Utente:Er Cicero/Sandbox/S3

I massari all'argento e all'oro erano magistrati della Repubblica di Venezia.

Il loro incarico era quello di sovrintendere alla zecca di Venezia. In particolare, avevano il compito di presiedere alla stima e alla lavorazione dell'oro e dell'argento che venivano portati in zecca per essere venduti o coniati, assistiti da stimadori e pesadori.

Negli ultimi trent'anni del XII secolo i veneziani cominciarono lentamente a costituire un proprio sistema monetario, coniando le prime monete con impressi i nomi dei loro governanti: si passò dall'albulus (o bianco) sotto il dogado di Vitale II Michiel ai denari coniati sotto Sebastiano Ziani, seguiti dal grosso veneziano e da una radicale riforma monetaria voluta da Enrico Dandolo.[1]

Sin dal Duecento l’organizzazione della Zecca prevedeva la presenza di magistrati dedicati alla coniazione. Il primo cenno della loro esistenza risale al 13 marzo 1224, nel Liber plegiorum, ove si ricorda il giuramento da loro prestato, davanti al doge e ai suoi consiglieri, sul Capitolare, il testo che riportava, tra le altre cose, l'insieme dei diritti e dei doveri a cui dovevano attenersi questi magistrati.[N 1][2] Questi "sorveglianti della Zecca", appellati nel Capitolare come Illi homines qui faciunt fieri monetam, vennero chiamati massari della moneta (o massari alla moneta) poiché si occupavano delle questioni inerenti alla zecca. Inizialmente erano tre, assistiti da due pesadori[N 2] e restavano in carica per due anni.[2] In seguito all'introduzione del ducato d'oro, moneta aurea emessa per la prima volta nel 1284 da Giovanni Dandolo,[3] venivano istituiti nel 1285 i massari all'oro mentre i massari della moneta col tempo prendevano il nome di massari all'argento.[2][4]

Questi magistrati, le cui funzioni erano prevalentemente amministrative, sovrintendevano a molteplici attività della zecca, che andavano dall'acquisto dei metalli preziosi alla stima dell'oro e dell'argento, alla vigilanza sulle varie fasi della lavorazione, della coniazione e del commercio dei metalli preziosi. Oltre ai pesadori, collaboravano con i massari le figure dei saggiatori, che controllavano periodicamente il peso e la percentuale del metallo prezioso contenuto nella materia prima conferita alla zecca e degli stimadori, che valutavano la bontà dei lavori eseguiti dagli addetti alla zecca.

I massari all'argento e i massari all'oro erano rigidamente distinti, perfino i locali ove si svolgeva la battitura delle monete erano separati, l'argento al piano inferiore e l'oro al piano superiore.[5]

A partire dal 1287 le elezioni dei massari, che appartenevano alle nobili famiglie veneziane, venivano disposte dal doge assieme ai consiglieri minori e ai componenti della Quarantia, il supremo tribunale che dal 1327 assunse, su deliberazione del Maggior Consiglio, le funzioni di governo sulla zecca (definendo titolo delle monete, natura e qualità del conio). Una successiva delibera nel 1354 modificò ancora gli organi elettivi, disponendo che i massari all'oro venissero eletti a una mano dalla Serenissima Signoria[N 3] e a due mani dal Maggior Consiglio.[4][N 4]

 
I maestri della zecca coniano sorvegliati dai Provveditori in zecca, dipinto di Marco Vecellio

L'art. 9 del capitolare dei massari all'argento prescriveva che le monete emesse dovessero portare incisi dei segni che rendevano riconoscibile il periodo dell'emissione; con la diffusione del grosso questi segni, come tondini, asterischi, crocette o altri,[N 5] nel conio erano incisi sul rovescio delle monete a partire dal dogado di Jacopo Tiepolo e nei decenni successivi. Con intento simile, verso la meta del XIV secolo e durante il secolo successivo, come segni di riconoscimento si passò a incidere delle lettere, principalmente le iniziali del nome e del cognome del massaro all'argento responsabile dell'emissione. Invece i massari all'oro, il cui capitolare gli imponeva di attenersi ad analogo compito, non lo rispettarono e mantennero la consuetudine di incidere dei segni, pratica che, non agevolando la distinzione tra massari, portò poi al progressivo abbandono del provvedimento.[2]

