Proclama di Anitta

Il Proclama di Anitta o Iscrizione di Anitta è un testo in scrittura cuneiforme ittita. È un breve resoconto della vicenda che portò alla prima formazione di un regno ittita in Anatolia ed è considerato il più antico testo in lingua ittita attualmente conosciuto (e anche il primo esempio in assoluto di una lingua indoeuropea).

Il testo, il cui autore sarebbe Anitta (un antico re ittita), ci è giunto in frammenti e in tre diverse copie: una del XVI secolo a.C. creata dunque ai tempi del regno di Hattušili I (uno dei primi sovrani di Ḫattuša) e due del XIII secolo a.C. Presumibilmente erano a loro volta copie di una originale iscrizione, risalente al XVII secolo a.C. e scolpita su una stele posta all'ingresso della città del re[1][2] (CTH 1.A-B ovvero la copia più antica è la KBo III 22=BoTU 7, un'altra è la KUB XXVI 71=BoTU 30 che contiene un frammento del proclama di Anitta e parte degli annali di Ammuna, la terza è la KUB XXXVI 98(+)98a(+)98b etc.[3]; vedi pagina sulla lingua ittita per il significato delle sigle di classificazione).

Contenuto modifica

L'iscrizione tratta delle conquiste in Anatolia centrale di due antichi re ittiti, membri di una dinastia che regnò originariamente in una città chiamata Kuššara: Pithana e suo figlio Anitta, l'autore del testo. I nomi di questi re compaiono anche in altri antichi testi e si possono collocare nel periodo storico corrispondente alla seconda fase della colonia paleo-assira (karum) di Kaneŝ[1].

Il proclama è composto da una breve dedica iniziale e da un più lungo racconto delle campagne di Anitta, preceduto da un prologo che racconta l'ascesa della città di Kuššara fino alla conquista della supremazia nell'Anatolia centrale durante il regno di Pithana, padre di Anitta[4].

L'iscrizione racconta come Pithana, re di Kuššara (una città-Stato di cui non si conosce la precisa collocazione geografica, ma che sarà spesso ricordata nei testi ittiti come sede di uno dei rami della famiglia reale), abbia conquistato la città di Neša (o Kaneš, l'odierna Kültepe). La tavoletta di Anitta cita le gesta del padre Pithana, probabilmente per dimostrare come suo figlio si fosse mosso con coerenza nel solco politico-militare tracciato da Pithana stesso, continuando nella strategia di sottomissione delle città vicine, incluse Ḫattuša e Zalpuwa (o Zalpa).

Ecco il testo dell'iscrizione[5][6], seguendo principalmente la traduzione di Neu[7] e Hoffner[8]:

