Teofrasto: differenze tra le versioni

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== Biografia ==
Il suo nome era in realtà '''Tirtamo''', ma fu Aristotele stesso a chiamarlo Teofrasto per la grazia e la soavità del suo eloquio<ref>Strabone, XIII; Diogene Laerzio, V 38.</ref>. Secondo alcune fonti, ilera padrefiglio di TeofrastoMelanta, siun chiamava Messapotintore, sua madree Argiope. eSi dice, inoltre, che avevaavesse un figlio di nome Cercione.
 
In patria fu allievo di [[Leucippo]], un suo concittadino; in seguito di [[Platone]] e di [[Aristotele]]<ref>Aulo Gellio, XIII 5, 1-12.</ref>.
 
DopoQuando essereAristotele statosi avviatotrasferì allaa filosofia[[Calcide da(Eubea)|Calcide]], undivenne, certodurante Leucippola di114° Alcippoolimpiade, sila trasferìguida addella Atene,scuola; dovefu sianche unìmaestro alladel scuolapoeta platonicacomico [[Menandro]]<ref>"TheophrastusDiogene isLaerzio, saidV to36.</ref> havee studieddel firstfilosofo at Eresus under Alcippus, then at Athens under Plato[[Epicuro]]. TheInoltre lattersi reportpensa issia problematic."stato -mentore "Teofrasto"di nellaun ''Encyclopediafilosofo ofchiamato classicalPompilo<ref>Diogene philosophy'' (1997)Laerzio, pag.V 552, Greenwood36.</ref>. Alla morte di [[Platone]] si unì ad Aristotele, che verosimilmente accompagnò a [[Stagira]]. L'affetto e la stima fra i due fu tanto grande che Aristotele, nel suo testamento, affidò a lui i suoi figli, la sua biblioteca e le sue opere originali, e lo designò come suo successore alla guida del Liceo, a scapito di altri filosofi illustri quali [[Eudemo di Rodi]] e [[Aristosseno]].
 
Teofrasto fu a capo della scuola peripatetica per 35 anni,<ref>[[Aulo Gellio]], [[Noctes Atticae]], [https://la.wikisource.org/wiki/Noctes_Atticae/Liber_I#1 I, 3, 10] ''molto esperto nella filosofia peripatetica''.</ref> fino alla sua morte nel [[287 a.C.]] Sotto la sua guida la scuola conobbe un grande sviluppo, tanto che arrivò a contare circa 2000 studenti. Anche il poeta comico [[Menandro]] fu tra i suoi discepoli<ref>Diogene Laerzio, V 36, 37.</ref>. La sua popolarità è ben chiara se si pensa al riguardo e alla stima che per lui mostrarono [[Filippo II di Macedonia|Filippo]], [[Cassandro I di Macedonia|Cassandro]] e [[Tolomeo I|Tolomeo]], e alla sua capacità di sottrarsi all'accusa di empietà che gli era stata rivolta<ref>Diogene Laerzio, V 37.</ref>. Alla sua morte fu onorato con un funerale pubblico, durante il quale, secondo [[Diogene Laerzio]], tutta la popolazione ateniese seguì il feretro<ref>Diogene Laerzio, V 41.</ref>.
 
Tanta era la sua fama presso gli ateniesi che, quando venne accusato di empietà da [[Agnonide]], mancò poco che l'accusa ricadesse su quest'ultimo<ref>Diogene Laerzio, V 37.</ref>ː a causa di tale incriminazione, dovette comunque lasciare la città di Atene per poco tempo, nonostante l'ottima reputazione di cui godeva.
 
Morì all'età di ottantacinque anni, poco dopo aver terminato i suoi ultimi lavori<ref>Diogene Laerzio, V 40.</ref>.
 
Alla sua morte, gli ateniesi decretarono il lutto cittadino.
 
Dopo essere stato avviato alla filosofia da un certo Leucippo di Alcippo, si trasferì ad Atene, dove si unì alla scuola platonica<ref>"Theophrastus is said to have studied first at Eresus under Alcippus, then at Athens under Plato. The latter report is problematic." - "Teofrasto" nella ''Encyclopedia of classical philosophy'' (1997), pag. 552, Greenwood.</ref>. Alla morte di [[Platone]] si unì ad Aristotele, che verosimilmente accompagnò a [[Stagira]]. L'affetto e la stima fra i due fu tanto grande che Aristotele, nel suo testamento, affidò a lui i suoi figli, la sua biblioteca e le sue opere originali, e lo designò come suo successore alla guida del Liceo, a scapito di altri filosofi illustri quali [[Eudemo di Rodi]] e [[Aristosseno]].
 
