire, una porta aperta. Perciò è preferibile tralasciare di parlare della latinizzazione dell’Italia (certo, fenomeno complesso e che non preclude la sopravvivenza delle culture anteriori a quella romana), di Cicerone incola Urbi, di Catullo, Virgilio, e Tacito probabili discendenti diretti od indiretti dei Galli cisalpini, della patavinitas di Livio (giusto per limitarsi ad alcuni fra i più grandi scrittori di Roma) del discorso di Claudio sulla concessione della cittadinanza ai Galli provenzali, dell’editto di Caracalla, dell “cosmopolismo universale romano” di cui parlava Ernesto Sestan, degli studi d’uno storico del calibro di Santo Mazzarino sull’assimilazione delle diversissime e molteplici popolazioni dell’impero alla romanità, i problemi posti da due altri giganti della storiografia come Rostovzev e Toynbee, della sentenza di Rutilio Namaziano riferita a Roma: orbis totius fecit urbs. Resta un punto fermo, ovvero che, già sotto Virgilio, si può parlare d’una Italia che si sente “romana” e “latina”, fermo restando le diversità regionali, tanto che a tutti i suoi abitatori è riconosciuta la condizione di cives Romani. I confini dell’Italia augustea coincidono in pratica con quelli geografici della penisola continentale


4] La questione della continuità e discontinuità con Roma antica è certo un argomento capitale e provvisto d’enorme complessità. Per darne un’idea, si può citare una monografia dedicata alla storia della storiografia riguardo al problema della continuità e discontinuità fra la romanità antica e l’Europa medievale, moderna e contemporanea è quello di Sergio Roda, Roma antica e il mondo occidentale moderno: criteri di interpretazione e ipotesi di continuità, Torino 1999. Questo studio non affronta direttamente la questione della rapporto fra Roma antica ed Occidente moderno, quanto piuttosto cerca di riassumere tutte le varie principali teorie e posizioni assunte in proposito da pensatori e storici. Già solo il fatto che si possa scrivere un saggio per riassumere, molto brevemente, quanto si è affermato al riguardo, è indice della profondità dell'argomento.

 In rapidissima sintesi, l’eredità romana in Italia si esprime almeno attraverso tre grandi "cinghie di trasmissione" della romanità nell'italianità:

-la cultura umanistica nei suoi più vari aspetti -la Chiesa cattolica, appunto la romana ecclesia -l'idea stessa di nazione italiana

	A] 1) la lingua nazionale italiana; 2) la seconda lingua nazionale, il latino; 3) le lingue locali italo-romanze, tutte neolatine; 4) la letteratura; 5) l’architettura; 6) la musica italiana (il gregoriano deriva dalla musica romana ed ha “generato” la musica lirica!); 7) la maggior parte della toponomastica; 8) la maggior parte dell’onomastica; 9) buona parte dell’urbanistica, nel senso che gran parte delle città attualmente esistenti derivano dall’epoca romana; 10) la giurisprudenza ed il diritto.

Oltre a questi ambiti, in Italia si possono riscontrare eredità con Roma antica negli ambiti più diversi, dalla cucina alla scherma, dall'artigianato alle usanze matrimoniali, dai capi d’abbigliamento alle razze canine, ecc. ecc. Le componenti culturali ereditate dalla romanità sono in Italia praticamente incalcolabili, tale è il loro numero, e tali da pervadere i contesti più differenti, abbracciando tutta l’Italia in un fittissimo reticolo.

	B] Ancora, la Chiesa cattolica è figlia della romanità antica quanto della grecità od ebraicità, soltanto in ambiti differenti. La struttura organizzativa e disciplinare, la lingua, l’apparato giuridico interno (il diritto canonico), determinati principi e valori (come la fides o la virtus) nella simbolica, nella ritualità, buona parte della mistica religiosa (come la mnemotecnica o la mistica detta “misterica”), in parte dei contenuti dogmatici stessi ecc. ecc. sono stati ripresi, talora in modo addirittura mimetico, dal modello romano. È superfluo ricordare come la Chiesa abbia quasi sempre avuto il suo epicentro nella penisola (basti dire che dal 1517 sino al 1978 tutti i pontefici sono stati italiani) e che ha segnato in modo profondissimo la storia d’Italia. Sotto molti aspetti il cattolicesimo è l’erede diretto, ed il più simile, di Roma antica.
	C] Inoltre, per l’intero Medioevo senza soluzione di continuità, e poi nell’era moderna ed infine contemporanea, l’identità nazionale italiana si è fondata proprio sull’idea di essere figli di Roma. Le classi colte dell’Italia medievale vedevano se stessi quali “romani” e tali gli Italiani erano considerati da altri popoli dell’epoca. Il cosiddetto nation building italiano si è quindi costruito attorno ed a partire dall’idea di romanità. Ciò che viene definito "aspetto soggettivo" di una identità nel caso italiano è inequivocabilmente legato a Roma antica, e lo è sempre stato a livello delle classi colte.

