Lettera di Giacomo: differenze tra le versioni

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{{Citazione necessaria|Il riconoscimento tardivo di questa lettera, specialmente in occidente, può derivare dal fatto che sia stata scritta probabilmente da un giudeo cristiano, e quindi non molto diffusa fra le chiese dei gentili, di origine [[Paolo di Tarso|paolina]]. Ci sono anche indicazioni che la lettera fu considerata poco affidabile per motivi dottrinali.}} Infine fu inclusa nei 27 libri del Nuovo Testamento elencati da [[Atanasio di Alessandria]] e fu confermata da una serie di [[concilio|concili]] nel corso del IV secolo.
 
Nel periodo della [[Riforma protestante]] qualche teologo, in particolare [[Martin Lutero]], ritenne la lettera inadatta a far parte del canone del Nuovo Testamento, a causa della dottrina che la fede da sola non sia sufficiente per la salvezza, che sembra contraddire la dottrina protestante della ''[[sola fide]]''. Oggi, tutte le Chiese cristiane includono la Lettera di Giacomo nel canone, tuttavia [[Martin Lutero|Lutero]] ebbe a definirla una «''lettera di paglia''»<ref>nella prefazione alla sua traduzione della Bibbia in tedesco nota come ''Septemberbibel'' (Wittenberg, 21 settembre 1522).</ref>; "come si sa, Lutero riaprì la discussione attorno a questa lettera, la cui dottrina gli sembrava assai poco «apostolica» e giunse perfino sostenere che si trattasse di uno scritto ebraico da togliere dal canone. Sebbene la sua opinione non sia stata seguita, rimane significativa la difficoltà con cui la lettera di Giacomo si è imposta nel corso dei secoli: questo scritto sì situa al di fuori della grande corrente della teologia Cristiana del primo secolo"<ref group=Nota>Come evidenziano gli esegeti della interconfessionale [[Bibbia TOB]], che aggiungono, in merito alla collaborazione interconfessionale per la realizzazione della stessa ''Bibbia TOB'': "è dunque un felice risultato che da parte protestante si sia rinunziato a trattare sdegnosamente questa lettera come «''lettera di paglia''» (Lutero), deplorando le lacune della sua cristologia e della sua [[soteriologia]] [dottrina della salvezza]; e che, da parte cattolica, si sia capito che c'era qualcosa di meglio da fare che non servirsi di questa lettera solo per giustificare il sacramento dell'unzione degli infermi o, peggio ancora, per polemizzare contro la concezione protestante della salvezza per mezzo della fede". (Bibbia TOB, Elle Di Ci Leumann, 1997, pp. 2802, 2806-2807, ISBN 88-01-10612-2.).</ref>. Analogamente gli studiosi del cattolico "''Nuovo Grande Commentario Biblico''"<ref>Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2002, pp. 1195-1196, ISBN 88-399-0054-3.</ref> osservano: "Ciononostante, la contraddizione apparente con l'insegnamento paolino della giustificazione per fede ha conferito un'importanza esagerata alla pericope. In larga misura, proprio a causa di questa contraddizione apparente, Lutero desiderava escludere la ''Lettera di Giacomo'' dal canone"<ref group=Nota>Aggiungono tali esegeti: "Rimane tuttavia un problema. Non c'è soltanto una grande differenza tra l'accentuazione di Paolo e quella di Giacomo relativamente alla fede e alle opere, ma si riscontra anche una quasi-identità di espressione e di importanza attribuita da entrambi ad Abramo (tutt'e due citano Gen 15,6, ciascuno a proprio favore), insieme a una superficiale e apparente contraddizione reciproca (vedi Rm3,28; anche 1,17; 3,20-27.30; 4,2-5.16-24; Gal2,16; 3,6-12.24); questa affinità di espressione è così straordinaria da lasciare presupporre un qualche tipo di connessione, in funzione di una confutazione o correzione. L'ipotesi più soddisfacente è che Giacomo cercasse di correggere una comune interpretazione falsata della teologia paolina sulla giustificazione per fede; secondo questa interpretazione, contrariamente all'autentico insegnamento di Paolo, il credente non avrebbe bisogno di adempiere ad obblighi morali"; gli esegeti della interconfessionale "''Parola del Signore Commentata''" rilevano, inoltre, che "nella lettera di Paolo ai Romani 3,21-30, leggiamo che anche facendo azioni buone nessuno può meritarsi la lode di Dio [...] Giacomo visse probabilmente in una comunità che aveva male interpretato Paolo. Per questo motivo egli deve controbattere con enfasi, affermando che non basta «credere che Dio esiste»: a questa «fede» deve fare seguito il giusto comportamento. In questo modo egli si pone in una posizione di contrasto nei con fronti del testo adottato da Paolo (confronta la traduzione letterale di Giacomo 2,14-24 con Romani 3,28, Giacomo 2,21-23 con Romani 4,1-3), mentre probabilmente avrebbe potuto concordare con le dichiarazioni di Paolo interpretate nel modo giusto". (Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2002, pp. 1195-1196, ISBN 88-399-0054-3; Parola del Signore Commentata, traduzione interconfessionale, Nuovo Testamento, LDC/ABU, 1981, pp. 686-687.).</ref>.
 
== Struttura e contenuto ==