Utente:Sara Kouchitel/Clues bozza

Clues
AutoreFranco Moretti
1ª ed. originale1983
GenereSaggio
Lingua originaleinglese

Clues è un saggio di Franco Moretti, incluso nel volume Signs Taken for Wonders: Essays in the Sociology of Literary Forms pubblicato nel 1983) Il saggio descrive la struttura di una detective story tipo, prendendo in analisi anche i personaggi principali del romanzo, e mostrando come essa sia fine a sé stessa e anti-narrativa. Ovvero, che il fine del racconto non è altro che mostrare la successione degli eventi senza un fine pedagogico per il lettore.

Il saggio si divide in tre parti: il metodo di analisi (in cui propone la doppia ipotesi per analizzare il genere, ovvero strutturale e funzionale), le descrizioni dei personaggi principali delle detective story (il criminale, il detective, l'aiutante, con chiari riferimenti alle avventure di Sherlock Holmes e Watson) e la conclusione (che fa il punto della situazione, facendo riferimento anche alle teorie di Marx).

Metodi di analisi

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Moretti riprende la teoria tesi-antitesi-sintesi di Hegel per spiegare la sua interpretazione della detective fiction. Il propone due ipotesi per analizzare questo genere: una strutturale (linguistica) e una funzionale (antropologia linguistica). Secondo Moretti struttura e funzione vanno studiate separatamente. Successivamente, vanno poi poste, come nella teoria hegelliana, in antitesi fra loro, in modo tale da poter ottenere quella che viene definita sintesi; che in questo caso è il racconto in sé.

Per analizzare un testo bisogna integrare due elementi: la trama e la sua sintassi (che sono puramente formali). Inoltre, i personaggi di un racconto danno vita a due elementi in opposizione (detective e criminale) che a loro volta formano la struttura paradigmatica del romanzo poliziesco. I paradigmi si riferiscono ad una cultura al di fuori del libro stesso.

Descrizione e interpretazione sono due direzioni che si possono prendere. Interpretazione significa testare la possibilità di inserire una descrizione strutturale in un sistema più largo.

Per Moretti, la detective fiction annulla la cultura classica borghese in quanto crea un modello estetico che comporta l'impossibilità di verificare quelle stesse forme culturali. Ciò porta a sviluppare l'ipotesi strutturale secondo la quale la detective fiction oppone l'individualità (rappresentata dal criminale) alla massa (rappresentata dal detective).

Baker Street e dintorni

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Per parlare delle strutture della detective fiction, Moretti fa riferimento ai racconti di Sherlock Holmes scritti da Arthur Conan Doyle.

Il criminale

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Secondo Moretti, nella detective fiction la massa è identificata con lo stereotipo mentre il criminale con l’individualità. L’innocenza coincide quindi con il conformismo e l’individualità con la colpa. Per questo motivo, secondo lo studioso il crimine perfetto sarebbe "l'incubo della detective fiction" [1]: essa esiste per dissipare il dubbio che la colpa sia impersonale e quindi per affermare la colpa non è delle masse.

Secondo Moretti il detective vuole eliminare l’individualità (il criminale), ma non è mosso dalla pietà o dalla moralità: è il mistero che lo attira. Nella detective fiction, di conseguenza, tutto ciò che è ripetitivo e ovvio non è criminale e non è all'altezza dell’investigazione. Infatti, i motivi per cui si crea la detective fiction sono l’unicità e il mistero. La vittima e l’assassino sono interni ad esso, la società è esterna a questi meccanismi.

Tutto ciò che si vuol proteggere dalle masse spesso coincide con il crimine ed è qualcosa di unico. La vittima, nella detective story, si rifugia in una sfera privata nella quale trova poi la morte. Quindi, la porta (metafora della sfera privata, creata dalla borghesia per proteggere l’individuo) diventa al contrario una minaccia, dimostrando che bisogna omologarsi alla massa per sopravvivere, in virtù di un’antitesi tra vita e individualismo. Il criminale e la vittima sono simili: hanno in comune l’idea di proprietà individuale, in quanto il criminale che si isola rappresenta una propensione dell’umanità il quale superamento porta al progresso. Quindi, il criminale è colui che agisce sempre con coscienza. La storia assume importanza quando avviene una violazione.

