Lotta per le investiture: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Etichette: Modifica da mobile Modifica da applicazione mobile Modifica da applicazione Android
Etichette: Modifica da mobile Modifica da applicazione mobile Modifica da applicazione Android
Riga 203:
Sebbene inizialmente Enrico V si fosse appoggiato ai sostenitori della riforma gregoriana per deporre suo padre, appena ebbe consolidato il suo potere cambiò atteggiamento, opponendosi al potere pontificio e riprendendo la consuetudine di investire i vescovi. Dal canto suo, Papa Pasquale II, dopo aver rinnovato il divieto per il potere secolare di perseverare con tale pratica, ritenne di poter negoziare approfittando del fatto che lo stesso Enrico V auspicava di essere incoronato imperatore dal papa. Quando il sovrano si recò in Italia nella speranza di poter convincere Pasquale II, questi gli propose una soluzione radicale che mirava a rompere definitivamente i legami tra episcopato e impero. L'imperatore, impossibilitato a recepire una richiesta così radicale, rinunciò alle investiture secolari ma in cambio ottenne che i vescovi rinunciassero alle ''[[insegne]]'', vale a dire i diritti su città, ducati, marchesati, pedaggi, valute sui mercati che detenevano in base alle loro funzioni amministrative. Tali concessioni suscitarono una forte opposizione da parte della Curia romana e dei vescovi germanici.<ref>{{cita|Blumenthal, 1990|pp. 220-221}}.</ref>
 
Il 12 febbraio 1111, durante la cerimonia dell'incoronazione, prima che i vescovi esplicitassero le loro proteste, Enrico V dichiarò l'accordo inapplicabile, suscitando il rifiuto del papa di procedere con l'incoronazione stessa. Pasquale venne dunque imprigionato e, tre mesi più tardi, obbligato a sottoscrivere quello che le fonti chiamano "[[privilegio di Ponte Mammolo]]", con il quale Enrico veniva incoronato e al tempo stesso gli veniva conferito il potere di investitura con anello e pastorale. La fazione imperiale sembrò così trionfare, tuttavia gli alti livelli ecclesiastici non poterono accettare tale situazione e così il concilio lateranense del 1112 dichiarò nulle tutte le concessioni fatte durante la prigionia del papa. Inoltre, Enrico V si trovò a dover affrontare un malcontento generale dilagante in tutta la Germania, e proprio qui, nel suo regno, le truppe imperiali subirono due gravi sconfitte. Nel 1114 Enrico V venne scomunicato e, questa volta, il clero tedesco si schierò dalla parte del papa; addirittura due vescovi riformatori vennero nominati a [[Metz]] e a [[Magdeburgo]]. Ciò, tuttavia, non impedì all'imperatore di incorporare nel 1115 nei domini dell'Impero i feudi italiani appartenenti a Matilde di Canossa. Pasquale II morì nel 1118, e il nuovo papa, [[Gelasio II]], si rifiutò di incontrare Enrico V per paura di essere imprigionato e lasciò Roma all'arrivo di quest'ultimo. Come in precedenza suo padre, l'imperatore elesse un antipapa, [[antipapa Gregorio VIII|Gregorio VIII]].<ref>{{cita|Blumenthal, 1990|pp. 221-222}}.</ref>
 
== La pace: il concordato di Worms ==