New Democrats

Corrente moderata del Partito Democratico statunitense

I New Democrats (Nuovi Democratici, noti anche come centrist Democrats o Clinton Democrats) sono una delle correnti del Partito Democratico degli Stati Uniti, la seconda per numero di rappresentanti al Congresso del partito stesso (dopo il Congressional Progressive Caucus), raggruppati nella New Democrat Coalition.

Sono la fazione centrista che propone una terza via all'interno del partito, percepiti come culturalmente progressisti nei diritti civili e moderati o addirittura conservatori a livello fiscale.

I nuovi democratici hanno dominato il Partito Democratico statunitense dalla fine degli anni ottanta fino agli anni 2010 e ne fanno parte tutti i membri più importanti del partito stesso: Bill Clinton (ritenuto il principale ideologo della fazione), Al Gore, Hillary Clinton, Barack Obama, Joe Biden.

Storia modifica

Dopo le schiaccianti vittorie di Ronald Reagan nelle elezioni presidenziali degli anni ottanta (in particolare quella del 1984), si iniziò a diffondere nel partito l'idea che esso fosse lontano dalla realtà del paese e bisognoso di un cambiamento ideologico. Venne perciò fondato il Democratic Leadership Council (DLC) nel 1985 da Al From e da altri politici e politologi per apportare questi cambiamenti.[1] Il termine nuovo democratico divenne popolare quando nel 1990 quando la rivista bimestrale del DLC cambiò nome da The Mainstream Democrat a The New Democrat.[2] Bill Clinton nel 1992 lasciò il posto di presidente del DLC e si candidò alle elezioni presidenziali di quell'anno, presentandosi proprio come un New Democrat.

Prima generazione modifica

A partire dal 1974 vennero eletti al Congresso una nuova generazione di democratici, detti i Watergate babies, i quali erano abbastanza simili ai "democratici del sud" e a quelli che si sarebbero fatti chiamare poi i Blue Dog Democrats, dando vita a "rivolte fiscali" volte soprattutto a intercettare il consenso dei Reagan Democrats con l'istituzione di tasse patrimoniali che avrebbero dovuto finanziare start-up e nuove modalità d'impresa in una società post-industriale.

Dal 1985, con il nuovo DLC guidato da Bill Clinton, si andò formando via via una coalizione di categorie sociali che andavano dai democratici del sud ai democratici dell'ovest e del nord-est. Nel 1992 Bill Clinton stesso si candida come presidente degli Stati Uniti e viene eletto.

Seconda generazione modifica

 
Un esempio del conservatorismo fiscale dominante nel Partito Democratico dagli anni ottanta

Presidenza di Bill Clinton modifica

Clinton vinse le elezioni presidenziali del 1992 con la promessa di una corposa riforma del welfare, realizzata attraverso un taglio delle tasse al ceto medio e di un aumento dell'EITC, ovvero le detrazioni fiscali per le classi medio-basse.[1]

Alcune delle leggi promulgate durante la sua presidenza sono:

 
Benefit mensile alle famiglie bisognose o con figli a carico, dal 1962 al 2006, in dollari statunitensi

Presidenza di Barack Obama modifica

Nel marzo 2009, il neo-eletto presidente Obama affermò di essere anche lui un New Democrat, di essere a favore del libero ed equo commercio e di essere impensierito da un ritorno al sentimento protezionista.[5]

Nonostante varie leggi promulgate e alcuni punti di svolta, durante la presidenza Obama, i democratici hanno complessivamente perso all'incirca un migliaio di cariche a tutti i livelli dello Stato (la maggior parte degli stessi si definiva New Democrat)[6], sebbene ciò sarebbe dovuto secondo alcune analisi al cambio di opinioni dell'elettorato democratico, diventato più liberal.[7]

Svariati opinionisti e politologi statunitensi ritengono, pertanto, che l'era Obama abbia segnato la fine del dominio dei New Democrats sul Partito Democratico.

Anni recenti: Hillary Clinton, Joe Biden e il declino della fazione modifica

Alle elezioni presidenziali del 2016, molti New Democrat hanno sostenuto Hillary Clinton, la moglie di Bill Clinton. Dovendo fronteggiare un inaspettato outsider come Bernie Sanders, ella infine prevalse ma con uno scarto ben inferiore rispetto alle primarie dei quadrienni precedenti: ciò fu percepito da svariati commentatori politici come l'inizio di un'influenza maggiore dei democratici più progressisti nel partito. Vi fu anche uno scandalo causato da una fuga di dati da parte di WikiLeaks di alcune mail del DNC in cui si faceva riferimento a come sabotare la campagna di Sanders.[8] Tali leak sarebbero stati, secondo molti opinionisti, parte di un'operazione di sabotaggio fatta dalla Russia.[9][10] La controversia sulle primarie del 2016 portò il DNC a stabilire una commissione speciale per riformare il sistema delle primarie del partito stesso.[11][12]

Joe Biden, vicepresidente durante la presidenza Obama, vinse le elezioni presidenziali del 2020 diventando il 46º presidente, ma alle elezioni per la Camera dei Rappresentanti di quell'anno 13 democratici, di cui 10 New Democrat, perdettero il loro seggio. Per la prima volta, così, nel 117º Congresso la New Democrat Coalition ha perso il suo status di maggiore coalizione ideologica, in favore della più progressista Congressional Progressive Caucus.

