La brucazione è un tipo di erbivoria in cui un erbivoro (o, più strettamente parlando, un folivoro) si ciba di foglie, germogli teneri, o frutti di piante ad alto fusto, generalmente legnose, come gli arbusti.[1] Ciò contrasta il pascolo, solitamente associato ad animali che si cibano di erba o di altra vegetazione bassa. Altrimenti detto, gli animali da pascolo sono animali che si nutrono principalmente di erba, mentre i gli animali da brucazione sono animali che si nutrono principalmente di non-erbe, ovvero di dicotiledoni sia legnose sia erbacee. In entrambi i casi, un esempio di questa dicotomia è dato dalle capre (che sono animali da brucazione) e dalle pecore (che sono animali da pascolo); questi due ruminanti strettamente correlati utilizzano sorgenti di cibo diverse.

Cervo pomellato in fase di brucazione
Antilope capriolo in fase di brucazione

Cibo da brucare modifica

Il materiale a base di piante che viene mangiato è detto cibo da brucare[2] ed è preso in maniera naturale direttamente dalla pianta, anche se i proprietari di bestiame come le capre e i cervi possono tagliare ramoscelli o rami per nutrire il loro bestiame.[3] Nelle regioni temperate, i proprietari raccolgono il cibo da brucare prima dell'autunno, lo essiccano e lo immagazzinano come scorta per l'inverno. In tempo di siccità, i mandriani possono tagliare i rami al di là del raggiungimento del loro bestiame, come foraggio a livello del terreno. Nelle regioni tropicali, dove la pressione di popolazione spinge i proprietari a ricorrere a ciò più spesso, sussiste un pericolo permanente di esaurimento delle scorte. Gli animali in cattività possono essere nutriti con il cibo da brucare come sostituzione delle loro sorgenti di cibo naturale; nel caso dei panda, il cibo da brucare può essere costituito da caschi di foglie di banano, germogli di bambù, pini sottili, pecci, abeti e rami di salice, paglia ed erbe native.[4]

Se la popolazione di animali brucanti cresce troppo, tutto il cibo da brucare che può essere da loro raggiunto può essere mangiato. Il livello risultante sotto il quale si trovano solo poche o addirittura nessuna foglia è conosciuto come soglia di brucazione.[5] Se la sovra-brucazione continua per troppo tempo, l'abilità di riproduzione dell'ecosistema può venire compromessa, in quanto le nuove piante non riescono a sopravvivere abbastanza a lungo da crescere sufficientemente alte da essere al di fuori della portata degli animali.[6]

Rimozione della corteccia modifica

La rimozione della corteccia è collegata alla brucazione. Nelle scienze forestali in particolare essa rappresenta un problema, in quanto gli alberi possono ammalarsi e di conseguenza morire. Anche se non muoiono comunque gli alberi possono soffrire di infezioni fungine che compromettono il valore del legno. Con la crescita della popolazione di cervi in alcuni luoghi, come in Austria, la ricerca di cibo implica che lo scortecciamento raggiunga livelli economicamente seri in alcune zone boschive. Vi è una differenza di modalità dal punto di vista delle stagioni: in inverno, la corteccia viene masticata in quanto gli alberi sono in parte congelati. D'estate, invece, con la corteccia più morbida, si possono notare lunghe strisce di corteccia strappate dagli alberi.

Alcune specie di alberi sono più gradevoli di altre, e alcuni cervi sono più propensi ad effettuare lo scortecciamento rispetto ad altri. Il maschio del cervo, inoltre, tende a scorticare gli alberi con le sue corna.

