Ludovico Ariosto: differenze tra le versioni

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| didascalia =[[Tiziano Vecellio|Tiziano]], ''[[Ritratto dell'Ariosto]]'', 1515 circa, [[Pittura a olio|olio su tela]], [[Indianapolis Museum of Art]]
| carica = Governatore della Garfagnana
| mandatoinizio = 20 febbraio 1522<ref name=PaolaTaddeucci>{{cita web|url=https://iltirreno.gelocal.it/regione/2016/04/22/news/il-poeta-governatore-nell-inferno-della-garfagnana-1.13345131|titolo=Il poeta-governatore nell'inferno della Garfagnana|accesso =4 ottobre 2020|autore=Paola Taddeucci|periodico=[[Il Tirreno]]|dataarchivio=29 marzo 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200329174707/https://iltirreno.gelocal.it/regione/2016/04/22/news/il-poeta-governatore-nell-inferno-della-garfagnana-1.13345131|urlmorto=no}}</ref>
| mandatofine = marzo 1525<ref name=sapegno/>
| alma mater =
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Il suo ''[[Orlando furioso]]'' è tra i poemi più importanti della [[letteratura cavalleresca]] quindi è considerato il codificatore della favola romanzesca e tra i massimi esponenti e cantori di Ferrara legati al [[rinascimento ferrarese|rinascimento estense]] con [[Matteo Maria Boiardo]] e [[Torquato Tasso]]<ref name=EmilioCecchi>{{Cita|Ferrara.Po.Cattedrale.Corte|pp. 201-216}}.</ref> e un seguace dei precetti sulla fondazione di una lingua nazionale italiana dell'amico [[Pietro Bembo]].<ref>{{Cita|Bruscagli|pp. 354-355}}.</ref><ref name=ariostoculturale>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/index.html|titolo=Ludovico Ariosto|accesso=18 settembre 2020}}</ref>
 
La sua [[ottava rima]], definita "ottava d'oro", rappresenta una delle massime espressioni raggiunte dalla [[metrica]] [[Poesia|poetica]] prima dell'[[illuminismo]]<ref>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b18.html|titolo=Orlando furioso: l'ottava rima|accesso=18 settembre 2020|dataarchivio=3 giugno 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200603222509/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b18.html|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/Ariosto/Soldani.html|titolo=La misura nel caos: l'ottava di Ariosto|autore=Arnaldo Soldani|data=5 dicembre 2016|accesso=18 settembre 2020|dataarchivio=20 marzo 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200320193300/http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/Ariosto/Soldani.html|urlmorto=no}}</ref> e rappresentò l'apice raggiunto dall'umanesimo ferrarese anche con il suo recupero del teatro classico.
 
== Biografia ==
[[File:Reggio Emilia casa ove nacque Lodovico Ariosto.jpg|thumb|left|[[Xilografia]] della casa dove nacque Ludovico Ariosto presente in ''La Patria. Geografia dell'Italia. Provincie di Parma e Piacenza'' di Gustavo Strafforello, pubblicato dall'[[UTET|Unione Tipografico Editrice]] nel 1902<ref>{{Cita web|url=https://www.maremagnum.com/libri-antichi/la-patria-geografia-dell-italia-provincie-di-parma-e/146210922|titolo=Strafforello Gustavo - La Patria. Geografia dell'Italia. Provincie di Parma e Piacenza|sito=maremagnum.com|accesso=19 settembre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502161540/https://www.maremagnum.com/libri-antichi/la-patria-geografia-dell-italia-provincie-di-parma-e/146210922|urlmorto=no}}</ref>]]
Ludovico Ariosto nacque a [[Reggio Emilia]] l'8 settembre 1474, primo di dieci figli<ref>{{Cita|Satire|p. 7}}{{Citazione|Io son de dieci il primo [...]}}</ref> avuti da Daria Malaguzzi Valeri e [[Niccolò Ariosto]]. Il padre, di origini bolognesi, fu tra i primi appartenenti al ramo ferrarese della nobile famiglia degli [[Ariosti]]<ref name=vita/><ref>{{Cita|Pigna|p. 11}}.</ref><ref>{{Cita|Garofalo|p. 16}}.</ref> ed era capitano della rocca di Reggio, presidio militare degli [[Este]] al tempo di [[Ercole I d'Este|Ercole I]]. Daria Malaguzzi apparteneva invece con tutta la sua famiglia alla nobiltà reggiana.<ref group=N>L'origine dello stretto rapporto con la signoria di Ferrara risale a [[Lippa Ariosti]], figlia di Iacopo Ariosti nobile bolognese, la quale nel 1347, in punto di morte, si sposò con [[Obizzo III d'Este]]. Cfr. {{Cita|Baruffaldi|pp. 10-11}}.</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/a1.html|titolo= Reggio Emilia|accesso=19 settembre 2020}}</ref><ref>{{cita|Ginguené|p. 7}}.</ref>
 
Due sorelle di Ludovico furono [[monache domenicane]]. Dorotea Ariosto nel convento annesso alla chiesa di San Rocco (scomparsa)<ref>{{Cita web|url=https://www.comune.fe.it/2725/attach/superuser/docs/tav2_analisi_storica_area.pdf|titolo=Piano di recupero dell'area ex Sant'Anna|sito=comune.fe.it|formato=pdf|accesso=23 settembre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502161540/https://www.comune.fe.it/2725/attach/superuser/docs/tav2_analisi_storica_area.pdf|urlmorto=no}}</ref> e Virginia Ariosto
nel convento di Santa Caterina Martire.<ref>{{Cita web|url=https://www.ferrara24ore.it/area/ferrara/2019/10/25/al-via-interventi-post-sisma-nellex-convento-di-santa-caterina/|titolo=Al via interventi post sisma nell’ex convento di Santa Caterina|sito=ferrara24ore.it|accesso=23 settembre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502161543/https://www.ferrara24ore.it/area/ferrara/2019/10/25/al-via-interventi-post-sisma-nellex-convento-di-santa-caterina/|urlmorto=no}}</ref> Anni dopo anche una pronipote del poeta, Anna Maria, fu monaca nel monastero di Santa Caterina col nome di suor Marianna.<ref>{{Cita|Gerolamo Melchiorri|pp. 39-40}}.</ref>
 
=== Formazione ===
==== Reggio Emilia e Rovigo (1474-1482) ====
Nel 1479 il padre lasciò il comando del presidio militare reggiano e si trasferì con un analogo incarico a [[Rovigo]] lasciando Ludovico e l'intera famiglia a Reggio Emilia sino all'inizio del 1481. Nella città [[Veneto|veneta]] Niccolò poté godere di vantaggi economici, come una residenza a titolo gratuito, e quando anche il giovane Ludovico vi si trasferì vi rimase pochissimo tempo poiché con lo scoppio della [[Guerra di Ferrara (1482-1484)|guerra]] tra il [[Ducato di Ferrara]] e la [[Repubblica di Venezia]], nel 1482, le truppe della Serenissima entrarono in città. Il padre venne catturato assieme al commissario ducale Giacomo dal Sacrato ma prima della presa di Rovigo aveva avuto il tempo di rimandare la sua famiglia a Reggio Emilia, accolta dai parenti della moglie e potendo contare sul [[Il Mauriziano]], che i Malaguzzi avevano acquistato già nella prima metà del [[XV secolo]]. La concitazione del momento creata dall'urgenza di fuggire dai pericoli ed altri problemi di trasferimento fecero perdere tutte le proprietà ed i beni che erano stati raccolti a Rovigo che quindi andarono perduti. Lo stesso Ludovico, che all'epoca aveva otto anni, in seguito non ricordò questo breve intervallo della sua vita anche se citò Rovigo nel suo massimo poema, definendola città delle rose.<ref>{{Cita web|url=http://www.venetograndeguerra.it/itinerari-dettaglio?path=/Itinerari/VenetoDeiMisteri/Rovigo&lang=it|titolo=La città delle rose|sito=venetograndeguerra.it|accesso=7 ottobre 2020|dataarchivio=11 ottobre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201011165237/http://www.venetograndeguerra.it/itinerari-dettaglio?path=%2FItinerari%2FVenetoDeiMisteri%2FRovigo&lang=it|urlmorto=no}}</ref> Il padre venne liberato subito dopo la resa di Rovigo.<ref>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/a2.html|titolo=Rovigo|sito=internetculturale.it|accesso=20 settembre 2020}}</ref>
 
==== Ferrara (1482-1497) ====
[[File:02 Case Ariosti - Via Giuoco del Pallone - Ferrara.jpg|thumb|Case Ariosti in [[via Giuoco del Pallone]] a Ferrara. Fu residenza dello zio del poeta, Brunoro Ariosti]]
Nel 1482 gli Ariosto giunsero a Ferrara, stabilendosi in un edificio in [[via Giuoco del Pallone#Origini del nome|strada di Santa Maria delle Bocche]] (dal nome di una chiesa che venne demolita) vicino alla [[Chiesa di San Gregorio Magno (Ferrara)|chiesa di San Gregorio Magno]]<ref name=MagnaDomus>{{Cita web|url=http://www.museoferrara.it/view/s/c8f79de9331741d39fc5bde72aebea9b|titolo=La Magna Domus al civico 31|accesso=8 ottobre 2020|dataarchivio=9 gennaio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200109225048/http://www.museoferrara.it/view/s/c8f79de9331741d39fc5bde72aebea9b|urlmorto=no}}</ref>, dove nel 1478 il vescovo [[Bartolomeo Della Rovere]] aveva investito i quattro fratelli Nicolò, Lodovico Bruno e Francesco.<ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 50-51}}.</ref>
Nella città estense il padre ricoprì le cariche di tesoriere generale delle truppe e di capo dell’amministrazione comunale<ref>{{Cita web|url=http://www.museoferrara.it/view/s/2aa88d513efb4fc686d63181aaacc32c|titolo=Ludovico Ariosto|sito=museoferrara.it|accesso=8 ottobre 2020|dataarchivio=18 febbraio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200218105747/http://www.museoferrara.it/view/s/2aa88d513efb4fc686d63181aaacc32c|urlmorto=no}}</ref> e affidò il giovane primogenito dal 1484 al 1486 al pedagogo Domenico Catabene di [[Argenta]], e dal 1486 al 1489 a Luca Ripa (celebre intellettuale di corte residente vicino alla casa degli Ariosti, in contrada San Gregorio), che gli insegnarono grammatica.<ref name=internetFerrara>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/a4.html|titolo=Ferrara|sito=internetculturale.it|accesso=8 ottobre 2020|dataarchivio=25 dicembre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191225030800/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/a4.html|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 56}}.</ref><ref name=Bruscagli>{{Cita|Bruscagli|p. 297}}.</ref> [[Natalino Sapegno]] avvertì come «dell'agitata carriera paterna dovettero risentire l'infanzia e l'adolescenza dell'A., che certo lo seguì nei frequenti e repentini trasferimenti, da Reggio a Rovigo, a Ferrara, a Modena, e poi nuovamente a Ferrara.»<ref name=sapegno>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/ludovico-ariosto_(Dizionario-Biografico)/|titolo=ARIOSTO, Ludovico|autore=Natalino Sapegno|sito=Dizionario Biografico degli Italiani - volume 4|anno=1962|accesso=8 ottobre 2020|dataarchivio=16 ottobre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201016150351/https://www.treccani.it/enciclopedia/ludovico-ariosto_%28Dizionario-Biografico%29/|urlmorto=no}}</ref> Di fatto dal primo marzo 1489 Niccolò era diventato capitano di [[Modena]] e fece in modo che il figlio fosse al suo fianco e che seguisse dei rudimenti linguistici da un altro importante grammatico.<ref name=modena>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/a3.html|titolo=Modena|accesso=8 ottobre 2020}}</ref>
[[File:Stemma Ariosti.JPG|thumb|left|verticale=0.6|Stemma degli [[Ariosti|Ariosto]]]]
In breve ritornò a Ferrara e venne affidato agli zii. Qui, contro la sua volontà, si iscrisse all'[[Università degli Studi di Ferrara|ateneo cittadino]]<ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 19}}.</ref> l'[[Università degli Studi di Ferrara]] e in cinque anni ottenne il titolo di giusperito.<ref name=modena/> I suoi interessi tuttavia non erano indirizzati alla legge ma al teatro, e la corte estense offriva al giovane ogni migliore occasione in questo campo. A Ferrara da tempo convenivano note compagnie teatrali e la stessa grande piazza del palazzo ducale era stata in varie occasione trasformata in spazio teatrale.<ref>{{Cita|Ferrara.Po.Cattedrale.Corte|pp. 318-319}}.</ref>
 
Nel 1493 prese parte ad alcune rappresentazioni della compagnia teatrale di corte, accompagnando il duca [[Ercole I d'Este]] a [[Milano]] e [[Pavia]] ad agosto,<ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 71}}.</ref> e stese un testo drammatico, ''[[Tragedia di Tisbe]]'', ispirato alle ''[[Le metamorfosi (Ovidio)|Metamorfosi]]'' di [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]].<ref name=internetFerrara/><ref name=Bruscagli/><ref>{{cita web|titolo=Ariosto e la commedia: scorci di vita quotidiana|autore=Roberta Fabozzi|url=https://www.lacooltura.com/2015/05/ariosto-e-la-commedia-scorci-di-vita/|data=14 maggio 2015|accesso=3 aprile 2020|dataarchivio=10 agosto 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200810000734/https://www.lacooltura.com/2015/05/ariosto-e-la-commedia-scorci-di-vita/|urlmorto=no}}.</ref> Così dal 1494 abbandonò gli studi giuridici<ref>{{Cita|Satire|p. 47}}«dopo molto contrasto», versi 161-162.</ref> per dedicarsi agli studi ed alle attività umanistiche sotto la guida del monaco agostiniano [[Gregorio da Spoleto]],<ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 73}}.</ref> precettore di [[Rinaldo d'Este (1435-1503)|Rinaldo d'Este]] (fratello di Ercole I), [[Ercole Strozzi]] e [[Alberto III Pio di Savoia]] presso il [[Biblioteca comunale Ariostea|palazzo Paradiso]].<ref name=Bruscagli2>{{Cita|Bruscagli|p. 298}}.</ref><ref name="Gregorio">{{cita web|url=http://www.sapere.it/enciclopedia/Ari%C3%B2sto%2C+Ludovico.html|sito=[[Dizionario Biografico degli Italiani]]|accesso= 3 aprile 2020|editore=[[Enciclopedia Treccani|Treccani]]|titolo=GREGORIO Da Spoleto|autore=Emilio Russo|volume=59|anno=2002|dataarchivio=18 dicembre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191218195232/http://www.sapere.it/enciclopedia/Ari%C3%B2sto%2C+Ludovico.html|urlmorto=no}}</ref>
 
