Jérôme Duquesnoy il Giovane

scultore e architetto fiammingo

Jérôme Duquesnoy il Giovane (Bruxelles, 8 maggio 1602Gand, 28 settembre 1654) è stato uno scultore e architetto fiammingo.

Jérôme Duquesnoy il Giovane

Biografia

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Tomba del vescovo di Gand Antoine Triest nella Cattedrale di San Bavone.

Figlio di Jérôme il Vecchio, scultore di corte dell'arciduca Alberto d'Asburgo, governatore dei Paesi Bassi, apprese l'arte di suo padre e nel 1621 raggiunse a Roma il fratello maggiore François: fu quindi a Madrid, dove lavorò presso la corte di Filippo IV di Spagna, a Firenze, con l'orefice André Ghysels, e poi di nuovo a Roma, dove raggiunse il fratello gravemente malato.[1]

Dopo la morte a Livorno di François nel 1643[2], Jérôme decise di tornare in patria, dove l'arciduca Leopoldo Guglielmo d'Austria, scelto quale governatore dei Paesi Bassi spagnoli da Filippo IV, lo nominò statuario di corte.

Tra le sue opere maggiori si ricordano le grandi statue degli apostoli Paolo, Tommaso, Bartolomeo e Matteo per la Concattedrale di San Michele e Santa Gudula a Bruxelles[3]; il Cristo in Croce in avorio del Grande beghinaggio di Malines; le statue dei santi dell'Abbazia di San Michele ad Anversa; un Ratto di Ganimede per lo scultore Luc Faid'herbe e la tomba del vescovo di Gand Antoine Triest nella Cattedrale di San Bavone.[4]

Accusato di sodomia da due suoi giovani allievi, venne processato dagli scabini di Gand e condannato a morte: il 28 settembre del 1654 venne legato ad un palo, strangolato ed il suo corpo ridotto in cenere sulla Piazza del grano di Gand.

  1. ^ (FR) Denis Coekelberghs, A propos de Jérôme Du Quesnoy le jeune, su La Tribune de l'Art, 8 luglio 2024. URL consultato il 7 luglio 2024.
  2. ^ DUQUESNOY, François, detto il Fiammingo - Enciclopedia, su Treccani. URL consultato il 7 luglio 2024.
  3. ^ (EN) Jerôme Duquesnoy II | Baroque in the Southern Netherlands | An online museum, su barokinvlaanderen.vlaamsekunstcollectie.be. URL consultato il 7 luglio 2024.
  4. ^ La scultura in italia e in europa - Enciclopedia, su Treccani. URL consultato il 7 luglio 2024.

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Controllo di autoritàVIAF (EN30477497 · ISNI (EN0000 0000 2658 6442 · CERL cnp00582219 · ULAN (EN500330234 · LCCN (ENn87933657 · GND (DE124691692