Marco Ricci (pittore 1938-1995)

pittore e incisore italiano (1938-1995)

Marco Ricci (Roma, 3 marzo 1938Roma, 27 luglio 1995) è stato un pittore e incisore italiano, di stile prevalentemente figurativo, che usava non datare i propri quadri che firmava quindi Marco Ricci, oggi.

Marco Ricci oggi firma senza data

Biografia modifica

Nato a Roma a Piazzale delle Muse, in una famiglia borghese, col padre avvocato giuslavorista e madre casalinga, trascorre la sua infanzia tra l'appartamento romano di Viale Bruno Buozzi ai Parioli e la casa di campagna di Catino, in Sabina, penultimo di quattro figli. Ottiene la maturità classica presso il liceo Mameli di Roma. Mentre frequenta la facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Roma è iscritto all'albo dei giornalisti e collabora colla terza pagina de L'Unione Sarda. Insieme ad un gruppo di sodali, tra cui Ottorino Gurgo e Guido Palladini, con Paolo Malfanti come redattore capo, tenta di dar vita ad un nuovo periodico di cultura, arte e politica, intitolato Opinioni il cui numero unico esce il 23 gennaio 1960.[1]

L'editoriale, intitolato Alla gente, precisa la portata del titolo della testata ed offre, forse, una chiave di lettura riguardo allo stilema della firma senza data che potrebbe richiamare il radicamento dell'opera pittorica nel transeunte alla stessa stregua delle opinioni, che a loro volta si qualificano come mutevoli tentativi di raggiungere la verità. [2]

Terminata l'esperienza di Opinioni, viene chiamato da Giovanni Franzoni ad insegnare Storia dell'arte, Storia della filosofia e Storia della letteratura italiana presso il liceo-ginnasio S. Maria del collegio dell'abbazia di Farfa (1963-1967). Nel 1966 sposa Bernadette Baeriswyl, giovane ginevrina che sarà la modella ricorrente nei quadri raffiguranti la dormeuse e la madre dei suoi quattro figli.

 
Marco Ricci (1938-1995) - Registri farfensi e catalogo retrospettiva romana

I primi esperimenti pittorici risalgono al periodo scolastico, quando al piano terra abitava Alberto Savinio di cui conosceva il figlio. Tuttavia la scelta di dedicarsi interamente alla pittura matura soltanto nel 1970, a Napoli. Dopo essere approdato al Liceo Pareto di Losanna (1967-1969), egli occupa un posto presso la sede napoletana della Banca Fideuram. Qui, abitando a Via Tasso sul Vomero, Marco Ricci frequenta il pittore Edoardo Giordano e decide di fare della pittura la sua unica occupazione. La scelta è coraggiosa e malgrado le difficoltà sarà confermata fino al 1988, quando, in seguito al trasferimento in Svizzera e dopo una lunga serie di traslochi nel centritalia, per necessità finanziaria, Marco Ricci si dedica al mestiere di operaio grafico presso una rinomata manifattura ginevrina di stampa a secco (rilievografia).

In seguito ad un infortunio sul lavoro, Marco Ricci, torna in Italia e riprende l'attività pittorica facendo la spola tra Roma e Ginevra. A causa di un principio di miopia, la produzione di nature morte di questo periodo è caratterizzato da un trattamento del colore par masse abbastanza omogenee ma dai contorni sfumati. In seguito a complicazioni postoperatorie legate ad un banale intervento di colostomia eseguito al Policlinico Umberto I di Roma, Marco Ricci muore nel giorno del ventesimo compleanno del suo ultimo figlio. Il Comune di Roma gli tributa una retrospettiva nel 1998 a tre anni dalla scomparsa, con un catalogo che propone una vasta anche se non ancora completa rassegna delle opere corredata da alcune testimonianze tra cui il testo composto dalla figlia per l'elogio funebre nella basilica di Santa Maria del Popolo.