Con molta probabilità tra i due intercorse un rapporto molto affettuoso, che si declinò in un periodo durato fino al 1497 (anno dopo il quale maestro fu [[Sebastiano dall'Aquila]]) e che fu ricordato dall'autore nella ''[[Satire (Ariosto)|Satira VI]]'' «da cui traspare, all'interno un legame non solo intellettuale, un sincero attaccamento del poeta verso la figura reverenda del maestro»:<ref name="Gregorio"/><ref>{{Cita|Satire|pp. 47-48}}.</ref>
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che ragion vuol ch’io sempre benedica.|''[[Satire (Ariosto)|Satira VI]]'', vv. 163-168|inizio=163|numera=3}}
[[File:Pietro Bembo - Titian.jpg|thumb|[[Ritratto di Pietro Bembo]], [[Pittura a olio|olio su tela]] di [[Tiziano Vecellio]], del 1539 conservato alla [[National Gallery of Art]] di [[Washington]].]]
Negli ultimi anni del [[XV secolo]] e durante il suo periodo di formazione ebbe modo di approfondire i rapporti con [[Pietro Bembo]], che proprio tra il 1497 e il 1499 era a Ferrara per il suo primo soggiorno in città col padre, prima di dover tornare a Venezia.<ref>{{Cita|Kidwell|p. 18}}.</ref><ref>{{Cita|Mazzucchelli|p. 736}}.</ref>) Col Bembo, che mantenne come amico sino alla fine della sua vita,<ref>{{cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/a24.html|titolo=Pietro Bembo|sito=internetculturale.it|accesso=1º ottobre 2020|dataarchivio=25 dicembre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191225030539/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/a24.html|urlmorto=no}}</ref> approfondì le conoscenze per il lavoro di [[Francesco Petrarca]] provando entusiasmo crescente per le prospettive letterarie che questo offriva<ref>{{Cita|Ferroni|p. 284}}.</ref> e quindi iniziò a realizzare le sue prime composizioni in [[Verso|versi]] ed [[Epigramma|epigrammi]] in [[lingua latina|latino]].
Tra il 1494 e gli inizi del [[XVI secolo]] questi primi lavori, che seguirono la composizione classica giovanile rappresentata dalla ''[[Tragedia di Tisbe]]'', ebbero come temi vari argomenti e furono giudicati abbastanza criticamente da [[Lilio Gregorio Giraldi]], di cinque anni più giovane di Ariosto, che li definì «duriuscula», ovvero «duretti alquanto». Rappresentarono tuttavia un primo approccio al mondo classicista che, negli anni a seguire, avrebbe portato a risultati più ragguardevoli.<ref name=Bruscagli/><ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 131}}.</ref><ref>{{cita web|url=https://www.ilponterivista.com/ocwb/data/05-Ariosto%201938-1994/05-Appendice/00-01.html#footnote-375|titolo=Linee della critica ariostesca del 1950 ad oggi|autore=Rosanna Alhaique Pettinelli|sito=ilponterivista|accesso=1º ottobre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502161544/https://www.ilponterivista.com/ocwb/data/05-Ariosto%201938-1994/05-Appendice/00-01.html#footnote-375|urlmorto=no}}</ref>
 
=== Al servizio del cardinale Ippolito d'Este ===
==== Ludovico «famigliare» di Ercole I d'Este (1498-1503) ====
[[File:Mauriziano02.JPG|thumb|left|[[Il Mauriziano]], la villa dove soggiornò Ludovico nelle estati tra il 1494 e il 1497 e tra il 1502 e il 1503, di proprietà della madre Daria e acquistata nella prima metà del [[XV secolo]] dalla sua famiglia<ref>{{Cita web|url=https://www.comune.re.it/retecivica/urp/HomePage.nsf/PESIdDoc/B88AC1D98EBDEC14C125811E00573EC4/$file/Mauriziano%20-%20Scheda%20storica%20(12.52.107).pdf|titolo=Il Mauriziano - scheda storica|sito=Comune.re.it|accesso=27 febbraio 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502161543/https://www.comune.re.it/retecivica/urp/HomePage.nsf/PESIdDoc/B88AC1D98EBDEC14C125811E00573EC4/$file/Mauriziano%20-%20Scheda%20storica%20%2812.52.107%29.pdf|urlmorto=no}}</ref>]]
Nel 1498 Ludovico venne accolto alla corte di [[Ercole I d'Este]], già celebre come [[mecenatismo|mecenate]] ed intenzionato a dar lustro alla sua casata, sostenuto in questo dalla consorte [[Eleonora d'Aragona (1450-1493)|Eleonora d'Aragona]]. Il duca aveva già nominato il poeta [[Matteo Maria Boiardo]] suo ministro, aveva offerto protezione a [[Pandolfo Collenuccio]] esule da Pesaro e il giovane Ludovico fu all'inizio un «famigliare e nulla più». Questo rappresentò per lui la possibilità di occuparsi maggiormente della produzione lirica in lingua volgare. Il periodo rimane ben testimoniato dalle sue rime che tuttavia non giunsero mai allo ''status'' di un organico [[canzoniere]].<ref name=Bruscagli/><ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 118}}.</ref>
 
Nel febbraio 1500, alla morte del padre, divenne il capo famiglia e su di lui ne ricaddero le responsabilità e la «cura dei domestici affari», oltre alla casa ferrarese in [[via Giuoco del Pallone]].<ref name="vita"/><ref name=MagnaDomus/><ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 97-98}}.</ref> Il fratello [[Galasso Ariosto|Galasso]]<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/galasso-ariosto_(Dizionario-Biografico)/|titolo=ARIOSTO, Galasso|autore=Luisa Bertoni Argentini|sito=treccani.it|accesso=24 settembre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502161613/https://www.treccani.it/enciclopedia/galasso-ariosto_%28Dizionario-Biografico%29/|urlmorto=no}}</ref> divenne cortigiano del cardinale [[Innocenzo Cybo]] e Alessandro<ref>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/a17.html|titolo=Alessandro Ariosto|sito=internetculturale.it|accesso=24 settembre 2020}}</ref> entrò a far parte della cerchia attorno al cardinale [[Ippolito d'Este]] e Carlo, nel [[Regno di Napoli]], si avviò all'attività di commerciante.
<ref group=N> egli adempì a questo compito non senza sofferenza ma «rivelando doti di accorto e paziente massaio, provvedendo ad assistere amorevolmente la madre, ad accasare le sorelle senza intaccare l'eredità comune, e a collocare con onore i fratelli»</ref>
 
Ludovico venne costretto dalla sua nuova condizione a tralasciare la sua attività poetica e ad allontanarsi da Ferrara per controllare e amministrare i poderi degli Ariosti a Reggio e soggiornando in periodi prolungati, sino al 1503, nella casa materna, [[Il Mauriziano]].<ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 98-103}}.</ref> Nel 1502 ricevette l'incarico di capitano del [[castello di Canossa]]<ref>{{Cita web|url=https://www.britannica.com/biography/Ludovico-Ariosto#ref281735|titolo=Ludovico Ariosto|autore=[[Giovanni Aquilecchia]]|lingua=en|accesso=11 aprile 2020|sito=[[Enciclopedia Britannica|Encyclopedia Britannica]]|dataarchivio=25 luglio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200725055603/https://www.britannica.com/biography/Ludovico-Ariosto#ref281735|urlmorto=no}}</ref> e l'anno successivo nacque il suo primo figlio, Giambattista. Lo ebbe dalla domestica Maria che stava nella casa della famiglia fin dai tempi di Niccolò e il padre non lo riconobbe mai completamente e lo escluse dal suo testamento del 1522.<ref name=sapegno/><ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 103-105}}.</ref>
 
==== Mansioni da chierico (1503-1509) ====
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Nel 1503 Ariosto rientrò a Ferrara da Reggio Emilia e, divenendo membro della corte estense che in quegli anni esercitava un ruolo di primo piano a livello internazionale, iniziò a far parte nel nuovo clima culturale che attraversava l'intera penisola. Secondo [[Natalino Sapegno]] la città di Ferrara attirò nel periodo a cavallo tra il [[XV secolo|XV]] e il [[XVI secolo]] quasi tutti i maggiori letterati e uomini di cultura del tempo che qui rimasero anche per periodi prolungati, tra questi [[Michele Marullo Tarcaniota]], [[Pandolfo Collenuccio]], [[Aldo Manuzio]], [[Pietro Bembo]], [[Gian Giorgio Trissino]], [[Matteo Bandello]], [[Ercole Bentivoglio (letterato)|Ercole Bentivoglio]], e [[Bernardo Tasso]]. Ariosto cominciò così a creare una fitta e vasta trama di rapporti e amicizie che descrisse poi nelle ottave iniziali del XLVI canto dell'''Orlando Furioso''.<ref name=sapegno/>
 
Nei primi anni fu al servizio del cardinale [[Ippolito d'Este]], figlio del duca [[Ercole I d'Este|Ercole]]<ref>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/a26.html|titolo=Ippolito d’Este|sito=InternetCulturale|accesso=6 ottobre 2020|dataarchivio=25 dicembre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191225030939/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/a26.html|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 117-118}}.</ref> ottenendo in breve gli [[ordini minori]] e quindi lo ''[[status]]'' di [[chierico]]. Ciò gli permise di usufruire di [[Beneficio ecclesiastico|benefici ecclesiastici]] e di rendite,<ref name=bruscagli2/> come quella della ricca chiesa [[parrocchia]]le di [[Chiesa di Santa Maria dell'Oliveto|Santa Maria dell'Oliveto]] di [[Montericco]] in [[provincia di Reggio Emilia]] alla quale però rinunciò per una controversia con il conte Ercole Manfredi.<ref>{{Cita web|url=http://www.culturaitalia.it/opencms/it/contenuti/percorsi/percorso243/capitolo_0004.html?language=it&tematica=&selected=|titolo=Con Ariosto e Boiardo nelle terre reggiane|sito=culturaitalia.it|accesso=6 ottobre 2020|dataarchivio=9 ottobre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201009094133/http://www.culturaitalia.it/opencms/it/contenuti/percorsi/percorso243/capitolo_0004.html?language=it&tematica=&selected=|urlmorto=no}}</ref>
 
Come in seguito espresse nella ''Satira I'' quel periodo non fu felice per Ariosto poiché «non aveva né inclinazione né talento» per i compiti che il cardinale gli affidava. Spesso Ippolito si serviva di lui nel ruolo di diplomatico ed ambasciatore segreto per gli affari che intratteneva con i membri delle principali casate italiane e queste sue attività da «[[cortigiano]] poeta», da «[[Cubicolario|cameriere segreto]]»<ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 119}}.</ref> e da «poeta cavallaro» (come le definì nella ''Satira VI''<ref>{{Cita|Satire|p. 49}}, verso 238.</ref>) gli impedirono di dedicarsi come avrebbe voluto alla sua attività letteraria.<ref name=lang>{{Cita|Langella, Frare, Gresti, Motta|p. 1}}.</ref>
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Mentre si trovava al servizio di [[Ippolito d'Este]], malgrado le difficoltà da lui lamentate e legate al poco tempo che gli incarichi assegnatigli dal cardinale gli lasciavano, Ariosto realizzò alcune delle opere che lo fecero conoscere come letterato. Nel 1507 stava ad esempio lavorando ad una «gionta a lo ''Innamoramento de Orlando''», espressione usata dal duca [[Alfonso I d'Este]] per descrivere al fratello Ippolito l'''[[Orlando furioso]]'', che in tal modo veniva inteso come il seguito del poema cavalleresco ''[[Orlando innamorato]]'', di [[Matteo Maria Boiardo]]. Alcune fonti anticipano addirittura di alcuni anni, cioè al 1504, i primi abbozzi sia delle commedie sia del ''Furioso''.<ref>{{Cita|Coluccia|p. 14}}.</ref><ref name=sapegno/><ref name=AriostoUmanista/> La riprova di questi lavori preparatori si ebbe quando il poeta fu a [[Mantova]] e venne ricevuto alla corte della [[Consorti dei sovrani di Mantova|marchesa]] [[Isabella d'Este]]. Ariosto era stato incaricato di portare l'omaggio e le felicitazioni del fratello Ippolito per la nascita del figlio [[Ferrante I Gonzaga]], avvenuta nel gennaio 1507 e in tale occasione il poeta le recitò anche alcuni brani delle sue opere, che evidentemente aveva già composto.<ref name=bruscagli2/><ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 129-134}}.</ref>
 
Nel 1508 presentò alla corte estense la sua prima opera teatrale completa, dopo la giovanile e perduta ''[[Tragedia di Tisbe]]'', la commedia ''[[Cassaria]]''. L'opera fu rappresentata il 5 marzo durante il [[carnevale]]<ref>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b5.html|titolo=La ''Cassaria''|sito=internetculturale.it|accesso=10 ottobre 2020}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/cassaria/|titolo=Cassaria|sito=treccani.it|accesso=10 ottobre 2020|dataarchivio=17 agosto 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180817013443/http://www.treccani.it/enciclopedia/cassaria|urlmorto=no}}</ref> e venne seguita l'anno successivo da ''[[I suppositi]]''.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Ludovico Ariosto|titolo=Opere Minori, a cura di C. Segre, Ricciardi, Milano-Napoli, pag. 297}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b6.html|titolo=I Suppositi|sito=internetculturale.it|accesso=10 ottobre 2020}}</ref> Entrambe si possono definire "commedie regolari", ispirate a [[Tito Maccio Plauto]] e [[Publio Terenzio Afro]] e volgarizzate dal Boiardo anni prima creando il nuovo filone del teatro comico cinquecentesco in lingua volgare.<ref name=bruscagli2>{{Cita|Bruscagli|p. 299}}.</ref><ref name=AriostoUmanista>{{Cita|Langella, Frare, Gresti, Motta|p. 2}}.</ref><ref name=bruscagli3/>
 
