Judo: differenze tra le versioni
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{{nota disambigua}}
{{W|sport|febbraio 2018|commento=grassetti, corsivi e sottolineature totalmente fuori standard, soprattutto nella sezione [[#Profilo degli illustri maestri di jūdō]]}}
[[File:judo.svg|thumb
Il {{nihongo|'''judo'''|柔道|jūdō|extra=via della cedevolezza}} è un'[[arte marziale]], uno [[sport da combattimento]] e un metodo di [[difesa personale]] [[giappone]]se formalmente nato in Giappone con la fondazione del [[
Il jūdō è in seguito divenuto ufficialmente disciplina olimpica
== Storia ==
=== Contesto storico-politico in Giappone ===
[[File:Jigoro Kano and Kyuzo Mifune.jpg
Il contesto storico era particolare: Il
Il Giappone, che fino a quel momento aveva vissuto in completo isolamento dal resto del mondo ([[Sakoku]]), grazie alla [[Convenzione di Kanagawa]], apre finalmente le frontiere agli stranieri. Dopo l'abdicazione dell'ultimo shogun [[Tokugawa Yoshinobu]] avvenuta nel
[[File:Meiji tenno3.jpg|left|thumb|L'[[Meiji|Imperatore Meiji]] nel 1872. La sua politica di apertura alla cultura occidentale comportò profondi mutamenti nella vita dei giapponesi, tra cui l'accantonamento delle arti marziali tradizionali]]
Scrive [[Armando
▲Scrive [[Armando Troni|Troni]]: «Agli ex daimyō il governo assegnò titoli nobiliari di varia classe, a seconda della importanza delle loro famiglie e una indennità pecuniaria proporzionale alle loro antiche rendite, in buoni del tesoro.
Venne infine dichiarata la eguaglianza fra le quattro classi dei samurai, contadini, artigiani e mercanti. I corpi armati dei samurai vennero sciolti [...] e si determinò una nuova divisione delle classi sociali che si distinsero infatti in: nobiltà, borghesia, e popolo.
Fra le molte riforme [...] bisogna ancora ricordare l'adozione del sistema metrico decimale e del calendario gregoriano».<ref name="Troni1942-84">{{cita libro|autore
Vi furono importanti cambiamenti culturali nella vita dei giapponesi dovuti all'assorbimento della mentalità occidentale e naturalmente ciò provocò un rigetto di tutto ciò che apparteneva al passato, compresa la cultura guerriera che tanto aveva condizionato la vita del popolo durante il periodo feudale. Il [[Jujitsu|jū-jutsu]], essendo parte integrante di questa cultura, lentamente scomparve quasi del tutto. Inoltre, le [[arti marziali]] tradizionali vennero ignorate anche a causa della diffusione delle [[armi da fuoco]] e molti dei numerosi [[Dojo]] allora esistenti furono costretti a chiudere per mancanza di allievi; i pochi rimasti erano frequentati da ex-samurai lottatori professionisti pagati appunto per combattere (essendo il loro unico mezzo di sostentamento) e che talvolta venivano coinvolti in episodi di violenza o crimini. Questo influenzò ulteriormente il giudizio negativo del popolo nei confronti del jū-jutsu nel quale vedeva un'espressione di violenza e sopraffazione.
{{clear}}
{{Citazione|Per la nuova disciplina che volevo diffondere ho evitato di proposito anche i nomi tradizionali fino ad allora largamente usati, quali "jū-jutsu", "tai-jutsu", "yawara", [...] e ho adottato "jūdō". I motivi per cui ho voluto evitare le denominazioni tradizionali erano più d'uno. A quel tempo molti avevano del jū-jutsu o del tai-jutsu un concetto diverso da come io li intendevo; non pensando minimamente a un beneficio fisico e mentale, li collegavano immediatamente ad azioni violente come strangolamenti, lussazioni, fratture, contusioni e ferite... Era un'epoca in cui le trasformazioni sociali costringevano gli uomini di spada e del jū-jutsu, un tempo celebri, ad affrontare un nuovo modo di vivere, perché venivano perdendo la protezione dei potenti feudatari, tanto che qualcuno di essi, dedicandosi al commercio a cui non era educato, a volte cadeva in una vita misera di vagabondo, mentre altri, per sbarcare il lunario, dovevano esibire le loro capacità senza pudore. Perciò, quando si parlava di arte della spada o di jū-jutsu, nessuno immaginava che si trattasse della preziosissima disciplina che tramandava la quintessenza della cavalleria samurai. Queste cose mi indussero a rinnovare almeno il nome della disciplina, altrimenti mi sarebbe risultato difficile anche trovare degli allievi che vi si dedicassero.<ref name=Kano2005a-22-23>{{cita|Kano 2005 a|pag. 22-23}}.</ref>|Jigorō Kanō}}
=== Lo sviluppo a livello mondiale ===
Il jūdō nei primi anni del [[XX secolo|Novecento]] conobbe una straordinaria diffusione in Giappone e parallelamente iniziò la sua diffusione nel resto del mondo grazie a coloro che avevano modo di entrare in contatto col Giappone, principalmente commercianti e militari, che una volta apprese le tecniche di base lo importarono poi nei loro paesi d'origine.
Non meno importante fu la venuta in [[Europa]] intorno al
In Italia le prime testimonianze si riferiscono a un gruppo di militari appartenenti alla [[Regia Marina]] i quali nel
Gli ufficiali Moscardelli e [[Michele Pizzolla]], in servizio a [[Yokohama]] ottennero, secondo quanto contenuto negli archivi della Marina, il 1º [[Dan (arti marziali)|dan]] di jūdō già nel
Bisognerà però aspettare la fine degli [[Anni 1910|anni dieci]] perché si incominci a parlare di "jūdō", grazie all'opera di un altro marinaio, [[Carlo Oletti]], che diresse i corsi di jūdō per l'Esercito istituiti appunto nel
Fino al
=== Nascita del Brazilian Jiu-Jitsu ===
[[File:Mitsuyo Maeda.jpg
{{vedi anche|Brazilian Jiu-Jitsu}}
Come appendice del
=== Morte di Kanō e secondo dopoguerra ===
Jigorō Kanō morì nel
Dopo la disfatta, la nazione venne posta sotto il controllo degli [[Stati Uniti d'America|USA]] per dieci anni e il jūdō fu sottoposto a una pesante censura poiché catalogato tra gli aspetti pericolosi della cultura giapponese che spesso esaltava la guerra.