Per i secoli dell’Alto Medioevo gli storici si servono frequentemente dell’espressione “Romanici” per indicare gli abitanti d’Italia, come forma di trapasso fra i Romani antichi e gli Italiani moderni. Negli statuti delle università si distingue fra nazioni e gli Italiani sono inclusi all’interno d’una medesima categoria. La letteratura italiana, sin da prima di Dante, ha avuto moltissimi autori che sostenevano l’esistenza dell’Italia come nazione. Anche giuridicamente, sul piano formale, il “regnum Italiae” ha continuato ad esistere, tanto da essere legato all’intitolazione imperiale. L’imperatore era spesso detto “re dei Romani” (“rex Romanorum”) oppure “rex Italiae”. Fatto poi di grande rilevanza è quello che l’intera Italia è sempre rimasta inclusa, come ripartizione ecclesiastica, all’interno d’una medesima giurisdizione. Le ripartizioni ecclesiastiche della chiesa cattolica erano elaborate di norma sulla base di quelle amministrative dell’impero romano (anzi, l’apparato istituzionale della Chiesa ricalca esattamente come struttura quello dell’imperium) e l’Italia, la “diocesi del papa”, era inclusa in una medesima ripartizione, distinta da quella delle altre parti d’Europa. Ancora, per un periodo lunghissimo è invalsa la consuetudine di nominare pontefici esclusivamente o preferenzialmente Italiani: basti dire che da Adriano VI (il precettore di Carlo V) sino a Giovanni Paolo II tutti i papi sono stati Italiani. Ma tale prevalenza numerica, che esprimeva l’idea precisa d’una differenziazione nazionale, si poteva riscontrare già nel Medioevo, palesandosi in modo nettissimo negli sforzi da parte dell’episcopato italiano per portare sul soglio petrino propri candidati dopo alcuni intervalli in cui erano stati invece greci (nel Tardo Antico), tedeschi (sotto gli Ottoni) o francesi (ad Avignone). Il riconoscimento del carattere nazionale degli abitanti dell’Italia proveniva anche da osservatori esterni. Sia sufficiente ricordare Procopio di Cesarea, autore bizantino, che nel VII secolo parlava regolarmente di “Oi Italoi”, gli Italiani, distinguendoli dagli altri popoli di cui scriveva nelle sue molte opere. Già un grande studioso come il Muratori, nella sua mastodontica, monumentale, insuperabile raccolta delle Antiquitates Italicae Medii Aevi, aveva potuto attestare su sterminata base documentaria l’esistenza d’una identità nazionale comune in Italia nel pieno Medioevo. D’altronde, sia pure con tutte le cautele del caso è possibile parlare di nazioni in Europa quantomeno già in epoca medievale [Concepts of National Identity in the Middle Ages, a cura di S. Forde et al., University of Leeds, Leeds 1995.] Il processo di nation building avvenuto dalla fine del secolo XVIII e che prende il nome di Risorgimento ha attribuito un ruolo centrale al rapporto di continuità fra l’Italia moderna e l’Italia antica [Antonino De Francesco, The Antiquity of the Italian Nation, Oxford 2013.]


5] La straordinaria continuità storica e culturale è particolarmente tangibile sul piano linguistico. Tranne le piccolissime minoranze alloglotte (francesi, austriache, slave, greche, albanesi,che tutte assieme arrivano al 4% del popolamento d’Italia), tutte le lingue locali italiane, i “dialetti”, derivano dal latino, sono quindi lingue neolatine o romanze. Inoltre, esse appartengono tutte ad una medesima famiglia linguistica, definita dai glottologi italo-romanza, che abbraccia tutte le lingue locali dalle Alpi alla Sicilia. Inoltre, esistono due lingue nazionali, italiano letterario e latino.