Nel 1509 nacque il secondogenito di Ariosto, [[Virginio Ariosto|Virginio]], avuto da Orsolina di Sassomarino, figlia del chiodaiolo ferrarese Giovanni. Virginio venne subito riconosciuto dal padre, cosa che non era avvenuta col primogenito Giambattista, e poté godere di un'attenzione particolare per tutta la vita, e accompagnò il padre anche in [[Garfagnana]].<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/virginio-ariosto_(Dizionario-Biografico)/|titolo=ARIOSTO, Virginio|opera=Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 4 |anno=1962|autore=Mario Quattrucci|accesso=28 aprile 2020|dataarchivio=4 marzo 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160304071402/http://www.treccani.it/enciclopedia/virginio-ariosto_%28Dizionario-Biografico%29/|urlmorto=no}}</ref><ref name="orsolina">{{Cita web|titolo=Casa di Orsolina|url=http://www.museoferrara.it/view/s/fba9b066248a48d9adcfe62245523007|autore=Stefania De Vincentis|accesso=10 ottobre 2020|dataarchivio=9 gennaio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200109225054/http://www.museoferrara.it/view/s/fba9b066248a48d9adcfe62245523007|urlmorto=no}}</ref> Il poeta rimase legato a Orsolina per molti anni e nel 1514 le comprò una casa nella strada di San Michele Arcangelo (poi [[via del Turco]]).<ref name="orsolina"/>
 
==== Missioni a Roma (1509-1512) ====
[[File:Pope Julius II.jpg|thumb|[[Raffaello Sanzio]], ''[[Ritratto di Giulio II]]'', 1511, [[Pittura a olio|olio su tavola]], conservato nella [[National Gallery (Londra)|National Gallery]] a [[Londra]].]]
Nel 1509 [[Alfonso I d'Este]] combatté contro la [[Repubblica di Venezia]] poiché aveva conquistato Rovigo ed alcune terre della Serenissima a nord del Po, compresa la rocca di [[Legnago]].<ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 139}}.</ref> Ludovico venne coinvolto nelle battaglie che seguirono, sino alla sconfitta delle forze [[este]]nsi. Il 16 dicembre venne mandato urgentemente a Roma per chiedere aiuti a [[papa Giulio II]], e poi tornò a Roma ancora due volte l'anno successivo. La prima volta tentò di far revocare una scomunica contro il duca colpevole di essersi schierato contro la [[Lega Santa (1511)|Lega Santa]] e di far accogliere le richieste di sfruttamento della [[salina di Comacchio]] e la seconda fu mandato dal cardinale Ippolito che tentava una conciliazione col papa dopo aver assunto la carica di abate dell'[[abbazia di Nonantola]].<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/ludovico-ariosto_(Enciclopedia-Italiana)/|2=ARIOSTO, Ludovico|sito=treccani.it|accesso=11 ottobre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502161547/https://www.treccani.it/enciclopedia/ludovico-ariosto_%28Enciclopedia-Italiana%29/|urlmorto=no}}</ref>
Nel 1512 tornò a Roma una quarta volta, al seguito del duca.<ref>{{Cita web|url=https://library.weschool.com/lezione/ludovico-ariosto-orlando-furioso-satire-4332.html|titolo=Ludovico Ariosto: vita e opere|accesso=11 ottobre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502161547/https://library.weschool.com/lezione/ludovico-ariosto-orlando-furioso-satire-4332.html|urlmorto=no}}</ref>
In tali occasioni diede prova di abilità diplomatiche ma non ebbe successo. La seconda volta rischiò pure di essere gettato in mare e dovette fuggire travestendosi «inseguito dagli sgherri del papa»<ref name=modena/><ref>{{Cita|Corniani|p. 34}}.</ref><ref name=bruscagli3>{{Cita|Bruscagli|p. 300}}.</ref> come descrisse poi in un'epistola indirizzata a [[Federico II Gonzaga]] del primo ottobre del 1512.<ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 139-140}}.</ref><ref>{{Cita giornale|url=https://www.ilponterivista.com/ocwb/data/05-Ariosto%201938-1994/05-Appendice/02-Le%20%C2%ABLettere%C2%BB%20e%20le%20%C2%ABSatire%C2%BB%20dell%E2%80%99Ariosto%20nello%20sviluppo%20e%20nella%20crisi%20del%20Rinascimento/02-01.html|titolo=Le «Lettere» e le «Satire» dell’Ariosto nello sviluppo e nella crisi del Rinascimento|anno=1978|accesso=20 aprile 2020|autore=[[Walter Binni]]|pubblicazione=|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502161550/https://www.ilponterivista.com/ocwb/data/05-Ariosto%201938-1994/05-Appendice/02-Le%20%C2%ABLettere%C2%BB%20e%20le%20%C2%ABSatire%C2%BB%20dell%E2%80%99Ariosto%20nello%20sviluppo%20e%20nella%20crisi%20del%20Rinascimento/02-01.html|urlmorto=no}}</ref>
[[File:The Death of Gaston de Foix in the Battle of Ravenna.jpg|thumb|Morte di [[Gaston de Foix-Nemours]] durante la [[battaglia di Ravenna (1512)|battaglia di Ravenna]], dipinto di [[Ary Scheffer]] conservato all'[[Ermitage]] di [[San Pietroburgo]].]]
 
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per far da me al fratel suo differenza.|''[[Satire (Ariosto)|Satira III]]'', vv. 97-102|inizio=97|numera=3}}
 
Ariosto si recò a Roma per assistere all'incoronazione e per rendere omaggio al nuovo pontefice. Non è certo se fu col seguito del duca [[Alfonso I d'Este]] oppure assieme agli ambasciatori [[Ermes Bentivoglio]]<ref>{{Cita web|urlhttps://www.treccani.it/enciclopedia/ermes-bentivoglio_(Dizionario-Biografico)|titolo=BENTIVOGLIO, Ermes|sito=treccani.it|accesso=13 ottobre 2020}}</ref> e Sigismondo Cantelmo<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/sigismondo-cantelmo_(Dizionario-Biografico)/|titolo=CANTELMO, Sigismondo|sito=treccani.it|accesso=13 ottobre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502161552/https://www.treccani.it/enciclopedia/sigismondo-cantelmo_%28Dizionario-Biografico%29/|urlmorto=no}}</ref> al seguito del cardinale [[Ippolito d'Este]].
 
Dopo la cerimonia Ariosto si trattenne a Roma sentendosi accolto dalla benevolenza del figlio di Lorenzo il Magnifico senza ottenere tuttavia alcuni vantaggi personali ai quali mostrava interesse<ref name=bruscagli3/> e in seguito, durante il viaggio di ritorno, avvenne il secondo episodio che gli modificò la vita. Durante la [[festa di san Giovanni Battista]] che si tenne a [[Firenze]] 24 giugno del 1513 incontrò [[Alessandra Benucci]], in quel momento moglie dell'amico Tito Strozzi.<ref name=bruscagli4>{{Cita|Bruscagli|p. 301}}.</ref><ref>{{Cita|Pieri|p. 400}}.</ref><ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 145-153}}.</ref> Visto che entrambi vivevano a Ferrara e ne frequentavano la corte non si esclude tuttavia che già si fossero visti in precedenza.
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Tiemmi la febre, e più ch'ella m'annoi,|
m'arde e strugge il pensar che, l'importuna,|
quel che devea far prima ha fatto poi.|''Capitolo X'', vv. 1-12<ref>{{Cita web|url=http://www.intratext.com/IXT/ITA1875/_P1W.HTM|titolo=Ludovico Ariosto - Rime - X|accesso=24 aprile 2020|dataarchivio=13 agosto 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190813130838/http://www.intratext.com/IXT/ITA1875/_P1W.HTM|urlmorto=no}}</ref>|numera=3}}
Il 22 aprile 1516 per lo stampatore Giovanni Mazzocco di Bondeno uscì la prima edizione «rozza e mancante»<ref name="mancan"/> in quaranta canti dell'''[[Orlando Furioso]]'', col privilegio di stampa di Leone X e dedicato al cardinale.<ref name=bruscagli4/><ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 169}}.</ref> Costui non apprezzò affatto il poema, tanto che si tramanda l'episodio in cui questi, ritornato a Ferrara da una delle sue frequenti missioni a Roma, dove con molta probabilità aveva avuto modo di leggerlo tutto o in larga parte, non appena vide l'Ariosto gli chiese:<ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 174}}.</ref>
{{Citazione|Messer Lodovico, dove avete mai trovate tante fanfaluche?}}
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Nel 1518 il duca Alfonso I d'Este, «ben informato del ristretto patrimonio degli Ariosti, memore dei buoni servigi [...] prestati alla Casa Estense» ammise tra i suoi stipendiati il poeta,<ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 181}}.</ref> in quel momento «negletto e privo d'impiego» (aveva solamente versificato la ''Cassaria'' e rappresentatala ancora una volta a teatro).<ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 180}}.</ref>
 
L'Ariosto, in una condizione di nuova «"servitù" [...] ma di minor disagio e probabilmente più dignitosa»<ref name=sapegno/> godette di un grande prestigio letterario e la sua carriera teatrale registrò grandi successi, tra cui la rappresentazione nel 1519, a Roma, de ''I suppositi'', con la scenografia di [[Raffaello Sanzio]].<ref name=bruscagli5>{{Cita|Bruscagli|p. 303}}.</ref><ref name=Sanzio>{{Cita web|titolo=Disegno - Progetto di scenografia per i Suppositi dell'Ariosto - Raffaello Sanzio - Firenze - Galleria degli Uffizi - Gabinetto dei disegni e delle stampe - inv. 560 A-252A|url=http://www.lombardiabeniculturali.it/fotografie/schede/IMM-3a010-0000793/|accesso=28 aprile 2020|dataarchivio=23 giugno 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200623045421/http://www.lombardiabeniculturali.it/fotografie/schede/IMM-3a010-0000793/|urlmorto=no}}</ref> Tuttavia la situazione economica era tale ancora da non permettergli di raggiungere quell'indipendenza che a lungo cercava: l'eredità del cugino Rinaldo, morto senza testamento ed eredi, che in quell'anno era riuscito ad ottenere, non riuscirono di fatto a sollevarlo, ma anzi lo costrinsero a una diatriba, protrattasi per tutto il resto della sua vita, sul possesso della tenuta delle Arioste di Bagnola con la camera ducale, che la esigette come sanare il debito di certi canoni da lui non pagati.<ref name=sapegno/><ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 181-182}}.</ref>
 
Nel 1520 spedì una copia in versi sdruccioli della sua terza commedia, ''[[Il Negromante]]'' (sbozzata intorno al 1509), a Leone X,<ref>{{Cita web|titolo=Ariosto Ludovico, Il Negromante|url=https://dizionaripiu.zanichelli.it/biblioteca-italiana/ludovico-ariosto-il-negromante/|accesso=28 aprile 2020|data=30 gennaio 2011|sito=Biblioteca Italiana Zanichelli}}</ref><ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 183-184}}.</ref> mentre nel 1521 mandò alle stampe, per [[Giovan Battista Pigna]], una seconda edizione revisionata del ''Furioso'', sempre in quaranta canti e con il privilegio del pontefice.<ref name=lang/><ref name=bruscagli5/><ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 185-186}}.</ref>
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[[File:Rocca aroistesca, esterno 02.JPG|thumb|left|[[Rocca Ariostesca]] a [[Castelnuovo di Garfagnana]].]]
[[File:Rocca aroistesca 05 lapide.JPG|thumb|left|Epigrafe che ricorda il soggiorno nella Rocca di Ludovico Ariosto durante il suo incarico in [[Garfagnana]].]]
[[Alfonso I d'Este]], consapevole delle necessità economiche del poeta ma anche delle sue abilità come amministratore, nel 1522 gli affidò il governo della [[Garfagnana]].<ref>{{Cita web|url=http://www.ingarfagnana.org/castelnuovo/roccacastelnuovo.php|titolo=LA ROCCA ARIOSTESCA DI CASTELNUOVO GARFAGNANA|sito=ingarfagnana.org|accesso=4 ottobre 2020|dataarchivio=13 settembre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190913222239/http://www.ingarfagnana.org/castelnuovo/roccacastelnuovo.php|urlmorto=no}}</ref><ref name=bruscagli5/> Ariosto partì per [[Castelnuovo di Garfagnana]] quello stesso 20 febbraio<ref name=PaolaTaddeucci/> dopo aver fatto testamento e aver messo ordine nei suoi affari.<ref name=sapegno/> La regione necessitava di un governo forte sia per il carattere della popolazione sia perché parte del territorio era in preda al [[banditismo]]<ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 186}}.</ref> e l'Ariosto si trovò nella necessità di contrastare tale fenomeno che era particolarmente evidente nell'alta Garfagnana, a [[Ponteccio]].<ref>[[Francesco Boni De Nobili]], ''Sotto il segno di sant'Andrea'', De Bastiani, Vittorio Veneto 1997</ref>
 
Malgrado i timori manifestati già prima della partenza ricevette una buona accoglienza, «per insino da' Masnadieri, uomini quasi ferini e privi d'umanità», che già conoscevano la fama del poeta, quella del padre e della sua famiglia.<ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 187-188}}.</ref> Tuttavia, come egli stesso scrisse nel 1523 nella ''Satira IV'' dedicata al cugino Sigismondo Malaguzzi, quell'incarico fu per lui pieno di frustrazioni e scontentezze obbligandolo ad un patetico tenore di vita, a subire un'«endemica anarchia»<ref name=bruscagli5/> e la lontananza dai suoi studi, dalle amicizie e da Ferrara. In particolare gli mancava [[Alessandra Benucci]], alla quale era molto legato e che poteva vedere solo nelle rare occasioni nelle quali veniva richiamato alla corte estense.<ref name=PaolaTaddeucci/><ref name=sapegno/><ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 189}}.</ref> La sua residenza a Castelnuovo fu tuttavia adeguata al suo ruolo, e infatti visse nella [[Rocca Ariostesca|rocca]] che in seguito avrebbe preso il suo nome.<ref>{{Cita web|url=https://www.museionline.info/castelli-italiani/rocca-ariostesca|titolo=Rocca Ariostesca|sito=museionline.info|accesso=5 ottobre 2020|dataarchivio=8 ottobre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201008211005/https://www.museionline.info/castelli-italiani/rocca-ariostesca|urlmorto=no}}</ref>
 
Tra gli affetti in Garfagnana ebbe vicino solo il figlio [[Virginio Ariosto|Virginio]], ancora adolescente e che stava educando agli studi classici, oltre all'amicizia di [[Bonaventura Pistofilo]], signore di [[Pontremoli]] e segretario del duca. Quest'ultimo gli propose di divenire ambasciatore ducale presso il neoeletto [[papa Clemente VII]]<ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 189-192}}.</ref><ref>{{Cita web|titolo=PISTOFILO, Bonaventura|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/bonaventura-pistofilo_(Dizionario-Biografico)/|accesso=28 aprile 2020|autore=Chiara Quaranta|opera=Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 84|anno=2015)|dataarchivio=5 ottobre 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20161005141851/http://www.treccani.it/enciclopedia/bonaventura-pistofilo_(Dizionario-Biografico)/|urlmorto=no}}</ref> ma il poeta, nella ''Satira VII'' a lui dedicata, rifiutò l'offerta pur ringranzandolo:<ref>{{Cita|Satire|p. 50}}.</ref>
{{Citazione|Io te rengrazio prima, che più fresco<br/>
sia sempre il tuo desir in essaltarmi,<br/>
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Nel giugno 1526 le eredità e le proprietà in comune con i fratelli vennero divise e Ariosto decise di vendere la casa paterna in [[via Giuoco del Pallone]], nella parte medievale cittadina, per comprare da Bartolomeo Cavalieri (vecchio cortigiano di [[Ercole I d'Este]]) presso il notaio Ercole da Pistoia una casa più piccola, nella nuova contrada di Mirasole. La contrada era diventata un quartiere cittadino da pochi anni, con la grande [[Addizione Erculea]] e la piccola casa venne adattata alle sue esigenze. L'edificio, attribuito all'architetto [[Girolamo da Carpi]], venne restaurato dopo l'acquisto e dal 1528 divenne la sua nuova [[Casa di Ludovico Ariosto|casa di famiglia]] con un giardino realizzato grazie all'acquisto del terreno circostante e da lui curato personalmente.
 