Fu perciò proibita la pratica della disciplina e i numerosi libri e filmati sull'argomento vennero in gran parte distrutti.
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=== Il judo olimpico e la nascita dei movimenti tradizionalisti ===
A partire dal dopoguerra, con l'organizzazione dei primi Campionati Internazionali e Mondiali, e successivamente con la sua inclusione
[[File:Judo at the 2008 Summer Olympics.PNG|left|thumb|Nazioni per numero di judoka qualificati ai
▲[[File:Judo at the 2008 Summer Olympics.PNG|left|thumb|Nazioni per numero di judoka qualificati ai [[Giochi della XXIX Olimpiade|Giochi Olimpici di Pechino 2008]]]]
▲[[File:Judo pictogram.svg|left|thumb|Pittogramma olimpico del Jūdō.]]
Anche le metodologie di insegnamento e di allenamento sono mutate di conseguenza e difatti si è cominciato a privilegiare la ricerca del vantaggio minimo che permette di vincere la gara, a discapito della ricerca della tecnica magistrale che sì attribuisce la vittoria immediata ma che al contempo espone l'atleta a un maggiore rischio di subire un contrattacco. Tale percorso è stato possibile utilizzando tecniche derivate dalla [[lotta libera]] che per efficacia in gara e affinità biomeccanica ben si uniscono alle tecniche tradizionali del jūdō pur tradendone la vocazione e la genealogia marziale.
Tale risvolto, inevitabile, si è acuito con l'entrata in scena negli [[Anni 1980|anni ottanta]] degli atleti dell'ex [[Unione Sovietica|URSS]], spesso esperti di [[sambo]], lotta che, epurata delle tecniche di colpo, ben si presta a un confronto agonistico e all'integrazione col jūdō.
Altro notevole impulso all'espansione del judo si è avuta nel
In conseguenza di ciò, tuttavia, negli anni si è sviluppata la tendenza a privilegiare un tipo di insegnamento che metta in condizione l'allievo-atleta di guadagnare immediatamente punti in gara, prediligendo talora posizioni statiche assolutamente contrarie alla filosofia jūdōistica classica. Inoltre, una delle conseguenze di tale impianto didattico è la scarsa considerazione degli aspetti [[Educazione|educativi]] e formativi della disciplina, il che è spesso indice di scarsa preparazione dell'insegnante, che non comprende la necessità di fornire un'adeguata base tecnica e morale all'allievo prima di focalizzarsi sulla pratica agonistica.▼
▲In conseguenza di ciò, tuttavia, negli anni si è sviluppata la tendenza a privilegiare un tipo di insegnamento che metta in condizione l'allievo-atleta di guadagnare immediatamente punti in gara, prediligendo talora posizioni statiche assolutamente contrarie alla filosofia jūdōistica classica. Inoltre, una delle conseguenze di tale impianto didattico è la scarsa considerazione degli aspetti
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{{Citazione|Come ripeto ogni volta, il judo è una disciplina concepita come Grande Via, ossia universale. Esso permette di graduare l'insegnamento secondo la necessità e l'interpretazione personale. Può essere concepito come bujutsu, può costituire un'educazione fisica, interessare la coltivazione mentale e morale, fino a permettere l'applicazione della capacità acquisite al vivere quotidiano. Diverso è invece il caso degli sport agonistici, che rappresentano un genere di attività fisica dedicato essenzialmente al risultato di vittoria-sconfitta, anche se l'allenamento ad essi, a patto che sia eseguito in modo corretto, porta un giovamento sul piano fisico e mentale e quindi può risultare efficace e utile, cosa di cui nessuno discute.
Fatto sta che la differenza è enorme: mentre negli sport competitivi l'obiettivo si confina nell'ambito ristretto di ricercare la vittoria, quello del judo propone una finalità ampia e complessa, tanto che possiamo definire gli sport competitivi come un'applicazione parziale dell'obiettivo in cui si riconosce la disciplina del judo. Dunque è plausibile, anzi lecito, interpretare il judo anche nell'accezione agonistica e competitiva, anche se questo rappresenta un genere di allenamento che da solo non porta al compimento dell'obiettivo vero e proprio della disciplina. In altre parole: è vero che bisogna riconoscere nell'esigenza dei tempi l'istanza del judo come sport da competizione, tuttavia senza dimenticare nemmeno per un attimo quale ne è il significato e la vera funzione.<ref name=Kano2005a-269-270>{{cita|Kano 2005 a|pagg. 269-270}}.</ref>|Jigorō Kanō}}
[[File:Nicola Tempesta.jpg
Nel
▲[[File:Nicola Tempesta.jpg|right|thumb|Il maestro [[Nicola Tempesta]] nel 1966. Oggi 8º dan, è stato il primo ''judoka'' italiano a vincere la medaglia d'oro ai Campionati Europei nel 1957]]
▲Nel [[1974]] la FIAP viene assorbita dalla [[FILPJ]], (Federazione Italiana Lotta Pesi Judo), che a sua volta, inglobando anche il [[karate]], cambierà denominazione in [[FILPJK]] (Federazione Italiana Lotta Pesi Judo Karate) nel 1995. Nel luglio del 2000 l'Assemblea Nazionale decide di scindere la FILPJK in [[FIJLKAM]] (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali) e [[FIPCF]] (Federazione Italiana Pesistica e Cultura Fisica).
In Italia particolare merito spetta, per la divulgazione del jūdō e per la costituzione in organizzazione federale, al Maestro Benemerito<ref>Onorificenza rilasciata dall'ente in base all'età e al contributo all'interno dello stesso.</ref> Tommaso Betti-Berutto, autore del testo – usato come riferimento da almeno due generazioni di insegnanti tecnici italiani, ma non certo indenne da gravi imperfezioni – "''Da cintura bianca a cintura nera''", al Maestro Benemerito [[Giovanni Bonfiglio]], pioniere del jūdō e delle arti marziali in Sicilia e Calabria già dal 1946, e all'Avv. [[Augusto Ceracchini]], cinque volte Campione d'Italia e co-istitutore dell'Accademia Nazionale Italiana Judo<ref>Ente predisposto alla formazione degli insegnanti tecnici di jūdō negli anni settanta.</ref>, al Maestro Benemerito [[Nicola Tempesta]], 8º dan, padre della "scuola napoletana" di jūdō, nove volte Campione d'Italia e primo italiano Campione d'Europa, e al Maestro [[Cesare Barioli]], autore di importanti testi sul jūdō sia di carattere tecnico, sia come metodo educativo e formativo.