«1-4. Anitta, figlio di Pithana, re di Kuššara, parla così! Era caro a Tarhunni [dio del tempo atmosferico, della tempesta, ndr] del Cielo, e sebbene fosse caro a Tarhunni del Cielo, il re di Neša fu sottomesso al re di Kuššara.
5-9. Il re di Kuššara, Pithana, scese dalla città con un forte esercito, e prese la città di Neša nella notte con la forza. Fece prigioniero il re di Neša, ma non fece alcun male agli abitanti di Neša, invece, li considerò come madri e padri.
10-12. Dopo [la morte di] mio padre, Pithana, io ho sedato una rivolta nello stesso anno. Tutte le terre nella direzione del sorgere del sole (cioè dell'est) si sollevarono, ma io ho sconfitto ciascuno dei predetti.
13-16. [...] la città di Ullama [...] Il re di Hatti si [ritirò] [...] nella città di Tešma ed io sconfissi [...] la città di Neša f[uoco? ..].
17-19. [Io presi] la città di Ḫarkiuna di giorno. Io presi la città di Ullamma di notte durante una tempesta. [Io presi] la città di Tenenda di giorno
20-26. Io ho dedicato al dio delle tempeste di Neša. Noi abbiamo con[segnato] le prede al dio delle tempeste. Chiunque diventato re dopo di me, chiunque procedesse al reinsediamento della città di Ullamma, della città di Tenenda, e la città Ḫarkiuna - [i nemici] di Nesa, possa essere il Dio della Tempesta di Nesa ostile a loro! Possa egli essere [...] in tutte le terre! Come un leone [...] nelle terre.
27-29. [...] qualcosa sopra [...] [se] egli fonda. Di lui al dio della tempesta [...] [...].
30-32. [Nell'anno ...] dopo [la morte] di mio padre [io arrivai] al mare di Zalpuwa. [...] Il mare di Zalpuwa [era il mio confine] (Neu invece traduce[Dove? (a p. 13 non integra le lacune)]: quei paesi che si erano sollevati vicino al mare di Zalpuwa li vinsi presso il mare di Zalpuwa[7])
33-35. [Ho riprodotto] queste parole dalla stele posta all'ingresso della mia [città]. D'ora in avanti e per sempre nessuno potrà annullare questo proclama. Chiunque lo annulli possa essere considerato nemico di Neša!
36-37. Una seconda volta Piyušti, il re di Hatti, venne. Alla città Šalampa [ho sconfitto?] le truppe alleate che aveva portato.
38-48. [Io conquistai] tutte le terre da Zalpuwa fino al mare (così secondo Carruba (2003: 33); Hoffner invece traduce: da questo lato del mare). In precedenza, Uhna, il re di Zalpuwa, aveva rimosso la nostra Sius [statua sacra di divinità protettrice, ndr] dalla città di Neša alla città di Zalpuwa. Ma poi, Io, Anitta, il Gran Re, ho riportato la nostra Sius da Zalpuwa a Neša. Ma Huzziyas, il re di Zalpuwa, l'ho riportato vivo a Neša. [Dato che] la città di Ḫattuša [...] [non] si unì al [tradimento contro di] me, io l'ho lasciata sola. Ma poi, [...] quando ha cominciato a soffrire la fame, la mia dea, Halmasuwiz, la porse a me. E nella notte l'ho conquistata con la forza, e al suo posto, ho seminato erbacce.
49-51. Chi diventerà re dopo di me, se ricostruirà di nuovo Ḫattuša, che Tarhunni del Cielo lo colpisca!
52-54. Mi sono quindi rivolto verso la città Šalatiwara. Šalatiwara fece uscire la [sua tu...] di legno [. . . e] le sue truppe contro (me). [Io] li portai fuori a Neša.
55-56. Ho costruito nuovi quartieri nella città in Neša. Dietro la città ho costruito un tempio per il dio della tempesta del cielo e una per il [nostro] dio.
57-58. Ho costruito un tempio per Ḫalmašuitt, un tempio per il dio della tempesta, mio signore, e un tempio per il [nostro] dio. Con il bottino conquistato nella campagna, con queste cose ho decorato [questi].
59-63. Ho fatto un voto. [Sono andato in] una battuta di caccia. Lo stesso giorno ho portato a Nesa, la mia città, due leoni, settanta maiali, uno (o sessanta) cinghiale, centoventi animali selvatici, tra cui leopardi, leoni, cervi, stambecchi, o [. . .]. Ho portato [questo] alla mia città Neša.
64-67. Nell'anno (successivo) sono uscito contro la città Šalatiwara, per la battaglia. Il re di Šalatiwara, insieme ai suoi figli, si alzò. Egli venne contro [di me]. Lasciò la sua terra e la sua città, e prese il fiume Ḫulanna (come la sua posizione).
68-72. [L'esercito] di Nesa uscì contro di [lui] e diede fuoco alle sue città. Quelli che [furono catturati] in città: 1.400 truppe. 40 squadre di cavalli, [. . . .] furono così approntate e sottomesse.
73-79. Quando uscii in campagna [contro Purušḫanda]. L'uomo di Purušḫanda [inviò] a me come dono un trono di ferro (e) uno scettro di ferro. Quando sono tornato a Nesa, ho portato l'Uomo di Purušḫanda con me. Quando entrerà nella sala reale, si siederà davanti a me sulla destra.»

Note modifica

  1. ^ a b (EN) Trevor Bryce, The Kingdom of the Hittites, Oxford University Press, 2005, p. 35.
  2. ^ (EN) Oliver Robert Gurney, The Hittites, Penguin Books, 1990.
  3. ^ (DE) Silvin Košak, Konkordanz der hethitischen Keilschrifttafeln - Suchergebnis, su Catalog der Texte der Hethiter (CTH), Universitat Wuerzburg. URL consultato il 17 gennaio 2015.
  4. ^ (EN) Gojko Barjamovic, Historical Geography of Anatolia in the Old Assyrian Colony Period, Copenhagen, Museum Tusculanum Press, 2011, pp. 148-150.
  5. ^ (EN) Il Proclama di Anitta sul sito Ganino, su ganino.com. URL consultato il 29 ottobre 2022.
  6. ^ (DE) Il Proclama di Anitta sul sito TITUS DIDACTICA, su titus.uni-frankfurt.de. URL consultato il 6 luglio 2014.
  7. ^ a b Neu, pp. 10-15.
  8. ^ Hoffner, pp. 182-184.

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica