Battaglia di Mentana: differenze tra le versioni

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La detenzione del generale tuttavia non eliminò la minaccia dell'invasione dello Stato Pontificio, infatti il 5 ottobre alcuni volontari raggiunsero [[Bagnoregio|Bagnorea]] barricandosi nel convento di San Francesco. La settimana successiva ci furono ulteriori sconfinamenti a [[Viterbo]] e [[Montelibretti]]. Non riuscendo le truppe italiane ad arginare il fenomeno, [[Napoleone III]] annunciò l'imminente invio di un corpo di spedizione francese. Ma il governo italiano, nell'estremo tentativo di evitare questa eventualità, promise di prodigarsi ulteriormente contro i volontari. La situazione precipitò il 16 ottobre quando Garibaldi evase da Caprera presentandosi qualche giorno dopo a [[Firenze]], in [[piazza Santa Maria Novella]] arringando la folla. La situazione era sfuggita di mano alle autorità italiane<ref >{{cita| A. Battaglia|pp.97-99}}.</ref>.
[[File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Il garibaldino.jpg|thumb|[[Gerolamo Induno]]: Il garibaldino. Il dipinto raffigura un volontario assieme ad una ragazza della campagna romagnaromana.]]
Il 22 ottobre a Roma avvenne un attentato alla [[Palazzo Serristori (Roma)|caserma Serristori]], causando la morte di venticinque [[zuavi pontifici]] che lì avevano quartiere, quasi tutti italiani e francesi<ref>Nella ''Relazione'' pubblicata dalla «[[Civiltà Cattolica]]» e disponibile online (vedi nota relativa) sono elencati 15 zuavi italiani, in gran parte cittadini dello Stato pontificio, 9 francesi e un tirolese, oltre a "due borghesi romani".</ref>
<ref>. Il numero delle vittime e la ripartizione tra militari e civili, differisce tra le varie fonti. Nell'articolo del «[[Corriere della Sera]]», citato nei Collegamenti esterni, Vittorio Messori scrive di ''"ventitré zuavi francesi e quattro inermi popolani romani"''. La scheda pubblicata sul sito del Museo criminologico, elencata anch'essa nei Collegamenti esterni, parla di ''"venticinque soldati zuavi"'' ma non fa cenno a vittime civili. Arrigo Petacco, a pagina 120 del volume già citato, scrive: ''"Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti, aiutati da due ex emigrati, riuscirono a piazzare una mina che fece rovinare una parte dell'edificio, ma nel frattempo gli zuavi pontifici si erano messi in salvo e l'azione perse di importanza pratica".'' Sembrerebbe, dunque, secondo quest'ultima fonte, un attentato senza vittime. La ''Relazione'' della «[[Civiltà Cattolica]]», pubblicata a ridosso del fatto, elencando i nomi e la città di origine di tutte le vittime, può considerarsi la più attendibile.</ref> e di due cittadini romani (Francesco Ferri e la figlia di sei anni, Rosa).