Teofrasto fu a capo della scuola peripatetica per 35 anni,<ref>[[Aulo Gellio]], [[Noctes Atticae]], [https://la.wikisource.org/wiki/Noctes_Atticae/Liber_I#1 I, 3, 10] ''molto esperto nella filosofia peripatetica''.</ref> fino alla sua morte nel [[287 a.C.]] Sotto la sua guida la scuola conobbe un grande sviluppo, tanto che arrivò a contare circa 2000 studenti. Anche [[Menandro]] fu tra i suoi discepoli<ref>Diogene Laerzio, V 36, 37.</ref>. La sua popolarità è ben chiara se si pensa al riguardo e alla stima che per lui mostrarono [[Filippo II di Macedonia|Filippo]], [[Cassandro I di Macedonia|Cassandro]] e [[Tolomeo I|Tolomeo]], e alla sua capacità di sottrarsi all'accusa di empietà che gli era stata rivolta<ref>Diogene Laerzio, V 37.</ref>. Alla sua morte fu onorato con un funerale pubblico, durante il quale, secondo [[Diogene Laerzio]], tutta la popolazione ateniese seguì il feretro<ref>Diogene Laerzio, V 41.</ref>.
 
== Opere ==
Sembra che l'attività di Teofrasto si sia estesa a tutti i campi della conoscenza contemporanea. I suoi scritti, probabilmente, trattavano in maniera leggermente differente i temi che anche Aristotele aveva trattato; di certo erano più dettagliati. I suoi scritti ammontavano a [[223 (numero)|223]], secondo il catalogo trasmesso da [[Diogene Laerzio]]<ref>Diogene Laerzio, V 42-50.</ref>.
 
=== Trattati botanici ===
[[File:Theophrastus - Historia plantarum, 1549 - 3034262.tif|thumb|Historia plantarum, 1549]]
Tra le sue opere rivestono grande importanza i due ampi trattati botanici. Nel primo, ''StoriaHistoria delle piantePlantarum'' (Περὶ Φυτῶν Ιστορίας), inclassifica novele libripiante (originariamentesecondo eranoil peròloro dieci)portamento, classificadistinguendo, oltrein cinquecentoognuno piante,di dividendolequesti in alberigruppi, fruticispecie, suffrutici,varietà erbe;e nelforme libroe IXcita classifica,anche peralcune lafamiglie primadi voltapiante nell'antichità(Graminacee, [[droghe]]Leguminose, Conifere e [[medicinali]]Palme): conin ilquest'opera lorosono annessonominate valorecirca terapeutico.455 Nelpiante<ref>Guido secondoCalogero, Fabrizio Cortesi, voce ''CauseTeofrasto'', dellein piante''Enciclopedia (ΠερὶItaliana'', Φυτῶν Αἰτιῶν)Roma, inIstituto seidella (originariamenteEnciclopedia in otto) libriItaliana, descrive1937.</ref> lae [[generazioneTeofrasto spontanea]]classifica e la vegetazione delle piante per cause esterne. Entrambedescrive le operevarietà costituisconodi il[[Albero|alberi]], piùpiante rilevantedi contributoparticolari allo studio dellaregioni, [[botanicaArbusto|arbusti]] non soltanto dell'antichità, mapiante ancheerbacee dele [[Medioevocereali]].; Proprionell'ultimo perdei questonove motivo,libri alcunisi studiosiconcentra losui hannosucchi soprannominatoe ''Padresulle dellaproprietà [[tassonomia]]''medicinali delle erbe.
Nel ''De causis plantarum'' (Περὶ φυτικῶν αἰτιῶν), Teofrasto si rivolge alla [[fisiologia]]: nei libri I-II si sofferma sulla generazione, il germogliamento e la fruttificazione, oltre che sugli effetti del [[clima]]. Nei libri III-IV studia la [[Agricoltura|coltivazione]] e l'[[agricoltura]], mentre nei libri V-VI discute malattie e altre cause di morte delle piante, viene spiegato che la [[vegetazione]] dipende da cause esterne e si enunciano anche varie tecniche di coltivazione<ref>Guido Calogero, Fabrizio Cortesi, voce ''Teofrasto'', in ''Enciclopedia Italiana'', Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1937.</ref>.
 