Sovra-brucazione modifica

La sovra-brucazione avviene qualora una comunità di erbivori sovrappopolata o densamente concentrata eserciti una pressione estrema sulle piante, riducendo la capacità portante dell'ambiente ed alterando le funzioni ecologiche del loro habitat.[7][8][9] Esempi di erbivori sovra-brucanti nel mondo comprendono i Koala in Australia Meridionale, i mammiferi introdotti in Nuova Zelanda, e i cervidi nelle foreste del Nord America e d'Europa.[8][10][11]

Panoramica modifica

 
Cartello presso l'esperimento a lungo termine sulle alci a Homer, in Alaska

Le aree recintate per cervi sono utilizzate per determinare gli impatti ecologici dei cervidi, permettendo agli scienziati di confrontare la flora, la fauna ed il suolo in aree interne ed esterne ai recinti.[10][12] I cambiamenti nelle comunità delle piante in risposta all'erbivoria riflettono la gradevolezza diversificata delle piante sulla sovrabbondante erbivoria così come l'abilità variabile delle piante a tollerare alti livelli di brucazione.[8] I cambiamenti di composizione e di struttura nella vegetazione forestale possono avere effetti a cascata sull'intero ecosistema, fra cui effetti sulla stabilità e qualità del suolo, sui micro e macro invertebrati, sui piccoli mammiferi, sugli uccelli canterini, e forse persino sui grandi predatori.[8][9][10][13]

Cause modifica

Esistono varie cause per la sovrabbondanza di erbivori e per la conseguente sovra-brucazione. Gli erbivori possono essere introdotti in luoghi in cui le piante native non si sono evolute per resistere alla brucazione, e i predatori non si sono adattati a cacciare le specie invasive.[9] In altri casi, le popolazioni di erbivori superano i livelli storici a causa di una caccia o di una pressione di predazione ridotte. Per esempio, i carnivori sono diminuiti in Nord America nell'ultimo secolo e le regolamentazioni di caccia sono divenute più severe, contribuendo così a far crescere le popolazioni di cervidi in tutto il Nord America.[14] Inoltre, i cambiamenti del paesaggio dovuti allo sviluppo umano, come per esempio nell'agricoltura e nella selvicoltura, possono creare delle zone boschive frammentate tra le quali si spostano i cervi, brucando in habitat di prima successione alla periferia.[15] I campi agricoli e i giovani alberi selvicolturali forniscono ai cervi cibo di alta qualità, portando alla sovrappopolazione e ad un aumento della pressione di brucazione sulle piante del sottobosco forestale.[8]

Effetti sulle piante modifica

 
Capre su un albero

La sovra-brucazione influenza le piante a livello individuale, di popolazione e di comunità. Gli effetti negativi della brucazione sono maggiori fra le specie intolleranti, come i membri del genere Trillium, che hanno tutti i tessuti fotosintetici e gli organi riproduttivi all'apice dello stelo singolo.[16] Ciò implica che un cervo può mangiare tutti i tessuti fotosintetici e riproduttivi in una volta, riducendo così l'altezza della pianta, le capacità fotosintetiche, e il tasso riproduttivo.[16] Questo è un esempio di come la sovra-brucazione possa portare alla perdita di individui riproduttivi in una popolazione, e ad una mancanza di reclutamento di piante giovani. Le piante differiscono anche per la loro gradevolezza agli erbivori. In presenza di alte densità di erbivori, alle piante che sono altamente selezionate come cibo da brucare possono mancare piccoli e grandi individui dalla popolazione[16] Al livello di comunità, la brucazione intensa da parte dei cervi nelle foreste porta a delle riduzioni nell'abbondaza di arbusti erbacei gradevoli del sottobosco, e fa invece aumentare le graminoidi e le briofite che sono rilasciate dalla competizione per la luce.[9][16][17]

Effetti sugli altri animali modifica

La sovrabrucazione può cambiare la struttura forestale vicina al suolo, la composizione delle specie di piante, la densità della vegetazione, e la quantità di foglie morte, con varie conseguenze per gli altri animali che vivono nella foresta.[8] Molte specie di invertebrati che vivono nel suolo dipendono dalla copertura vegetativa vicina al suolo e dagli strati di foglie morte per l'habitat; questi invertebrati possono essere persi dalle aree con intensa brucazione.[18] Inoltre, la selezione preferenziale di certe specie di piante da parte degli erbivori può influenzare gli invertebrati strettamente associati a quelle piante.[18] Gli uccelli canterini migratori che abitano nella foresta dipendono dalla densa vegetazione del sottobosco per l'habitat di nidificazione e di alimentazione e le riduzioni nella biomassa delle piante del sottobosco causate dai cervi possono portare a declini delle popolazioni di uccelli canterini della foresta.[8][19] Infine, la perdita della diversità delle piante del sottobosco associata alla sovra-brucazione degli ungulati può influenzare i piccoli mammiferi che dipendono da questa vegetazione per la copertura e il cibo.[13]

