Giovanni Antonio Orsini del Balzo: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
→‎Bibliografia: + fonte bibliografica
FrescoBot (discussione | contributi)
Riga 38:
}}
 
{{citazione|Giovanni Antonio Orsini, principe di Taranto, fu il più potente feudatario napoletano del Quattrocento, e determinò più volte, col sostegno dato o tolto al re di Napoli, le sorti del loro regno: finché soggiacque nella prima grande congiura e ribellione dei baroni contro re Ferrante d'Aragona, il quale, nonostante che fosse con lui imparentato, lo fece segretamente mettere a morte. Le terre da lui possedute erano tante che si diceva dai contemporanei che egli poteva cavalcare da Napoli fino a Taranto senza mai toccare terra altrui.|[[Benedetto Croce]], ''Aneddoti di varia letteratura'', volume 1, Laterza, Bari, 1953, p. 77.}}
 
== Biografia ==
Alla morte del padre ([[1406]]) non subentrò subito nella successione, in quanto la madre si sposò ([[1407]]) con il re di Napoli [[Ladislao I di Napoli|Ladislao]], che requisì i possedimenti. Le sue nozze con [[Maria d'Angiò]], figlia di [[Luigi II d'Angiò|Luigi II]], non vennero più celebrate per motivi di alleanze politiche. Sposò nel [[1417]] una nipote di [[papa Martino V]], Anna [[famiglia Colonna|Colonna]], figlia di Lorenzo Onofrio Colonna, [[principe di Amalfi]], della linea di [[Genazzano]], donna corpulenta oltre ogni immaginazione. A sua moglie assegnò il feudo di Ceglie del Gualdo ([[Ceglie Messapica]]).
 
Con la rinuncia di [[Giacomo de Bourbon]] del [[1420]], a Giannantonio venne assegnato per meriti politici il [[principato di Taranto]]: l'investitura ufficiale da parte della regina Giovanna II avvenne il 4 maggio [[1421]]. Egli divenne così il più potente signore del Regno: il territorio sotto il suo controllo comprendeva sette arcivescovadi, trenta vescovadi ed oltre 300 castelli e poteva spostarsi da [[Salerno]] a [[Taranto]] quasi rimanendo sempre sui propri territori<ref>Nel [[1455]] diede la contea di [[Conversano]] a sua figlia Caterina, sposa del duca d'[[Atri]], [[Giulio Antonio Acquaviva]].</ref>.
Riga 48:
 
Alla morte di Alfonso tuttavia si ritirò a Taranto.
Qui fu a capo di una [[Congiura dei baroni|ribellione di baroni]] ostili a [[Ferdinando I di Napoli|Ferdinando I]], che pure era suo nipote acquisito, in favore di [[Giovanni d'Angiò]], figlio di [[Renato d'Angiò|Renato]] ([[1459]]). Sconfitto dopo alterne vicende, si riconciliò con Ferdinando, ma morì nel [[castello di Altamura]] nel [[1463]]<ref name="storie-inedite_p50_nota63">{{Cita |storie-inedite |p. 50 - nota n° 63}}.</ref>, strangolato da un certo Paolo Tricarico, forse sicario del re. Alla sua morte la moglie Anna Colonna se ne tornò a Genazzano. Il re Ferrante, per la buona amministrazione esercitata, permise che ella mantenesse il feudo di Ceglie del Gualdo sino alla sua morte, avvenuta nel [[1469]]. Erroneamente, purtroppo, si credeva che Anna Colonna si fosse portata da [[Taranto]] a [[Soleto]] con un seguito di 14 donzelle e 60 cavalieri come scrive Calenzio in una sua lettera<ref>Benedetto Croce, ''Lettere dell'umanista Elisio Calenzio al servizio di Ferdinando I d'Aragona'', in "Archivio Storico per le Provincie napoletane".</ref>.
 
Non avendo figli legittimi, nominò erede del principato la nipote [[Isabella di Chiaromonte|Isabella]], figlia della sorella [[Caterina Orsini Del Balzo]] e di [[Tristano di Chiaromonte]], la quale aveva sposato nel [[1444]] [[Ferdinando I di Napoli|Ferdinando d'Aragona]] (figlio illegittimo del re di Napoli, [[Alfonso V d'Aragona]]) che sarà re di Napoli dal [[1458]] al [[1494]] col nome di [[Ferdinando I di Napoli]]. Il suo principato fu quindi incamerato nel demanio regio.