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In Giappone nel 2006 ha suscitato grande scalpore l'intervento del maestro [[Yasuhiro Yamashita]], 8° dan del Kōdōkan, dal titolo "''In relazione al Judo Renaissance''"<ref>[http://www.kodokan.org/j_renaissance/yamashita0603.html 柔道ルネッサンス」について] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140806074135/http://www.kodokan.org/j_renaissance/yamashita0603.html |data=6 agosto 2014 }}.</ref>, nel quale l'enfasi è su un maggiore e più efficace impegno da parte delle più importanti istituzioni mondiali nella promozione del judo come metodo educativo anziché soltanto come sport.
{{Citazione|Se il Judo diverrà in ogni Nazione una forma di formazione e sviluppo della persona, penso che la Educazione umana potrà avere un avanzamento. Stiamo portando avanti il progetto del "Judo Renaissance" con questo spirito, ci siamo impegnati concretamente fino a questo punto.<ref>Traduzione dell'intervento [http://www.freebudo.com/articoli/judo%20tradizionale/cultura%20judo/1%20judo%20renaissance/yamashita1.htm "In relazione al Judo Renaissance"] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20081013003320/http://www.freebudo.com/articoli/judo%20tradizionale/cultura%20judo/1%20judo%20renaissance/yamashita1.htm |data=13 ottobre 2008 }} a cura del maestro Alessio Oltremari.</ref>|Yasuhiro Yamashita}}
Naturalmente nella sua globalità tale movimento tradizionalista non deve essere concepito come antonimia della pratica sportiva, bensì come complemento fondamentale a quest'ultima. Come scrive lo stesso Jigorō Kanō: «Anche nel periodo antico esistevano maestri che impartivano nozioni di tipo etico oltre che tecnico: si trattava di esempi illuminati ma che, tenendo fede al loro impegno di maestri, dovevano necessariamente privilegiare la tecnica. Nel jūdō invece gli insegnanti devono percepire la disciplina soprattutto come educazione, fisica e mentale.»<ref name="Kano1925">{{cita pubblicazione|cognome=Kanō|nome=Jigorō|anno=1925|titolo=|rivista=Yuko no Katsudo|città=Tokyo}}</ref>▼
▲Naturalmente nella sua globalità tale movimento tradizionalista non deve essere concepito come antonimia della pratica sportiva, bensì come complemento fondamentale a quest'ultima. Come scrive lo stesso Jigorō Kanō: «Anche nel periodo antico esistevano maestri che impartivano nozioni di tipo etico oltre che tecnico: si trattava di esempi illuminati ma che, tenendo fede al loro impegno di maestri, dovevano necessariamente privilegiare la tecnica. Nel jūdō invece gli insegnanti devono percepire la disciplina soprattutto come educazione, fisica e mentale.»<ref name="Kano1925">{{cita pubblicazione
Mentre invece, «per coloro che si dimostrassero particolarmente portati alla competizione è lecito interpretare sportivamente la disciplina, purché non si dimentichi che l'obiettivo finale è ben più ampio.»<ref name="Kano1925" />
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Jū {{nihongo||柔|}} è un bellissimo concetto riguardante la logica, la virtù e lo splendore; è la realtà di ciò che è sincero, buono e bello. L'espressione del jūdō è attraverso il ''waza'', che si acquisisce con l'allenamento tecnico basato sullo studio scientifico.<ref>{{cita|Mifune|pag. 21}}.</ref>|Jigorō Kanō}}
Il termine "jūdō" è composto da due [[kanji]]: {{nihongo|
{{Citazione|Il termine "jūdō" è stato usato in tempi remoti antecedenti alla restaurazione Meiji, ma generalmente si preferiva dire "jū-jutsu", o più comunemente "yawara", che compendia il precedente: l'uno richiamandosi all'agilità vera e propria e l'altro alle tecniche di attacco e difesa.<ref name=Kano2005a-23/>|Jigorō Kanō}}
Il jūdō del prof. [[
=== Jigorō Kanō e il jū-jutsu ===
[[File:Kano Jigoro.jpg|left|thumb|[[
[[File:Kano kitoryu judo menjo.jpg|left|thumb|Il diploma della [[Kitō-ryū]] rilasciato nell'ottobre 1886 a Jigorō Kanō]]
La storia del jūdō e il jūdō stesso sono inseparabili dal fondatore, [[
{{Citazione|Tenshin Shin'yō è una scuola nata da Iso Mataemon unendo i metodi di Yoshin-ryū e Shin-no-shindo-ryū. Nell'infanzia il nome del Fondatore era Okayama Hachirogi, divenuto Kuriyama Mataemon alla maggiore età, e finalmente era stato adottato dalla famiglia Ito ed assunto dal Bakufu col titolo di Iso Mataemon Ryu Kansai Minamoto Masatari.|
▲{{Citazione|Tenshin Shin'yō è una scuola nata da Iso Mataemon unendo i metodi di Yoshin-ryū e Shin-no-shindo-ryū. Nell'infanzia il nome del Fondatore era Okayama Hachirogi, divenuto Kuriyama Mataemon alla maggiore età, e finalmente era stato adottato dalla famiglia Ito ed assunto dal Bakufu col titolo di Iso Mataemon Ryu Kansai Minamoto Masatari.|Jigoro Kano}}
Inoltre, come spiega [[Sanzo Maruyama]], il nome della scuola deriva da «''yo'', che significa "salice" e ''shin'' che significa "spirito". La scuola dello ''spirito come il salice'' si ispira alla flessibilità dell'albero», «questa scuola studiava ''atemi'', ''torae'' e ''shime'', principalmente in costume di città. Non dava importanza alle proiezioni.»<ref name="Barioli2004-22">{{cita|Barioli 2004|pag. 22}}.</ref>
Nel
Alla morte del cinquantaduenne maestro Fukuda, nove giorni dopo la famosa esibizione, e ricevuti formalmente dalla vedova di Fukuda i {{nihongo|
Dopo poco Kanō si iscrisse al dōjō di [[Masatomo Iso]], discepolo di [[Mataemon Iso]] fondatore dello stile, che fu felice di prenderlo come suo assistente. Il maestro Iso insegnava principalmente i kata e gli [[Atemi|atemi-waza]].
