Giuseppe Ferlini

medico italiano

Giuseppe Ferlini (Bologna, 23 aprile 1797Bologna, 30 dicembre 1870[1]) è stato un medico italiano poi divenuto esploratore, cacciatore di tesori e saccheggiatore di tombe, ricordato per aver razziato e distrutto le piramidi di Meroe.

Giuseppe Ferlini
Tomba di Ferlini, Certosa di Bologna

Biografia modifica

Nato a Bologna, nel 1815 viaggiò in Grecia e in seguito raggiunse l'Egitto dove entrò nell'esercito egiziano durante la conquista del Sudan. Nel 1830 divenne chirurgo maggiore[1]. Durante il periodo che passò nell'esercito soggiornò a Sennar e poi a Khartum dove conobbe il mercante albanese Antonio Stefani[2]. In seguito decise di disertare e dedicarsi alla caccia di tesori, "risoluto di tornare in patria o senza un penny o carico di inauditi tesori"[3]. Insieme a Stefani, Ferlini organizzò una spedizione che partì per Meroe il 10 agosto 1834[2].

Dopo aver chiesto e ottenuto dal governatore del Sudan Ali Kurshid Pasha il permesso di scavare a Meroe[4] e spronato da leggende locali che favoleggiavano di 40 ardeb d'oro, iniziò a razziare e demolire – anche con l'esplosivo – molte piramidi che erano state trovate "in buone condizioni" da Frédéric Cailliaud solo pochi anni prima[3]. A Wad ban Naqa spianò la piramide N6 della kandake Amanishakheto partendo dalla punta e trovò un tesoro di dozzine di pezzi d'oro e d'argento. Complessivamente fu responsabile della distruzione di più di 40 piramidi[3][5].

La grande piramide N6 di Meroe, appartenuta alla regina Amanishakheto, prima e dopo la distruzione di Giuseppe Ferlini nel 1834.
 
Piramidi distrutte da Ferlini con l'impiego di esplosivi nel 1834.

Avendo trovato il tesoro che cercava, nel 1836 Ferlini tornò a casa[1]. Un anno dopo scrisse il resoconto della spedizione con il catalogo dei ritrovamenti, che fu tradotto in francese e ripubblicato nel 1838[2][6]. Cercò di vendere il tesoro, ma nessuno all'epoca era disposto a credere che una popolazione dell'Africa subsahariana potesse aver creato della gioielleria tanto raffinata. Il tesoro fu infine venduto in Germania: una parte fu acquistata da Ludovico I di Baviera ed è ora in esposizione nello Staatliches Museum Ägyptischer Kunst di Monaco, mentre il resto – su suggerimento di Karl Richard Lepsius e di Christian Karl Josias von Bunsen – fu comprato dal Museo Egizio di Berlino, dove ancora si trova[3].

Ferlini morì a Bologna il 30 dicembre 1870 e fu seppellito al loculo n.138 nella Sala delle Tombe del Cimitero monumentale della Certosa[1].

Alcuni pezzi del tesoro

Note modifica

  1. ^ a b c d Epitaffio sulla pietra tombale nella Certosa di Bologna (vedi immagine).
  2. ^ a b c Warren R. Dawson e Eric P. Uphill, Who Was Who in Egyptology, London, Harrison & sons, 1972., p. 166
  3. ^ a b c d Franco Cimmino, Storia delle piramidi, Milano, Rusconi, 1996, pp. 416–17, ISBN 88-18-70143-6.
  4. ^ Paul Theroux, Dark Star Safari: overland from Cairo to Cape Town, New York, Mariner Books, 2004, pp. 81–82, ISBN 978-0-618-13424-3.
  5. ^ Derek A. Welsby, The kingdom of Kush: the Napatan and Meroitic empire, Princeton, New Jersey, Markus Wiener, 1998, pp. 86, 185.
  6. ^ Giuseppe Ferlini, Relation Historique des Fouilles Operées dans la Nubia par le docteur Joseph Ferlini de Bologna, suivie d'un catalogue des objets qu'il a trouvés dans l'une des quarante-sept pyramides aux environs de l'ancienne ville de Meroe, et d'une description des grands déserts de Coruscah et de Sinnaar, Roma, 1838.

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Controllo di autoritàVIAF (EN17569799 · ISNI (EN0000 0000 6127 1614 · BAV 495/98783 · GND (DE116465751 · BNF (FRcb10433975k (data) · WorldCat Identities (ENviaf-17569799
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