=== Della pietà ===
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Un discorso a parte meritano i suoi ''[[Caratteri (Teofrasto)|Caratteri]]''. L'opera è una breve, ma incisiva e dettagliata descrizione di alcuni modelli morali, e costituisce un vivo ritratto della vita del suo tempo. Alcuni studiosi ritengono l'opera uno scritto unico; altri sostengono che si tratti di testi scritti in periodi diversi e riuniti sotto uno stesso titolo solo dopo la morte dell'autore; altri ancora pensano che facesse parte di un'opera sistematica di dimensioni maggiori, anche se lo stile non sembra avvalorare quest'ultima tesi.
 
Più che di ritratti si tratta di caricature delle figure morali, come lo spilorcio, il diffidente, l'adulatore e lo sfacciato, solitamente possedute da manie che suscitano l'ilarità e talvolta un senso di fastidio. L'autore descrive le caratteristiche della tipica vita ateniese della fine del [[IV secolo]]. Ogni tipo di figura morale viene focalizzata con una breve introduzione del difetto seguita da una elencazione degli atteggiamenti caratteristici. Attraverso un'osservazione [[Empirismo|empirica]] della vita riprende, in maniera sempre più dettagliata, gli schemi dei [[Vizio|vizi]] e delle [[virtù]] già studiati da Platone e ripresi e approfonditi da Aristotele<ref>Guido Calogero, Fabrizio Cortesi, voce ''Teofrasto'', in ''Enciclopedia Italiana'', Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1937.</ref>.
 
L'opera ebbe fortuna anche in epoche successive, fu ad esempio di riferimento per molti drammaturghi nel tratteggiare i personaggi e "tipi umani" delle loro commedie (come per [[Menandro]], ne ''[[Il misantropo (Menandro)|Il misantropo]]''); il testo giunto sino a noi mostra evidenti segni di alterazioni, interpolazioni e rimaneggiamenti.<ref>"Le Muse", De Agostini, Novara, 1964, Vol. III, p. 80.</ref>
 
I ''Caratteri'' si compongono di 30 capitoli, preceduti da un proemio:
 
*I. La simulazione
*II. L'adulazione
*III. Il ciarlare
*IV. La zotichezza
*V. La cerimoniosità
*VI. La dissennatezza
*VII. La loquacità
*VIII. Il raccontar fandonie
*IX. La spudoratezza
*X. La spilorceria
*XI. La scurrilità
*XII. L'inopportunità
*XIII. Lo strafare
*XIV. La storditaggine
*XV. La villania
*XVI. La superstizione
*XVII. La scontentezza
*XVIII. La diffidenza
*XIX. La repellenza
*XX. La sgradevolezza
*XXI. La vanagloria
*XXII. La tirchieria
*XXIII. La millanteria
*XXIV. La superbia
*XXV. La codardia
*XXVI. Il conservatorismo
*XXVII. La goliardia tardiva
*XXVIII. La maldicenza
*XXIX. La propensione per i furfanti
*XXX. L'avarizia
 
=== Le proposizioni proslettiche ===
Teofrasto ha avuto una parte importante nello sviluppo della [[logica classica]]. La sua funzione gli ordinava la propagazione dell'insegnamento del maestro. Nell'esporlo però, egli non ha mancato di apportarvi parecchie novità, come la sua teoria delle proposizioni proslettiche, un certo sviluppo della quantificazione. Nell'analisi che fa della proposizione universale egli reca un'idea interessante: la proposizione "A è predicato universalmente di B" può infatti essere espressa, in forma più esplicita, così: "ciò di cui B è predicato universalmente, di ciò A è anche predicato universalmente". In effetti in questa nuova formula vediamo che i due termini A e B, anziché essere tra loro in rapporto di predicato a soggetto, sono posti ora sullo stesso piano e trattati entrambi come attributi, predicabili di uno stesso soggetto. Questa analisi della proposizione, i cui due termini determinati sono parimenti considerati attributi, induce a tener conto del caso in cui il loro comune soggetto non sia quantificato nella stessa maniera nel suo rapporto con ciascuno dei propri attributi. Teofrasto ha infatti osservato che in certi casi due proposizioni contraddittorie potrebbero essere contemporaneamente vere se non prendessimo la precauzione di precisare la portata che in esse ha il predicato con una specificazione. Per esempio, se supponiamo che Fania sia dotto in geometria ma ignorante di medicina, sarà altrettanto vero dire che egli possiede e non possiede la scienza. Per evitare la contraddizione, bisogna determinare il predicato mediante quello che chiameremmo un "quantificatore", cosa che permetterà di dire contemporaneamente e veritieramente: "Fania possiede qualche scienza, Fania non possiede ogni scienza".
 
