Preterintenzione: differenze tra le versioni

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Con sentenza del 13 maggio 2004, n.43524, Sez. V, la Suprema Corte, ha specificato che ai fini della sussistenza dell'ipotesi criminosa dell'omicidio preterintenzionale, è necessario e sufficiente che l'autore della aggressione abbia realizzato una condotta dolosa diretta a ledere o percuotere e che sussista un rapporto di causa ed effetto tra gli atti compiuti e la morte della vittima, prescindendo da ogni indagine sulla prevedibilità dell'evento (morte) più grave cagionato. Per il giudice di legittimità la preterintenzione non si sostanzia in una combinazione di dolo per l'evento minore e di colpa per quello più grave, essendo invero a suo dire un dolo misto alla responsabilità oggettiva. Tale ragionamento logico giuridico, ha condotto il moderno orientamento della Suprema Corte, a riconoscere la responsabilità per omicidio preterintenzionale anche nell'ipotesi di una semplice spinta. Ad avviso dei giudicanti, è sufficiente che l'autore dell'aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o ledere e che esista un rapporto di causa ed effetto tra i predetti atti e l'evento morte. Infatti, nell'art. 581 c.p., il termine "percuotere" non è utilizzato solo nel significato di battere, colpire o picchiare, ma anche in un significato più ampio, comprensivo di ogni violenta manomissione della altrui persona fisica. Anche la spinta integra una azione violenta, estrinsecandosi in una energia fisica, più o meno rilevante, esercitata direttamente nei confronti della persona; tale condotta, ove consapevole e volontaria, rivela la sussistenza del dolo di percosse o di lesioni, per cui quando da essa derivi la morte, dà luogo a responsabilità a titolo di omicidio preterintenzionale. Cass. Pen. Sez. V, 6 febbraio 2004, nr. 15004
 
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