 La lingua  italiana può ben dirsi latino moderno, poiché i rapporti che la legano all’idioma dei Romani sono ben più numerosi e forti della semplice derivazione da quest’ultimo della maggior parte  dei lemmi italiani deriva da quelli della lingua latina, che pure è già di per sé sufficiente a qualificare l’italiano quale neo-latino o romanzo.    Le regole grammaticali della lingua italiana furono fissate molto presto, già nel Rinascimento, e furono degli umanisti a farlo. Costoro modellarono consapevolmente la sintassi italiana su quella della lingua latina, che avevano assunto a paradigma esemplare. Figura centrale fu quella di Pietro Bembo, buon scrittore in italiano ma grande latinista.
 Si possono portare molti esempi delle conseguenze di tale scelta. La struttura della frase è molto più breve in inglese che in italiano, lingua in cui sono frequenti periodi di notevole complessità sintattica raggiunti attraverso la coordinazione e la subordinazione. Tale impianto deriva direttamente dalla lingua latina e per la precisione dalla concinnitas, assunta quale modello dagli umanisti rinascimentali e ben differente dal fraseggiare prevalentemente mono-proposizionale di altri idiomi.

Non si può neppure sostenere l’idea di una radicale diversità sintattica fra latino ed italiano dovuta all’assenza dei casi in quest’ultimo. In realtà, il latino era, come tutte le altre lingue analoghe, diversificato al suo interno in determinate varianti: il latino letterario, il latino quotidiano, il latino giuridico, il latino volgare (sermo vulgaris), il rustico (sermo rusticus), il militare (sermo castrensis) ecc. È ciò che avviene anche nell’italiano contemporaneo, od in altre lingue, con una differenziazione di linguaggi a seconda dell’ambiente sociale, dell’educazione, del contesto. Il latino incomparabilmente meglio conosciuto è, per ovvie ragioni, quello letterario, che ha lasciato come testimonianza di sé una grande letteratura folta di nomi illustri, mentre gli altri sono pochissimo noti, tramite le poche attestazioni presenti in testi letterari, nonché epigrafi di varia provenienza. Tuttavia, è assodato come nel latino rustico ed in parte in quello quotidiano i casi fossero adoperati con molta flessibilità, od addirittura tralasciati. Il latino orale frequentemente ometteva le desinenze finali ed attribuiva il valore grammaticale ai vocaboli su base posizionale. Un discorso analogo si può compiere per l’uso dell’articolo, assente nel latino letterario, ma presente di fatto in quello quotidiano o rustico (unus quale articolo indeterminativo è impiegato addirittura nelle Metamorfosi del raffinatissimo poeta Ovidio). L’italiano nella sua costruzione ha attinto da tutte le varie forme di latino esistenti, seppure con diversa intensità. Alcuni suoi lemmi o date strutture sintattiche derivano dal latino letterario, altre invece dal latino quotidiano, rustico, volgare, giuridico, militare ecc. Ad esempio, l’aggettivo “equino” discende dal letterario equus, mentre il sostantivo “cavallo” deriva da caballus, del sermo rusticus, e “palafreno” da palafrenus, del sermo castrensis.La grammatica italiana è quindi molto simile a quella latina, sia per il tramite della sua rielaborazione teorica e letteraria modellata sull’esempio dei classici antichi, sia attraverso la sua derivazione dalle varie forme di sermones antichi diversi da quello illustris. Un altro aspetto dell’italiano derivante dal latino è il suo vocalismo, nonché la ricerca dell’eufonia: questo è anzi di derivazione letteraria. Oggigiorno esiste la prassi di leggere mentalmente, la cosiddetta lettura silenziosa o mentale, mentre, almeno sino al secolo XIV incluso, l’abitudine era quella di leggere ad alta voce. Questo comportava la ricerca da parte degli scrittori, in poesia ed in prosa, di specifici effetti vocali. Il brano non doveva soltanto rispondere a criteri di bellezza estetica quali oggigiorno si è abituati a valutare in un testo scritto, ma essere letteralmente musicale. Infatti, sia nel mondo antico, sia in quello medievale e rinascimentale, le pubbliche letture di poeti erano, spesso, accompagnate dal suono soffuso di strumenti musicali. È nota la musicalità sonora attribuita alla lingua italiana, la quale ha le sue radici nella sua natura precipuamente letteraria. I poeti o scrittori italiani, almeno sino ad una certa epoca (XVII secolo) s’ispiravano anche in questo ai modelli della latinità, anzitutto Virgilio e Cicerone, e pertanto selezionavano i lemmi, li modificavano o li combinavano, al fine d’ottenere un linguaggio gradevole all’udito ovvero musicale. Può essere utile per valutare l’importanza di tale operazione riportare un semplice esempio: il grande Monteverdi, fra i padri della lirica, trasse ispirazione nella formazione di questo “nuovo” genere canoro dai testi di Torquato Tasso e dalla loro peculiare cadenza ed espressività. Gli esempi riguardanti il rapporto fra poesia e musica italiane nei secoli passati, specie nel periodo compreso fra il Petrarca ed il Metastasio, potrebbero facilmente moltiplicarsi ad libitum, tanto che il petrarchismo letterario è stato spesso studiato in riferimento ai suoi contenuti musicali. Ancora, il latino costituisce accanto all’italiano la seconda lingua nazionale d’Italia. Si scritto e parlato ininterrottamente in latino sino almeno al secolo XVIII e la letteratura in questa lingua prodotta sul suolo peninsulare nel Medioevo e nell’età moderna è d’immense proporzioni. In questo modo, il latino ha rappresentato per secoli una bussola indispensabile anche per l’impiego dell’italiano stesso, specie al di fuori della Toscana. Ancora nel 1824 Giacomo Leopardi poteva giustificare sue scelte linguistiche, non contemplate nel Vocabolario italiano dell’Accademia della Crusca, ricorrendo al vocabolario latino del Forcellini. Si può quindi sostenere che l’italiano sia a tutti gli effetti latino moderno. Esso deriva dalla lingua latina degli antichi Romani, da cui riprende la maggior parte dei propri vocaboli, il proprio impianto grammaticale e sintattico, il vocalismo. Inoltre, sino al secolo XVIII almeno in Italia si è scritto e parlato ininterrottamente in latino e questa lingua ha servito da modello paradigmatico per quella italiana. Ancora, tutte le lingue locali o vernacolari italiane (i dialetti) sono d'origine neo-latina, esattamente come l'italiano letterario. I linguisti infatti le classificano per intero all'interno del gruppo linguistico detto italo-romanzo, derivato dal latino e costituente una famiglia a sè stante all'interno del più ampio raggruppamento delle lingue neo-latine. Questo costituisce fra l'altro un'ulteriore prova dell'esistenza di una nazione italiana e della sua unitarietà culturale, già espressa a livello linguistico. Sebbene il latino sia a tutti gli effetti la seconda lingua nazionale italiana, anzi si potrebbe dire la prima, esso conserva il carattere d’idioma cosmopolita per eccellenza. Il latino è alla base di tutte le lingue neo-latine, estremamente diffuse nel mondo, più dell’inglese stesso (lo spagnolo ha più parlanti di madre lingua che non l’inglese, mentre francese, portoghese ed italiano sono comunque conosciutissimi nei paesi esteri). Inoltre, il latino è la lingua ufficiale del cattolicesimo, religione universale Ancora , esso è la lingua della letteratura fondatrice delle letteratura europee ed è rimasta sino all’epoca moderna avanzata la lingua culturale, scientifica e giuridica per eccellenza.

