Decemviri: differenze tra le versioni

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{{q|Nel dibattito Marco Orazio Barbato non dimostrò minor veemenza: chiamò i decemviri dieci Tarquini,ricordando loro che erano stati i Valeri e gli Orazi a scacciare i re.| [[Tito Livio]], ''Ab urbe condita libri'', Libro III, 39}}
 
Quando il periodo d'attività del Decemvirato ebbe termine, i decemviri rifiutarono di lasciare l'incarico e di permettere ai loro successori di entrare in carica., Simantenendo dicedi chefatto Appioil Claudiopotere avessederivante presodalla unapropria decisione ingiusta che avrebbe forzato una donna giovane chiamata [[Verginia]] alla [[prostituzione]] (Tito Liviomagistratura, ''Abanche urbeper condital'',inerzia librodei 3Senatori, cap.ancora 44-50),rancorosi spingendonei cosìconfronti ildella padreplebe, ada ucciderla;causa questodelle situazioneazioni causò una sollevazione contro il Decemvirato:che i decemviri rassegnarono il loro incarico nel [[449tribuni a.C.della plebe]] eavevano icondotto magistratia ordinari (''magistratus ordinarii'')danno furonodei ripristinatipatrizi.
 
In quel frangente, contando sulla discordia interna alla città, i [[Sabini]] devastarono le campagne romane senza trovare alcuna resistenza, come gli [[Equi]], devastarono quelle di [[Tusculum]]. Fu quindi indetta dai decemviri la leva cittadina che riuscì solo per l'inerzia del Senato, che non si oppose alle decisioni di magistrati, di fatto non più eletti, e due eserciti furono mandati incontro ai nemici, sotto il comando dei decemviri.
A proposito del fatto della giovine Virginia, bisogna parlare anche di un'altra versione. Appio Claudio Cieco si invaghì di questa giovine e mentre che suo padre era in guerra, istituì un processo per riconoscerla figlia di schiavo, e per poi poterla prendere come sua concubina. Ma il padre era tra coloro che assistettero al processo ed uccise sua figlia per ridarle la libertà che le stava venendo tolta.
 
Il malumore della plebe, cui era stato tolta ogni protezione dalla mancata elezione dei tribuni, e dal divieto di appello alle decisione dei decemviri, accrebbe a causa di due episodi che videro vittime due componenti del loro ordine: [[Lucio Sicco]] e [[Verginia]], a seguito dei quali i due eserciti abbandonarono il campo, e tornarono a Roma, prima sull'[[Aventino]], poi sul [[monte Sacro]], minacciando di abbandonare Roma.
 
{{q|A Roma lo spopolamento aveva reso la città una desolazione e nel foro si vedeva solo qualche vecchio. Quando, nel corso di una seduta del senato, il foro apparve ancora più deserto ai senatori, furono in molti - oltre a Orazio e Valerio - a esprimere il proprio malcontento. «Che cosa state aspettando, padri coscritti? Se i decemviri persistono nella loro ostinazione, intendete tollerare che tutto si deteriori e vada in rovina? E che cos'è mai, decemviri, questo potere a cui vi aggrappate tanto? Volete dettar legge a tetti e muri? Non vi vergognate vedendo che nel foro i vostri littori sono più numerosi degli altri cittadini? Cosa fareste se il nemico attaccasse la città? Oppure se tra breve la plebe ci assalisse armi alla mano, rendendosi conto che anche con la secessione non riesce a ottenere gran che? Volete che il vostro potere finisca col crollo della città? Eppure bisogna, o non avere la plebe, o accettare i tribuni della plebe | Tito Livio, ''Ab urbe condita libri'', Libro III, 52}}
 
Solo sotto la minaccia di una nuova secessione, i Senatori recuperarono le proprie prerogative, portando avanti i negoziati con i secessionisti, giacché i decemviri, largamente impopolari tra la plebe, temevano per la propria vita. Al termine dei negoziati, i decemviri furono convinti a rinunciare al proprio magistrato, furono indette le elezione dei tribuni popolari, e dopo un breve interregno, anche quelli dei consoli. <ref> Tito Livio, ''Ab urbe condita libri'', Libro III, 35-55.</ref>
 
'''Decemviri Legibus Scribundis Consulari Imperio''' (450 – 449 a.C.):