Lotta per le investiture: differenze tra le versioni

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[[File:Heinrich III. (HRR) Miniatur.jpg|sinistra|miniatura|verticale|L'imperatore [[Enrico III di Franconia]]: il suo sostegno al [[riforma cluniacense|movimento cluniacense]] e il suo intervento nel [[concilio di Sutri]] contribuirono alla diffusione della riforma nel mondo secolare]]
 
Riconoscendo appieno la funzione sacra del suo ruolo, Enrico III si circondò di consiglieri appartenenti al mondo ecclesiastico e grandi promotori della riforma nata nei monasteri, come [[Odilone di Cluny]], [[Riccardo di Saint-Vanne ]]<nowiki/>e [[Brunone di Toul]], futuro papa Leone IX. Anche grazie a questa cerchia di riformatori Enrico si rivelò molto sensibile ai temi del movimento e in particolare venne influenzato dallo spirito cluniacense, sicuramente anche per via del suo secondo matrimonio con [[Agnese di Poitou]].<ref>{{cita|Blumenthal, 1990|pp. 79-80}}.</ref>.
 
Tuttavia, nonostante l'adesione di Enrico alla riforma e alcune concessioni da lui fatte in merito all'indipendenza dei monasteri, egli non rinunciò del tutto alla sua prerogativa di investire vescovi e [[abate|abati]] di sua scelta con tanto di [[bastone pastorale]] e l'[[anello episcopale]]. Tale consuetudine continuò infatti a essere praticata per tutto il suo regno senza suscitare particolare opposizioni, perlomeno nella chiesa secolare,<ref>{{cita|Blumenthal, 1990|p. 82}}.</ref> mentre negli ambienti monastici iniziarono a sollevarsi alcune critiche al tradizionale giuramento di fedeltà all'imperatore a cui erano obbligati gli abati.<ref>{{cita|Blumenthal, 1990|pp. 82-83}}.</ref> Tale potere di investitura si dimostrò uno dei capisaldi della politica di Enrico; infatti, una volta consolidato il suo potere in Germania, egli guardò all'Italia, dove per rafforzare la propria autorità procedette a nominare moltissimi ecclesiastici tedeschi a lui fedeli a capo delle diocesi sparse per tutta la penisola.<ref>{{cita|Blumenthal, 1990|p. 86}}.</ref>
 
Nel 1046 Enrico scese in Italia per partecipare al [[concilio di Sutri]] con lo scopo di mettere ordine a una crisi del papato in cui ci si era trovati con tre papi che si consideravano legittimi: [[Benedetto IX]] sostenuto dai [[Conti di Tuscolo]], [[Silvestro III]] della famiglia [[Crescenzi]] e [[Gregorio VI]] che aveva acquistato il papato dal primo. Silvestro III venne considerato un usurpatore, Benedetto IX venne deposto e a Gregorio VI venne imposto di [[Rinuncia all'ufficio di romano pontefice|rinunciare all'ufficio]] e in seguito mandato in esilio e [[scomunica|scomunicato]] poiché accusato di [[simonia]]<ref>''Liber Pontificalis'', p. 331, citato nell'Enciclopedia online dei Papi.</ref><ref name="rend367">{{cita|Rendina, 2005|pp. 367-369}}.</ref><ref name=Blumenthal-87>{{cita|Blumenthal, 1990|p. 87}}.</ref> Enrico, inoltre, fece eleggere come nuovo papa, Suidger, [[diocesi di Bamberga|vescovo di Bamberga]], che prese il nome di [[papa Clemente II|Clemente II]] e che nel Natale seguente incoronò lo stesso Enrico come [[imperatore del Sacro Romano Impero]]<ref name="Blumenthal-87" />.
 