   Si deve ancora aggiungere che la teoria classificatoria dei dialetti italiani di gran lunga più seguita è quella proposta da Giovan Battista Pellegrini, che adotta l’italiano come riferimento e valido criterio di distinzione. Egli propone il gruppo italoromanzo con il quale s’intende il complesso delle «svariate parlate della Penisola e delle Isole che hanno scelto già da tempo, come "lingua guida" l'italiano» (Giovanni Battista Pellegrini, I cinque sistemi dell’italo-romanzo, in Idem, Saggi di linguistica italiana. Storia, struttura, società, Torino, pp. 55-87). Le parlate dialettali d’Italia vanno ricondotte nella classificazione di Pellegrini al sistema italoromanzo anche perché la loro storia culturale, amministrativa, economica si è orientata da sempre verso i grandi centri di cultura italiana e perciò anche la loro evoluzione linguistica si sviluppa nella storia in modo differente rispetto a quella degli altri gruppi di lingue neolatine.

Sulla teoria del Pellegrini oggi concorda, pur con alcuna differenza, la maggior parte degli studiosi. La maggior parte dei linguisti oggigiorno, come ad esempio Maurizio Dardano e Tullio De Mauro, ascrivono infatti i diversi i sistemi inclusi il retoromanzo, sardo ed il dalmata (con l’ormai estinto dalmatico) ad un più grande gruppo italo romanzo. L’eredità romana in Italia non si presenta quindi sul piano linguistico quale un unicum indistinto dalle altre lingue neolatine, ma al contrario ha una sua specificità.


