Foro romano di Catania
Presso il Cortile di San Pantaleone a Catania rimangono i resti di quello che fu identificato quale il Foro Romano di Catania.
Foro romano di Catania | |
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Pianta del foro di Catania di G. Libertini (in A. Holm, Catania Antica, p. 49 fig. 13.). | |
Civiltà | Romana |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Provincia | Catania |
Amministrazione | |
Ente | Polo Regionale di Catania dei Siti Culturali |
Responsabile | Maria Costanza Lentini |
Sito web | www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/database/page_musei/pagina_musei.asp?ID=128&IdSito=0&IdC=2499&IdS=30&IdAS=97 |
Mappa di localizzazione | |
Struttura
modificaIl presunto Forum si presentava come una serie di diversi edifici circondanti un'ampia area centrale che costituiva il "foro" vero e proprio. Tali edifici dovettero essere quasi certamente essere dei magazzini o negozi. Lorenzo Bolano descriveva nel Cinquecento la presenza di otto ambienti con copertura a vôlta a sud e altri quattro a nord[1] (quasi certamente perduti questi ultimi con la creazione di Via del Corso, attuale via Vittorio Emanuele II). Il Bolano riferisce anche di un'ala occidentale distrutta ai suoi tempi[2]. Il Bolano tuttavia lo descrive come un impianto termale, dato che la zona era soggetta a periodici fenomeni di allagamento. La struttura rimase così definita fino alle dovute correzioni del Biscari. Ancora Valeriano De Franchi, cartografo per l'opera del D'Arcangelo, ne traccia una prima planimetria dove la struttura viene chiamata Terme Amasene[3].
Ai tempi del principe Ignazio Paternò Castello il pianterreno risultava essere già sepolto, mentre il secondo piano (cinque metri più in alto) era diventato residenza per molti popolani e i lati ridotti a due soltanto (quelli a sud e ad est) uniti ad angolo retto[4].
Adolf Holm attesta esserci stati ai suoi tempi sette vani ad est e tre a sud e che questi furono chiamati "grotte di S. Pantaleo (...) per metà interrate e ridotte a povere abitazioni"[5]. Il Libertini, in nota al testo dell'Holm, fa presente come gli otto ambienti a sud persistano, mentre le strutture a est furono convertite in antico in un unico corridoio. La facciata era di circa 45 metri di lunghezza. Tuttavia le strutture riconosciute dal Libertini erano quelle del secondo piano, mentre cinque metri più sopra rimanevano i ruderi del piano interrato che potrebbero essere i locali di cui fa menzione l'Holm[6].
Oggi del presunto foro rimangono soltanto un paio di ambienti attigui visibili a sud, con ingresso architravato sormontato da una apertura ad arco, molto simile nell'aspetto ai magazzini del Foro Traianeo, oltre alle aperture ad arco semplice. Della struttura a est rimangono i resti di una parete in opus reticulatum appartenenti ad uno dei magazzini.
Tuttavia, in un lavoro del 2008, Edoardo Tortorici ha messo in dubbio la possibilità che si tratti di un foro, mettendo piuttosto la struttura a confronto con gli horrea noti[7].
Basilica
modificaIl vicino Convento di Sant'Agostino pure conservava parte della struttura, forse una basilica, consistente in un grosso muro cui poggiava l'edificio religioso e trentadue colonne, prima del terremoto del 1693 componenti il chiostro del convento, in seguito poste a decoro dell'antico Plano San Philippo (oggi Piazza Giuseppe Mazzini)[8]. Da qui inoltre provengono il torso colossale di imperatore giulio-claudio e un lastricato in calcare un tempo esposti al Museo Biscari[9]. Oggi il torso colossale è ospite al Castello Ursino.
Galleria d'immagini
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Angolo sud-ovest della piazza Mazzini, le cui colonne provengono dalla presunta Basilica.
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Ingresso ai resti del Foro romano di Catania (civico 17 del cortile San Pantaleone).
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Un'altra veduta dell'ambiente Sud.
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Resto di colonna lavica di epoca Romana usato come base per fioriera.
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I resti del presunto Foro (Particolare). Si può notare in basso il breve tratto di muro in opera reticolata.
Note
modifica- ^ Il brano è riportato in Pietro Carrera, Delle memorie historiche della città di Catania, Catania 1639, II vol. pp. 105-106.
- ^ Vi si legge infatti: quadrangulares [scil. camarae] extant ex occidente dirutae. Cfr. Pietro Carrera, cit., p. 105.; cfr. Ignazio Paternò principe di Biscari, Viaggio per tutte le antichita della Sicilia, terza edizione - postuma - Palermo 1817, p. 32.
- ^ O. D'Arcangelo, Istoria delle cose insigni e famosi successi di Catania, clarissima città della Sicilia, e del monte Etna e degli incenda suoi, Catania 1633 (Civ. ms. B 30, Biblioteche riunite Civica e Ursino Recupero, Catania)
- ^ Ignazio Paternò, cit., pp. 32-33.
- ^ A. Holm, Catania Antica, traduzione e note di G. Libertini, Catania 1925, pp. 48-50.
- ^ G. Libertini in A. Holm, cit., pp. 48-49, nota seconda.
- ^ E. Tortorici, «Osservazione e ipotesi sulla topografia di Catania antica», in Lorenzo Quilici, Stefania Quilici Gigli (a cura di), Edilizia pubblica e privata nelle città romane, Volume 17 dell'Atlante tematico di topografia antica, L'Erma di Bretschneider Ed., 2008, ISBN 8882654591, 9788882654597, pp. 104-110.
- ^ Il Biscari riteneva che quivi esistesse pure una Curia e le Carceri; I. Paternò, cit., p. 33.
- ^ A. Holm, cit. pp. 49-50.
Bibliografia
modifica- P. Carrera, Delle memorie historiche della città di Catania, Catania 1639.
- Ignazio Paternò principe di Biscari, Viaggio per tutte le antichita della Sicilia, terza edizione - postuma - Palermo 1817.
- A. Holm, Catania Antica, traduzione e note di G. Libertini, Catania 1925.
- Fabrizio Nicoletti (a cura di), Catania Antica. Nuove prospettive di ricerca, Regione Siciliana, Palermo 2015.
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