In seguito alla morte del maestro Iso e al raggiungimento della laurea in Lettere presso l'[[Università Imperiale di Tokyo]] nel
Scrive [[Brian Watson|Watson]]: «Ci sono molte differenze degne di rilievo tra lo stile Tenshin Shin'yō e lo stile Kitō. Ad esempio, il Tenshin Shin'yō possiede un maggior numero di tecniche di strangolamento e di immobilizzazione rispetto al Kitō, mentre quest'ultimo ha sempre avuto tecniche di proiezione di maggior efficacia.»<ref name="Watson2005-37">{{cita|Watson 2005|pag. 37}}.</ref>▼
▲Scrive [[Brian
{{Citazione|Dopo due anni di studio e allenamento, iniziati attorno al 1878, il mio fisico cominciò a trasformarsi e al termine di tre anni avevo acquisito una notevole robustezza muscolare. Sentivo leggerezza nell'animo e m'accorgevo che il carattere alquanto irascibile che avevo da ragazzo diveniva sempre più mite e paziente e che la mia indole acquistava maggiore stabilità. Non si trattava solo di questo: ero consapevole di aver guadagnato benefici sul piano spirituale. Pertanto, alla conclusione dei miei studi di jū-jutsu, approdai a una mia verità: cioè che questo insegnamento poteva essere applicato a risolvere qualsiasi circostanza in ogni momento della vita, tanto che in me si fece strada la convinzione che tale beneficio psicofisico dovesse essere portato a conoscenza di tutti e non solo riservato a una ristretta cerchia di praticanti.<ref name=Kano2005a-23/>|Jigorō Kanō}}
=== Il [[
[[File:Eishoji.JPG
Contestualmente all'incarico di docente al [[Gakushūin]], il prof. Kanō aveva deciso che era giunto il momento di lasciare il suo alloggio studentesco e di fondare un proprio [[Dojo]].
Scrive [[Cesare
E [[Brian Watson|Watson]] precisa: «In un quartiere di [[Tokyo
Per inciso, l'[[Eishōji]] secondo l'odierna toponomastica di
Tale tempio non è da confondere col suo più famoso omonimo ubicato nella città di [[Kamakura]]. Quello originale, ospitante il primo [[Kōdōkan]] è ancora visitabile. Ha due ingressi, uno non facilmente accessibile poiché alquanto costretto dagli edifici limitrofi, l'altro con parcheggio auto su ''Kiyosu-bashi Dori''.</ref> mentre l'attuale sede del Kōdōkan, costituita da ben otto piani e operativa dal
Il prof. Kanō riprese allora il termine "jūdō", che [[Terada Kan'emon]], il quinto [[sōke]] della [[Kitō-ryū]], aveva coniato quando aveva creato il proprio stile e fondato la sua scuola, la [[Jikishin-ryū]],<ref name="Waterhouse1982-170-171">{{cita pubblicazione|cognome=Waterhouse|nome=David|anno=1982|titolo=Kanō Jigorō and the Beginnings of the Jūdō Movement|conferenza=symposium|città=Toronto|pp=170-171}}</ref><ref name="Draeger1973">{{cita libro|autore=Donn F. Draeger|titolo=Classical Budo - The Martial Arts and Ways of Japan|volume=2|editore=Weatherhill|isbn=978-0-8348-0234-6}}</ref> ma che, come lo stesso Kanō fa notare, «esisteva anche prima della [[Restaurazione Meiji]] (un esempio ne è la scuola [[Chokushin-jūdō]]).»<ref name="Kano2005a-229">{{cita|Kano 2005 a|pag. 229}}.</ref>
Lo stile venne conosciuto anche come "Kanō jū-jitsu" o "Kanō jū-dō", poi come "Kōdōkan jū-dō" o semplicemente "jū-dō" o "jūdō". Nel primo periodo, venne anche chiamato "jū-jitsu", da cui sono derivate ambiguità persistenti soprattutto all'estero fino agli anni quaranta.<ref>Al riguardo è emblematico il titolo del libro di [[O. H. Gregory]] e [[Tsunejirō Tomita]], ''Judo: La moderna scuola del Jū-Jitsu'', Chicago, O. H. Gregory, ~1906.</ref>
A sostegno della scientificità del metodo Kanō, scrive [[Shun Inoue]]:
{{Citazione|Dagli inizi del Kōdōkan, invece di legarsi ad una sola scuola, Kanō creò una nuova, "scientifica", arte marziale selezionando le migliori tecniche delle scuole di jūjutsu. Inizialmente egli combinò azioni di lotta e tecniche di colpo ai punti vitali proprie della Tenshin Shin'yō-ryū con le tecniche di proiezione predilette dalla Kitō-ryū. Ma Kanō non limitò la sua ricerca alle sole tecniche di queste due scuole. [...]<br
Riguardo ai membri del primo [[Kōdōkan]] scrive ancora [[Brian Watson|Watson]]: «Il primo allievo di Jigorō nel nuovo dōjō fu [[Tsunejirō Tomita]], un giovane proveniente dalla [[penisola di Izu]], nella [[prefettura di Shizuoka]]» e «il secondo allievo a essere ammesso al dōjō fu un ragazzo di nome [[Shirō Saigō]], che in seguito sarebbe diventato uno dei migliori jūdōka della sua generazione. Tra gli altri allievi che si unirono alla scuola di Kanō vi furono vari colleghi universitari di Jigorō, studenti ed ex-studenti della [[Gakushūin]], e alcuni suoi amici.»<ref name="Watson2005-40" />
Inoltre i rapporti con il maestro [[Tsunetoshi Iikubo|Iikubo]] non si erano certo interrotti, anzi, Kanō accettava di buon grado le visite del [[sōke]] della [[Kitō-ryū]] sia dal punto di vista tecnico, in quanto gli allievi potevano apprendere direttamente da Iikubo i particolari del suo [[Jujitsu|jū-jutsu]], sia ovviamente dal punto di vista personale per la profonda stima che ognuno aveva dell'altro.
Tuttavia il padrone del tempio, il signor [[Shunpo Asahi|Asahi]], prete del [[Buddhismo giapponese#Scuola J.C5.8Ddo .28.E6.B5.84.E5.9C.9F.E5.AE.97.2C J.C5.8Ddo sh.C5.AB.29|Jōdo-shū]], una delle più antiche sette [[Buddhismo giapponese|buddhiste del Giappone]],<ref name="Barioli2004-34-39">{{cita|Barioli 2004|pagg. 34-39}}.</ref> a causa dei rumori dovuti alla pratica, più volte dovette redarguire Kanō e i suoi, finché non si decise di costruire il primo vero e proprio dōjō esterno ai locali del tempio.