Il trasloco avvenne il giorno di [[Pasqua]] (o il 29 settembre, giorno di [[Arcangelo Michele|San Michele]], come era tradizione a Ferrara e nell'intera [[Pianura Padana]]<ref>{{Cita web|url=https://www.ottocentoferrarese.it/component/k2/item/34-migrazioni-interne.html|titolo=Migrazioni interne|sito=ottocentoferrarese.it|citazione=da cui l’espressione, diffusa in tutta la pianura padana “fare San Michele” per indicare il trasloco|accesso=24 settembre 2020|dataarchivio=5 dicembre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201205053654/https://www.ottocentoferrarese.it/component/k2/item/34-migrazioni-interne.html|urlmorto=no}}</ref> dell'anno successivo), e il poeta vi ci trasferì col figlio [[Virginio Ariosto|Virginio]]<ref name=sapegno/><ref name=chiappini/><ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 198-199}}.</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.artecultura.fe.it/73/casa-di-ludovico-ariosto|titolo=Casa di Ludovico Ariosto|accesso=30 aprile 2020|sito=Ferrara arte e cultura|dataarchivio=13 aprile 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200413200747/http://www.artecultura.fe.it/73/casa-di-ludovico-ariosto|urlmorto=no}}</ref> e con l'amata [[Alessandra Benucci]] per trascorrervi gli ultimi anni della sua vita.<ref>{{Cita web|url=http://www.museoferrara.it/view/s/e7984cd2d3464b72833035c8310eccf0|titolo=Casa di Ludovico Ariosto|sito=museoferrara.it|citazione=In questa dimora Ariosto, assistito dalle amorevoli cure del figlio Virginio e confortato dall’affetto della Benucci, si dedicò alla terza e ultima versione ampliata dell’Orlando furioso (1532) e qui si spense il 6 luglio del 1533|accesso=14 ottobre 2020|dataarchivio=18 febbraio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200218104655/http://www.museoferrara.it/view/s/e7984cd2d3464b72833035c8310eccf0|urlmorto=no}}</ref>
 
Sulla facciata principale, sopra l'ingresso, fece mettere una piccola lapide in [[cotto]], sulla quale fu inciso, in [[lingua latina|latino]]:<ref name=chiappini>{{Cita web|url=https://rivista.fondazionecarife.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=263:la-parva-domus-di-ludovico-ariosto&tmpl=component&print=1&lang=it|titolo=La parva domus di Ludovico Ariosto|autore=Luciano Chiappini|accesso=24 settembre 2020|sito=Ferrara arte e cultura}}</ref>
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==== Successo teatrale e missioni da funzionario presso il duca (1527-1531) ====
[[File:Alfonso I d&#039;Este.jpg|thumb|left|[[Alfonso I d'Este]].]]
Col duca [[Alfonso I d'Este]] Ludovico Ariosto ebbe modo di esprimere la sua vena poetica in modo completo e anche di cimentarsi con la rappresentazione teatrale. Anche il [[Ruzante]] venne accolto in quel periodo a corte,<ref>{{Cita web|url=http://www.asmo.beniculturali.it/fileadmin/risorse/cataloghi_mostre/2017_guida_mostra_ariosto.pdf|titolo=IlSegno di Ariosto|sito=asmo.beniculturali.it|accesso=24 settembre 2020}}</ref> ma fu l'Ariosto che ottenne i maggiori successi. «Dilettandosi molto [...] di sceniche rappresentazioni» ed essendo che «amava certamente [...] grandemente l'Ariosto [...] tanto che Virginio nelle sue memorie arrivò a dire, che Lodovico tenne col duca medesima intrinsichezza», permise al poeta di continuare a produrre commedie e di migliorare quelle già realizzate. Un avvenimento assolutamente eccezionale fu, nel 1527, la creazione del primo teatro stabile d'Europa, il ''Teatro di Sala Grande di Corte'', che gli venne affidato.<ref name=teatro>{{Cita web|titolo=Teatro di Sala Grande di Corte|url=http://www.museoferrara.it/view/s/cea404f3179e49faa418900a4881a06e|accesso=1 maggio 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502162119/https://fonts.googleapis.com/css?family=Montserrat:400,700{{!}}Open+Sans:400,400i,700,700i{{!}}Yellowtail|urlmorto=no}}</ref> Il teatro aveva con scene fisse in legno e grandi tribune ma questo importante apparato scenico purtroppo andò distrutto in un incendio poco tempo dopo essere stato inaugurato.<ref>{{Cita|Ferrara.Po.Cattedrale.Corte|p. 321}}.</ref> Qui vennero rappresentate innanzi a principi ed «onorati cittadini» dell'epoca le opere dell'Ariosto, tra cui ''[[La Lena]]'', il cui prologo venne recitato nel 1528 innanzi al figlio del duca, Francesco.<ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 200-201}}.</ref>
 
L'autore quindi si trovò pertanto a perseguire finalmente i suoi studi e le sue occupazioni letterarie con grande libertà, godendo del prestigio dei suoi lavori e del consenso della corte: riscrisse in endecasillabi sdruccioli ''La Cassaria'' ed ''I suppositi'', perfezionò ''Il Negromante'' e avviò una revisione dell'''Orlando Furioso'', toscanizzando il testo ed ampliandolo con nuovi canti.<ref name=bruscagli5/><ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 202-203}}.</ref><ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 313-315}}.</ref>
 
D'altronde i compiti di funzionario furono esigui e di carattere eccezionale; oltreché addetto al Magistrato dei Savi tra il 1528 ed il 1530,<ref name=sapegno/> fu soprattutto appresso al duca in varie occasioni: nel 1529 a [[Modena]], per scortare Carlo V fino al passo di sant'Ambrosio,<ref name=modena/> ai confini dello [[Stato Pontificio]], dove sarebbe stato incoronato da Clemente VII [[imperatore del Sacro Romano Impero]] e [[Sovrani d'Italia#Regnum Italiae come parte del Sacro Romano Impero|re d'Italia]];<ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 200, 206}}.</ref> a metà novembre del 1530 a Venezia, tra gli ambasciatori di Alfonso che si era incontrato con [[Francesco II Sforza]] per trattare «i comuni interessi»;<ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 207}}.</ref> tra primavera ed estate del 1531 ad [[Abano Terme]], dove l'Este si era dovuto fermare per fare dei bagni curativi;<ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 208}}.</ref> nell'ottobre dello stesso anno fu ambasciatore presso il capitano dell'esercito spagnolo [[Alfonso III d'Avalos]] (il quale volle concedergli una ricca pensione per via del suo prestigio letterario) a [[Correggio (Italia)|Correggio]], dove ebbe modo in più d'incontrare la poetessa [[Veronica Gambara]], con la quale intrattenne un rapporto epistolare.<ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 210-211}}.</ref><ref>{{Cita pubblicazione|titolo=MISCELLANEA A cura di ANTONIO VENETUS|autore=Antonio Venetus|data=novembre 1976|url=http://www.verolanuova.com/angelo/memorie/1976/angelo_01_11_19-20.html|accesso=4 maggio 2020|numero=11|pagine=19-20|periodico=L'Angelo di Verola|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502162159/http://www.verolanuova.com/angelo/memorie/1976/angelo_01_11_19-20.html|urlmorto=no}}</ref>
 
==== Ultima edizione dell'''Orlando Furioso'' (1532) ====
Seppur gratificato dal successo delle sue rappresentazioni al Teatro di Sala Grande di Corte,<ref name=sapegno/><ref name=bruscagli5/> l'Ariosto concentrò comunque le ultime energie nella correzione e nell'ampliamento del suo poema cavalleresco, spendendo tutto l'inverno e il maggio del 1532 a «emendare [...] , riordinare, e trascrivere» e faticando da maggio fino ai primi di ottobre ad «assistere alla revisione de' fogli di mano in mano che uscivano dal torcolare».<ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 213-215}}.</ref> Soffrì tuttavia dell'«imperizia» degli stampatori e dei correttori, che lo costrinsero a numerosi viaggi dalla sua casa alla tipografia di Franco Rosso da [[Valenza (Italia)|Valenza]]: tale «nojosissima» attività lo minò nella salute, anche perché egli si accorse in corso d'opera della necessità di un'ennesima revisione, che tuttavia non sarebbe riuscito nemmeno a cominciare.<ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 217-219}}.</ref>
 
L'edizione, in quarantasei canti, uscì il primo ottobre di quell'anno,<ref>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b14.html|titolo=Orlando furioso: genesi e storia redazionale|accesso=4 maggio 2020|dataarchivio=23 febbraio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200223034535/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b14.html|urlmorto=no}}</ref> e generò un grande scalpore presso le corti italiane: il poeta ne mandò delle copie ai principi e ai signori delle corti italiane, come il giovane [[Ducato di Urbino|duca d'Urbino]] [[Guidobaldo II]], «per sentire i giudizi altrui, e principalmente per onorare la Casa Estense, e far cosa gradita ai Personaggi allora viventi, nel Poema ricordati con lode».<ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 228-229}}.</ref>
 
==== Mantova e la "favola" dell'Incoronazione (1533) ====
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viii · idvs · ivnii}}|lingua=La|lingua2=Ita}}
[[File:Chiesa di San Benedetto.JPG|thumb|left|[[Chiesa di San Benedetto (Ferrara)|Chiesa di San Benedetto]], dove il [[Tomba di Ludovico Ariosto|monumento funebre di Ludovico Ariosto]] rimase sino al 1801]]
Con l'arrivo delle truppe d'invasione francesi a Ferrara la situazione mutò. Durante il periodo della [[Repubblica Cisalpina]] la chiesa che aveva sino a poco prima ospitato il monumento funebre venne trasformata in caserma subendo il destino di numerosi luoghi di culto cittadini, molti dei quali soppressi. Prima che si realizzassero completamente le disposizioni francesi riguardanti la [[Chiesa di San Benedetto (Ferrara)|chiesa di San Benedetto]] il generale [[Sextius Alexandre François de Miollis]] fece spostare l'intero monumento con le ceneri il 6 giugno 1801. La cerimonia fu solenne perché non intendeva solo rendere omaggio al poeta, che il de Miollis apprezzava essendo anche uomo di cultura, ma voleva sancire il passaggio formale della conservazione della memoria affidata non più alla Chiesa ma all'istituzione laica dello ''[[Università degli Studi di Ferrara|Studium]]''.<ref>{{Cita web|url=https://lanuovaferrara.gelocal.it/tempo-libero/2016/04/26/news/quando-le-ceneri-dell-ariosto-finirono-all-universita-1.13367119|titolo=Quando le ceneri dell’Ariosto finirono all’Università |sito=lanuovaferrara.gelocal.it|accesso=26 settembre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502162122/https://lanuovaferrara.gelocal.it/tempo-libero/2016/04/26/news/quando-le-ceneri-dell-ariosto-finirono-all-universita-1.13367119|urlmorto=no}}</ref> La sede scelta fu quindi il palazzo Paradiso, allora sede dell'ateneo, poco lontano dalle case Ariosti di [[via Giuoco del Pallone]] nelle quali il poeta e la sua famiglia vissero a lungo e «dov'egli da giovine recavasi a udire le lezioni di Gregorio da Spoleti».<ref name=sapegno/><ref>{{Cita|Ferroni|pp. 285-286}}.</ref><ref>{{Cita|Baruffaldi|pp. 248-249}}.</ref>
 
Una volta spostato il monumento la sala che lo accolse venne adattata in modo che apparisse nel giusto risalto e la parete sullo sfondo venne affrescata, oltre che con l'immagine di Ariosto, con figure allegoriche ed angeli. Le ricche decorazioni pittoriche furono eseguite da [[Giuseppe Santi]], artista di [[Bologna]] molto apprezzato dai francesi e ormai residente a Ferrara.<ref>{{Cita web|url=https://servizi.comune.fe.it/8114/palazzo-paradiso|titolo=Palazzo Paradiso|sito=servizi.comune.fe.it|accesso=26 settembre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502162152/https://servizi.comune.fe.it/8114/palazzo-paradiso|urlmorto=no}}</ref>
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=== Umanesimo nell'Ariosto ===
Una scelta importante che fece fu quella del volgare per scrivere le sue opere e questo si deve in larga misura a [[Pietro Bembo]].<ref>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/a24.html|titolo=Pietro Bembo|sito=internetculturale.it|accesso=9 ottobre 2020|dataarchivio=25 dicembre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191225030539/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/a24.html|urlmorto=no}}</ref>
 
Secondo alcune fonti ha coniato il termine "[[umanesimo]]" (mutuato dal latino ''humanus'' o dall'espressione ''studia humanitatis''<ref>{{Cita|Bruscagli|p. 205}}.</ref>), per indicare «l'insieme di studi e discipline liberali incentrati sull'uomo e sulla sua natura».<ref>{{Cita web|url=http://www.etymonline.com/index.php?term=humanist|titolo=Etymology Online: Humanist|lingua=en|accesso=18 settembre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502162144/https://www.etymonline.com/word/humanist|urlmorto=no}}</ref>
Nel 1785 il gesuita e letterato Andrea Rubbi<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/andrea-rubbi/|titolo=Rubbi, Andrea|sito=treccani.it|accesso=9 ottobre 2020|dataarchivio=25 febbraio 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160225152128/http://www.treccani.it/enciclopedia/andrea-rubbi/|urlmorto=no}}</ref> nelle note dell'edizione veneziana dell'''Orlando furioso'', scrisse: «Tutti gli altri nostri poeti o moderni o antichi tanto sono inferiori all'Ariosto quanto lo è uno scrittore ad un genio. Genio faceto nelle commedie, genio critico nelle satire, genio amabile nel lirico italiano e latino; ma genio grande nell'epica. Niuno aspiri al suo sublime, se non ha la forza della sua anima.»<ref>{{Cita|Andrea Rubbi}}.</ref> Certamente in quel periodo storico per la corte di Ferrara rappresentò l'[[Umanesimo#Ferrara: da Donato degli Albanzani alle soglie del Cinquecento|apice dell'umanesimo ferrarese]] con il suo recupero del teatro classico con la sua ''[[Cassaria]]''.
 
