Rhinopithecus bieti

specie di animali della famiglia Cercopithecidae

Il rinopiteco bruno (Rhinopithecus bieti Milne Edwards, 1897) è un primate della famiglia dei Cercopitecidi originario della Cina[2].

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Rinopiteco bruno
Stato di conservazione
In pericolo[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdinePrimates
SottordineHaplorrhini
InfraordineSimiiformes
SuperfamigliaCercopithecoidea
FamigliaCercopithecidae
SottofamigliaColobinae
GenereRhinopithecus
SpecieR. bieti
Nomenclatura binomiale
Rhinopithecus bieti
Milne Edwards, 1897
Areale

Il suo nome è un omaggio a Félix Biet (1838-1901) delle Missioni Estere di Parigi, missionario francese e naturalista nel Tibet.

Descrizione

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Il rinopiteco bruno è la più minacciata delle tre specie di rinopitechi presenti in Cina. Misura 51–83 cm di lunghezza e ha una coda di 52–75 cm; i maschi pesano 15–17 kg, mentre le femmine, più piccole, non superano i 9,2–12 kg[3]. Il manto, lungo e ispido, è di colore prevalentemente nero su dorso e zampe e bianco sulle regioni inferiori[3]. Altri peli bianchi, particolarmente lunghi nei maschi adulti, sono presenti anche sui fianchi. Le labbra sono di colore rosa intenso, mentre la faccia è di colore più chiaro; sulle spalle vi sono dei peli grigio-giallastri[3]. Questa scimmia deve il nome comune di «rinopiteco», cioè «scimmia nasuta», alla struttura insolita del naso, privo di ossa nasali e con le narici rivolte all'insù[3][4]. Alla nascita i piccoli sono bianchi, ma divengono grigi nel giro di pochi mesi[3].

Distribuzione e habitat

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Il rinopiteco bruno è presente, con circa 13 sottopopolazioni isolate, sui monti Yunling, una catena montuosa della Cina sud-occidentale al confine tra lo Yunnan nord-occidentale e il Tibet sud-orientale[5][6].

Vive ad altitudini maggiori di qualsiasi altro primate, a eccezione dell'uomo[6]. Abita le foreste di conifere, ad altitudini comprese tra i 3000 e i 4500 m, dove il gelo regna incontrastato per circa 280 giorni all'anno[3][5] e il suolo è ricoperto da un manto nevoso spesso anche più di un metro[6].

Biologia

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Conosciamo ben poco riguardo alle abitudini di questa scimmia elusiva, e i primi studi accurati sulla sua ecologia e sul suo comportamento sono stati effettuati solamente nel corso degli anni novanta[4].

Diversamente dagli altri colobini (che generalmente si nutrono di foglie), il rinopiteco bruno si nutre soprattutto di licheni, in particolare di quelli del genere Bryotia[7]. I licheni sono una fonte di cibo abbondante e facile da digerire, ma sono anche piuttosto carenti da un punto di vista nutrizionale; questa dieta insolita ha spinto questo primate arboricolo a comportamenti piuttosto inusuali[4]. Sono stati osservati gruppi numerosi costituiti anche da diverse centinaia di esemplari che tendono a spostarsi e a riposare insieme[4][7], all'interno dei quali si distinguono piccole unità familiari di due tipi: unità riproduttive, rappresentate dall'harem del maschio con le sue femmine e la prole (dette OMU=One Male Unit), e unità non riproduttive, formate da gruppi di soli maschi (dette AMU=All Male Unit)[8]. Nella stagione degli accoppiamenti i maschi sessualmente maturi segnalano il loro status con un pronunciato arrossamento della pelle delle labbra.[9].

La necessità di licheni, che hanno bisogno di 10-15 anni per rigenerarsi, ha spinto queste scimmie a condurre uno stile di vita più errabondo[4]. Ciascuna banda copre una distanza di 1500 m al giorno e occupa un territorio che può raggiungere i 25 km² di estensione[7]. Questa specie ha inoltre un tasso di natalità molto basso; gli scienziati stimano che le femmine partoriscano un unico piccolo ogni tre anni[4].

Conservazione

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Il numero dei rinopitechi bruni è diminuito soprattutto a causa della distruzione dell'habitat e della pressione venatoria[6]. La popolazione umana di questo remoto angolo della Cina è aumentata moltissimo nel corso degli ultimi decenni e una vasta area delle foreste dove vive il rinopiteco è stata abbattuta, sia per far fronte alla richiesta di legname che per fare spazio ai terreni agricoli[4]. I pochi esemplari rimasti, meno di 2000, sono isolati in sacche forestali frammentate[10]. La caccia a questo primate è vietata dal 1975, ma la mancanza di fondi e di uno staff adeguato fa sì che la legge sia difficile da rispettare, e la caccia continua tuttora[3]. Le scimmie vengono inoltre catturate accidentalmente in trappole poste per altri animali selvatici[6].

  1. ^ (EN) Mittermeier, R.A. & Rylands, A.B. (Primate Red List Authority) 2008, Rhinopithecus bieti, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Rhinopithecus bieti, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  3. ^ a b c d e f g Macdonald, D. (2001) The New Encyclopedia of Mammals. Oxford University Press, Oxford.
  4. ^ a b c d e f g Institute of East Asian Studies, University of California - MYSTERY OF THE YUNNAN SNUB-NOSED MONKEY Archiviato l'11 luglio 2010 in Internet Archive. (November, 2002).
  5. ^ a b Richardson, M. (2006) Pers. comm.
  6. ^ a b c d e Animal Info (November, 2002).
  7. ^ a b c (EN) Small F.M., China's Mountain Monkeys, in New Scientist, vol. 154, n. 2084, 1997, p. 38.
  8. ^ (EN) Kirkpatrick R.C., Y. C. Long, T. Zhong, L. Xiao, Social Organization and Range Use in the Yunnan Snub-Nosed Monkey Rhinopithecus bieti, in International Journal of Primatology, vol. 19, n. 1, 1998, pp. 13-51.
  9. ^ (EN) Grueter C.C., Pingfen Zhu, William L. Allen, James P. Higham, Baoping Ren, Ming Li, Sexually selected lip colour indicates male group-holding status in the mating season in a multi-level primate society, in R. Soc. open sci., vol. 2, 2015, p. 150490.
  10. ^ Renmei, R., Kirkpatrick, R.C., Jablonski, N.G., Bleisch, W.V. and Canh, L.X. (1998) Conservation status and prospects of the snub-nosed langurs (Colobinae: Rhinopithecus). In: Jablonski, N.G. (Ed) The Natural History of the Doucs and Snub-nosed Monkeys. World Scientific, Singapore.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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