Gestione e ripristino modifica

 
Giovane Alce d'Alaska che bruca sugli ontani

La sovra-brucazione può portare le comunità delle piante verso stati di equilibrio che sono reversibili solo se il numero di erbivori viene estremamente ridotto per un periodo sufficiente, e vengono intraprese azioni per ripristinare le comunità di piante originali.[8]

La gestione per ridurre la popolazione di cervi prevede un approccio in tre punti:

  • vengono messe da parte grandi aree di vecchie zone boschive contigue con canopie chiuse,
  • viene incrementata la popolazione dei predatori,
  • viene intensificata la caccia degli erbivori sovrabbondanti.[8]

Dei refugia sotto forma di cumuli di alberi abbattuti dal vento, affioramenti rocciosi sporgenti, o alberi infermieri sopraelevati sul suolo forestale possono fornire alle piante substrato protetto dalla brucazione dei cervidi.[20][21][22] Questi refugia possono contenere una proporzione della comunità delle piante che esisterebbero senza la brucazione, e possono differire significativamente dalla flora che si trova nelle vicinanze brucate.[20] Se gli sforzi di gestione fossero focalizzati verso la riduzione della popolazione di cervidi nell'area, questi refugia potrebbero servire come modello per il ripristino del sottobosco nella comunità delle piante circostante.[20]