== Opere ==
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In particolare da Catullo e Orazio, ma anche [[Ovidio]], l'autore mutua la varietà tematica, riproponendo in alcuni casi situazioni topiche, come l’invettiva contro la vecchia mezzana o le dediche ad amici o conoscenti facenti parte della cultura ferrarese (quali [[Alberto III Pio di Savoia|Alberto Pio da Carpi]], a cui è indirizzata un’ode sul ritorno dalla Francia del maestro Gregorio Elladio e un epicedio per la morte della madre Caterina avvelenata dalla cameriera, e [[Ercole Strozzi]], che è invece destinatario di un’elegia sulla morte del poeta greco [[Michele Marullo Tarcaniota|Michele Marullo]]). Non mancano tuttavia altri componimenti maggiormente autobiografici, amorosi o legati alla realtà storica del presente: esempi ne sono l’ode al cugino Pandolfo (in cui si cita la discesa di [[Carlo VIII]] in Italia), e l’epitalamio per le nozze di [[Lucrezia Borgia]] e [[Alfonso I d'Este]].<ref name=carmina/>
 
L'Ariosto assecondò la tradizione dell’umanesimo padano che a Ferrara aveva avuto i suoi campioni in [[Matteo Maria Boiardo]] e di [[Tito Vespasiano Strozzi]], la cui ricerca linguistica era stata apprezzata dalla comunità letteraria della penisola.<ref name=carmina/> Pur non raggiungendo il loro risultato, egli si dimostrò comunque un abile verseggiatore; come infatti scrive [[Antonio Piromalli]]:<ref>{{cita web|url= http://www.storiadellaletteratura.it/main.php?cap=7&par=3|titolo= Ludovico Ariosto: le opere minori. L'intellettuale e la corte|accesso= 26 maggio 2020|dataarchivio= 24 aprile 2021|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20210424032928/http://www.storiadellaletteratura.it/main.php?cap=7&par=3|urlmorto= no}}</ref>
{{Citazione|I Carmina dell'Ariosto, che hanno come modelli Tibullo e Catullo, sono lontani dall'eleganza formale del [[Andrea Navagero|Navagero]] e del Bembo ma anche dalla sciatteria dei numerosi latineggiatori che sono a Ferrara, hanno una nuova energia di sentimento.||}}
 
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[[File:Francesco salviati, ritratto di giovanni dalle bande nere, 1546-48 (galleria palatina).jpg|thumb|left|Dipinto raffigurante [[Giovanni delle Bande Nere]] (1546-1548), opera di [[Francesco Salviati]] conservata nella [[Galleria Palatina]]]]
Ariosto scrisse questi componimenti in [[Lingua volgare|volgare]] per un lungo periodo iniziando attorno al 1493 e continuando sino al 1527. Non li raccolse mai in un corpus sistematico e vennero pubblicati postumi, nel 1546, con altri componimenti in [[lingua latina|latino]] sotto forma di liriche.
le ''Rime'' raccolgono cinque [[Canzone (metrica)|canzoni]], quarantuno [[Sonetto|sonetti]], dodici [[Madrigale|madrigali]], ventisette capitoli in [[Terzina dantesca|terzine dantesche]] e due [[Egloga|egloghe]]. Sono dedicate per lo più alla donna da lui maggiormente amata, [[Alessandra Benucci]] ma non mancano componimenti diversi, come quello dedicato alla [[Giulio d'Este#Congiura|congiura]] del 1508 contro [[Alfonso I d'Este]] ordita dai suoi fratelli Giulio e Ferrante o quello per morte nel 1526 di [[Giovanni delle Bande Nere]].<ref>{{Cita web|url=http://www.viv-it.org/autori-opere/opere/rime-volgare|titolo=Le rime in volgare|sito=viv-it.org|accesso=28 settembre 2020|dataarchivio=27 settembre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200927203558/http://www.viv-it.org/autori-opere/opere/rime-volgare|urlmorto=no}}</ref>
 
Le ''Rime di M. Lodovico Ariosto non più viste, et nuovamente stampate a instantia di Iacopo Modanese, ciò è Sonetti Madrigali Canzoni Stanze Capitoli''<ref>{{Cita|Iacopo Modanese}}.</ref> furono pubblicate soltanto da Iacopo Coppa (detto Iacopo Modenese) nel 1546, a Venezia, grazie anche alla protezione che il Coppa ottenne dalla nobildonna Caterina Barbaro, la quale nell'edizione veneziana sottoscrisse una dedica a Lodovico [[Morosini (famiglia)|Morosini]]. <ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/coppa-iacopo-detto-iacopo-modenese_%28Dizionario-Biografico%29/|titolo=COPPA, Iacopo, detto Iacopo Modenese|sito=treccani.it|accesso=28 settembre 2020|dataarchivio=29 settembre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190929024606/http://www.treccani.it/enciclopedia/coppa-iacopo-detto-iacopo-modenese_(Dizionario-Biografico)/|urlmorto=no}}</ref>
 
Queste opere in versi dimostrano come l'Ariosto fosse lontano e dal petrarchismo ortodosso promosso dal Bembo e dalla produzione poetica cortigiana ferrarese di quegli anni, artificiosa e circonvoluta, quale era ad esempio quella di [[Matteo Maria Boiardo]].<ref name=produzione/> Le rime ariostesche si distinguono così sia dal municipalismo dei canzonieri delle corti settentrionali sia dal recupero metodico dello stile di Petrarca operato dal Bembo.<ref>{{Cita|Bruscagli|pp. 298-299}}.</ref><ref>{{Cita|Davie|pp. 488-489}}.</ref>
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{{Doppia immagine|orizzontale|Plautus.gif|150|Terenz2.gif|215|[[Plauto]] e [[Terenzio]], i due modelli di riferimento dell'Ariosto commediografo}}
Sebbene per i posteri legato in larga parte alla fama dell'''Orlando Furioso'', Ludovico Ariosto conobbe in vita un immediato e duraturo successo grazie alla sua attività da commediografo, che, attraverso un'«importante stagione rappresentativa dei volgarizzamenti plautini e terenziani promossa da Ercole I d'Este negli anni Ottanta del Quattrocento», diede lustro non solo al suo nome ma anche a quello di Ferrara, andata infatti a configurarsi come il centro propulsivo della scena cinquecentesca.<ref name=teat/><ref name=brusteat/> Il ventennio che inquadra le commedie (1508-1528) è suddivisibile in due periodi ben distinti (separati dall'infelice parentesi delle missioni diplomatiche a Roma presso Giulio II), nei quali l'autore «conferma la sua continua ricerca di una lingua comica adeguata, scioltamente dialogica ma al tempo stesso ritmica, stilisticamente sostenuta»:<ref name=bruscagli6/>
* Il primo (1508-1509) vede la realizzazione e la rappresentazione de ''La Cassaria'' e ''I Suppositi'', redatte in prosa ritmica e sensibilmente legate alla tradizione latina di [[Plauto]] e [[Terenzio]], dai quali riprende sistematicamente le situazioni (lo scambio d'identità, i colpi di scena, l'agnizione finale etc...) e il sistema dei personaggi (come il servo furbo e parassita, il padre avaro, il giovane innamorato e così via).<ref name=vita/><ref>{{Cita web|url=https://dizionaripiu.zanichelli.it/biblioteca-italiana/le-commedie-di-ludovico-ariosto/|titolo=Ariosto Ludovico, Le Commedie di|accesso=22 maggio 2020|data=30 gennaio 2011|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502162124/https://dizionaripiu.zanichelli.it/biblioteca-italiana/le-commedie-di-ludovico-ariosto/|urlmorto=no}}</ref>
* Il secondo (1520-1528) accoglie il passaggio dalla prosa alla poesia, con la versificazione delle precedenti opere e la creazione de ''Il Negromante'' e ''La Lena'', innestati su endecasillabi sdruccioli (volti a elevarne la caratura letteraria<ref name=AriostoUmanista/><ref name=TinaMatarrese>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/ludovico-ariosto_%28Enciclopedia-dell%27Italiano%29/|titolo=Ariosto, Ludovico|autore=Tina Matarrese|anno=2010|accesso=4 ottobre 2020|dataarchivio=17 ottobre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201017080357/https://www.treccani.it/enciclopedia/ludovico-ariosto_%28Enciclopedia-dell%27Italiano%29/|urlmorto=no}}</ref>) dalla cadenza monotona e tuttavia dissimulata da «una sintassi agile e variata, capace di mimare adeguatamente la disinvoltura del parlato»; dal punto di vista contenutistico, mostrano una ben più matura analisi dei caratteri, mutuata dalla parallela evoluzione del genere, che aveva ne ''[[La Calandria]]'' di [[Bernardo Dovizi da Bibbiena]] (del 1513) e ''[[La Mandragola]]'' di [[Niccolò Machiavelli]] (del 1518) i suoi esempi massimi,<ref name=bruscagli6>{{Cita|Bruscagli|pp. 315-316}}.</ref> e della costruzione della trama.<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/ludovico-ariosto_%28Enciclopedia-machiavelliana%29/|titolo=Ariosto, Ludovico|autore=[[Alberto Casadei (critico)|Alberto Casadei]]|anno=2014|opera=Enciclopedia machiavelliana|accesso=22 maggio 2020|dataarchivio=22 agosto 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200822003030/http://www.treccani.it/enciclopedia/ludovico-ariosto_%28Enciclopedia-machiavelliana%29/|urlmorto=no}}</ref>
Le commedie ariostesche rivestirono un ruolo di cruciale importanza nel progetto di rifondazione dei generi teatrali del Rinascimento, dettando il canone della drammaturgia «regolare»: questo si espleta nella struttura in cinque atti, nelle scenografie sfarzose e nel ricorso di ''topoi'' della latinità.<ref name=AriostoUmanista/>
Ciononostante gli storici letterari successivi ne evidenziarono anche i difetti, giudicandole troppo ancorate ai modelli di partenza e non pienamente riuscite sotto il profilo espressivo e linguistico.<ref name=sapegno/><ref name=TinaMatarrese/> Di fatto la ricerca del parlato toscano, condotta attraverso l'adozione di termini colloquiali presi dal ''[[Decameron]]'' di [[Giovanni Boccaccio]] e dagli scrittori comici quattrocenteschi,<ref name=TinaMatarrese/> non portò a un'acquisizione soddisfacente della lingua; come scrive Bruscagli:<ref name=teat/>
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La ''[[Tragedia di Tisbe]]'' fu il primo componimento giovanile di Ariosto scritto quando ancora non aveva compiuto vent'anni, nel 1493, e stava seguendo gli studi giuridici presso l'[[Università degli Studi di Ferrara|ateneo ferrarese]]. Si può considerare una delle sue opere minori ma venne ricordata, dopo la sua morte, anche dal fratello Gabriele nel suo ''[[Epicedio]] in morte del fratello'':{{Citazione|Nec tantum dederas haec ludis signa futurae,<br/>Sed puer et Tysbes deducis carmen in actus,<br/>Parvaque devincis praecoci crura cothurno.|Gabriele Ariosto, ''Epicedio in morte del fratello'', versi 221-223.}}
 
Il ricordo di Gabriele Ariosto è sicuramente legato al fatto che questo lavoro fu messa in scena dall'adolescente Ludovico nella casa di famiglia, e che i fratelli lo aiutarono nell'organizzazione.<ref>{{Cita web|url=http://www.museoferrara.it/view/s/cfc93501fc644e1cb47b7f71a03fbfc8|titolo=Palazzo Ducale|sito=museoferrara.it|citazione=Ludovico Ariosto inizia la sua attività come commediografo già da adolescente, mette in scena in casa propria e aiutato di fratelli la ''Tragedia di Tisbe''|accesso=1º ottobre 2020|dataarchivio=28 gennaio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210128204749/http://www.museoferrara.it/view/s/cfc93501fc644e1cb47b7f71a03fbfc8|urlmorto=no}}</ref>
 
La tragedia si ispira a ''[[Le metamorfosi (Ovidio)|Le metamorfosi]]'' di [[Publio Ovidio Nasone]] e in particolare alla storia di [[Piramo e Tisbe]]. Secondo Ovidio l'amore dei due giovani era contrastato loro parlavano attraverso una crepa nel muro che separava le loro abitazioni. Per una tragica fatalità Piramo crede morta Tisbe e si suicida, e poco dopo anche lei, visto morire l'amato, si toglie la vita. Non fu solo Ariosto a riprendere questo mito, già citato nel ''[[Decameron]]'' di [[Giovanni Boccaccio]] e circa un secolo più tardi da [[William Shakespeare]] in ''[[Romeo e Giulietta]]''.<ref>{{Cita web|url=http://www.museoferrara.it/view/s/2aa88d513efb4fc686d63181aaacc32c|titolo=Ludovico Ariosto|sito=museoferrara.it|accesso=1º ottobre 2020|dataarchivio=18 febbraio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200218105747/http://www.museoferrara.it/view/s/2aa88d513efb4fc686d63181aaacc32c|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/ludovico-ariosto_(Dizionario-Biografico)/|titolo=ARIOSTO, Ludovico|sito=treccani.it|accesso=1º ottobre 2020|dataarchivio=16 ottobre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201016150351/https://www.treccani.it/enciclopedia/ludovico-ariosto_%28Dizionario-Biografico%29/|urlmorto=no}}</ref>
 