=== AltreOpere opereframmentarie ===
L'opera ''De sensu'' parla dei sensi e di argomenti di fisica: tuttavia, ce ne sono arrivate solo parti, sugli [[Odore|odori]], sulla [[Fatica (medicina)|fatica]], sulle [[Vertigine|vertigini]], sul [[Sudorazione|sudore]], sullo [[Sincope (medicina)|svenimento]], sulla [[paralisi]] e sul [[miele]]. Inoltre si pensa che il trattato ''De igne'' facesse anche parte dell'opera.
Frammentario è invece lo stato di altre sue opere: la ''Storia della fisica'', il trattato ''Sulle rocce'', un altro ''Sulla sensazione'' e alcuni [[metafisica|metafisici]] ''Airoptai'', probabilmente facenti parte di un trattato sistematico.
 
Dell'opera ''Opinioni dei fisici'' (Περὶ αἰσθήσεων) ci sono pervenuti solo dei frammenti, su vari argomenti: [[retorica]], [[religione]], [[spiritualità]], [[logica]]. Da ciò traspare il pensiero di Teofrasto, innovativo rispetto a quello aristotelico e in parte precursore di correnti filosofiche successive. Particolare è la sua visione sulla logica: per Teofrasto quest'ultima è uno ''strumento'' della filosofia, non una parte di essa<ref>Guido Calogero, Fabrizio Cortesi, voce ''Teofrasto'', in ''Enciclopedia Italiana'', Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1937.</ref>.
 
Il trattato ''Della pietà'',<ref>Theophrastos, ''Perì Eusebías'', testo greco e traduzione tedesca a cura di Walter Pötscher, Leida, Brill, 1964; trad. it. a c. di Gino Ditadi, ''Della Pietà'', Edizioni Isonomia, 2005.</ref> scritto da Teofrasto probabilmente nel [[316 a.C.|316]]-[[315 a.C.|315]] a.C., è una delle più importanti opere sulla pietà e sulla giustizia per tutti i viventi che la [[Antica Grecia|Grecia antica]] ci abbia tramandato. In quest'opera, Teofrasto si appella al concetto di "[[giustizia]]" per riferirsi al rapporto tra l'uomo e gli animali: egli condanna i sacrifici cruenti ed il consumo di carne, affermando che uccidere animali è ingiusto, perché li priva della vita. Teofrasto si fa quindi sostenitore del [[vegetarianismo]], scrivendo ad esempio:{{Citazione|Se qualcuno sostenesse che, non diversamente dai frutti della terra, il dio ci ha dato anche gli animali per il nostro uso, gli risponderei che, sacrificando esseri viventi, si commette contro di loro un'ingiustizia, perché si fa rapina della loro vita.<ref>Citato in Barbara De Mori, ''Che cos'è la bioetica animale'', Carocci, Roma 2007, p. 64.</ref>}}Sotto tale aspetto, Teofrasto si discosta nettamente dal suo maestro Aristotele, che nell'''Etica'' affermava la radicale differenza tra uomini e animali, tanto da escludere la possibilità di una giustizia verso questi ultimi. Le tesi di Teofrasto verranno poi riprese da [[Porfirio]] nell'opera ''Astinenza dagli animali'',<ref>Erica Joy Mannucci, ''[[La cena di Pitagora]]'', Carocci, Roma 2008, pp. 23-27.</ref> e già molto prima da [[Stratone di Lampsaco]].<ref>Pietro Li Causi, ''Note'' in ''L'anima degli animali'', Einaudi, Torino 2015, p. 475.</ref>
 
Egli fu il primo a fare un accenno alla [[piroelettricità]], notando, nel [[314 a.C.]] che la [[tormalina]] si carica elettricamente quando viene riscaldata.
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== Note ==
<references />
 
== Bibliografia ==