L'intervento di Enrico a Sutri trovò molti consensi all'interno dello stesso movimento riformatore della chiesa ma si levarono anche voci contrarie, come quella del vescovo [[Wazone di Liegi]] che riteneva che non spettasse a Enrico il potere di deporre un papa, anche se simoniaco. In ogni caso, oltre che imperatore, Enrico si era fatto anche nominare patrizio romano, una carica che gli consentiva di influire direttamente sulle future elezioni del romano pontefice. Infatti i successi papa, [[Damaso II]], [[Leone IX]] e [[Vittore II]], furono tutti tedeschi, quindi estranei agli ambienti romani, e di fiducia dell'imperatore, contribuendo a importare a Roma il modello della chiesa imperiale. Con loro la riforma uscì definitivamente dall'ambiente monastico per riversarsi sulla chiesa secolare.<ref>{{cita|Blumenthal, 1990|p. 88}}.</ref><ref>{{cita|Montanari, 2005|p. 138}}.</ref>
 
In particolare, fu il pontificato di Leone IX a vedere un'accelerazione del processo di riforma. Egli si circondò di un gruppo di validi collaboratori che andarono a formare il [[collegio cardinalizio|collegio dei cardinali]] a cui affidò incarichi di rilievo<ref>{{cita|Blumenthal, 1990|p. 114}}.</ref>, tra i quali: [[Alinardo]], [[Umberto di Silva Candida]], [[papa Stefano IX|Federico Gozzelon]], futuro papa Stefano IX, [[Ildebrando di Soana]] già segretario di Gregorio VI e futuro papa Gregorio VII. Questi [[teologia|teologi]] ebbero un ruolo decisivo nel fornire giustificazioni dottrinali a un rafforzamento del papato a cui si andava ad attribuire l'esclusivo potere di nominare e deporre le alte cariche ecclesiastiche.<ref>{{cita|Blumenthal, 1990|p. 106}}.</ref><ref>{{cita|Montanari, 2006|p. 138}}.</ref>
 
== La crisi dell'impero durante la minore età di Enrico IV ==
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Con Niccolò II si delineò una nuova fase della riforma della struttura ecclesiastica: egli diede vita, infatti, a una riforma non soltanto morale, ma anche istituzionale, seguendo il consiglio di [[Umberto di Silva Candida]], secondo il quale non sarebbe mai stato possibile riformare la Chiesa finché l'investitura del potere episcopale non fosse stato portato esclusivamente in mano del papa. Niccolò II, quindi, non colpì soltanto gli abusi della simonia e il matrimonio dei preti, ma identificò le cause, le radici, di questi abusi proprio nella concessione da parte dei laici dell'investitura delle maggiori cariche ecclesiastiche. Egli, perciò, rivendicava la "libertà della Chiesa" e il diritto esclusivo di conferire le cariche, liberandosi del consuetudinario potere giuridico dei laici: cominciava così a delinearsi la cosiddetta "lotta per le investiture".<ref>{{cita|D'Acunto, 2020|pp. 80-82}}.</ref>
 
Nel settembre del 1059 Niccolò II indisse un [[sinodo]] romano in cui venne promulgata, con la collaborazione di Umberto di Silva Candida, [[Ildebrando di Soana]] e [[Pier Damiani]], la [[bolla pontificia]] ''[[In nomine Domini]]'' (conosciuta anche come ''Decretum in electione papae''), che, convalidando la sua stessa elezione alla [[Santa Sede|sede romana]], imponeva la procedura da seguire per l'elezione dei suoi successori. Si scindeva così l'elezione del papa da ogni legame (che non fosse soltanto formale, come l'applauso di conferma) con il popolo romano e con l'imperatore stesso. In poco più di un decennio, dunque, cambiava radicalmente il sistema di elezione del papa: nel 1046, l'imperatore Enrico III, dopo aver deposto tutti i contendenti al papato, poneva di fatto l'elezione sotto la decisione dell'Imperatore, sottraendola al controllo delle famiglie nobili romane e dallo stesso clero di Roma; nel 1059 la nomina veniva sottratta non solo alla nobiltà romana, ma anche all'autorità dell'imperatore, nonostante questi continuasse a essere considerato il sovrano di Roma e del mondo intero.<ref>{{Treccani|niccolo-ii_(Enciclopedia-dei-Papi)/|Niccolò II}}</ref><ref name=Mont139>{{Cita|Montanari, 2006|p. 139}}.</ref><ref>{{cita|D'Acunto, 2020|pp. 81-82}}.</ref>
 