Il lavoro manoscritto andò perduto probabilmente durante il [[XVIII secolo]] dopo essere stato a lungo conservato dagli eredi del poeta.<ref name=Bruscagli/><ref>{{Cita|Coluccia|p. 14}}.</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b10.html|sito=internetculturale.it|titolo=La Tragedia di Tisbeaccesso=1º ottobre 2020|accesso=17 settembre 2020|dataarchivio=3 giugno 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200603222709/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b10.html|urlmorto=no}}</ref>
 
==== ''Cassaria'' ====
[[File:Gabriele Giolito de' Ferrari, by Titian.jpg|thumb|[[Gabriele Giolito de' Ferrari]] in un ritratto di [[Tiziano Vecellio]] del 1554. De' Ferrari curò alcune edizioni di commedie di Ariosto.]]
''[[Cassaria]]'' fu la prima commedia di Ariosto ad essere rappresentata davanti alla corte estense. Lo spettacolo avvenne il 5 marzo 1508, durante il periodo di carnevale. La versione iniziale fu in prosa ma circa venti anni dopo, nel biennio 1528-1529, venne riscritta in [[Endecasillabo|endecasillabi]] e la prima presentazione di questa nuova versione avvenne nel 1531.<ref name=TreccaniCassaria>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/cassaria/|titolo=Cassaria|sito=treccani.it|accesso=2 ottobre 2020|dataarchivio=17 agosto 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180817013443/http://www.treccani.it/enciclopedia/cassaria|urlmorto=no}}</ref><ref name=TreccaniCassaria/>
 
L'opera è dovuta all'ammirazione che Ariosto nutriva per alcuni autori latini come [[Tito Maccio Plauto]] e [[Publio Terenzio Afro]] ed al grande interesse per questa forma di spettacolo manifestata sia dal duca [[Ercole I d'Este]] sia dal figlio [[Alfonso I d'Este|Alfonso]]. Ariosto era stato coinvolto in questo progetto degli [[Este]] già dal 1493.<ref name=InternetCassaria/>
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==== ''I Suppositi'' ====
[[File:I Suppositi (1551).JPG|thumb|left|verticale=.8|Frontespizio de ''I Suppositi'' nell'edizione del 1551]]
''[[I suppositi]]'' fu la seconda commedia di Ariosto a venir pubblicamente rappresentata davanti alla corte, un anno dopo la ''Cassaria'' e nella stessa occasione del carnevale, nel 1509<ref>{{Cita|Cesare Segre|p. 297}}.</ref> seguendo il modello della commedia latina di [[Publio Terenzio Afro]].<ref name=InternetSuppositi>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b6.html|titolo=I Suppositi|sito=internetculturale.it|accesso=4 ottobre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502162122/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b6.html|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/vocabolario/supposizione/|titolo=suppoṡizióne|sito=treccani.it|accesso=3 ottobre 2020|dataarchivio=4 agosto 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200804120824/http://www.treccani.it/vocabolario/supposizione|urlmorto=no}}</ref>
 
La rappresentazione ebbe luogo nel salone grande del [[Palazzo Municipale (Ferrara)|palazzo ducale]] e lo stesso Ariosto ne recitò il prologo. Si ispirò all'''[[Eunuchus]]'' di [[Publio Terenzio Afro|Terenzio]] e ai ''[[Captivi]]'' di [[Tito Maccio Plauto|Plauto]]<ref>{{Cita web|url=https://dizionaripiu.zanichelli.it/biblioteca-italiana/ludovico-ariosto-i-suppositi/|titolo=Ariosto Ludovico, I Suppositi|sito=dizionaripiu.zanichelli.it|citazione=la commedia dei Suppositi [...] s'ispira oltre che ai Captivi di Plauto e all'Eunuchus di Terenzio...|accesso=4 ottobre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502162124/https://dizionaripiu.zanichelli.it/biblioteca-italiana/ludovico-ariosto-i-suppositi/|urlmorto=no}}</ref> ed è un lavoro più maturo rispetto alla ''Cassaria'' con una successione cronologica degli avvenimenti maggiormente curato ed una minor importanza concessa al gioco linguistico.<ref>{{Cita|Coluccia|pp. 21 e 129}}.</ref> La trama è tutta impostata sullo scambio di persona che coinvolge il giovane studente Erostrato, innamorato di Polinesia, e il servo Dulippo. Dopo momenti anche drammatici la vicenda ha un lieto fine.<ref name=brusteat/> La scelta di ambientare a Ferrara la vicenda creò un maggior coinvolgimento degli spettatori che riconobbero fatti e luoghi del periodo.<ref name=InternetSuppositi/>
 
Una seconda e importante rappresentazione ebbe luogo la domenica di carnevale del 5 marzo 1519 nel [[Palazzo Apostolico]] a Roma, per iniziativa del cardinale [[Innocenzo Cybo]]. [[Papa Leone X]] rimase affascinato dalla rappresentazione, anche grazie alla scenografia con la veduta su [[Piazza Trento e Trieste|piazza delle Erbe]] di Ferrara preparata da [[Raffaello Sanzio]], e chiese di altri lavori di Ariosto.<ref name=bruscagli5/><ref name=Sanzio/><ref name=brusteat/><ref name=InternetSuppositi/>
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==== ''Studenti'' ====
I ''[[Studenti]]'' è una commedia che Ariosto iniziò a scrivere in versi in un periodo particolare della sua vita, attorno al 1518. Si era distaccato dal cardinale [[Ippolito d'Este]], e questo lo aveva sollevato da mansioni per le quali non si sentiva portato, ma così si era ritrovato in difficoltà economiche dalle quali fu sollevato dal nuovo incarico a corte conferitogli da [[Alfonso I d'Este]]. Questa relativa tranquillità però durò poco, perché la morte del cugino [[Rinaldo Ariosto|Rinaldo]], avvenuta nel 1519, e le questioni legate alla sua eredità gli crearono molti problemi.<ref>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/a47.html|titolo=Rinaldo Ariosto|sito=internetculturale.it|accesso=7 ottobre 2020|dataarchivio=10 ottobre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201010035803/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/a47.html|urlmorto=no}}</ref><ref name=internetStudenti>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b9.html|titolo=I Studenti|sito=internetculturale.it|accesso=7 ottobre 2020}}</ref>
 
In tale situazione il lavoro risultò frammentario, simile strutturalmente ai ''Suppositi'', con un intreccio confuso e interrotto definitivamente alla quarta scena del quarto atto. In seguito non riprese più quel testo, forse preso dall'incarico in Garfagnana.<ref>{{Cita|Coluccia|pp. 133-155}}.</ref>
 
Il lavoro abbandonato dal poeta venne ripreso in seguito dal fratello [[Gabriele Ariosto|Gabriele]]<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/gabriele-ariosto_(Dizionario-Biografico)/|titolo=ARIOSTO, Gabriele|sito=treccani.it|accesso=7 ottobre 2020|dataarchivio=13 ottobre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201013184104/https://www.treccani.it/enciclopedia/gabriele-ariosto_(Dizionario-Biografico)/|urlmorto=no}}</ref> che ne cambiò il titolo in ''La scolastica'' e anche dal figlio [[Virginio Ariosto]], che a sua volta la intitolò ''L'imperfetta''.<ref>{{Cita web|url=https://archivio.teatrostabiletorino.it/oggetti/35619-i-studenti-ludovico-ariosto|titolo=I studenti / Ludovico Ariosto|sito=teatrostabiletorino.it|accesso=7 ottobre 2020|dataarchivio=9 ottobre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201009031223/https://archivio.teatrostabiletorino.it/oggetti/35619-i-studenti-ludovico-ariosto|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita|Coluccia|pp. 136-140}}.</ref>
 
''La scolastica'', tra le due, fu la più riuscita, e venne pubblicata a Venezia, mentre la seconda ebbe meno fortuna. Lo stesso Ariosto, in tarda età, ammise di non aver mai ultimato questa sua opera ma le motivazioni che lo portarono a questo non sono mai state chiarite in modo certo.<ref name=internetStudenti/>
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==== ''La Lena'' ====
[[File:Ariosto La Lena 1535.jpg|thumb|Frontespizio dell'edizione de ''La Lena'' del 1535]]
''[[La Lena]]'' è l'ultima e la più matura commedia di Ariosto, ritenuta la migliore tra quelle scritte dal poeta. Come già era avvenuto con ''I Suppositi'' l'ambientazione è ferrarese ma in questo caso la stesura iniziale è già in versi.<ref name=InternetLaLena>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b7.html|titolo=La Lena|sito=internetculturale.it|accesso=4 ottobre 2020}}</ref><ref name=ComuneFeLaLena>{{Cita web|url=https://www.comune.fe.it/attach/superuser/docs/lena.pdf|titolo=Ludovico Ariosto La Lena|sito=comune.fe.it|formato=pdf|accesso=4 ottobre 2020|dataarchivio=8 ottobre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201008013130/https://www.comune.fe.it/attach/superuser/docs/lena.pdf|urlmorto=no}}</ref> La scrittura tende ad essere più essenziale senza cedere a siparietti e giochi letterari o scenografici<ref name=AriostoUmanista/><ref name=bruscagli5/><ref>{{Cita|Coluccia|p. 16}}.</ref>
 
Fu composta nel 1528 e venne rappresentata per la prima volta a Ferrara durante il periodo carnevalesco dello stesso anno, come era quasi tradizione per le opere teatrali di Ariosto, e nello stesso periodo vennero messe in scena il ''Negromante'' e la ''Moscheta'' del [[Ruzante]].
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=== Epistolario ===
[[File:Titian - Portrait of Doge Andrea Gritti (detail) - WGA22957.jpg|thumb|150px|left|Particolare del ritratto di [[Tiziano]] del [[Doge della Repubblica di Venezia|Doge]] [[Andrea Gritti]]]]
Ludovico Ariosto intrattenne rapporti epistolari con numerose personalità del mondo politico e culturale, oltreché con la sua famiglia nei frequenti periodi di lontananza. Tali missive, circa duecentoquattordici, furono raccolte in un epistolario sullo scorcio di [[Francesco Petrarca]] con le ''[[Epistole]]'', praticamente sconosciuto fino alla seconda metà del [[XIX secolo]]. Infatti [[Antonio Cappelli (1868-1939)|Antonio Cappelli]] nel 1887 pubblicò per i tipi della casa milanese [[Ulrico Hoepli]] il ''corpus'', con le lettere ordinate cronologicamente e che comprendevano corrispondenza di carattere sia privato (come quella con la Benucci) sia pubblico, con documenti ufficiali e diplomatici, indirizzati a personalità politiche e a signorie o a entità statali (come ad esempio al cardinale Ippolito o al doge [[Andrea Gritti]] della [[Repubblica di Venezia|Serenissima]]<ref>{{Cita web|url=http://www.archilet.it/Lettera.aspx?IdLettera=11202|titolo=Lettera al Doge di Venezia|sito=archilet.it|accesso=27 settembre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502162200/http://www.archilet.it/Lettera.aspx?IdLettera=11202|urlmorto=no}}</ref>). In appendice inserì preziosi privilegi legati alle stampe originali dell'''Orlando Furioso'' del 1516 e del 1532.<ref>{{Cita web|url=https://www.liberliber.it/online/lettere-di-ludovico-ariosto/|titolo=“Lettere” di Ludovico Ariosto|sito=liberliber.it|accesso=27 settembre 2020|dataarchivio=5 agosto 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190805144943/https://www.liberliber.it/online/lettere-di-ludovico-ariosto/|urlmorto=no}}</ref>
 
Sino alla pubblicazione ottocentesca ed anche dopo questi suoi scritti vennero giudicati marginali e poco importanti (ad esempio da [[Benedetto Croce]]) se rapportati al resto della produzione letteraria dello stesso autore, tuttavia la critica ne ha rivalutato progressivamente la sua valenza per ricostruire la figura umana dell'Ariosto:<ref>{{Cita web|url=https://www.academia.edu/41327532/Lettere_dalla_Frontiera_1522_1525_L_ATTIVIT%C3%80_UFFICIALE_DI_MESSER_LUDOVICO_ARIOSTO_IN_GARFAGNANA_ATTRAVERSO_L_EPISTOLARIO|titolo=Lettere dalla Frontiera (1522-1525): L’ATTIVITÀ UFFICIALE DI MESSER LUDOVICO ARIOSTO IN GARFAGNANA ATTRAVERSO L’EPISTOLARIO|sito=academia.edu|accesso=27 settembre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502162152/https://www.academia.edu/41327532/Lettere_dalla_Frontiera_1522_1525_L_ATTIVIT%C3%80_UFFICIALE_DI_MESSER_LUDOVICO_ARIOSTO_IN_GARFAGNANA_ATTRAVERSO_L_EPISTOLARIO|urlmorto=no}}</ref> la lettura di questi documenti permette infatti di cogliere il suo stile pratico ed asciutto, capace di sintetizzare i temi trattati.<ref name=AriostoUmanista/><ref>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b11.html|titolo=Epistolografia|accesso=4 giugno 2020|dataarchivio=3 giugno 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200603222656/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b11.html|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita|Cappelli|pp. 20-22}}.</ref>
 
=== Romanzo cavalleresco ===
[[File:Obizzo III.jpg|thumb|150px|[[Obizzo III d'Este]]]]
==== ''Obizzeide'' ====
L'''Obizzeide'', opera incompiuta che segna un passaggio importante nei lavori di Ariosto, si può intendere come preparazione al suo poema maggiore<ref name=internetObizzeide/> e conferma la frammistione tra generi, operata già da [[Matteo Maria Boiardo]], che unisce il tema dell'amore a quello delle armi.<ref name=ArmiAmore>{{Cita web|url=https://messaggeroveneto.gelocal.it/tempo-libero/2016/06/11/news/le-armi-e-l-amore-matrimonio-audace-cantato-dall-ariosto-1.13648673|titolo=Le armi e l’amore matrimonio audace cantato dall’Ariosto|sito=messaggeroveneto.gelocal.it|accesso=5 ottobre 2020|dataarchivio=16 ottobre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201016113620/https://messaggeroveneto.gelocal.it/tempo-libero/2016/06/11/news/le-armi-e-l-amore-matrimonio-audace-cantato-dall-ariosto-1.13648673|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.jstor.org/stable/25780744?seq=1|titolo=Stefano Jossa, Ariosto, Il Mulino|sito=jstor.org|accesso=5 ottobre 2020|dataarchivio=2 maggio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210502162134/https://www.jstor.org/stable/25780744?seq=1|urlmorto=no}}</ref>
Ispirandosi a tantissimi autori del mondo classico, come [[Omero]], [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], [[Gaio Valerio Catullo|Catullo]] e [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]] e agli autori in volgare come [[Dante Alighieri|Dante]], [[Francesco Petrarca|Petrarca]] e [[Giovanni Boccaccio|Boccaccio]] si allinea all'umanesimo del [[XV secolo]]. Rivisita l'epica cavalleresca medievale ma non rinuncia mai a dare alle vicende un legame con la quotidianità.<ref name=ArmiAmore/>
<ref name=internetObizzeide/>
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Strutturalmente è un [[poema epico]] in [[terza rima]] che si interrompe dopo soli duecentoundici versi, composto a partire dal 1503 e abbandonato attorno al 1504.
 