La detective fiction separa, dunque, la borghesia dall’individualità: la borghesia rappresenta lo status quo, che viene spezzato dall’ideologia economica della detective fiction, dall’egoismo individuale.

Si possono rintracciare tre tipologie di criminale: il nobile, il poco agiato e il padre adottivo.

La detective fiction è tendenziale anti-narrativa: i personaggi non hanno una crescita ma, al contrario, ritornano sempre allo stadio iniziale. Il tutto ruota attorno al rito sacrificale dell’individuo (prima la vittima e poi il criminale) che deve morire affinché lo stereotipo viva. In sostanza, la detective fiction non ha una vera e propria funzione pedagogica.


Il detective

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Il detective sacrifica la sua individualità per il lavoro, e lo fa volontariamente, al fine di comprendere la mente criminale correndo il rischio di poterlo diventare egli stesso, e ciò lo rende un intellettuale decadente, colui che nel campo della scienza è devoto solo al lavoro, gli conferisce personalità, lo eleva ad essere un artista, e lo rende interessante.

Il ruolo di Holmes è quello di risolvere l’ansia profonda della massa: la paura di un cambiamento, il caos, quindi la perdita di quello status quo che la società stessa rappresenta; affinché esso venga salvaguardato la cultura delle masse crea una rete di controllo che può rintracciare chi non si conforma ad essa; secondo Edgar Allan Poe, il detective scopre il legame nella casualità degli eventi, risolve i misteri e riporta tutto alla giustizia.

La scienza sociale (quella a cui Holmes si affida per risolvere il caso) non può portare ad un’unica soluzione, ad un accordo generale, in quanto ogni caso è a sé, e attorno al crimine si diramano altre cause di carattere sociale, le quali ci fanno comprendere che nulla è soggettivo e che esiste una sola interpretazione degli eventi (alla società interessa solo risolvere il mistero, catturare il criminale e porre fine al caos). La scienza sociale è composta da un codice fisso che la rende statica e che permette quindi al detective di non potersi sbagliare; per questo motivo, secondo Eco, risultano più affascinanti i criminali che, all’opposto, sono imprevedibili; ed è sempre quella stessa scienza che riflette l'ideologia di un organismo, la società, che crede di essere perfetto come il detective vuole far credere, assumendo un senso comune ideologico,

Holmes è un dottore della tarda epoca vittoriana che celebra il trionfo connettendo il lavoro e le apparenze esteriori, cercando di ripristinare un’idea di società ancora sicura, controllabile e tradizionalista. Holmes è stato umiliato dalla struttura produttiva inglese e dal sistema educativo, ma al tempo stesso lo esalta.

Gli indizi sono delle procedure verbali, figure retoriche: essi sono molto spesso delle metonimie, e sono quel particolare elemento della storia nel quale il collegamento tra significato e significante è alterato; è sempre il significante a produrre numerosi sospetti. Questo sfaldarsi porta al criminale in quanto egli ha creato una situazione semantica ambigua tra la comunicazione e l’interazione umana, componendo un audace lavoro poetico.

Il detective deve trovare il tassello mancante, ciò che viene definito il lavoro di dissipazione dell’entropia, dell’elemento che crea disordine nella società.

Quindi, ciò che deve fare il detective è ripristinare il collegamento tra significato e significante precedentemente sfaldato dal criminale.

Watson ha un ruolo incerto: è quel tassello che fa da espediente letterario e fa sì che Holmes funzioni.

Lui è quello che non arriva a capo del mistero ma che, però, stimola il detective e gli dà una chiave di lettura che gli permetta di trovare la soluzione. Infatti, è colui il quale suggerisce soluzioni sbagliate, che poi Sherlock raddrizza, e il lettore, che compete con Watson in quanto è più intelligente di lui, trova i particolari che gli sfuggono.

Il lettore, perciò, diventa co-autore e assume la funzione di detective così come lo scrittore quella del criminale.

Conclusione

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Secondo Moretti nel racconto poliziesco il peso gravita verso la fine: "La fine è anche il fine del poliziesco: la sua soluzione in senso proprio" [2]. Per questo motivo, Moretti afferma che la detective fiction è anti-letteraria, essendo la fabula solo una lunga attesa della soluzione, piuttosto che la rappresentazione di una crescita dei personaggi e un arricchimento culturale del lettore.