[[File:Robertoilguiscardo.jpg|miniatura|sinistra|[[Papa Niccolò II]] incorona [[Roberto il Guiscardo]]]]
 
Niccolò II si rese conto della portata rivoluzionaria di questa sua decisione, e cercò di assicurarsi una forza politico-militare capace di farla rispettare. Egli trovò un valido alleato nel [[Normanni|popolo normanno]]: messosi in viaggio verso l'Italia meridionale nel settembre del 1059, stipulò con i signori normanni, [[Roberto il Guiscardo]] e [[Riccardo I di Aversa]], il [[trattato di Melfi]], secondo cui, in una logica tipicamente [[feudalesimo|feudale]], i Normanni facevano al papa omaggio di sottomissione e giuramento di fedeltà, riconoscendosi suoi sudditi, mentre la Chiesa romana, nella figura del papa, concedeva loro l'investitura su tutti i territori da loro conquistati. In tal modo i Normanni non erano più considerati invasori stranieri della penisola italiana, ma ricevevano il diritto di governare, promettendo di prestare fedelmente aiuto militare al papa. Con una sola mossa papa Niccolò II aveva conquistato la sovranità feudale su gran parte dell'Italia, ma, allo stesso tempo, aveva violato il diritto imperiale di Enrico IV, con il quale cominciarono rapporti tesi e difficili.<ref>{{cita|Blumenthal, 1990|pp. 121-122}}.</ref>
 
Alla morte di Niccolò II, il gruppo dei cardinali riformatori procedette all'elezione di Anselmo di Lucca, originario di Milano, il quale fu insediato nel 1061 con il nome di [[papa Alessandro II|Alessandro II]] con le modalità espresse nel ''Decretum in electione Papae'' emanato dal predecessore e pertanto senza che l'imperatrice Agnese venisse coinvolta. Poco dopo, nel 1062, al fine di ristabilire l'autorità dell'Impero minata dalla debolezza dimostrata da Agnese, i principi tedeschi, guidati dall'[[arcidiocesi di Colonia|arcivescovo di Colonia]] [[Annone II di Colonia|Annone]], rapirono il principe ereditario, ancora minorenne, portandolo a [[Colonia (Germania)|Colonia]] e affidandogli formalmente il potere imperiale con il nome di [[Enrico IV di Franconia|Enrico IV]] ([[Colpo di Stato di Kaiserswerth|"colpo di Stato" di Kaiserswerth]]).<ref name=Treccani-EnricoIV>{{Treccani|enrico-iv-imperatore/|Enrico IV imperatore}}</ref>
 
Nel frattempo, con il pontificato di Alessandro II andò a diffondersi sempre di più l'idea di un rafforzamento della teoria del [[primato papale]], soprattutto per quanto riguarda l'esclusiva prerogativa del pontefice nell'indire concili e nell'investire le più alte cariche ecclesiastiche; una tesi già da tempo stato ribadito da teologi quali [[Wazone di Liegi]] prima, Pier Damiani e Sigrfrido di Gorze poi. Tali nuove idee porteranno in poco tempo la Chiesa a scontrarsi contro l'Impero, non appena questo sarà tornato autorevole con la maggiore età dell'imperatore Enrico IV, in un conflitto che passerà alla storia come la "lotta per le investiture", che vedrà il[[Ildebrando di Soana]], successore di papa Alessandro II, morto il 21 aprile 1073, Ildebrando di Soana assoluto protagonista.<ref>{{cita|Blumenthal, 1990|pp. 121-122}}.</ref>
 
== Inizia la lotta: lo scontro tra Enrico IV e Gregorio VII ==