Il jūdō quindi, strettamente all'arte del combattimento, venne completamente collaudato durante il periodo a cavallo tra il [[Anni 1890|XIX]] e il [[Anni 1900|XX secolo]]. Il riconoscimento della sua eccellenza pratica e teorica nell'ambito del {{nihongo|
=== La filosofia del Kōdōkan jūdō ===
[[File:Kodokan Jigoro Kano Statue.jpg|left|thumb|Statua di Jigorō Kanō Shihan all'entrata del Kōdōkan di
Nel
▲Nel [[1882]] [[Jigorō Kanō]] era docente di [[Lingua inglese|inglese]] ed [[economia]] alla [[Gakushūin]].<ref name="Watson2005-177">{{cita|Watson 2005|pag. 177}}.</ref> Dotato di straordinarie capacità pedagogiche, intuì l'importanza dell'attività motoria e dell'addestramento al combattimento, se insegnati adeguatamente per lo sviluppo fisico e intellettuale dei giovani.
{{Citazione|Il jū-jutsu tradizionale, come tante altre discipline del bu-jutsu, poneva l'obiettivo strettamente ed esclusivamente sull'attacco-difesa. È probabile che molti maestri abbiano anche impartito lezioni sul significato della Via e altrettanto sulla condotta morale, ma, adempiendo il loro dovere di insegnanti, la meta primaria rimaneva quella di insegnare la tecnica.
Diverso è invece il caso del Kōdōkan, dove si dà importanza anzitutto all'acquisizione della Via e la tecnica viene concepita unicamente come il mezzo per raggiungere tale obiettivo. Il fatto è che le ricerche sul jū-jutsu mi portarono verso una Grande Via che pervade l'intero sistema tecnico dell'arte, mentre lo sforzo e i tentativi per definire l'entità della scoperta mi convinsero chiaramente dell'esistenza della Via Maestra, che ho definito come "la migliore applicazione della forza mentale e fisica".<ref name=Kano2005b-228>{{cita|Kano 2005 b|pag. 228}}.</ref>|Jigorō Kanō}}
Quindi, [[
▲Quindi, [[Jigorō Kanō]] Shihan eliminò dal [[randori]] tutte le azioni di attacco armato e di colpo, che potevano portare al ferimento (talvolta grave) degli allievi: tali tecniche furono ordinate solo nei [[kata]], in modo che si potesse praticarle senza pericoli. E infatti, una delle caratteristiche fondamentali del jūdō è la possibilità di effettuare una tecnica senza che i praticanti si feriscano. Ciò accade grazie alla concomitanza di diversi fattori quali l'abilità di [[Uke (arti marziali)|uke]] nel cadere, la corretta applicazione della tecnica da parte di [[Tori (arti marziali)|tori]], e alla presenza del [[tatami]] che assorbe la caduta di [[Uke (arti marziali)|uke]]. Nel combattimento reale, come può essere una situazione di pericolo contro un aggressore armato o no, una tecnica eseguita correttamente potrebbe provocare gravi menomazioni o finanche essere fatale.
Difatti non bisogna mai dimenticare il retaggio marziale del jūdō: il prof. Kanō studiò e approfondì le [[nage-waza]] della [[Kitō-ryū]], le [[katame-waza]] e gli [[Atemi|atemi-waza]] di [[Tenshin Shin'yō-ryū]] e costituì un suo personale sistema di educazione al combattimento efficace e gratificante, supportato da forti valori etici e morali mirati alla crescita individuale e alla formazione di persone di valore.
Scrive [[Cesare Barioli|Barioli]]: «Questa è la diversità di concezione tra il ''jūjutsu'' e il ''jūdō''. Dalla tecnica e dalle esperienze del combattimento sviluppate nel periodo medievale, arrivare tutti insieme per crescere e progredire col miglior impiego dell'energia, attraverso le mutue concessioni e la comprensione reciproca.»<ref name="Barioli2008-54">{{cita pubblicazione|cognome=Barioli|nome=Cesare|anno=2008|mese=ottobre|titolo=Il judo educazione|rivista=Athlon|numero=10|editore=FIJLKAM|città=Roma|p=54|url=http://venus.unive.it/venescus/judo/athlon%20rivista/ATHLON_10_2008.pdf}}</ref>
Questa fu la vera evoluzione rispetto al jū-jutsu che si attuò anche attraverso la formulazione dei principî fondamentali che regolavano la nuova disciplina: {{nihongo|
▲Questa fu la vera evoluzione rispetto al jū-jutsu che si attuò anche attraverso la formulazione dei principî fondamentali che regolavano la nuova disciplina: {{nihongo|'''[[seiryoku-zen'yō]]'''|精力善用|extra = il miglior impiego dell'energia}} e {{nihongo|'''[[jita-kyō'ei]]'''|自他共栄|extra = tutti insieme per il mutuo benessere}}.
Le qualità sulle quali si poggia il codice morale del fondatore e alle quali ogni judoista dovrebbe mirare durante la pratica e la vita di tutti i giorni si rifanno agli ideali del [[bushidō]]: {{nihongo|
{{vedi anche|Bushidō}}
[[File:Musashi ts pic.jpg
Per ottenere ciò, secondo gli insegnamenti del prof. Kanō, è necessario impiegare proficuamente le proprie risorse, il proprio tempo, il lavoro, lo studio, le amicizie, al fine di migliorare continuamente la propria vita e le relazioni con gli altri, conformando cioè la propria vita al compimento del principio del "miglior impiego dell'energia". Da ciò dunque l'alto valore educativo del judo.
Il judo mira a compiere la sintesi tra le due tipiche espressioni della cultura giapponese antica e cioè ''Bun-bu'', la penna e la spada, la virtù civile e la virtù guerriera.
{{Citazione|Il dottor Kanō utilizzava un ideale giapponese molto antico: forza e cultura unite insieme. La cultura senza forza è inefficace, la forza senza cultura è barbarica. Il dottor Kanō esemplificava questo ideale nella sua persona; creò il jūdō, ma fu anche un personaggio di spicco dell'istruzione nazionale, oltre che preside di due importanti licei e autore degli scritti raccolti in tre importanti volumi.
Spiegò che l'ideogramma {{nihongo|"''bun''"|文}} comprendeva i concetti di cultura, raffinatezza, buon carattere, chiarezza di visione e d'intelligenza. {{nihongo|"''Bu''"|武}} significa capacità di combattere, forza di volontà, concentrazione, capacità di mantenere la calma. Divideva questo ideogramma in due parti; [...] La parte in basso a sinistra significa "controllare" o "fermare", la parte in alto a destra era il vecchio carattere che significava "lancia". L'ideogramma, complessivamente, significa "''controllare la lancia''".
