Lingue tracio-daciche: differenze tra le versioni

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Le lingue tracio-daciche sono un ipotetico sottogruppo delle lingue proto-balcaniche, a sua volta parte della famiglia linguistica indo-europea, che comprenderebbe le lingue appartenenti ai gruppi tracico e dacico.

Prove

L'idea di raggruppare le lingue daciche e traciche in un unico ramo della famiglia linguistica indoeuropea risale agli anni 1950 e da allora ha incontrato largo successo, essendo stata sostenuta negli anni da numerosi studiosi, quali Russu (1967), Solta (1980), Vraciu (1980), Crossland (1982), Rădulescu (1984), Trask (2000), McHenry (1993), Mihailov (2008). Secondo Crossland e Solta non esisterebbe una vera e propria divergenza tra le due lingue, che andrebbero piuttosto collocate in un continuum dialettale orientato da nord verso sud. Dello stesso orientamento risulta Rădulescu, che però accetta che il daco-mesiano possieda un certo grado di individualità dialettale.

Negli anni 1950, il linguista bulgaro Vladimir Georgiev, coadiuvato dal collega Ivan Duridanov, pubblicò uno studio nel quale sosteneva la forte affinità tra le lingue daco-mesiane e la lingua misia, giungendo alla definizione del ramo linguistico "daco-misiano".[1] In particolare, la lingua misia rappresenterebbe l'anello di congiunzione tra la lingua dacica e la lingua tracica, che andrebbero considerate lingue distinte dotate di diversi sistemi fonetici. Quest'ultima affermazione sarebbe confermata dal fatto che i toponimi daco-mesiani e misi, in genere, terminano in -dava, mentre i toponimi traci generalmente terminano i -para.[2] Nello stesso studio Georgiev sostiene anche che pure la lingua albanese andrebbe collocata tra le lingue "daco-misiane" (anche se va notato come questa ipotesi sia altamente speculativa, dato che nella lingua albanese sono quasi del tutto assenti toponimi con -dava come desinenza) e che la distanza tra la lingua dacica e la lingua tracica sarebbero paragonabili a quella che intercorre tra la lingua armena e la lingua persiana, anch'esse collocate dal linguista bulgaro nello stesso sottogruppo delle lingue indoeuropee. In uno studio del 1982 Polomé si oppone alle conclusioni di Georgiev e Duridanov, sostenendo che le prove presentate dai due linguisti bulgari, sebbene consistenti, non siano sufficienti a concludere se il daco-mesiano e il tracico fossero due dialetti della stessa lingua o due lingue distinte.

Critiche

Nonostante questa lunga tradizione di consenso, l'archeologo irlandese Mallory non sarebbe sostenibile una parentela così stretta tra le lingue traciche e le lingue daco-mesiane, in quanto solo una percentuale dei toponimi a nord del Danubio presenterebbero radici "pan-traciane".[3]

Note

  1. ^ Rifacendosi alle affermazioni di Strabone, Georgiev sostiene una stretta parentela tra la popolazione traco-dacica dei mesi (in latino Moesi) e i misi dell'Anatolia (in greco antico: Μυσοί?, Mysoi), sottolineando come in altre fonti greche antiche entrambi i popoli vengano indicati come Mysoi. Tuttavia, la maggioranza dei tracologici[senza fonte], nonostante riconosca alcuni elementi traci in Misia, ritiene quest'ultime citazioni frutto di corruzioni posteriori alla redazione originale, sottolineando come nelle fonti antiche, tra cui lo stesso Strabone, i Misi non siano mai accostati ai traco-daci, bensì ai frigi o agli anatolici.
  2. ^ Vladimir Georgiev (Gheorghiev), Raporturile dintre limbile dacă, tracă şi frigiană, "Studii Clasice" Journal, II, 1960, 39-58.
  3. ^ J. P. Mallory, Thracian language, in Encyclopedia of Indo-European Culture, Taylor & Francis, 1997.

Bibliografia

  • (EN) "Linguistic problems of the Balkan area in the late prehistoric and early Classical period" in The Cambridge Ancient History Volume 3, Part 1, Cambridge University Press, 1982, ISBN 978-0-521-22496-3.
  • (EN) Edgar Charles Polomé, Balkan Languages (Illyrian, Thracian and Daco-Moesian), in Cambridge Ancient History, 1982, pp. 866–888.
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