Si può pertanto concludere con piena certezza che l’Italia risulti storicamente e culturalmente unificata da ben oltre 2000 anni. Si può ricordare, giusto per dare un riferimento storiografico, lo studio di Anthony D. Smith, “Le origini culturali delle nazioni Gerarchia, alleanza, repubblica”, pubblicato in Italia dalla casa editrice “Il Mulino” (la più prestigiosa in assoluto per le pubblicazioni scientifiche qui in Italia). Smith è professore emerito e presidente dell'Asen, Association for the Study of Ethnicity and Nationalism, presso la London School of Economics and Political Science. In aperto contrasto con le interpretazioni correnti, questo libro mette in discussione l'idea di nazione come prodotto della modernità. A giudizio dell'autore Questo più che illustre studioso sostiene che i caratteri nazionali poggiano su modelli di identità risalenti sino all’Antichità. Egli ne individua tre fondamentali: il modello gerarchico, che individua nella comunità l'incarnazione di un ordine ultraterreno e che ha le sue prime espressioni in Egitto e in Mesopotamia; il modello dell'alleanza fra il dio ed il popolo, con un “patto” (berith in ebraico antico) fra la divinità e la comunità, che è fondamento dell’ordine giuridico (questo modello è ritenuto dall’autore tipico dell’Israele antico, ma in realtà era del tutto comune nell’area semitica vicino-orientale e non una prerogativa esclusiva degli ebrei); Il modello repubblicano, espresso da Grecia e Roma (beninteso, il carattere repubblicano di Roma è sopravvissuto anche all’instaurazione dell’impero, poiché nonostante l’influsso del modello gerarchico orientale, la struttura della res publica ha conservato fondamentali caratteri repubblicani: il sovrano romano non ha mai avuto poteri assoluti e la sua autorità è sempre stata limitata dal ruolo del senatore, della classe senatoria e dalla consapevolezza che la tradizione giuridica romana era a lui preesistente e superiore). Lo stesso autore ha scritto anche «Le origini etniche delle nazioni» nel quale teorizzava appunto che le nazioni moderne si sono formate sulla base di legami etnici preesistenti e risalenti spesso sino al mondo antico. La nazione italiana quindi non solo esiste dall’Antichità, a differenza della quasi totalità delle altre nazioni europee oggigiorno esistenti, ma ha anzi costituisce un modello esemplare, paradigmatico, di nazione, proprio per i suoi caratteri particolarmente forti e spiccati. Essa, come nazione in fieri, esisteva già prima della stessa costruzione statale romana, che per così dire costruì il proprio edificio su fondamenta preesistenti. Roma quindi non negò e non soppresse le culture sue anteriori, bensì le condusse al loro naturale compimento nella piena realizzazione di un'unità anche politica, giuridica, linguistica e della coscienza nazionale. È possibile sostenere che l'Italia quale "nazione" esista da ben più di due millenni, con una sua unità sostanziale costituita da diversi "strati" sovrapposti l'uno all'altro. Tutta l’Italia posteriore ad Augusto è, senza possibilità di contestazioni, erede della fusione operata da Roma antica sulle fondamenta dei popoli autoctoni preromani ed italici, con un livello di unità culturale che non risulta soltanto antichissimo, ma eccezionalmente articolato e stratificato negli ambiti più differenti: linguistico, artistico, architettonico, musicale, letterario, religioso, giuridico, folklorico, ecc. ecc.

--Rinascimento (msg) 21:08, 24 giu 2014 (CEST)Rispondi

Re:Foto modifica

Ciao, scusa il ritardo ma sono stato assente per due settimane. Ho inserito il babel nella tua pagina utente e ora andrebbe aggiornato soprattutto per il grado di conoscenza della lingua inglese. Ho inserito il napoletano perché penso tu sia campano visto che in pagina utente hai inserito cose riguardanti Napoli. Foto sul rinascimento non ne ho trovate ma credo tu possa trovare qualcosa qui. In generale per le immagini ti consiglio di leggere WP:Immagini, WP:Copyright immagini.--Burgundo(posta) 13:01, 29 giu 2014 (CEST)Rispondi

Se devi modifica

Inserire dei messaggi prima dell'ultimo devi inserire (fc) fuori crono, ma mai spezzare il messaggio di quello che precede--Xinstalker (msg) 18:33, 4 lug 2014 (CEST)Rispondi

