Libertà: differenze tra le versioni

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{{Vedi anche|Libero arbitrio}}
[[File:Simone Martini 003.jpg|upright|thumb|Sant'Agostino]]
La [[teologia]] cristiana modificò ampiamente la concezione classica della libertà rapportandola non più alla libertà politica e alla libertà personale ma contrapponendola a quella schiavitù interiore derivante dal [[peccato originale]] di [[Adamo]] ed Eva.
 
La buona volontà, e non più la razionalità, è quella che origina la libertà, che non è possibile avere senza l'intervento divino procacciatore della [[Grazia (teologia)|grazia]], mezzo essenziale di liberazione dell'uomo.
 
La volontà non potrebbe indirizzarsi al bene corrotta com'è dalla schiavitù delle passioni corporee se non ci fosse la rinascita dell'uomo e della donna operata da Cristo.<ref>San Paolo, ''Lettera ai Romani'', 7, 24-25</ref>
 
Rimane comunque l'impossibilità umana a liberarsi dal male, dalla colpa e dal peccato per cui la libertà sarà conseguibile dall'uomo e dalla donna solo quando lascerà questo mondo terreno per il giudizio finale nel regno dei cieli.
 
Nasce il problema di stabilire quale rapporto ci sia tra la libertà umana - si introduce la concezione del [[libero arbitrio]] - e l'intervento decisivo della grazia divina e inizierà su questo tema una lunga discussione che vede protagonisti:
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Riprendendo temi stoici e neoplatonici Spinoza concepisce l'uomo come un "modo" (modo di essere, un'espressione contingente) della sostanza unica, e se egli vuole essere libero deve convincersi della sua assoluta limitazione, negare tutto ciò che lo allontana da questa persuasione, mettere da parte ogni desiderio e passionalità e accettare di far parte di quella essenziale identificazione di ''[[Deus sive Natura]]'', per cui la libertà dell'uomo non è altro che la capacità di accettare la legge della necessità che domina l'universo.<ref>Spinoza, ''op.cit.'', ibidem</ref>
 
Tenendo conto di questa visione spinoziana, Leibniz accetta l'idea della libertà come semplice autonomia dell'uomo e della donna, accettazione di una legge che egli/ella stesso/a riconosce come tale, ma nel contempo vuole mantenere la concezione cristiana della libertà individuale e della conseguente responsabilità.
 
Per questo scopo egli/ella concepisce la libertà fondata [[metafisica]]mente sulla "[[monade]]": nel senso che ogni individualità, pur essendo un'"isola" completamente separata dalle altre, compirebbe "liberamente" atti che si incastrano come pezzi di un mosaico, negli atti corrispondenti delle altre monadi, in un tutto che è l'"armonia prestabilita" da Dio, vale a dire l'ordine dell'universo da Lui prefissato secondo il principio del minor male possibile.
 
Rimane comunque insoluto il problema di come le monadi possano violare liberamente e responsabilmente quest'ordine predeterminato e di come Dio non sia egli stesso determinato nella scelta di quello che è logicamente il miglior mondo possibile.
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Con [[Kant]] cambia completamente la prospettiva della concezione della libertà, che non appartiene più al mondo dei fenomeni sensibili ma a quello che fonda l'esperienza, al mondo [[metafisica|metafisico]] del [[noumeno]].
[[File:Hegel portrait by Schlesinger 1831.jpg|upright|left|thumb|Hegel]]
Nel mondo empirico e sensibile non esiste la libertà poiché ogni atto è naturalisticamente condizionato; tuttavia l'uomo o la donna nel suo comportamento morale si sente responsabile delle sue azioni: quindi se da un lato la scelta morale implica la necessità, l'impossibilità di sfuggire all'[[imperativo categorico]], in quanto fatto di ragione per cui non posso non pormi formalmente il problema della scelta, dall'altro devo tuttavia postulare l'esistenza della libertà («postulato della ragion pura pratica»).
 
I due termini, apparentemente inconciliabili, di libertà e necessità possono invece coesistere nel concetto di autonomia: nel senso che l'uomo o la donna obbedisce a una legge che egli/ella stesso/a liberamente si è dato.<ref>Kant, ''Critica della ragion pratica'', II, 2</ref>
 
In opposizione al formalismo kantiano la [[idealismo|filosofia idealistica]], con [[Friedrich Heinrich Jacobi|Jacobi]], [[Johann Gottlieb Fichte|Fichte]], [[Friedrich Schelling|Schelling,]], volle basare la libertà sul [[sentimento]], sull'[[Io (filosofia)|Io]], su un [[Assoluto]] che, identificandosi con la [[Natura]], conduce però Schelling a riprendere la visione [[panteismo|panteistica]] spinoziana con la sua conseguente problematicità.
 
Per [[Hegel]] una libertà morale che rimanga nell'ambito formale e non indichi all'uomo o alla donna come concretamente debba essere indirizzato il suo libero volere è sinonimo di arbitrio e capriccio.
 
Bisogna fondare la libertà nella realtà e nella [[storia]], dove essa si realizza mediante un processo [[dialettica|dialettico]] che attraversa le istituzioni politiche passando dal [[dispotismo]] orientale sino alle moderne [[monarchia|monarchie costituzionali]].
 
Questa libertà storicamente evoluta e conquistata dall'uomo e dalla donna nel corso dei secoli deve portarlo, attraverso l'"[[Fenomenologia dello spirito|astuzia della ragione]]", al possesso di una superiore libertà, quella che si realizza attraverso lo sviluppo dialettico che iniziando dall'[[arte]], attraverso la [[religione]], giunge alla suprema [[Analisi e sintesi|sintesi]] filosofica.
 
La libertà, quindi, più che una facoltà individuale è l'[[essenza (filosofia)|essenza]] stessa dello Spirito Assoluto che realizza sé stesso attraverso la sua estraniazione nella natura e nella storia.
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== Il Novecento ==
[[File:Jean-Paul Sartre FP.JPG|thumb|Jean-Paul Sartre]]
Il problema della libertà, riportato dalla [[spiritualismo|filosofia spiritualistica]] del [[XX secolo|Novecento]] alla iniziale concezione [[persona (filosofia)|persona]]listica cristiana, ricompare nelle nuove correnti esistenzialistiche. [[Jaspers]] vede nel sempre illusorio e deluso tentativo dell'uomo e della donna di conquistarsi la libertà quello che egli chiama "lo scacco dell'esistenza".
 
La libertà non è dunque un mezzo per l'esistenza, ma coincide con l'esistenza stessa: «io sono quando scelgo e, se non sono, non scelgo», dice [[Karl Jaspers]].<ref>M. Luisa Basso, ''Karl Jaspers filosofo della libertà nel solco del kantismo (mit Kant, aber auch uber Kant hinaus)'', ed. CLUEB, 1999</ref>