Vuol dire che bisogna imparare a usare la lancia, non allo scopo di attaccare, ma per "controllare la lancia" con cui si viene attaccati.
Questa doveva essere la base fondamentale della forza ''bu'' che si ottiene praticando il jūdō o altre arti marziali.<ref name=Leggett2005-83>{{cita|Leggett|pag. 83}}.</ref>|Trevor Leggett}}
== Le tecniche ==
Secondo il metodo d'insegnamento del Prof. Kanō, il Kōdōkan Jūdō consiste fondamentalmente nell'esercitare la tecnica di combattimento e nella ricerca teorica, entrambe cose elaborate dal principio "yawara".
{{Citazione|''Yawara'' significa adeguarsi alla forza avversaria al fine di ottenere il pieno controllo. Esempio: se vengo assalito da un avversario che mi spinge con una certa forza, non devo contrastarlo, ma in un primo momento debbo adeguarmi alla sua azione e, avvalendomi proprio della sua forza, attirarlo a me facendogli piegare il corpo in avanti
[...] La teoria vale per ogni direzione in cui l'avversario eserciti forza.<ref name=Kano2005a-23/>|Jigorō Kanō}}
Il jūdō offre un ricco repertorio di tecniche di combattimento, categorizzato solitamente come di seguito. Queste tecniche comprendono l'applicazione del principio ''yawara'' (non soltanto nel contesto dell'elasticità passiva intesa in senso [[Buddhismo giapponese|buddhista]], ma anche come principio attivo del [[contrattacco]]), enucleano i principi dell'attacco-difesa propri del metodo Kanō e ne dimostrano l'efficacia sia nel [[Autodifesa|combattimento reale]], sia nella [[Judo (sport)|competizione sportiva]].<ref name="RattiWestbrook1977-372" />
=== Tassonomia del ''waza'' ===
Le tecniche del jūdō del prof. Kanō, e oggi riconosciute ufficialmente dal [[Kōdōkan|Kōdōkan Jūdō Institute]] di [[Tokyo
{{colonne}}
* Nage-waza
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* Katame-waza
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* Atemi-waza
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==== Nage-waza (tecniche di proiezione) ====
[[File:Haraigoshi.jpg
Secondo la tassonomia tradizionale delle tecniche di jūdō, il gruppo preponderante è quello delle {{nihongo|
L'apprendimento è strutturato secondo un sistema chiamato
* All'interno delle [[nage-waza]] si distinguono le {{nihongo|
** Le [[Tachi-waza]] a loro volta si suddividono in tre gruppi: {{nihongo|
** Le [[Sutemi-waza]] a loro volta si suddividono in due gruppi: {{nihongo|
È tuttavia importante sottolineare che tale suddivisione biomeccanica ai fini dell'appartenenza o meno di un [[waza]] a un gruppo, considera l'uso ''prevalente'' di una parte del corpo di tori, e non l'uso ''esclusivo'' di tale parte.
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==== Katame-waza (tecniche di controllo) ====
[[File:Juji.jpg
Il secondo macrogruppo è costituito dalle {{nihongo|
* Le [[katame-waza]] si suddividono in {{nihongo|
Nel caso delle [[Osae-komi-waza]] si possono distinguere due sottogruppi anche se tale ulteriore suddivisione trascende la tassonomia tradizionale. Esistono quindi immobilizzazioni su quattro punti d'appoggio dette {{nihongo|
Alle katame-waza è dedicato il [[Katame no
==== Atemi-waza (tecniche di colpo) ====
* L'ultimo gruppo di tecniche è chiamato {{nihongo|
** Gli [[Atemi#Ude-ate|ude-ate]] a loro volta si suddividono in: {{nihongo|
** Gli [[Atemi#Ashi-ate|ashi-ate]] a loro volta si suddividono in: {{nihongo|
Lo stesso Jigorō Kanō spiega gli effetti di tali tecniche: «Un attacco sferrato con potenza contro un punto vitale può dare come risultato dolori, perdita di coscienza, menomazioni, coma o addirittura morte. Le [[Atemi|atemi-waza]] vengono praticate solamente nei [[kata]], mai nel [[randori]].»<ref name="Kano2005b-53" />
=== Ukemi ===
È molto importante per un jūdōka saper cadere senza farsi male, e infatti le {{nihongo|
* {{nihongo|
* {{nihongo|
* {{nihongo|
* {{nihongo|
Il jūdō moderno tende a interpretare la caduta come una sconfitta, ma in realtà essa è a tutti gli effetti una tecnica per consentire al corpo di scaricare senza danni l'energia cinetica accumulata durante la proiezione. Se male eseguita, possono verificarsi infortuni come [[Lussazione|lussazioni]] della spalla, [[Contusione|contusioni]] al capo, ai piedi, ecc.
=== Fasi dell'esecuzione del waza ===
==== Kuzushi ====
La possibilità di eseguire con successo una tecnica di proiezione è fondata sull'ottenimento di uno [[equilibrio meccanico|squilibrio]] {{nihongo|
{{Citazione|I movimenti base di ''kuzushi'' sono la spinta e la trazione, che vengono eseguiti con tutto il corpo, e non solo con le braccia. L'azione di sbilanciamento può essere eseguita lungo una linea retta o curva, e in ogni direzione. Per neutralizzare ogni tentativo dell'avversario di farci perdere l'equilibrio, bisogna dapprima cedere alla sua azione, e poi applicare il nostro ''kuzushi''.<ref name=Kano2005b-40-41>{{cita|Kano 2005 b|pagg. 40-41}}.</ref>|Jigorō Kanō}}
Viene definito {{nihongo|
==== Tsukuri e kake ====
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互いに、精力善用・自他共栄の根本原理に即した作りと掛けを競い合う間に、自然とこの根本原理を理解し、体得して、社会百般の実生活に生かそうとしています。
「技から道に入る」わけです。<ref>Kōdōkan Jūdō Institute, Waza [http://www.kodokan.org/j_basic/waza_j.html 技の原理] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20100412133150/http://www.kodokan.org/j_basic/waza_j.html |data=12 aprile 2010 }}.</ref>|lingua
I concetti di [[tsukuri]] e di [[kake]] sono di fondamentale importanza nell'esecuzione delle tecniche. Il primo quindi si esplicita quando si è nella corretta posizione per effettuare la tecnica<ref name="Kano2005b-42">{{cita|Kano 2005 b|pag. 42}}.</ref> impiegando meno energia possibile, seguendo il principio del {{nihongo|
Il maestro [[Kyūzō Mifune]] spiega così entrambi i principî:
{{Citazione|
''Sincronizzazione di braccia, gambe ed ànche''<br
Prima di eseguire una tecnica, è essenziale spostare il proprio corpo nella posizione corretta dopo aver rotto l'equilibio dell'avversario. Ciò è detto ''tsukuri''. L'esecuzione della tecnica è conosciuta come ''kake''.