Opera pittorica modifica

Opera grafica modifica

Note modifica

  1. ^ Si noti che il successivo numero primo del giornale, edito il 1º aprile 1960, ospita un disegno, datato, di Marco Ricci che tradisce la veste kantiana della topica opposizione platonica tra Verità e Opinione
  2. ^ Opinioni è un giornale strano. Si presenta con una formula strana, rivoluzionaria. Non è strumento di una parte, di un gruppo ben definito, di un ambiente. Non difende e non esalta nessuno e nessuna teoria o dottrina esistente. Poiché noi consideriamo dottrine, teorie, gruppi e ambienti d'oggi tutti falsi, tutti sbagliati, insinceri. Fuori dal tempo. Consideriamo che la gente d'Italia e la gioventù in particolare vive senza dare alla propria vita un significato superiore che la giustifichi, e la consuma senza donare ad essa nulla perché in nulla crede. Consideriamo che la gente d'Italia e la gioventù in particolare è schiava di opinioni diverse e false, tutte particolari e contingenti e che non rispondono a qualsivoglia principio ideale per cui sarebbe bene e dignitoso vivere. Consideriamo soprattutto il totale fallimento della nuova generazione che non ha avuto il coraggio di modificare l'ambiente con una partecipazione, spontaneamente attiva e dinamica. Riconosciamo che l'Italia, la gente, la gioventù d'oggi non ha idee: ha opinioni. Opinioni che son superficiali, esistenti ed affermate per un solo senso di giustificazione, opinioni passeggere, mutevoli come mutevoli sono gli stati d'animo di questa nostra troppo versatile gente. È in questa molteplicità d'opinioni che noi vediamo il grande danno. (Le opinioni nella vita politica si traducono e raffigurano nei diversi e tanti partiti oggi esistenti, i quali di esse opinioni son costretti a vivere e ad esse adeguare i propri programmi. I partiti politici non rappresentano più delle idee). Noi siamo giovani, diversi gli uni dagli altri. Con una propria, particolare visione delle cose, con un diverso bagaglio culturale e di esperienze e, come tutta la gente, con particolari opinioni. In più, però, possediamo un unico desiderio di liberarci delle opinioni stesse perché ognuno di noi si avvede che esse, per la loro momentaneità e particolarità, non sono né possono essere sublimamente vere e giuste. In più, ancora, abbiamo l'unico desiderio di arrivare alla verità, alla idea dunque, che tutti, in noi stessi sentiamo viva e grande, degna di essere posseduta intuitivamente ma conquistata soprattutto con la ragione. Un giornale, di solito è l'arma di battaglia di un determinato gruppo di persone che difendono un patrimonio comune o cercano di affermare una comune idea. Noi, non possedendo un'idea comune, essendo divisi e diversi, capovolgiamo presuntuosamente la stessa funzione classica del giornale: da arma di battaglia lo mutiamo in campo di battaglia. Nel quale discuteremo e distruggeremo le nostre individuali, particolari opinioni. Ognuno di noi, rappresentanti in questo tutta la gente, porrà con buona fede i propri raggiunti convincimenti. Essi saranno formulati, discussi, raffrontati con una continuità incessante. Le opinioni che oggi ci travagliano siano finalmente, nel confronto fra esse, riconosciute nella loro banale essenza e venga ritrovata la sola fra queste la cui funzione non s'esaurisca nella banalità. Sia l'idea! E siccome ognuno di noi questa idea, al di sopra delle opinioni, la intuisce ora in aspetti fantastici assai simili è probabile che, alla fine, gli stadi iniziali di questa impresa si riconoscono tutti, con maggiore compiutezza, nella ultima, definitiva formulazione. Noi incominciamo a ragionare. Ragionando noi ragionerà la gente, discutendo noi discuterà la gente, concludendo noi concluderà la gente. Sarebbe molto. Tentiamo di uscire dall'errore. Tentiamo di vincere il grande danno. Incominciamo da capo. La nostra iniziativa, il nostro lavoro è perciò suscettibile di sviluppo. Il giornale prenderà volto più preciso così come noi giungeremo a determinazioni più precise. La mosaicistica mentalità ideologica degli italiani, la diversità d'opinioni, il grande danno dunque, è il nostro ostacolo. Ne facciamo il nostro simbolo. Opinioni è il nostro giornale. Durerà sino al giorno in cui si riuscirà superare e distruggere le opinioni stesse. Saranno raccolte le pietre disperse di una Italia passata che vuol essere con noi nuova. Vera. Quella di sempre, ringiovanita. Fino ad oggi è tutto sbagliato: si ricomincia. Alla fine alcuni di noi prenderanno forse strade diverse, non concordi. Sembrerà allora che lo sforzo nostro di giungere a qualcosa di unitario sia fallito. Ma tentiamo; le nostre virtù sono tenacia e presunzione. E allora?

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