Le intenzioni sono encomiastiche, celebrative della casata [[este]]nse, cantando le imprese di [[Obizzo III d'Este]], l'antenato del duca Alfonso che ottenne da [[papa Clemente VI]] il vicariato sulla città di Ferrara e tale scelta è legata al particolare momento che stava vivendo Ariosto, da poco rientrato a Ferrara ed accettato a corte nella cerchia del cardinale [[Ippolito d'Este]].<ref name=internetObizzeide>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b13.html|titolo=Obizzeide|sito=internetculturale.it|accesso=5 ottobre 2020|dataarchivio=25 dicembre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191225030734/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b13.html|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita|Chines, Forni, Ledda, Menetti|p. 313}}.</ref>
 
==== ''Orlando furioso'' ====
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L'<nowiki/>''[[Orlando furioso]]'' è un [[poema cavalleresco]] in [[Ottava rima|ottave]] a schema ABABABCC, con cui Ariosto si propone di continuare e concludere la storia incompiuta dell'opera di Boiardo ''[[Orlando innamorato]]'' esattamente dove essa si era interrotta.<ref name="orlando"/> Dal ferrarese mutua l'artificio narrativo della "recita", ovvero il trasporre su carta il modo di narrare le avventure cavalleresche tipico dei canterini, dei giullari di corte, dei maggi nell'Appennino e dei pupi in Sicilia, «attenuandone però l'integrale oralità a vantaggio di un registro morale più pronunciato, e di una voce autoriale più personalmente caratterizzata».<ref name=bruscaglifurioso1/><ref>{{Cita|Orlando Furioso|p. 61}}.</ref>
[[File:Torquato Tasso ?.jpg|thumb|left|180px|Un'incisione di [[Torquato Tasso]], «rivale a distanza di Ariosto»<ref name=bruscaglifurioso1/>]]
Le tre edizioni che si sono succedute testimoniano la natura di «opera ''in progress'', sia sotto il profilo formale [...] sia sotto quello narrativo»: infatti, la prima, del 22 aprile 1516, è in quaranta canti e risente ancora di un concepimento «all'interno di una prospettiva ancora molto boiardesca, ferrarese (come dimostra soprattutto il linguaggio, fortemente colorito di forme padane e ancora vicino al pittoresco dettato dell'''Innamorato'')»;<ref>{{Cita|Bruscagli|p. 313}}.</ref> la seconda, del 13 febbraio 1521, presenta undici canti sostitutivi e una lieve revisione linguistica; infine, la terza del primo ottobre 1532 vede vi l'aggiunta di diversi episodi significativi come quello di Olimpia (canti IX-XI) e soprattutto di Marganorre (XXXVII) e una toscanizzazione della materia ormai completa, frutto non tanto di «un'acquiescenza alla dittatura linguistica di Bembo (che aveva pubblicato le ''Prose della volgar lingua'' nel 1525)», né di «una mera compiacenza estetica», bensì di una «mossa ben più decisiva, [...] "politica": si trattava in poche parole di trasformare il poema di cavalleria da oggetto di culto delle piccole signorie padane in un grande genere italiano, nazionale, capace di entrare nel canone del nuovo classicismo volgare».<ref name="orlando">{{cita web|accesso=24 aprile 2015|titolo=Orlando Furioso|url=http://www.treccani.it/scuola/lezioni/lingua_e_letteratura/Orlando_furioso.html|editore=Treccani|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151120140728/http://www.treccani.it/scuola/lezioni/lingua_e_letteratura/Orlando_furioso.html|dataarchivio=20 novembre 2015}}</ref><ref>{{Cita|Bruscagli|pp. 313-314}}.</ref><ref>{{Cita web|accesso=3 giugno 2020|titolo=Orlando furioso: genesi e storia redazionale|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b14.html|dataarchivio=23 febbraio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200223034535/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b14.html|urlmorto=no}}</ref>
[[File:Orlando Furioso 1516.jpg|thumb|Frontespizio della prima edizione, del 1516.]]
La ''fabula'' non è riassumibile; infatti un'elevata quantità di episodi, di eventi e di novelle si frappongono al romanzo e la peculiare costruzione a intreccio si sviluppa sostanzialmente su tre narrazioni principali: quella militare, costituita dalla guerra tra i paladini difensori della religione cristiana e i saraceni infedeli; quella amorosa, incentrata sulla fuga di Angelica e sulla pazzia di Orlando, e infine quella encomiastica, con cui si lodava la grandezza dei duchi d'Este e dedicata alle vicende amorose tra la cristiana [[Bradamante]] e il saraceno Ruggiero.<ref name=orlando/><ref>{{Cita|Bruscagli|pp. 307-310}}.</ref>
 
I temi affrontati vanno dalla follia (di Orlando) alla magia, passando per la guerra, l'eroismo e l'encomio (tipicamente cortigiano, verso il cardinale Ippolito, definito «generosa Erculea prole»);<ref>{{Cita web|accesso=4 giugno 2020|titolo=Orlando furioso: temi essenziali|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b17.html|dataarchivio=3 giugno 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200603222445/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b17.html|urlmorto=no}}</ref> in tutto ciò, nel poema «vige la legge per cui ciò che si cerca non si trova, e si trova chi non si cerca»: ed è così che la storia cavalleresca risulta un'ampia rappresentazione della vicenda umana regolata da un'ineluttabile casualità. E poco importa che il poeta ne sia «l'accortissimo regista»: il lettore si perde nei vicoli ciechi del labirinto narrativo, provando un senso di forte straniamento. In questo senso, il ''Furioso'' si colloca nel filone delle opere di Machiavelli e di [[Francesco Guicciardini]], contemporanei all'Ariosto, che registrano pure loro «l'esperienza dell'impari confronto con la fortuna, con una realtà delle leggi mutevoli, elusive e sfuggenti, che procede per ribaltamenti incontrollabili, cocenti smentite e improvvisi colpi di scena.»<ref>{{Cita|Bruscagli|pp. 305-306}}.</ref>
 
Come detto, il successo del poema fu immediato; scrive Bruscagli:<ref name=bruscaglifurioso1/>
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=== ''Satire'' ===
[[File:Le Satire autografe - Casa di Ludovico Ariosto - Ferrara.jpg|thumb|300px|left|Una parte della ''Satira I'', autografa]]
Ariosto compose le sue sette ''[[Satire (Ariosto)|Satire]]'' indirizzandole a parenti e amici quali i cugini Annibale e Sigismondo Malaguzzi, il futuro cardinale [[Pietro Bembo]] e [[Bonaventura Pistofilo]], segretario del duca di Ferrara. Il modello al quale si ispirò, a partire dal nome scelto, fu quello delle satire di due autori latini, e cioè le ''[[Satire (Giovenale)|Satire]]'' di [[Decimo Giunio Giovenale]] (nella versione in volgare del 1480 dovuta a Sommariva) e le ''[[Satire (Orazio)|Satire]]'' di [[Quinto Orazio Flacco]]. Altri modelli importanti furono inoltre il ''Sermonum liber'' di [[Tito Vespasiano Strozzi]] e i capitoli ternari di [[Antonio Vinciguerra (letterato)|Antonio Vinciguerra]]<ref>{{cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/antonio-vinciguerra_%28Enciclopedia-Italiana%29/|titolo=VINCIGUERRA, Antonio|sito=treccani.it|accesso=30 settembre 2020|dataarchivio=13 gennaio 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170113103532/http://www.treccani.it/enciclopedia/antonio-vinciguerra_%28Enciclopedia-Italiana%29/|urlmorto=no}}</ref> pubblicati nell'''Opera nova'' del 1505.<ref name="RefA">{{cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b24.html|titolo=Satire: genesi e storia redazionale|sito=internetculturale.it|accesso=30 settembre 2020|dataarchivio=3 giugno 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200603222704/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b24.html|urlmorto=no}}</ref>
 
Questi lavori hanno la forma di lettera in [[terzina dantesca]] e seguono la struttura della [[satira latina]] creando, in tal modo, un genere letterario nuovo, il satirico moderno.<ref name=AriostoUmanista/><ref name=bruscagli4/><ref name=satire>{{cita web|url=http://www.oilproject.org/lezione/ludovico-ariosto-riassunto-satire-4362.html|editore=OilProject|autore=Alessandro Cane|titolo=Le "Satire" di Ariosto: introduzione|accesso=30 settembre 2020|dataarchivio=12 aprile 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180412171725/http://www.oilproject.org/lezione/ludovico-ariosto-riassunto-satire-4362.html|urlmorto=no}}</ref> L'influenza di Decimo Giunio Giovenale si nota in particolare nelle prime due satire, ma anche in altre, come nella ''Satira V'', sono presenti versi che richiamano il poeta satirico latino, sebbene mediati dalla resa di [[Giovanni Boccaccio]]; Alessandro Capata di [[Internet Culturale]] ad esempio cita «quanto scrive Ludovico in ''Satire I'', 79-81: ''‘Io mi riduco al pane; e quindi freme / la colera; cagion che alli dui motti / gli amici et io siamo a contesa insieme’'' rinvia esplicitamente al motivo polemico contenuto in Giovenale, ''V'' 159-160: ''‘effundere bilem / cogaris’'' e 169: ''‘stricto pane tacetis’''. L’invocazione contenuta in ''Satire I'' 115-117 rivolta ad Andrea Marone, poeta di corte e familiare di Ippolito d’Este che aspirava ad accompagnare il cardinale in Ungheria, scartato a favore di Celio Calcagnini, riecheggia simili versi di Giovenale. ''‘Fa a mio senno, Maron: tuoi versi getta / con la lira in un cesso, e una parte impara, / se beneficii vuoi, che sia più accetta’'' (Satire I 115-117). ''‘Siqua aliunde putas rerum expectanda tuarum / praesidia atque ideo croceae membrana tabellae / impletur, lignorum aliquid posce ocius et, quae / componis, dona Veneris, Telesine, marito / aut clude et positos tinea pertunde libellos’'' (Giovenale, VII 22-26).»<ref>{{cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/c4.html|titolo=Giovenale|sito=internetculturale.it|accesso=30 settembre 2020}}</ref>
 
La prima satira venne composta nel 1517 e l'ultima nel 1524. In quell'arco temporale Ariosto si dedicò a tutte le stesure dell'''Orlando Furioso'' e questo strumento letterario di tipo diverso gli permise di esprimere i sentimenti che provava sentendosi non compreso dalla corte, anche maltrattato. Con i versi delle ''Satire'' dichiarò la sua libertà personale e la lontananza dal clima di corruzione che vedeva nella politica. Volle in tal modo lasciare di sé l'immagine di un dimesso antieroe calato nella normalità del quotidiano.<ref name=satire/><ref>{{Cita|Bruscagli|pp. 301-303}}.</ref>
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=== ''Erbolato'' ===
''Erbolato'' (termine che indica un "venditore di erbe medicinali" o "erborista"<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/vocabolario/erbolato/|titolo=erbolato|sito=treccani.it|accesso=27 2020|dataarchivio=2 maggio 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180502122147/http://www.treccani.it/vocabolario/erbolato/|urlmorto=no}}</ref>) è una piccola operetta in prosa pubblicata postuma nel 1545.<ref>{{Cita web|url=http://dante.di.unipi.it/ricerca/html/Erbolato.html|titolo=Ariosto, Ludovico: Erbolato|sito=dante.di.unipi.it|accesso=27 2020|dataarchivio=12 febbraio 2009|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090212193952/http://dante.di.unipi.it/ricerca/html/Erbolato.html|urlmorto=sì}}</ref>
Venne scritta in tarda età da Ariosto, dopo il 1524 o addirittura dopo il 1530. La sua genesi è legata probabilmente alla necessità di disporre di un testo da far recitare durante le pause o gli intermezzi delle rappresentazioni teatrali. Contiene numerose allusioni satiriche e parodie della professione medica senza scordare gli spunti di riflessione più seria sulla natura non sempre benigna.<ref>{{Cita web|url=https://muse.jhu.edu/article/505337/pdf|titolo=Ariosto’s Dialogue with Authority in the Erbolato|autore=Dennis Looney|sito=muse.jhu.edu|lingua=en|accesso=27 2020}}</ref>
Il testo, recitato dal personaggio inventato di ''Antonio da Faenza'', inizia con lodi per la scienza medica e poi passa ad enumerare con grandi esagerazioni le virtù del suo miracoloso [[elettuario]]. Questa figura di [[ciarlatano]] si dovrebbe ispirare a due medici realmente esistiti. Il primo, il faentino Antonio Cittadini, docente nello [[Università degli Studi di Ferrara|Studium]] di Ferrara e in [[Università di Pisa|quello]] di Pisa, era morto pochi anni prima. Il secondo, Niccolò da Lunigo, pure lui presente a Ferrara in quel periodo, aveva inventato una medicina capace di curare ogni infermità e prolungare enormente la durata della vita. Il preparato sarebbe stato usato dai fratelli del duca [[Ercole I d'Este]] che in tal modo avrebbero superato l'età di ottant'anni (cosa del tutto falsa). Lo scopo della breve operetta è quello di far riflettere sulle false promesse e sulla creduloneria di chi ascolta tali personaggi. Fu Iacopo Coppa a curare la pubblicazione dopo la morte del poeta, affidandosi alla tipografia [[venezia]]na di [[Pietro Nicolini da Sabbio]] nel 1543; in seguito ad un lungo oblio, l'opera fu riscoperta a partire dal [[XVIII secolo]].<ref>{{Cita web|url=http://edit16.iccu.sbn.it/scripts/iccu_ext.dll?fn=13&i=59|titolo=Nicolini da Sabbio, Pietro|sito=iccu.sbn.it|accesso=27 2020|dataarchivio=24 maggio 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160524152702/http://edit16.iccu.sbn.it/scripts/iccu_ext.dll?fn=13&i=59|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b12.html|titolo=L'Erbolato|accesso=27 settembre 2020|dataarchivio=3 giugno 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200603222705/http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/ariosto/b12.html|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita|Chines, Forni, Ledda, Menetti|p. 312}}.</ref>
 
