Archetipo: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Botcrux (discussione | contributi)
m Bot: -piped link nelle correlate (v. linee guida e richiesta
Riga 12:
L'inconscio collettivo, per Jung, è costituito sostanzialmente da schemi di base universali, impersonali, innate, ereditarie che lui chiama ''archetipi''. Di questi i più importanti sono: il ''«Sé»'' (il risultato del processo di formazione dell'individuo), l<nowiki>'</nowiki>''«ombra»'' (la parte istintiva e irrazionale contenente anche i pensieri repressi dalla coscienza), l<nowiki>'</nowiki>''«anima»'' (la personalità femminile così come l'uomo se la rappresenta nel suo inconscio) e l'''«animus»'' (la controparte maschile dell'anima nella donna). Particolarmente rilevante è l<nowiki>'</nowiki>''archetipo femminile'' che chiama ''anima'' o ''animus'' (nella sua controparte maschile). In sostanza Jung sposta sul piano inconscio alcuni condizionamenti culturali (religiosi e artistici) e ambientali, comuni a tutti gli individui di un certo gruppo, che Freud riteneva presenti invece nel Super-io della psiche umana.
 
Da un punto di vista [[psicodinamica|psicodinamico]] Jung postula, poi, quattro funzioni fondamentali: [[pensiero]], [[sentimento]], [[sensazione]] e [[intuizione]]. Ciascuna di queste funzioni è variamente dominante in ogni individuo<ref>concetti questi poi sviluppati e resi popolari dal test della personalità creato da Isabel Briggs Myers assieme alla madre.</ref> e ogni individuo si rapporta con l'archetipo femminile (o maschile, Animus, per la donna) che risiede nel suo inconscio. Questa relazione ha, per Jung, un ruolo nell'equilibrio delle funzioni psicodinamiche. Le funzioni meno dominanti in un individuo vengono ''sommerse'' nell'attività dell'inconscio e assumono la forma di funzioni psicodinamiche della sua ''anima'' come se questa fosse in qualche misura separata e in grado di intrattenere una certa forma di ''dialogo interiore''.
 
L'archetipo, conseguentemente, viene a essere un sorta di prototipo universale per le idee attraverso il quale l'individuo interpreta ciò che osserva ed esperimenta. È, per Jung, l<nowiki>'</nowiki>''immagine primordiale'' (''urtümliches Bild'') dell'inconscio collettivo.
 
Gli archetipi integrandosi con la coscienza, vengono rielaborati continuamente dalle società umane, si manifestano ''«contemporaneamente anche in veste di fantasie e spesso rivelano la loro presenza solo per mezzo di immagini simboliche»''<ref>''L'uomo e i suoi simboli'', cit., p. 52.</ref>, si rafforzano, si indeboliscono e possono anche morire. L'indebolirsi degli archetipi nell'epoca moderna ha reso, per Jung, possibile e utile la [[psicologia]]<ref>''Gli archetipi dell'inconscio collettivo'', opera citata - pp. 28 e seguenti.</ref>. La sopravvivenza degli archetipi, in epoca moderna, è legata anche agli esiti della [[comunicazione di massa]]. Un film di successo, un libro, una trasmissione televisiva molto seguita possono giocare un ruolo nel ravvivarli o indebolirli.
 
Di archetipi in psicologia si sono occupati, oltre a Jung, anche [[Jacques Lacan]] e [[James Hillman]].
Riga 23:
 
=== Archetipo e multiculturalità ===
Gli esponenti dell'[[Umanesimo Normativo]] in sociologia attinsero al lavoro di Jung l'idea che gli ''archetipi mitici'' possano essere rintracciabili al di là dei confini tra le culture, facendo leva sull'aspetto ''universale'' inteso come ''umano'' del concetto.
 
[[Erich Fromm]] utilizzò questo strumento per dimostrare l'esistenza di bisogni umani fondamentali che è possibile definire positivamente e che tramite gli archetipi dimostrano di travalicare ogni differenza culturale.
Riga 36:
== In letteratura ==
Il concetto di archetipo si può incontrare frequentemente in letteratura, nell'ambito della [[narratologia]].
Per esempio l'archetipo dell'eroe è considerato generalmente un concetto chiave nella redazione di una sceneggiatura cinematografica.
 
L'espressione archetipo viene usata da [[Filone di Alessandria]] riferendosi all'immagine di Dio nell'uomo. (''De opificio mundi'', 6) nonché Ireneo (''Adversus haereses'', II). Nel ''Corpus hermeticum'' Dio è chiamato la luce archetipica.<ref>Jung, ''Gli archetipi e l'inconscio collettivo''. Boringheri 1980 pag. 4</ref>. [[Dionigi l'Aeropagita]] usa l'espressione nel ''De coelesti hierarchia'', II, 4 ma anche nel ''De divinis nominibus'', II, 6.
Riga 42:
 
== In linguistica ==
Il fenomeno per cui gli archetipi vengono iscritti nell'inconscio fu tra gli argomenti usati da Derrida in uno dei saggi fondamentali del [[Decostruzionismo]] ''La scrittura e la differenza'' (qualcuno potrebbe pensare di tradurre ''differenza'' rifacendosi alle sue parole) per concludere che la ''scrittura'' (in un senso un po' più ampio dell'accezione comune) preesiste alla ''parola''. L'archetipo sarebbe un esempio di qualcosa che si ''scrive'' (nel nostro inconscio) prima che venga ''detto'' con le caratteristiche di permanenza e differimento temporale della codifica/decodifica che ha la scrittura nel linguaggio comune.
 
== In filologia ==
Riga 66:
 
== Voci correlate ==
 
* [[Eroe culturale|Eroe]]
* [[Concetto primitivo]]