La letteratura è solo una deviazione, tranne nel caso in cui essa contiene un meccanismo esplicito per chiarire le ambiguità di senso nella trama. Moretti afferma che essa è "un desiderio che però va deriso in quanto somma di ricordi inutili" [3]; per questo motivo, la detective fiction è anti pedagogica, non ti insegna nulla ma è una lunga attesa verso la rivelazione della soluzione. Le soluzioni del crimine sono letterarie e non scientifiche, sebbene la detective fiction fornisca solo la sensazione di una conoscenza scientifica e soddisfai, dunque, l’aspirazione alla certezza. Si tratta di una scienza che diventa mito, elemento che viene ampiamente rappresentato dalla borghesia e della sua cultura sperimentale, e che forma la relazione tra comunicazione letteraria e ideologia.

Ci sono più livelli di significato e, in particolare, nella detective fiction vi è la distanza tra significato profondo e superficiale: nella lettura della detective fiction i segreti profondi sostengono la struttura della superficie e sono invisibili anche se necessari e più essi sono importanti, più la detective fiction acquisisce significato e interesse. Ma, come afferma Moretti, questa dipendenza è mascherata, con la tecnica dell’occultamento.

Uno dei significati più profondi di questa struttura è rintracciabile al successo delle masse, che è importante dal punto di vista culturale, ed è un significato di cui sia l’autore che il lettore non sono del tutto consapevoli. La cultura di massa si basa su delle premesse ferree che non sono oggetto di discussione: essa evita il giudizio del mondo per diffondere la “costruzione” del mondo, ignorando le sue basi. Quindi, la forma perfetta di comunicazione ideologica per la cultura di massa è la letteratura.

Il processo di occultamento del significato profondo della detective fiction è anche il processo di manifestazione del suo significato superficiale. Questo processo bilaterale presenta un’analogia con il meccanismo di produzione capitalistica di Marx: se prendiamo il capitale e l’interesse come riferimenti notiamo che il capitale appare alla superficie di circolazione come feticismo capitale [4] (concetto che implica che le merci non sono semplici oggetti fisici ma rispecchiano i rapporti sociali) mentre il significato profondo è il capitale che ha una forma paradossale, inspiegabile nei suoi termini, insondabile. In sintesi è un concetto di due livelli di realtà, uno superficiale ed evidente, l’altro nascosto e profondo, il primo è l’effetto, l’altro è la causa.

Il capitale è il prodotto del lavoro: uno è l’origine, l’altro è il risultato. Ciò rivela, dunque, che la funzione principale dell’ideologia consiste nel cancellare il processo sociale. Il feticismo delle merci è duplicato nel feticismo della cultura, e il processo generale è quello di alienazione che governa l’intero quadro sociale. Lo sforzo comune è il prodotto finito, che è un intreccio di relazioni e valori che il lavoratore inizialmente non aveva previsto e questo vale anche per la letteratura: le parole hanno un significato che si sviluppa secondo una logica specifica e quindi non può essere previsto né dedotto dall’analisi di altre sfere sociali. Come sottolinea Moretti, i discorsi non sono completamente indipendenti, instabili e senza scopo, ma c’è alla base un principio di funzionalità che consente sia la specializzazione di diverse attività sociali sia il loro alto indice di autonomia.

Moretti si pone una domanda alla quale, però, non trova risposta: la cultura di massa è una parte integrante di questo processo contraddittorio che vede l’accumulazione di capitale come un mezzo necessario per l’esistenza o un suo scopo? I meccanismi della cultura di massa sono rigidi e nella detective fiction il ruolo del detective è quello di difendere questi schemi e non quello di far progredire la società, cercando disperatamente di dare un significato al mondo.

  1. ^ Franco Moretti, "Clues", Signs Taken for Wonders: Essays in the Sociology of Literary Forms, New York: Verso, 1983, p. 135.
  2. ^ Franco Moretti, "Clues", Signs Taken for Wonders: Essays in the Sociology of Literary Forms, New York: Verso, 1983, p. 148.
  3. ^ Franco Moretti, "Clues", Signs Taken for Wonders: Essays in the Sociology of Literary Forms, New York: Verso, 1983, p. 149.
  4. ^ feticismo in "Dizionario di filosofia", su www.treccani.it. URL consultato il 29 maggio 2020.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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