E chi ha spezzato nulla? Modifica i commenti i tuoi e lascia stare i miei --Govone80 (msg) 18:34, 4 lug 2014 (CEST)Rispondi

Verifica ti sei inserito in mezzo al mio, prima della firma del mio messaggio.Non lo DEVI fare. Punto. E se credi scusati. --Xinstalker (msg) 18:36, 4 lug 2014 (CEST) Questo è per la memoria di chi passa da qui. --Xinstalker (msg) 18:38, 4 lug 2014 (CEST)Rispondi

Oltretutto cancellare messaggi nella tua talk non è opportuno. Ti ho chiesto di scusarti, con un sorriso te l'ho chiesto, e invece hai revertato il mio giusto intervento e hai cancellato parte del mio messaggio qui. Calma e gesso :) anche se la pensiamo diversamente cerchiamo di mantenere almeno un minimo di dialogo. Ciao! --Xinstalker (msg) 18:59, 4 lug 2014 (CEST)Rispondi

Testo di letteratura italiana modifica

Il link è questo:http://www.scuolabook.it/Uploaded/loescher_1968E_preview/loescher_1968E_preview.pdf . In questo link porta solo una parte del libro, il quale titolo è:"Stai per leggere... Il libro della letteratura.Autori:Simonetta Damele, Tiziano Franzi; editore:Loescher--R5b (msg) 18:38, 4 lug 2014 (CEST)Rispondi

Re:Lingua modifica

Mi dispiace per te ma la lingua parlata in Campania e altre regioni limitrofe e la lingua napoletana.;-))--Burgundo(posta) 19:09, 4 lug 2014 (CEST)Rispondi

risposta modifica

Retaggio se non ero aveva inserito qualcosa in voce, cmq se domani ho tempo intervengo. Ciao --ignis scrivimi qui 17:03, 16 lug 2014 (CEST)Rispondi

ciao, non credo che ci siano oggi le condizioni per una mia partecipazione in voce, quello che io avevo proposto era questa struttura. Di fondo la domanda che occorre fari nello scrivere questa voce è: di che stiamo parlando? chi ha influenzato il popolo italiano? del popolo italiano e da quando si può esso considerare tale? --ignis scrivimi qui 22:14, 16 lug 2014 (CEST)Rispondi

Partecipa ora a Wiki Loves Monuments: c'è un posto giusto per te modifica

 
Concorso Wiki Loves Monuments Italia 2018 (English version)

Gentile Govone80, ti scrivo per ringraziarti del tuo contributo alle voci sul territorio italiano, in particolare Salerno.

Wiki Loves Monuments (WLM), il più grande concorso fotografico del mondo, si svolge anche questo settembre per documentare e promuovere il patrimonio culturale italiano, con una licenza copyright libera. Quest'anno è doppiamente facile partecipare: gli oggetti fotografabili coprono quasi 1000 comuni in più, compresi i luoghi di cui hai scritto in Wikipedia in italiano. Hanno infatti aderito centinaia di nuovi enti fra cui Roma, e si possono fotografare circa 2000 alberi monumentali.

Controlla le liste di monumenti fotografabili e carica tutte le foto che vuoi entro il 30 settembre. Potresti anche scoprire un monumento da visitare fra quelli che ancora non hanno una foto.

Grazie, Nemo 08:21, 21 set 2018 (CEST)Rispondi

Un grazie e un libro sulla conoscenza libera per te modifica

 
Wikimedia Italia

Gentile Govone80,

oggi ti scrivo a nome dell'associazione Wikimedia Italia per ringraziarti del tempo che hai dedicato ai progetti Wikimedia.

Come piccolo omaggio avremmo piacere di spedirti una copia (tutta in carta riciclata) del libro di Carlo Piana, Open source, software libero e altre libertà. Fornisci un recapito per ricevere una copia del libro.

Pochi giorni fa il mondo ha festeggiato la giornata dell'amore per il software libero, ma ogni giorno è buono per ricordare le garanzie delle licenze libere e le centinaia di migliaia di persone che si sono unite per costruire questo bene comune della conoscenza. Speriamo che questo libro ti sia utile per apprezzare quanto hai fatto e per trasmettere la passione della conoscenza libera a una persona a te vicina.

Se desideri una copia ma non puoi fornirci un indirizzo a cui spedirla, contatta la segreteria Wikimedia Italia e troviamo una soluzione insieme.

Grazie ancora e a presto,

Lorenzo Losa (msg) 11:23, 26 feb 2020 (CET)Rispondi