Stenoscopia

procedimento fotografico
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La stenoscopia è un procedimento fotografico che sfrutta il principio della camera oscura, come le comuni fotocamere, ma usa un obiettivo stenopeico (a stretta apertura - dal greco στενός  stenós "stretto"[1] e ὀπή  opè "foro, apertura"[2]). Questo obiettivo non è altro che un piccolo foro di spessore minimo, che tramite la diffrazione, crea immagini, come qualsiasi obiettivo con lenti (ma questi usano/sfruttano la rifrazione).

L'immagine ricostruita all'interno della camera oscura

Non essendo un diottro, in ambito di ottica geometrica le inclinazioni dei raggi non vengono variate, come invece avviene in un obiettivo a lenti e/o specchi, per cui non è possibile ottenere una vera focheggiatura: il fuoco è all'infinito; così, la risoluzione dei dettagli e la nitidezza di fuoco nell'immagine, sono affidate (in buona parte) alla sola "piccolezza" del foro (diametro) e alla "sottigliezza" del suo spessore.

Descrizione modifica

La fotocamera con obiettivo stenopeico si basa sulla naturale propagazione in linea retta dei raggi luminosi attraverso il foro, formando dei piccoli cerchietti sul materiale fotosensibile (lastra, rullino, la carta fotografica o sensore) che, con foro sufficientemente piccolo, risultano praticamente assimilabili a dei minimi punti immagine. Questo principio di funzionamento era empiricamente noto fin dall'antichità.[3]

L'immagine in tal modo impressa, risulta invertita e la sua nitidezza aumenta al diminuire della dimensione del foro, almeno fino a quando non iniziano a prevalere gli effetti negativi della diffrazione. Questa dimensione del foro equivale all'apertura di un diaframma e quindi determina l'esposizione e la profondità di campo (come nelle altre macchine fotografiche): un foro più piccolo aumenta la profondità di campo, come pure aumenta il tempo di esposizione. Questo è dovuto al fatto che un foro più piccolo lascia passare meno luce, per cui occorre aumentare il tempo di esposizione per ottenere l'esposizione corretta.

Storia modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Camera oscura.

Il concetto di fotografia stenopeica deriva dalla camera oscura (camera obscura, in latino),[4] una stanza completamente buia con un piccolo foro su un lato e un pittore all'interno, il quale traccia e copia l'immagine proiettata. La camera oscura era più una scoperta che un'invenzione. Le prime idee risalgono al V e IV secolo a.C., quando sia i cinesi sia Aristotele cominciavano a parlare di immagini invertite, dovute alla luce passante attraverso un foro. La prima camera oscura nacque nel IX secolo d.C., quando lo scienziato arabo Ibn al-Haytham, noto con il nome latinizzato di Alhazen, pubblicò il libro "De Aspectibus", scrivendo di questa nuova invenzione. Lui, infatti, aveva pensato di creare un foro che portasse in una stanza buia e di piazzare delle candele al di fuori della stanza per creare un'immagine. Quest'invenzione divenne un ottimo strumento per esperimenti scientifici di altri scienziati nei secoli a seguire. Per esempio, Isaac Newton utilizzò la tecnica della camera oscura per l'esperimento della scomposizione dei colori della luce solare con il prisma e lo scienziato olandese Gemma Frisius usò la camera oscura per osservare le eclissi solari.

Il concetto fu poi ripreso da Leonardo da Vinci, il quale nei suoi scritti specificava la necessità di sigillare la stanza per evitare l'entrata di luce non voluta e il fatto che la camera oscura e l'occhio avessero molte somiglianze, in termini di funzionamento. Il concetto fu ulteriormente spiegato da altri scienziati nei secoli a seguire, come Giovanni Battista della Porta nel suo libro "Magia Naturalis" nel 1558.

Le prime fotografie vere e proprie, catturate con la camera oscura risalgono agli inizi del XIX secolo, quando il francese Joseph Nicéphore Niépce utilizzò del materiale fotosensibile per la prima volta per catturare la luce e creare un'immagine. Tuttavia, la foto non era visibile perché doveva essere sviluppata, una tecnica che fu inventata nel 1839 da un astronomo. Infatti, il primo a creare la prima foto vera e propria fu lo scienziato Sir David Brewster, il quale diede il nome alla fotografia stenopeica nel suo libro, pubblicato nel 1850. Le sue fotografie sono esposte in alcuni musei di Londra.