== IV centenario ariostesco del 1933 a Ferrara ==
[[File:Catalogo Esposizione Della pittura Ferrarese del Rinascimento Ferrara.jpg|thumb|Frontespizio del Catalogo della Esposizione Della pittura Ferrarese del Rinascimento Ferrara, edizione originale del 1933. XI [[Fascismo#L'era fascista|E.F.]].]]
Nel 1933 a Ferrara, per volontà di [[Italo Balbo]] e dell'amico e podesta cittadino, l'ebreo e fascista [[Renzo Ravenna]], venne organizzata una mostra per celebrare il IV centenario ariostesco.<ref>{{Cita web|url =http://rivista.fondazionecarife.it/it/2006/item/27-il-podest%C3%A0-ebreo|titolo=Il podestà ebreo|autore=Stefano Lolli|sito=rivista.fondazionecarife.it|editore=Carife|data=2006|accesso=20 settembre 2020|dataarchivio=1 ottobre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201001062944/https://rivista.fondazionecarife.it/it/2006/item/27-il-podest%C3%A0-ebreo|urlmorto=no}}</ref><ref>{{YouTube|id=ayacRMBNa6Q|titolo=Nelle celebrazioni ferraresi di Ludovico Ariosto l'Italia rivendica con rinnovato titolo le glorie spirituali del rinascimento che diedero luce e lezione al mondo|produttore=[[Istituto Luce Cinecittà]]|data=maggio 1933|accesso=20 settembre 2020}}</ref><ref>{{YouTube|id=dBl828gxw0I|titolo=Ferrara. Alla presenza di S.M. il Re si è chiusa la celebrazione del IV Centenario Ariostesco|produttore=[[Istituto Luce Cinecittà]]|data=ottobre 1933|accesso=20 settembre 2020}}</ref> Forse la mostra fu proposta e decisa dallo stesso Balbo già nel 1931, e nella sua organizzazione vennero coinvolti esperti del settore come il critico d'arte [[Nino Barbantini]] e lo storico dell'arte [[Adolfo Venturi (storico dell'arte)|Adolfo Venturi]], oltre al responsabile delle Belle Arti [[Arduino Colasanti]]. L'esposizione ebbe risonanza nazionale, l'[[Istituto Luce]] realizzò alcuni filmati ed ebbe un successo notevole per l'epoca, con oltre settantamila visitatori, tra i quali i [[Principe di Piemonte|Principi di Piemonte]] e [[Vittorio Emanuele III di Savoia]]. Tra gli assenti vi fu [[Benito Mussolini]].<ref>{{cita|Antonella Guarnieri|pp.40-41}}.</ref>
 
[[Nello Quilici]], allora direttore del [[Corriere Padano]], organizzò l'evento affiancato da numerose personalità e come siti scelti per i vari eventi, oltre al [[palazzo dei Diamanti]], vi furono le [[Mura di Ferrara|Mura degli Angeli]], il [[Castello Estense]], il [[Palazzo Costabili|palazzo di Ludovico il Moro]], [[Casa Romei]], il [[Ex chiesa di San Romano (Ferrara)|chiostro di San Romano]] e l'isola Bianca sul Po.<ref>{{Cita web|url=http://www.fe.camcom.it/servizi/pubblicazioni/gli-ultimi-numeri-de-la-pianura/2016-n.-1-la-pianura|titolo=L'attualità dell'Ariosto ricordando «L'ottava d'oro|sito=fe.camcom.it|accesso=21 settembre 2020|dataarchivio=17 giugno 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160617073302/http://www.fe.camcom.it/servizi/pubblicazioni/gli-ultimi-numeri-de-la-pianura/2016-n.-1-la-pianura|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.bibliotecadiviasenato.it/images/BVS/BibliotecadiviaSenato_201607.pdf|titolo=la Biblioteca di via Senato - Milano|sito=bibliotecadiviasenato.it|formato=pdf|data=luglio/agosto 2016|accesso=21 settembre 2020|dataarchivio=5 dicembre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201205222113/http://www.bibliotecadiviasenato.it/images/BVS/BibliotecadiviaSenato_201607.pdf|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.jstor.org/stable/476438|titolo=Echi del Centenario Ariosteo |autore=Gabriella Bosano|sito=jstor.org|editore=American Association of Teachers of Italian |lingua=en|accesso=21 settembre 2020}}</ref>
 
Il IV centenario, come spiegato, fu fortemente voluto da Italo Balbo che perseguiva il fine di rivalutare l'importanza di Ferrara rifacendosi agli antichi spledori del periodo estense.
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=== Esposizione della pittura ferrarese del rinascimento ===
Il IV centenario ariostesco del 1933 fu strettamente legato all'esposizione della pittura ferrarese rinascimentale perché le intenzioni di Italo Balbo erano di riportare Ferrara all'antico splendore andato perduto con la [[devoluzione di Ferrara|devoluzione]] del 1598 e quindi di celebrare il suo passato storico ed artistico:<ref name=FondazioneCarifeEmiliani>{{Cita web|url=https://rivista.fondazionecarife.it/it/2003/item/165-1933-anno-xi|data=dicembre 2003|titolo=1933 - anno XI |sito=rivista.fondazionecarife.it|autore=[[Andrea Emiliani]]|accesso=21 settembre 2020|dataarchivio=27 novembre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201127114825/https://rivista.fondazionecarife.it/it/2003/item/165-1933-anno-xi|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.violettanet.it/poesiealtro_autori/grafica/Bassani.pdf|titolo=Giorgio Bassani sui banchi di scuola|autore=Silvana Onofri|sito=violettanet.it|editore=[[Liceo Ariosto]]|formato=pdf|accesso=21 settembre 2020|dataarchivio=16 gennaio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210116203005/https://www.violettanet.it/poesiealtro_autori/grafica/Bassani.pdf|urlmorto=no}}</ref>
{{Citazione|Sono note le ragioni che, tra il 1928 e il 1933, portarono autorità ferraresi e romane a sostenere le celebrazioni dell'Ottava d'Oro e di Ludovico Ariosto. Il ruolo di Balbo fu determinante: era questa la stagione del quadrumviro fascista, forte appunto di un programma generale ferrarese ed estense. Una mostra d'arte antica poteva fare proprio allora la sua apparizione da protagonista, approvata e sostenuta anche dalle Belle Arti e dal Comune. Ma la stessa iniziativa di Palazzo dei Diamanti deve essere immaginata in un arco progettuale tessuto per molte fila con la forza d'una ricostruzione sperata della città devoluta nel 1598: ed allontanata con violenza dalla storia.|[[Andrea Emiliani]], ''1933 - Anno XI'', in ''Ferrara - voci di una città'' n. 19, dicembre 2003<ref name=FondazioneCarifeEmiliani/>}}
 
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=== L'Ottava d'Oro ===
Nell'ambito delle celebrazioni ariostesche fu importante la serie di conferenze e di pubbliche letture chiamate l'''Ottava d'Oro''. Queste si svilupparono nell'arco di più di quattro anni, a partire dal 1928. E alle manifestazioni pubbliche presero parte [[Riccardo Bacchelli]], [[Antonio Baldini]], [[Attilio Momigliano]], [[Massimo Bontempelli]], [[Filippo Tommaso Marinetti]], [[Curzio Malaparte]] e molti altri.<ref name=Tumiati>{{Cita web|url=https://rivista.fondazionecarife.it/it/2000/12/item/267-lottava-doro|titolo=L'Ottava d'Oro|autore=Gaetano Tumiati|sito=rivista.fondazionecarife.it|accesso=22 settembre 2020|dataarchivio=25 settembre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200925042622/https://rivista.fondazionecarife.it/it/2000/12/item/267-lottava-doro|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://books.google.it/books/about/L_Ottava_d_oro.html?id=DLRWOgAACAAJ&redir_esc=y|titolo=L'Ottava d'oro: La vita e l'opera di Ludovico Ariosto|autore=Comitato ariostesco dell'Ottava d'Oro, Ferrara|sito=books.google.it|accesso=22 settembre 2020|dataarchivio=1 ottobre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201001182225/https://books.google.it/books/about/L_Ottava_d_oro.html?id=DLRWOgAACAAJ&redir_esc=y|urlmorto=no}}</ref>
 
{{Citazione|Conferenze e cerimonie che, per lo più, si svolgevano al chiuso, In Castello o nei grandi palazzi dei Diamanti, di Lodovico il Moro, di Renata di Francia, del Paradiso; ma, talvolta, nella buona stagione, anche ALL'aperto, sulle Mura degli Angeli, nell'isola Bianca IN mezzo al Po e, per ben tre volte, al parco Massari. E fu, appunto, a una di queste tre che mio padre e mia madre, invitati, portarono me, ragazzino.|Gaetano Tumiati, ''L'Ottava d'Oro '', in ''Ferrara - voci di una città'' n. 12 -6/2000<ref name=Tumiati/>}}
 
== Accademia Ariostea ==
A Ferrara, durante l'occupazione francese, venne istituita il 15 novembre 1803 l'Accademia Ariostea e fu nominato suo segretario perpetuo [[Girolamo Baruffaldi (1740 - 1817)|Girolamo Baruffaldi]], tra i massimi studiosi locali del tempo ed autore di vari saggi sull'Ariosto.<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/baruffaldi-girolamo-iunior_%28Dizionario-Biografico%29/|titolo=BARUFFALDI, Girolamo, iunior|autore=Italo Zicàri|pubblicazione=[[Dizionario biografico degli italiani]]|citazione=istituitasi l'Accademia Ariostea, ne venne nominato nel 1803 segretario perpetuo|accesso=22 settembre 2020|dataarchivio=19 febbraio 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170219212349/http://www.treccani.it/enciclopedia/baruffaldi-girolamo-iunior_(Dizionario-Biografico)|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://manus.iccu.sbn.it/opac_SchedaAutore.php?ID=142696|titolo=Baruffaldi, Girolamo|sito=manus.iccu.sbn.it|accesso=22 settembre 2020}}</ref> Il sito scelto per la sua sede fu quello del teatro degli Intrepidi, voluto dall'omonima Accademia e progettato intorno al 1604 da [[Giovan Battista Aleotti]] su incarico del marchese [[Enzo Bentivoglio]], andato distrutto in in incendio nel 1640.<ref group=N>L'Accademia degli Intrepidi aveva acquistato l'edificio dagli Este, che lo usavano come granaio. Cfr. {{Cita web|url=http://www.museoferrara.it/view/s/99df67320b59444488722de401d31ca6|titolo=Teatro degli Intrepidi|accesso=1 ottobre 2020|dataarchivio=2 marzo 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200302174032/http://www.museoferrara.it/view/s/99df67320b59444488722de401d31ca6|urlmorto=no}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.academia.edu/21229103/Il_Teatro_degli_Intrepidi_di_Giovan_Battista_Aleotti_rivive_attraverso_le_nuove_tecniche_dellacustica_virtuale|titolo=Il Teatro degli Intrepidi di Giovan Battista Aleotti rivive attraverso le nuove tecniche dell'acustica virtuale|autore=Patrizio Fausti, Angelo Farina, Roberto Pompoli e Paolo Fabbri|sito=academia.edu|accesso=22 settembre 2020}}</ref> All'inaugurazione dell'accademia intervennero le massime autorità cittadine.<ref>{{Cita|Baruffaldi|p. 264}}.</ref>
 
== Ludovico Ariosto nella cultura di massa ==
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== Ferrara e Ludovico Ariosto ==
Sono molti, nella città [[este]]nse, i luoghi ed i monumenti che ricordano il poeta.<ref>{{Cita web|url=https://www.comune.fe.it/attach/superuser/docs/sulletraccediludovicoariosto.pdf|titolo=Sulle tracce di Ludovico Ariosto|autore=Francesco Scafuri|sito=comune.fe.it|editore=[[Ferrara|Comune di Ferrara]]|accesso=21 settembre 2020|dataarchivio=22 gennaio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210122070402/https://www.comune.fe.it/attach/superuser/docs/sulletraccediludovicoariosto.pdf|urlmorto=no}}</ref>
=== Luoghi e monumenti ===
;[[Casa di Ludovico Ariosto]]
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Nata con l'[[Addizione Erculea]] col nome di ''piazza Nuova'' e poi per un breve periodo anche ''piazza Napoleone'', venne definitivamente dedicata al poeta. Sulla colonna al suo centro, dal 25 novembre 1833, fu collocata la statua di Ludovico Ariosto. La piazza è utilizzata per varie manifestazioni, tra queste il [[Palio di Ferrara]].
;[[Monumento a Ludovico Ariosto]]
Al centro della piazza Ariostea, sulla colonna [[Rinascimento|rinascimentale]], si trova la statua scolpita da Francesco Vidoni su disegno di Francesco Saraceni. È in [[Pietra di Vicenza|pietra Custoza di Vicenza]] ed è oggetto occasionali restauri, l'ultimo dei quali iniziato nel 2019.<ref>{{Cita web|url=https://www.cronacacomune.it/notizie/35077/previsto-per-mercoledi-21-novembre-lo-spostamento-a-terra-della-statua-dellariosto.html|data=23 novembre 2018|titolo=Restauro del monumento di piazza Ariostea: aggiornamento sulle operazioni di cantiere relative alla statua dell'Ariosto - FOTO |sito=cronacacomune.it|accesso=21 settembre 2020|dataarchivio=7 agosto 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200807093419/https://www.cronacacomune.it/notizie/35077/previsto-per-mercoledi-21-novembre-lo-spostamento-a-terra-della-statua-dellariosto.html|urlmorto=no}}</ref>
;[[Biblioteca comunale Ariostea]]
La principale biblioteca cittadina, già [[Delizie estensi|delizia estense]] e chiamata ''palazzo Paradiso'', poi sede universitaria per l'[[Università degli Studi di Ferrara]], ricorda l'Ariosto nel suo nome.