Per una istituzione così delicata come la zecca era indispensabile adottare strette misure di controllo necessarie per i frequenti episodi di corruzione e di frode che si verificavano.[6] Per cautelarsi dai possibili danni procurati alla zecca in casi di furto e/o di malversazione, si decise che l'elezione dei massari potesse essere disposta solo in presenza di garanti per la loro attività.[6] Un'altra misura tendente a limitare le potenziali frodi fu l'alternanza dei massari ogni quindena, ossia ogni quindici giorni, così da rafforzare il controllo reciproco sul loro operato.[7]

Varie altre magistrature furono create nel tempo per rafforzare gli organi finanziari della Repubblica di Venezia, alcune anche deputate alla supervisione delle attività della zecca: nella prima metà del 1500 nacquero i provveditori in zecca, istituiti dal Consiglio dei Dieci per assumere la gestione completa della zecca di Venezia, il depositario in zecca, che era responsabile della cassa della zecca, i Provveditori sopra ori e argenti, che intervenivano qualora lo scambio di denaro avvenisse su base diversa dal suo valore nominale e infine, all'inizio del 1600, il Provveditore agli ori e argenti, che era responsabile della cassa degli ori e argenti.[8][9] L'esistenza di queste magistrature finì per ridimensionare il ruolo dei massari all'argento e all'oro, che si ridussero a un organo meramente tecnico con funzioni più limitate alle dipendenze dei Provveditori in zecca.[10]

L'ultimo massaro a ricoprire tale carica presso la zecca di Venezia fu Francesco Barbaro (sigla "F B"), entrato in carica il 27 aprile 1796 sotto il dogado di Ludovico Manin, l'ultimo Doge della Repubblica di Venezia.

Esplicative

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  1. ^ Il Capitolare del 1224 indicato nel Liber plegiorum non ci è pervenuto, ma Papadopoli suggerisce che i suoi contenuti siano stati in buona parte ripresi nel Capitolare a noi giunto del 1278, in Papadopoli, Appendice 2: i massari della moneta.
  2. ^ I pesadori erano funzionari incaricati della fondamentale attività di pesatura delle monete.
  3. ^ I sei consiglieri appartenenti al Minor Consiglio formavano, assieme al doge e ai tre Capi delle Quarantie, la cosiddetta Serenissima Signoria.
  4. ^ La locuzione "elezione a due mani" indicava la modalità di scelta dei candidati adottata dal Maggior Consiglio. Dapprima, una doppia estrazione a sorte portava alla scelta di diciotto elettori tra coloro che avevano pescato due "balle dorate" da due cappelli, quindi, formatisi due gruppi da nove membri ciascuno, ogni gruppo proponeva un proprio candidato alla votazione. Analogamente, con un procedimento similare, l'"elezione a quattro mani" portava alla formazione di quattro gruppi che proponevano quattro candidati alla votazione, in Elezione di un podestà, pp. 21-22.
  5. ^ Si vedano questi segni ad es. nei paragrafi sulle monete emesse da Jacopo Tiepolo, da Giovanni Soranzo, da Andrea Dandolo e da altri, in Papadopoli, pp. 98, 154-155, 182.

Bibliografiche

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  1. ^ Er Cicero/Sandbox/S3, in Storia di Venezia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1992-2012.
  2. ^ a b c d Papadopoli, Appendice 2: i massari della moneta.
  3. ^ Papadopoli, p. 126.
  4. ^ a b Papadopoli, p. 136.
  5. ^ Stahl
  6. ^ a b Benetton, § "Età del ducato".
  7. ^ Benetton, § "Funzionamento della zecca durante il periodo del grosso".
  8. ^ Organi finanziari della Repubblica di Venezia, su timetoast.com. URL consultato il 29 marzo 2023.
  9. ^ Milan, p. 116.
  10. ^ Zecca, Venezia, su guidageneralearchivistato.beniculturali.it. URL consultato il 1º aprile 2023.

Bibliografia

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Voci correlate

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