Note modifica

  1. ^ Chapman, J.L. and Reiss, M.J., Ecology: Principles and Applications. Cambridge, U.K.: Cambridge University Press, 1999. p. 304. (tramite Google books, 25 febbraio 2008)
  2. ^ Wordreference English to Italian: Browse.
  3. ^ St. John's College, Oxford: Forest Glossary: Browse, Browsewood.
  4. ^ Buy a bunch of browse for the bears, Animals Asia Archiviato il 18 luglio 2011 in Internet Archive.
  5. ^ Texas Parks & Wildlife, "Browsing Pressure"; accesso 16 febbraio 2016.
  6. ^ University of Pennsylvania, "Special Issue: Deer eating the future of Pennsylvania's Forests! Archiviato il 5 ottobre 2016 in Internet Archive."; accessed 2016.02.16.
  7. ^ Relationships between Introduced Black-tailed Deer and the Plant Life of the Queen Charlotte Islands, British Columbia. - Google Scholar, su scholar.google.ca. URL consultato l'8 marzo 2017.
  8. ^ a b c d e f g h i Steeve D. Côté, Thomas P. Rooney, Jean-Pierre Tremblay, Christian Dussault e Donald M. Waller, Ecological Impacts of Deer Overabundance, in Annual Review of Ecology, Evolution, and Systematics, vol. 35, 1º gennaio 2004, pp. 113–147.
  9. ^ a b c d Pojar, J., Lewis, T., Roemer, H., e Wilford, D.J. 1980. Relationships between Introduced Black-tailed Deer and the Plant Life of the Queen Charlotte Islands, British Columbia. Manoscritto non pubblicato, Ministry of Forests, Smithers, B.C. 63 p.
  10. ^ a b c David A. Wardle, Gary M. Barker, Gregor W. Yeates, Karen I. Bonner e Anwar Ghani, Introduced Browsing Mammals in New Zealand Natural Forests: Aboveground and Belowground Consequences, in Ecological Monographs, vol. 71, 1º gennaio 2001, pp. 587–614, DOI:10.2307/3100037.
  11. ^ Desley A. Whisson, Victoria Dixon, Megan L. Taylor e Alistair Melzer, Failure to Respond to Food Resource Decline Has Catastrophic Consequences for Koalas in a High-Density Population in Southern Australia, in PLOS ONE, vol. 11, n. 1, 6 gennaio 2016, pp. e0144348, DOI:10.1371/journal.pone.0144348, ISSN 1932-6203 (WC · ACNP), PMC 4703219, PMID 26735846.
  12. ^ James S. ; Jordan, Deer browsing in northern hardwoods after clearcutting. Effect on height, density, and stocking of regeneration of commercial species, 1º gennaio 1967. URL consultato il 28 gennaio 2018 (archiviato dall'url originale il 9 marzo 2017).
  13. ^ a b (EN) J.R. Flowerdew, Impacts of woodland deer on small mammal ecology, in Forestry, vol. 74, n. 3, 1º gennaio 2001, pp. 277–287, DOI:10.1093/forestry/74.3.277, ISSN 0015-752X (WC · ACNP).
  14. ^ (EN) Simon Chollet e Jean-Louis Martin, Declining woodland birds in North America: should we blame Bambi?, in Diversity and Distributions, vol. 19, n. 4, 1º aprile 2013, pp. 481–483, DOI:10.1111/ddi.12003, ISSN 1472-4642 (WC · ACNP).
  15. ^ (EN) William S. Alverson, Donald M. Waller e Stephen L. Solheim, Forests Too Deer: Edge Effects in Northern Wisconsin, in Conservation Biology, vol. 2, n. 4, 1º gennaio 1988, pp. 348–358, JSTOR 2386294.
  16. ^ a b c d David J. Augustine e David Decalesta, Defining deer overabundance and threats to forest communities: From individual plants to landscape structure, in Écoscience, vol. 10, n. 4, 1º gennaio 2003, pp. 472–486, DOI:10.1080/11956860.2003.11682795, ISSN 1195-6860 (WC · ACNP).
  17. ^ Simon Chollet, Christophe Baltzinger, Soizic Le Saout e Jean-Louis Martin, A better world for bryophytes? A rare and overlooked case of positive community-wide effects of browsing by overabundant deer, in Écoscience, vol. 20, n. 4, 1º dicembre 2013, pp. 352–360, DOI:10.2980/20-4-3627, ISSN 1195-6860 (WC · ACNP).
  18. ^ a b (EN) A.J.A. Stewart, The impact of deer on lowland woodland invertebrates: a review of the evidence and priorities for future research, in Forestry, vol. 74, n. 3, 1º gennaio 2001, pp. 259–270, DOI:10.1093/forestry/74.3.259, ISSN 0015-752X (WC · ACNP).
  19. ^ Vitek Jirinec, Daniel A. Cristol e Matthias Leu, Songbird community varies with deer use in a fragmented landscape, in Landscape and Urban Planning, vol. 161, 1º maggio 2017, pp. 1–9, DOI:10.1016/j.landurbplan.2017.01.003.
  20. ^ a b c Simon Chollet, Christophe Baltzinger, Lukas Ostermann, Flore Saint-André e Jean-Louis Martin, Importance for forest plant communities of refuges protecting from deer browsing, in Forest Ecology and Management, vol. 289, 1º febbraio 2013, pp. 470–477, DOI:10.1016/j.foreco.2012.10.043.
  21. ^ Over-browsing in Pennsylvania creates a depauperate forest dominated by an understory tree: Results from a 60-year-old deer exclosure, su BioOne, DOI:10.3159/torrey-d-11-00018.1. URL consultato l'8 marzo 2017.
  22. ^ Zachary T. Long, Walter P. Carson e Chris J. Peterson, Can Disturbance Create Refugia from Herbivores: An Example with Hemlock Regeneration on Treefall Mounds, in The Journal of the Torrey Botanical Society, vol. 125, n. 2, 1º gennaio 1998, pp. 165–168, DOI:10.2307/2997303, JSTOR 2997303.

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