Ideologia modifica

A livello generale, i Nuovi Democratici tendono a identificarsi come conservatori a livello fiscale e progressisti a livello sociale.[13]

I politologi statunitensi concordano nell'individuare un generale spostamento su posizioni conservatrici a livello fiscale durante gli anni settanta[14] e al contemporaneo abbraccio delle idee del libero mercato capitalistico. I Nuovi Democratici, inoltre, hanno avuto un ruolo cruciale nella deregolamentazione e liberalizzazione finanziaria negli anni '90.[15] Affermano infine che le politiche neoliberali reaganiane (le cosiddette Reaganomics) sarebbero state portate avanti dai democratici negli anni novanta, formando un consenso bipartisan su una linea neoliberale comune.[16][17][18]

Alcuni commentatori sostengono che i democratici in generale avrebbero abbandonato le classe lavoratrici medie, per dedicarsi soprattutto alle classi lavoratrici professionali dal reddito benestante.[19][20]

Note modifica

  1. ^ a b John F. Harris, The survivor : Bill Clinton in the White House, 2005, ISBN 0-375-50847-3, OCLC 57352805. URL consultato il 28 luglio 2022.
  2. ^ Nicol C. Rae, Southern Democrats, Oxford University Press, 1994, p. 117, ISBN 1-4237-4223-0, OCLC 191933512. URL consultato il 28 luglio 2022.
  3. ^ William J. Clinton Foundation "Presidential Press Conference in Nevada", su web.archive.org, 27 settembre 2007. URL consultato il 29 luglio 2022 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2007).
  4. ^ Clinton Presidential Center "Speech by President SOTU Address", su web.archive.org, 28 settembre 2007. URL consultato il 29 luglio 2022 (archiviato dall'url originale il 28 settembre 2007).
  5. ^ (EN) Obama: 'I am a New Democrat', su POLITICO. URL consultato il 29 luglio 2022.
  6. ^ (EN) Under Obama, Democrats suffer largest loss in power since Eisenhower, su Quorum. URL consultato il 29 luglio 2022.
  7. ^ (EN) Clare Malone, Barack Obama Won The White House, But Democrats Lost The Country, su FiveThirtyEight, 19 gennaio 2017. URL consultato il 29 luglio 2022.
  8. ^ (EN) Michael D. Shear e Matthew Rosenberg, Released Emails Suggest the D.N.C. Derided the Sanders Campaign, in The New York Times, 23 luglio 2016. URL consultato il 29 luglio 2022.
  9. ^ (EN) Adam Entous, Ellen Nakashima e Greg Miller, Secret CIA assessment says Russia was trying to help Trump win White House, in Washington Post, 9 dicembre 2016. URL consultato il 29 luglio 2022.
  10. ^ (EN) Through email leaks and propaganda, Russians sought to elect Trump, Mueller finds, in Washington Post. URL consultato il 29 luglio 2022.
  11. ^ (EN) Kevin Robillard, DNC 'unity' panel recommends huge cut in superdelegates, su POLITICO. URL consultato il 29 luglio 2022.
  12. ^ (EN) In 'historic' move, Democrats strip superdelegates of power, su NBC News. URL consultato il 29 luglio 2022.
  13. ^ (EN) Dylan Loewe, Permanently Blue: How Democrats Can End the Republican Party and Rule the Next Generation, Crown, 7 settembre 2010, ISBN 978-0-307-71800-6. URL consultato il 29 luglio 2022.
  14. ^ (EN) Michael Lind, Up from Conservatism, Simon and Schuster, 6 agosto 2013, ISBN 978-1-4767-6115-2. URL consultato il 29 luglio 2022.
  15. ^ (EN) The Great Leveler, 18 settembre 2018, p. 416, ISBN 978-0-691-18325-1. URL consultato il 29 luglio 2022.
  16. ^ (EN) Simon Springer, Kean Birch e Julie MacLeavy, Handbook of Neoliberalism, Routledge, 7 luglio 2016, ISBN 978-1-317-54966-6. URL consultato il 29 luglio 2022.
  17. ^ (EN) The Handbook of Neoliberalism, su Routledge & CRC Press, p. 144. URL consultato il 29 luglio 2022.
  18. ^ The Rise and Fall of the Neoliberal Order: America and the World in the Free Market Era, Oxford University Press, 5 aprile 2022, pp. 137-138, 155-157, ISBN 978-0-19-751964-6. URL consultato il 29 luglio 2022.
  19. ^ (EN) Noam Chomsky: The Most Remarkable Thing About 2016 Election Was Bernie Sanders, Not Trump (Video), su Truthdig: Expert Reporting, Current News, Provocative Columnists. URL consultato il 29 luglio 2022.
  20. ^ (EN) Nicholas Lemann, Can We Have a ‘Party of the People’? | Nicholas Lemann. URL consultato il 29 luglio 2022.

Voci correlate modifica