Poiché l'intenzione immediata e l'azione simultanea sono insegnate dal principio, talvolta i praticanti intendono che ci sia una sequenza per le azioni di braccia, gambe e ànche. Normalmente, ''tsukuri'' precede ''kake''. E inoltre, l'elemento fondamentale da capire è usare la forza della mente per controllare braccia, gambe ed ànche, per agire in perfetto sincronismo. Questo è essenziale.|Kyūzō Mifune|
''Synchronization of arm, leg and hips''<br
Before executing a technique, it is essential to move your body into the correct position after having broken your opponent's balance. –This is called ''tsukuri''. The execution of the technique itself is known as ''kake''.
Because immediate intent and simultaneous action are taught from the beginning, sometimes people understand these to mean that there is a sequence for the actions of the arm, leg, and hips. As a rule, ''tsukuri'' precedes ''kake''. Also, the fundamental element to understand is to use the power of your mind to control the arms, legs, and hips, to act in perfect synchronization. –This is essential.<ref name=Mifune2004-44>{{cita|Mifune|pag. 44}}.</ref>|lingua
=== Princìpi di esecuzione del waza ===
Secondo la didattica classica, i principi di esecuzione del ''waza'' sono tre:
* {{nihongo|
* {{nihongo|
* {{nihongo|
==== Sen ====
Il principio
''Sen'' si applica in primo luogo tramite azioni mirate a sviluppare l'azione mantenendo l'iniziativa, continuando a incalzare l'avversario con attacchi continui atti a portarlo in una posizione di squilibrio o comunque vulnerabile.
==== Go-no-sen ====
Il principio
==== Sen-no-sen ====
Ipotizzando che l'esecuzione del waza preveda in generale un tempo di preparazione (anche solo mentale) all'esecuzione pratica e considerando tale tempo parte dell'attacco, il principio
Solo l'assidua pratica nel {{nihongo|
{{Citazione|"''Sen-no-sen''" è un principio d'azione riservato a jūdōisti molto abili, che fonde i due precedenti e che richiede intuizione. Non si può allenare ''sen-no-sen'' con esercizi educativi, ma lo si comprende solo con la pratica spinta. Per fare un esempio supponiamo che l'avversario abbia una buona posizione tanto che risulta difficile affrontarlo con il principio ''sen''; tuttavia c'è un attimo in cui il suo atteggiamento mentale di difesa si rilascia per lasciare posto a quello di attacco: naturalmente non si è ancora mosso per attaccare, ha solo cambiato l'atteggiamento mentale; allora si attacca trovandolo scoperto.
''Sen-no-sen'' appare esteriormente come un attacco ''sen'', ma nel mondo interiore è come un ''go-no-sen''.<ref name=Barioli1988-111>{{cita|Barioli 1988|pag. 111}}.</ref>|Cesare Barioli}}
=== Esercizi d'allenamento ===
* {{nihongo|
* {{nihongo|
* {{nihongo|
* {{nihongo|
* {{nihongo|
* {{nihongo|
* {{nihongo|
* {{nihongo|
== I kata ==
I {{nihongo|
{{Citazione|Prima dell'era Meiji, molti maestri di jū-jutsu insegnavano solo i kata. Ma io ho studiato sia il Tenshin Shin'yō jū-jutsu che il Kitō jū-jutsu, ed entrambi gli stili includono la pratica sia dei kata che del randori. Se dovessi paragonare il jū-jutsu ad una lingua, allora direi che lo studio dei kata può essere associato allo studio della grammatica, mentre la pratica del randori può essere associata alla scrittura. [...] Agli studenti avanzati piace cambiare spesso il compagno di allenamento durante il randori, e molti di loro tendono a trascurare lo studio dei kata.
Nell'esecuzione dei kata, tori indietreggia quando viene attaccato da uke, per poi rivolgere la forza dell'avversario contro lui stesso. Questa è la flessibilità del jūdō: una cedevolezza iniziale prima della vittoria finale.<ref name=Watson2005-56-57>{{cita|Watson 2005|pagg. 56-57}}.</ref>|Jigorō Kanō}}
Scrive inoltre [[Cesare Barioli|Barioli]]: «Il signor Kanō riteneva di utilizzare le "forme" per conservare la purezza del jūdō attraverso il tempo e le interpretazioni personali. Ma il barone [[Kanetaka Ōura|Ōura]], primo presidente del [[Dai Nippon Butoku Kai|Butokukai]], ci vedeva la possibilità (1895) di proporre una base comune alle principali scuole di jū-jutsu, per presentare al mondo la tradizione di lotta del grande Giappone.»<ref name="Barioli2008-53">{{cita pubblicazione|cognome=Barioli|nome=Cesare|anno=2008|mese=ottobre|rivista=Athlon|titolo=Il judo educazione|editore=FIJLKAM|città=Roma|numero=10|p=53|url=http://venus.unive.it/venescus/judo/athlon%20rivista/ATHLON_10_2008.pdf}}</ref>▼
▲Scrive inoltre [[Cesare Barioli|Barioli]]: «Il signor Kanō riteneva di utilizzare le "forme" per conservare la purezza del jūdō attraverso il tempo e le interpretazioni personali. Ma il barone [[Kanetaka Ōura|Ōura]], primo presidente del [[Dai Nippon Butoku Kai|Butokukai]], ci vedeva la possibilità (1895) di proporre una base comune alle principali scuole di jū-jutsu, per presentare al mondo la tradizione di lotta del grande Giappone.»<ref name="Barioli2008-53">{{cita pubblicazione
E infatti, come lo stesso Kanō scrive nelle sue memorie, sia il ''kime-no-kata'' sia il ''katame-no-kata'' e il ''nage-no-kata'' furono formalizzati dal Kōdōkan e ratificati (con qualche modifica) dal [[Dai Nippon Butoku Kai|Dai Nippon Butokukai]] per un utilizzo su scala nazionale,<ref name="Watson2008-80">{{cita|Watson 2008|pag. 80}}.</ref> e attualmente, su scala mondiale.