Mentre nel XX e XXI secolo, ci fu l'avvento della fotografia digitale, il concetto della fotografia stenopeica fu di grande aiuto nel sviluppare oggetti di tecnologia avanzata da parte delle grandi industrie come la NASA, dove le lenti non erano necessarie.

Costruire la fotocamera modifica

Una macchina con foro stenopeico può essere costruita manualmente da qualsiasi fotografo. La più semplice consiste in una scatola internamente buia e a tenuta di luce, con un foro piccolo su una parete e del materiale fotosensibile sulla parete interna opposta. L'otturatore può essere ricavato da una linguetta di cartone nero, la quale copre il foro e viene rimossa quando si vuole fotografare qualcosa, e poi reinserita.

Il foro, invece, può essere creato con un foglio di alluminio, preso da una lattina, squadrato, con lato 2 o 3 cm. Il foro si ottiene forando il foglio con la punta di un ago. Particolare attenzione va prestata alla forma del foro; infatti, esso deve essere il più possibile rotondo e non deve avere imperfezioni. Il lato interno della lamina va poi dipinto di nero. La distanza tra il foro e la pellicola, che corrisponde alla lunghezza focale, può essere resa variabile facendo scorrere le pareti della scatola. Spostando la pellicola vicino al foro aumenterà l'angolo di campo e la luminosità, allontanando la pellicola si dovrà incrementare l'esposizione e l'angolo di campo sarà più stretto.

Un metodo per calcolare la dimensione ottimale del foro, ipotizzato per la prima volta da Joseph Petzval e migliorato da Lord Rayleigh, si basa sulla formula seguente:

 

dove   è il diametro,   è la lunghezza focale (la distanza tra il foro e la pellicola) e   è la lunghezza d'onda media della luce. La luce visibile è una porzione dello spettro elettromagnetico compresa approssimativamente tra i 400 e i 700 nanometri (nm) (nell'aria). Il valor medio che di solito si usa è pari a 550 nm e corrispondente al colore giallo-verde. Per una fotocamera 35 mm la dimensione migliore è compresa tra 0,2 mm e 0,3 mm.

Calcolare l'esposizione modifica

Il tempo di esposizione dipende dalla sensibilità del supporto fotografico utilizzato e dal rapporto di diaframma. Quest'ultimo viene calcolato dividendo la lunghezza focale per il diametro del foro. Per esempio, avendo un diametro di 0,5 mm e una lunghezza focale di 50 mm, il rapporto di diaframma corrisponde a f/100. Con 100 ISO di sensibilità e f/100 di rapporto di diaframma, e supponendo di trovarci in pieno sole, il tempo di esposizione sarà di circa 1/4 di secondo. Se viene utilizzata della pellicola fotografica, è importante anche calcolare il difetto di reciprocità specifico.

Utilizzi modifica

La stenoscopia è stata utilizzata nel disegno e come macchina fotografica popolare. Abbandonata a causa della pessima luminosità e nitidezza, è stata nuovamente adottata, grazie alla profondità di campo illimitata, da fotografi alla ricerca di nuovi punti di vista e come strumento artistico, a causa del risultato spesso imprevedibile dello scatto.

La solargrafia è realizzata usando fotocamere a foro stenopeico costruite principalmente con lattine di alluminio, con tempi di esposizione di diversi mesi[5]

Il progetto della NASA, New Worlds Imager, ha proposto l'utilizzo di una fotocamera a foro stenopeico con diametro di 10 m e della lunghezza focale di 200.000 km per fotografare pianeti della dimensione della Terra in altri sistemi solari.

Note modifica

  1. ^ DIZIONARIO GRECO ANTICO - Greco antico - Italiano, su grecoantico.com. URL consultato il 12 marzo 2022.
  2. ^ DIZIONARIO GRECO ANTICO - Greco antico - Italiano, su grecoantico.com. URL consultato il 12 marzo 2022.
  3. ^ Camera Obscura: Ancestor of Modern Photography | Encyclopedia.com, su www.encyclopedia.com. URL consultato il 9 settembre 2022.
  4. ^ Giacomo Devoto, Gian Carlo Oli, Dizionario della lingua italiana, Firenze, Le Monnier, 1971.
  5. ^ Articolo sulla Solargrafia, su coelum.com.

Voci correlate modifica

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica

Controllo di autoritàThesaurus BNCF 18502 · LCCN (ENsh85101296 · BNF (FRcb134939230 (data) · J9U (ENHE987007543636405171
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