Il [[Kōdōkan|Kōdōkan Jūdō Institute]] riconosce come ufficiali i seguenti [[kata]]:<ref>Kōdōkan Jūdō Institute, Kata [http://www.kodokan.org/j_basic/kata_j.html 形と乱取について] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20100403095610/http://www.kodokan.org/j_basic/kata_j.html |data=3 aprile 2010 }}.</ref>
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[[File:Sato koshiki.jpg
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L'insieme di [[nage-no-kata]] e [[Katame no
Non ufficialmente riconosciuto dal [[Kōdōkan|Kōdōkan Jūdō Institute]] è il:
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Inoltre, non riconosciuti dal [[Kōdōkan|Kōdōkan Jūdō Institute]] in quanto creati ''ad hoc'' da maestri o ex-maestri del Kōdōkan in base alle proprie caratteristiche tecniche, sono:
* {{nihongo|
* {{nihongo|
== Il dōjō ==
[[File:Kodokan dai dojo.jpg|left|thumb|Panoramica del ''Dai Dōjō'' del Kōdōkan Jūdō Institute, Tokyo]]
Il luogo dove si pratica il jūdō si chiama {{nihongo|
{{Citazione|Quando si visita un dōjō per la prima volta, generalmente si rimane colpiti dalla sua pulizia e dall'atmosfera solenne che lo pervade. Dovremmo ricordarci che la parola "''dōjō''" deriva da un termine buddhista che fa riferimento al "luogo dell'illuminazione". Come un monastero, il dōjō è un luogo sacro visitato dalla persone che desiderano perfezionare il loro corpo e la loro mente.<br
La pratica del randori e dei kata viene eseguita nel dōjō, che è anche il luogo in cui si disputano le gare di combattimento.<ref name=Kano2005b-24>{{cita|Kano 2005 b|pag. 24}}.</ref>|Jigorō Kanō}}
Nel [[Dojo]], il jūdō viene praticato su un materassino chiamato {{nihongo|
Il tatami in Giappone è fatto di paglia di riso, ed è la normale pavimentazione delle abitazioni in stile tradizionale. Fino agli anni settanta circa si è usato anche per la pratica del jūdō, ma oggi, per fini igienici ed ergonomici, si usano materiali sintetici: infatti per la regolare manutenzione del dōjō è importante che i tatami siano facili da pulire, e per consentire ai jūdōka di allenarsi confortevolmente, devono essere sufficientemente rigidi da potervi camminare sopra senza sprofondare e adeguatamente elastici da poter attutire la caduta.
▲[[File:Dojo organization.png|right|thumb|Schema dell'interno di un ''[[Dojo]]'' tradizionale]]
Il dōjō ha una organizzazione definita in quattro aree principali disposte indicativamente secondo i [[Punto cardinale|punti cardinali]]:
* Nord: {{nihongo|
* Est: {{nihongo|
* Sud: {{nihongo|
* Ovest: {{nihongo|
L'ordine da rispettare è sempre quello per cui, rivolgendo lo sguardo a ''kamiza'', i praticanti si dispongono dai gradi inferiori a quelli superiori, da sinistra verso destra. Il capofila di ''shimoza'', usualmente il più esperto tra i ''mudansha'', di norma è incaricato del rispetto del ''reihō''. In particolare è incaricato di avvisare i compagni di pratica riguardo: l'assunzione del {{nihongo|
Nei dōjō tradizionali, inoltre, vi è usualmente uno spazio adiacente alla parete dove vi sono conservate le armi per la pratica dei [[kata]]: {{nihongo|
== Il jūdōgi ==
{{vedi anche|Jūdōgi}}
I jūdōka vestono una divisa chiamata {{nihongo|
{{vedi anche|Judo (sport)}}
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== Profilo degli illustri maestri di jūdō ==
=== Kōdōkan ===
==== 10ⁱ dan ====
===== Maschi =====
* [[Yoshitsugu Yamashita]] ([[Giappone]], 1865–1935, conosciuto anche come ''Yoshiaki Yamashita'') promosso postumo nel 1935. Pioniere del jūdō negli [[Stati Uniti]], è stato il primo jūdōka a essere riconosciuto ''jūdan''.
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==== 9ⁱ dan ====
===== Maschi<ref name="lista incompleta">Lista incompleta.</ref> =====
* [[Haruki Uemura]] (Giappone, 1951–) promosso nel 2007. Campione del Mondo a [[Campionati mondiali di judo 1975|Vienna nel 1975]] e
* [[Saburō Matsushita]].
* [[Hiroyuki Hasegawa]].
Line 390 ⟶ 355:
* [[Teizō Kawamura]].
* [[Fusatarō Sakamoto]], allievo di [[Torajiro Yagi]] della [[Tenshin Shin'yō-ryū]].
* [[Shiro Yamamoto]] 1934 (promosso nel 2013).
===== Femmine =====
Line 396 ⟶ 361:
=== IJF ===
==== 10ⁱ dan ====
Il Judo comprende dieci gradi, DAN, della cintura nera.
Line 406 ⟶ 370:
==== 9ⁱ dan ====
===== Maschi =====
* [[Ken Noritomo Otani]] (Giappone/[[Italia]], 1920–2017) promosso dall'IJF il 26 marzo 2000.<ref>[http://fiammayamato.ponesoft.it/interne/04-Ricerche.asp?Modo=12&IDArc=20.70.17%C513%2F6%2F2007 Ken Otani - Conferimento 9º dan]</ref>
Line 413 ⟶ 376:
=== Federazioni nazionali ===
==== 10ⁱ dan ====
===== Maschi<ref name="lista incompleta" /> =====
* [[Mikonosuke Kawaishi]] ([[Franco Capelletti|Giappone]]/[[Francia]], 1899–1969) promosso dalla [[FFJDA]] il 1º gennaio 1957.<ref>{{Cita web |url=http://83.206.59.187/extranet/cd_textes_off_07-08/Pages/FF%20Judo%20115.pdf |titolo=LISTE DES HAUT GRADÉS |accesso=27 settembre 2013 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140201214550/http://83.206.59.187/extranet/cd_textes_off_07-08/Pages/FF%20Judo%20115.pdf |dataarchivio=1º febbraio 2014 |urlmorto=sì }}</ref>
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== Bibliografia ==
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== Voci correlate ==
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== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
*
* {{
▲*(IT) Regolamento Judo Sito informativo : https://www.regolesportive.com/regolamento-judo-regole-sportive-judo/
{{Arti marziali giapponesi}}
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